16--10--2019
Le tappe fondamentali del cammino
è all'interno di questo quadro che Buber indica , a ogni uomo, le tappe fondamentali del suo cammino.
La bellezza, il fascino del libro"Il cammino dell'uomo" sta nel fatto che qui Buber si serve , per illustrare ciò che vuol trasmettere , di una scelta straordinariamente efficace di racconti chassidici, per cui , come in ogni vera opera d'arte, qualsiasi tentativo di riassunto è fortemente in perdita.
Come è costitutiva dell'uomo la relazione, la dialogicita', così è proprio solo dell'uomo il cammino : "Gli angeli riposano in Dio, ma gli spiriti santi camminano in Dio. L'angelo è immobile, il santo cammina. Perciò il santo è superiore all'angelo"
Ogni uomo ; è questo il primo tema , la prima tappa ; prendere coscienza , e assumere fini in fondo la propria unicità, la propria individualità e irripetibilità.
Il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe è e rimane il Dio di qualcuno e per qualcuno; privilegio--sei insostituibile, la tua vita è solo tua---,e compito --devi(in un'accezione molto particolare del verbo, che non indica tanto una obbedienza a una legge esterna, ma piuttosto la necessità tutta interiore e dunque coincidente con la vera libertà, di assecondare il proprio destino, andare incontro e andare verso la propria destinazione) impegnarti in prima persona.
Sei dunque chiamato anzitutto a un riconoscimento di te e, in un secondo momento , a un'accettazione, una assunzione in toto di te stesso, spirito e carne,vizi e virtù, positivo e negativo.
Occorre, per ciò , concentrazione, raccoglimento, riunificazione intorno al proprio centro, esperienza della propria radicale e inevitabile solitudine.
Per poco. Segue , a questo, il momento della decisione, della determinazione e risolutezza. Che comporta rinuncia , ma che porta alla piena gestione del proprio destino. Che, ora, è il momento di affrontare; ora è possibile , ed anzi necessario, uscire da se e di se dimenticarsi, per andare verso il mondo, per realizzare il proprio compito nel mondo. Cominciando dal cambiamento di se, e poi , senza cercare troppo lontano, del pezzetto di mondo dentro cui siamo collocati.
Ognuno può così rispondere all'appello che viene da quel Dio, che non è affatto lontano, ma anzi è alla porta e aspetta solo che gli apriamo: "Ancora una volta un insegnamento ebraico si oppone qui agli insegnamenti delle altre religioni, di nuovo, è nel chassidismo che si esprime con la massima intensità. Noi crediamo che la grazia di Dio consiste proprio in questo suo volersi lasciar conquistare dall'uomo,in questo suo consegnarsi, per così dire ,a lui .Dio vuole entrare nel mondo che è suo , ma vuole farlo attraverso l'uomo: ecco il mistero della nostra esistenza, l'opportunità del genere umano.
Un giorno in cui riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di Kozk li stupi chiedendo loro a bruciapelo:"Dove abita Dio?". Quelli risero di lui:" Ma il Rabbi diede lui stesso la risposta alla domanda:" Dio abita dove lo si lascia entrare".
Se volessimo trovare ora una espressione che sintetizzi questo cammino, al limite, in un'ottica anche solo umanistica e non religioso--umanistica, potremmo forse dire che essa suona all'incirca così:"Sii quel che sei, per andare verso ciò che ancora non sei".
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Anche questo piccolo libro apre , proprio come diceva Hermann Hesse, tanti orizzonti alla riflessione critica , al confronto, alla rielaborazione e al ripensamento personale.
Mi limito qui a due sottolineature, ancora sul versante dell'attualità: la prima è un rimando a un altro "piccolo" e, anche questo , preziosissimo libro: l'autore è Paolo De Benedetti, il titolo "Ciò che tarda avverrà"
Ritroviamo qui , elaborati con la straordinaria capacità di muoversi nello sconfinato territorio della tradizione biblica e dell'esegesi midrashica propria dell'autore , tanti di questi temi--da quello del Dio che è sempre Dio di qualcuno, a quello della legittimità, anzi dell'obbligo che ognuno , proprio perché unico , si affanni a cercare il settantunesimo senso della Parola di Dio; da quello dell'opera creatrice dell'uomo che può paradossalmente essere migliore di quella di Dio, a quello dell'ascolto come dimensione essenziale del vivere e del credere; e infine la domanda cruciale, sempre meno eludibile, sul senso della storia e sul dolore nel mondo--coniugati per lo più in rapporto al tempo presente che ne risulta illuminato di nuova e confortante luce.
La seconda vuol richiamare l'attenzione su un fatto che mi sembra poco notato esplicitamente anche se è sempre più frequente. La tradizione chassidica ,o meglio alcuni dei temi che essa ci racconta , sono spesso utilizzati in chiavi a volte anche molto diverse tra loro e in contesti culturali disparati:ora, pur accogliendo e condividendo fino in fondo l'utile monito che ci viene da autorevoli studiosi, a evitare infelici e fuorvianti sincretismi, forse è possibile , confortati in ciò dal più grande conoscitore contemporaneo del chassidismo, Gershom Scholem , fare un'eccezione. Prendere cioè sul serio la lettura di tipo psicoanalitico, e più propriamente di scuola Junghiana, che è stata , e continua ad essere fatta di alcune concezioni dell'uomo che il chassidismo prospetta(l'inconscio, l'individuazione come via di salvezza, il negativo ecc.)
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