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mercoledì 23 ottobre 2019

IL CAMMINO DELL'UOMO E IL "TU" DI DIO NELLA FILOSOFIA DIALOGICA DI Martin Buber di: Franca Ciccolo Fabris 5°

23--10--2019

Prospettive   di  Shalom

Tanto  ancora  ci  sarebbe  da  dire,  e  questo  non  è  forse altro  che  la  verifica ultima,  se ce  ne  fosse  bisogno,  del  carattere  utopico-profetico  de pensiero  buberiano, e ,  attraverso  di lui,  ancora  una  volta, della  tradizione  ebraica. Ma , forse , l'emozione  più  forte che  l'incontro  con  questo  pensatore  trasmette,  anche per il tempo  in  cui  viviamo-----e comunque a me  ha trasmesso---è l'emozione  che si  prova  sempre  nel  contatto  con  una  vita e  un  pensiero profondamente  e  pienamente  attraversati, anche  e  soprattutto nei  momenti  di crisi , da  una  fede  radicale e radicata, che  mentre non fa  nessuno  sconto  alla  problematica   spesso  carica  di  dolore  dell'esistere, apre  tenacemente  prospettive di  shalom, e  cioè pienezza , unità,  compimento, all'uomo in cammino.
Nei  terribili  anni  della  seconda  guerra  mondiale, quando sul mondo  e  in  modo  inaudito  contro  il suo popolo, si  stavano  scatenando forze   diaboliche, così  scriveva il Buber   dell'utopia  positiva:
"[....]  a  quest'ora  del  mondo   in  cui  ci  troviamo , non  si tratta  affatto  di possedere una  ferma  dottrina, bensì  piuttosto di  riconoscere  la   realtà  eterna  per  poter , con la  sua  torza, tener testa  alla  realtà presente.   In   questa   notte  oscura  non  si  tratta  di  mostrare  una  strada;  si tratta  di aiutare  a perseverare  con  anima  pronta  finché sorgerà  l'aurora e  una  strada  si  mostrerà  ai nostri  occhi là  dove  nessuno la  supponeva".
Attendere,  vigilando  e  credendo  che"ciò  che  tarda  avverrà". è un invito  che fa  appello  più  che  alla  ragione, a  quella  vena  utopica che, in fondo, seppure  in gradi  diversi, ognuno  di noi si  porta   dentro.
Vorrei  così  chiudere  questo intervento  con  due  immagini,tratte  dal  mondo   dell'arte,  che  è  così  vicino  al mondo  dell'utopia:
la  prima  è  l'evocazione  dei  piccoli  personaggi  che  popolano  le  opere  di  Chagall: omini  circondati  dal  mondo  operoso  del villaggio  ma  sempre  un po' sospesi nell'aria  e un po'  sbilanciati  in avanti  quasi  a  scrutare  oltre  l'orizzonte,o  forse ad  inseguire un  sogno;
l'altra  è  una  poesia  di Clemente  Rebora, del  1922,  di un tempo che  precede  la  sua  conversione;
     Dall'immagine  tesa
     vigilo  l'istante  con  imminenza  d'attesa--
     e non  aspetto  nessuno : nell'ombra  accesa
     spio  il  campanello  che  impercettibile  spande
    un  polline  di suono----e  non  aspetto  nessuno!
    tra  quattro  mura  stupefatte  di spazio
     più  che  un  deserto  non  aspetto  nessuno;
    ma  deve  venire, verrà, se resisto
    a  sbocciare  non  visto, verrà  d'improvviso,
    quando  meno  l'avverto: verrà  quasi  perdono
     di  quanto  fa  morire, verrà a  farmi  certo
    del  suo  e mio  tesoro, verrà  come  ristoro
    delle  mie  e sue  pene,verrà  , forse  già  viene
     il suo  bisbiglio.

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