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martedì 1 ottobre 2019

IL CAMMINO DELL'UOMO E IL "TU" DI DIO NELLA FILOSOFIA DIALOGICA DI MARTIN BUBER di:Franca Ciccolo Fabris 2°

1--10--2019

Chi  è  l'altro  nella  relazione?

Buber  distingue  tre  mondi:  la  natura ( inanimata  e  vivente);  gli  altri  uomini,  naturalmente;  il mondo  delle  "essenze  spirituali",  l'arte , la  idee ecc.
Sottesa  a  ogni  relazione  Io-tu, origine e anche  punto  di   convergenza  di tutte , è la  relazione  fondamentale  ed  essenziale,  quella  al Tu  eterno, cui  è dedicata  la  terza  parte del libro.
"Le   linee    delle  relazioni,  prolungate  , si  intersecano nell'eterno  Tu. Ogni singolo  Tu  è un  canale  d'osservazione  verso  il Tu  eterno,  attraverso  ogni  singolo  Tu  la  parola   base  si  indirizza  all'eterno[....] colui  che  pronuncia la  parola   Dio   e  allude   veramente al Tu, pronuncia  anche ,  quale  che  sia l'illusione in cui  vive,  il vero Tu della  sua  vita  ; quello  che  non  può  essere  limitato da  nessun altro  Tu  e  verso  il quale   si  sia  in  una  relazione  che   comprende  tutte  le  altre"
L'"incontro   supremo", reso  possibile da  quel  movimento che  ha  portato  l'Io  a  incontrare  un Tu , è  difficilmente descrivibile!  è certo  che  "qualcosa  accade   veramente[....] l'uomo non  esce uguale  dall'incontro. A volte  è  come  un soffio  , a  volte  è come  una dura  lotta; sempre  è  qualcosa  che  accade.
In  questo  incontro , inoltre ,  i termini della  relazione non  si confondono  mai, l'uno  non è  assorbito  dall'altro. Ne', per  vivere  l'incontro, si deve abbandonare  il mondo; anzi , è solo  passando attraverso il mondo  , il proprio mondo,  che  si  incontra  Dio:   "Colui  che  veramente esce incontro  al mondo, esce anche  verso Dio". è ,questo , un "misticismo  realista", come   dirà  Buber  qualche  anno dopo.  Infine e sopratutto,  la relazione   con  il Tu  eterno è , per l'uomo, assegnazione  di un  compito, invito  a  collaborare  con Dio  nella redenzione  del mondo, tramite  l'incontro  delle  azioni  di  Dio e  di quelle  degli uomini.
"Sempre  tu  sai  nel  tuo  cuore  che  hai   bisogno  di Dio   più  di  ogni  altra  cosa; ma  non  sai  anche  che  Dio  ha  bisogno  de te,  nella   pienezza  della  sua  eternità?  Come  esisterebbero  uomini  , come esisteresti  tu  stesso  se  Dio  non  avesse  bisogno  di  voi?  Tu  in   quanto  hai  bisogno  di Dio  e  Dio  ha  bisogno  di te appunto  per  ciò  che  è  il significato  della  vita".
è , questo  del  compito , uno  dei temi  centrali  dell'umanesimo di Buber, e  dell'altro  "piccolo  libro" .   La  lettura  di  Io-Tu  è  coinvolgente  emotivamente  e   provocatoria a livello  intellettuale.
Siamo indotti  a  ripensare  il percorso  della  cultura   dell'uomo , per  cogliere  somiglianze  , differenze ,  scoprire  derivazioni  e  influenze ; soprattutto  per  verificare  fino  a  che  punto  quel  che ci  pare  timbro   di attualità  , abbia  effettiva  ragion d'essere.
Del resto , Buber  stesso  ha  sentito  il bisogno  di fare  questo  percorso, quando, nel  1938, ha  scelto come  tema  del  suo  primo  corso   universitario, a  Gerusalemme, proprio  "il  problema dell'uomo" (poi  pubblicato  con  questo  titolo).
Armido  Rizzi, nell ' introduzione  alla  seconda   edizione  italiana  di quest'opera, analizza con  grande  acutezza  il  contesto  storico (la crisi del dopo  guerra) e  culturale (  il  personalismo  filosofico-teologico, cristiano ,  da un lato  e  il  messianismo  di un certo  ambiente  ebraico, dall'altro) in cui  si  sviluppa  la  concezione   buberiana   dell'uomo, mostrandone  le  derivazioni  e i rapporti. Finisce  tuttavia per  riconoscere  la  validità  teoretica , al di là  dell'attualità storica;  legge  infatti  questa  concezione  come  appello  alla  responsabilità  e  nei  riguardi  di Dio  e  nei riguardi  degli uomini.
Anche   Pietro  Stefani, in  un suo  saggio  sulla  fortuna  di Buber  in Italia,  mentre  riconosce  in  Levinas  e  Rosenzweig, più  che  in Buber, le  voci  ebraiche  più  incisive  del   nostro tempo--soprattutto  in riferimento  al tema  del  ruolo  di  Dio  nella  storia  degli  uomini  e  del   suo  popolo , un Dio  che  si  auto  occulta, pittosto  che  , come  dice  Buber , si "eclissa",  e rivela  così il  suo  volto debole  e  impotente--,Stefani,    mette  in  rilievo della  visione  buberiana  dell'uomo e  della  comunità  che  la relazione  autentica crea ,  la  vena  fortemente  utopica:  l'utopia  della   responsabilità"  quell'utopia  più  prossima  all'esistenza di  ciascuno,  in quanto  tutti  sono  chiamati  a  guardare  come  ad  un  Tu quelli  che stanno  loro accanto".
Sotto  questo  aspetto  sia  Pietro  Stefani che  Armido Rizzi,  riprendono  la  posizione  di  altri  studiosi  di Buber , vedono strettamente correlato  alla  concezione  dialogica di Buber il suo interesse  per  il chassidismo"profezia, e  non  calata  storica  nel passato", e vi  riconoscono  la  speranza  messianico-escatologica"che  in  ogni momento pone  la  preparazione  della  redenzione, in misura  non  determinabile ,alla  portata  del  potere  di   decisione  di  ciascun individuo  al quale  si rivolge".
In altra  prospettiva, meno etico--politica e più  teoretica, si  collocano  alcune  posizioni   della  più  recente   filosofia  italiana  contemporanea, volte a sottolineare  come  il dialogo e  la   comunicazione sono  possibili  e  fondate teoricamente solo  se  si  va  oltre il  piano  dell'analisi dei  significati  del  discorrere e si  coglie  ciò  che   ne  è  l'origine  e la  fonte ; cioè  la  primigenia  rivelazione  dell'Essere  all'uomo  che  ascolta  e  reagisce  con  cenni  e  nomi, per  cui il  Suo parlare  è  in  realtà  un rispondere.
Impossibile non  risentire  l'eco  di  uno dei  più  ricorrenti  temi   della  filosofia  dialogica  di Buber : il dialogo è  risposta  a   un  appello. la  parola  dell'uomo è  eco e costruzione  a  partire dalla  parola  di Dio.

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