25----10---2019
Canto notturno
di un pastore errante dell'Asia
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai ,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo , ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane, ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi , o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti , ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora , e quando poi gela,
Corre via , corre , anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido , immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
è la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'essere nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene , e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
Perché reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perché da noi si dura?
Intatta luna , tale
è lo stato mortale .
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che si pensosa sei , tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E peri dalla terra , e venir meno
Ad ogni usata , amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perché delle cose , e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito , infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo , a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu , mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che , in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguimi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? che vuol dir questa
Solitudine immensa? ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell' innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa ,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal ,conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors' altri ; a me la vita è male.
O greggia mia che posi , oh te beata,
Che la miseria tua, credo , non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch ' ogni stento , ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi ,
Quando tu siedi all'ombra , sovra l'erbe,
Tu se' queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe , all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente , ed uno spron quasi mi punge
Si che, sedendo,più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir ; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia , ne' di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi : perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale,
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei , candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma , in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna ,
è funesto a chi nasce il dì natale.
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