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mercoledì 16 ottobre 2019

IL CAMMINO DELL'UOMO E IL "TU" DI DIO NELLA FILOSOFIA DIALOGICA DI MARTIN BUBER di: Franca Ciccolo Fabris 4°

16--10--2019

Le  tappe  fondamentali  del cammino

è all'interno  di  questo  quadro  che  Buber indica , a  ogni uomo, le  tappe  fondamentali  del suo  cammino.
La  bellezza, il fascino del  libro"Il cammino dell'uomo" sta nel fatto  che  qui  Buber  si serve  , per  illustrare  ciò che  vuol  trasmettere , di una  scelta  straordinariamente  efficace  di  racconti  chassidici,  per  cui , come  in ogni  vera  opera  d'arte, qualsiasi  tentativo di  riassunto  è fortemente  in perdita.
Come è  costitutiva  dell'uomo  la  relazione, la  dialogicita', così è  proprio  solo  dell'uomo  il cammino : "Gli angeli  riposano in Dio, ma  gli  spiriti  santi  camminano  in Dio.  L'angelo  è immobile, il santo  cammina.  Perciò  il santo  è superiore  all'angelo"
Ogni  uomo ; è  questo  il  primo   tema  , la prima  tappa ; prendere  coscienza  , e assumere  fini in fondo  la  propria  unicità,  la propria individualità  e  irripetibilità.
Il Dio  di Abramo,  di Isacco, di Giacobbe è  e rimane  il Dio di qualcuno e  per  qualcuno; privilegio--sei  insostituibile, la  tua vita  è solo tua---,e compito --devi(in un'accezione molto  particolare  del  verbo, che  non  indica tanto  una  obbedienza a  una  legge esterna, ma piuttosto  la  necessità tutta   interiore e dunque  coincidente  con  la  vera  libertà, di assecondare il proprio destino, andare incontro  e  andare verso la propria  destinazione) impegnarti  in prima persona.
Sei dunque chiamato  anzitutto  a un  riconoscimento di te e, in  un  secondo  momento  , a  un'accettazione,  una  assunzione in toto di te stesso, spirito e carne,vizi  e  virtù, positivo e negativo.
Occorre, per  ciò  , concentrazione, raccoglimento, riunificazione intorno  al proprio centro, esperienza della propria radicale e inevitabile solitudine.
Per poco. Segue , a questo, il momento della decisione, della  determinazione e  risolutezza. Che comporta  rinuncia , ma che  porta  alla  piena gestione  del proprio  destino. Che, ora, è il momento di affrontare; ora è possibile , ed anzi necessario, uscire da  se e di se  dimenticarsi, per  andare  verso il mondo, per realizzare il proprio  compito  nel mondo.  Cominciando dal  cambiamento di  se, e  poi  , senza  cercare troppo lontano, del pezzetto  di mondo dentro  cui  siamo collocati.
Ognuno può  così rispondere  all'appello che viene da quel Dio, che  non  è affatto lontano, ma anzi è  alla porta e  aspetta solo che  gli apriamo: "Ancora una volta un insegnamento ebraico si oppone  qui  agli insegnamenti  delle  altre  religioni, di nuovo, è  nel  chassidismo che  si  esprime  con la massima  intensità. Noi crediamo  che  la  grazia  di Dio consiste proprio in questo suo  volersi lasciar  conquistare dall'uomo,in  questo suo  consegnarsi, per  così dire ,a lui .Dio vuole entrare nel  mondo che  è  suo , ma  vuole  farlo attraverso  l'uomo:  ecco il mistero della  nostra  esistenza, l'opportunità  del  genere umano.
Un giorno  in cui  riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi  Mendel   di  Kozk li  stupi chiedendo loro a  bruciapelo:"Dove  abita  Dio?". Quelli risero  di lui:"  Ma il  Rabbi  diede  lui stesso la risposta alla  domanda:" Dio abita dove lo si lascia  entrare".
Se  volessimo trovare ora una espressione che  sintetizzi questo  cammino, al limite, in  un'ottica  anche solo  umanistica e  non  religioso--umanistica, potremmo forse  dire che essa  suona all'incirca  così:"Sii  quel  che sei, per andare verso  ciò  che  ancora non sei".
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Anche  questo  piccolo libro apre , proprio  come  diceva  Hermann Hesse,  tanti  orizzonti  alla riflessione critica , al confronto, alla  rielaborazione e  al  ripensamento personale.
Mi limito  qui  a  due  sottolineature, ancora  sul  versante dell'attualità: la prima  è  un  rimando  a  un  altro  "piccolo"  e, anche questo , preziosissimo  libro:  l'autore  è Paolo  De Benedetti, il titolo "Ciò  che tarda avverrà"
Ritroviamo qui ,  elaborati  con  la straordinaria  capacità di muoversi  nello sconfinato  territorio della tradizione biblica e dell'esegesi  midrashica propria  dell'autore , tanti  di questi temi--da  quello  del Dio che  è  sempre  Dio di qualcuno, a  quello  della  legittimità, anzi  dell'obbligo  che  ognuno , proprio  perché  unico  , si affanni a  cercare il  settantunesimo senso  della Parola di Dio; da quello   dell'opera   creatrice  dell'uomo che  può  paradossalmente essere  migliore  di quella  di Dio, a  quello  dell'ascolto  come  dimensione  essenziale  del  vivere e del credere; e infine la domanda  cruciale, sempre  meno  eludibile, sul  senso  della   storia e  sul  dolore nel mondo--coniugati  per  lo più  in  rapporto  al  tempo  presente  che  ne  risulta  illuminato  di  nuova  e  confortante luce.
La  seconda  vuol  richiamare  l'attenzione  su  un fatto  che  mi sembra  poco  notato  esplicitamente anche  se  è  sempre  più  frequente. La  tradizione chassidica ,o meglio alcuni dei  temi  che essa  ci  racconta  , sono  spesso  utilizzati in  chiavi  a  volte anche molto diverse  tra  loro e in  contesti culturali disparati:ora,  pur  accogliendo e  condividendo fino in fondo  l'utile  monito  che ci  viene da  autorevoli  studiosi, a  evitare infelici  e   fuorvianti  sincretismi, forse  è possibile , confortati  in  ciò  dal  più  grande conoscitore contemporaneo  del  chassidismo,  Gershom  Scholem  ,  fare  un'eccezione. Prendere  cioè  sul  serio  la  lettura  di tipo  psicoanalitico, e  più  propriamente  di  scuola  Junghiana, che  è stata  , e  continua ad  essere  fatta  di  alcune  concezioni dell'uomo che  il chassidismo  prospetta(l'inconscio,  l'individuazione  come  via  di salvezza, il negativo ecc.)

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