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mercoledì 30 ottobre 2019

OSSI DI SEPPIA MONTALE 5°

30--10--2019
=  Mia  vita, a te  non chiedo  lineamenti
fissi, volti  plausibili o possessi.
Nel  tuo  giro inquieto  ormai  lo stesso
sapore  han  miele  e assenzio.

Il  cuore  che  ogni  moto  tiene  a vile
raro  è  squassato  da  trasalimenti.
Così  suona talvolta nel  silenzio
della  campagna un colpo di fucile.

=Potami  il girasole  ch'io lo trapianti
nel mio terreno  bruciato  dal salino,
e  mostri  tutto il  giorno  agli  azzurri  specchianti
del cielo  l'ansietà del  suo  volto  giallino.

Tendono  alla  chiarità  le cose  oscure,
si  esauriscono  i corpi  in  un  fluire
di tinte: queste in  musiche.  Svanire
è dunque  la  ventura  delle   venture.

Portami  tu  pianta  che conduce
dove  sorgono  bionde  trasparenze
e  vapora  la vita  quale essenza ,
portami il girasole  impazzito  di luce.

=Spesso il male  di vivere  ho  incontrato:
era  il rivo  strozzato  che  gorgoglia,
era  l'incartocciarsi  della  foglia
riarsa, era  il cavallo  stramazzato.

Bene  non seppi , fuori  del  prodigio
che  schiude  la  divina  Indifferenza:
era  la  statua  nella  sonnolenza
del meriggio, e  la  nuvola , e  il falco alto  levato.

=Ciò  che  di me sapeste
non fu  che  la  scialbatura,
la  tonaca  che  riveste
la nostra  umana  ventura.

Ed  era  forse  oltre  il telo
l'azzurro tranquillo;
vietava  il limpido cielo
solo  un  sigillo.

O  vero  c'era  il falòtico
mutarsi  della  mia  vita,
lo  schiudersi  d'un'ignita
zolla che  mai  vedrò.

Restò  così questa  scorza
la   vera  mia  sostanza;
il fuoco  che  non si smorza
per  me  si  chiamò : l'ignoranza.

Se  un'ombra  scorgete , non è
un'ombra--ma  quella  io sono.
Potessi  spiccarla  da me,
offrirvela in dono.
 

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