1--10--2019
Chi è l'altro nella relazione?
Buber distingue tre mondi: la natura ( inanimata e vivente); gli altri uomini, naturalmente; il mondo delle "essenze spirituali", l'arte , la idee ecc.
Sottesa a ogni relazione Io-tu, origine e anche punto di convergenza di tutte , è la relazione fondamentale ed essenziale, quella al Tu eterno, cui è dedicata la terza parte del libro.
"Le linee delle relazioni, prolungate , si intersecano nell'eterno Tu. Ogni singolo Tu è un canale d'osservazione verso il Tu eterno, attraverso ogni singolo Tu la parola base si indirizza all'eterno[....] colui che pronuncia la parola Dio e allude veramente al Tu, pronuncia anche , quale che sia l'illusione in cui vive, il vero Tu della sua vita ; quello che non può essere limitato da nessun altro Tu e verso il quale si sia in una relazione che comprende tutte le altre"
L'"incontro supremo", reso possibile da quel movimento che ha portato l'Io a incontrare un Tu , è difficilmente descrivibile! è certo che "qualcosa accade veramente[....] l'uomo non esce uguale dall'incontro. A volte è come un soffio , a volte è come una dura lotta; sempre è qualcosa che accade.
In questo incontro , inoltre , i termini della relazione non si confondono mai, l'uno non è assorbito dall'altro. Ne', per vivere l'incontro, si deve abbandonare il mondo; anzi , è solo passando attraverso il mondo , il proprio mondo, che si incontra Dio: "Colui che veramente esce incontro al mondo, esce anche verso Dio". è ,questo , un "misticismo realista", come dirà Buber qualche anno dopo. Infine e sopratutto, la relazione con il Tu eterno è , per l'uomo, assegnazione di un compito, invito a collaborare con Dio nella redenzione del mondo, tramite l'incontro delle azioni di Dio e di quelle degli uomini.
"Sempre tu sai nel tuo cuore che hai bisogno di Dio più di ogni altra cosa; ma non sai anche che Dio ha bisogno de te, nella pienezza della sua eternità? Come esisterebbero uomini , come esisteresti tu stesso se Dio non avesse bisogno di voi? Tu in quanto hai bisogno di Dio e Dio ha bisogno di te appunto per ciò che è il significato della vita".
è , questo del compito , uno dei temi centrali dell'umanesimo di Buber, e dell'altro "piccolo libro" . La lettura di Io-Tu è coinvolgente emotivamente e provocatoria a livello intellettuale.
Siamo indotti a ripensare il percorso della cultura dell'uomo , per cogliere somiglianze , differenze , scoprire derivazioni e influenze ; soprattutto per verificare fino a che punto quel che ci pare timbro di attualità , abbia effettiva ragion d'essere.
Del resto , Buber stesso ha sentito il bisogno di fare questo percorso, quando, nel 1938, ha scelto come tema del suo primo corso universitario, a Gerusalemme, proprio "il problema dell'uomo" (poi pubblicato con questo titolo).
Armido Rizzi, nell ' introduzione alla seconda edizione italiana di quest'opera, analizza con grande acutezza il contesto storico (la crisi del dopo guerra) e culturale ( il personalismo filosofico-teologico, cristiano , da un lato e il messianismo di un certo ambiente ebraico, dall'altro) in cui si sviluppa la concezione buberiana dell'uomo, mostrandone le derivazioni e i rapporti. Finisce tuttavia per riconoscere la validità teoretica , al di là dell'attualità storica; legge infatti questa concezione come appello alla responsabilità e nei riguardi di Dio e nei riguardi degli uomini.
Anche Pietro Stefani, in un suo saggio sulla fortuna di Buber in Italia, mentre riconosce in Levinas e Rosenzweig, più che in Buber, le voci ebraiche più incisive del nostro tempo--soprattutto in riferimento al tema del ruolo di Dio nella storia degli uomini e del suo popolo , un Dio che si auto occulta, pittosto che , come dice Buber , si "eclissa", e rivela così il suo volto debole e impotente--,Stefani, mette in rilievo della visione buberiana dell'uomo e della comunità che la relazione autentica crea , la vena fortemente utopica: l'utopia della responsabilità" quell'utopia più prossima all'esistenza di ciascuno, in quanto tutti sono chiamati a guardare come ad un Tu quelli che stanno loro accanto".
Sotto questo aspetto sia Pietro Stefani che Armido Rizzi, riprendono la posizione di altri studiosi di Buber , vedono strettamente correlato alla concezione dialogica di Buber il suo interesse per il chassidismo"profezia, e non calata storica nel passato", e vi riconoscono la speranza messianico-escatologica"che in ogni momento pone la preparazione della redenzione, in misura non determinabile ,alla portata del potere di decisione di ciascun individuo al quale si rivolge".
In altra prospettiva, meno etico--politica e più teoretica, si collocano alcune posizioni della più recente filosofia italiana contemporanea, volte a sottolineare come il dialogo e la comunicazione sono possibili e fondate teoricamente solo se si va oltre il piano dell'analisi dei significati del discorrere e si coglie ciò che ne è l'origine e la fonte ; cioè la primigenia rivelazione dell'Essere all'uomo che ascolta e reagisce con cenni e nomi, per cui il Suo parlare è in realtà un rispondere.
Impossibile non risentire l'eco di uno dei più ricorrenti temi della filosofia dialogica di Buber : il dialogo è risposta a un appello. la parola dell'uomo è eco e costruzione a partire dalla parola di Dio.
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