La sposa infedele
A Lydia Cabrera e alla sua moretta
E io che la portai al fiume
credendo che fosse ragazza,
invece aveva marito.
Fu la notte di San Giacomo
e quasi per obbligo.
Si spensero i fanali
e s' accesero i grilli.
Alle ultime svolte
toccai i suoi seni addormentati
e di colpo mi s'aprirono
come rami di giacinti.
L'amido della sua gonnellina
suonava alle mie orecchie
come un pezzo di seta lacerato da dieci coltelli.
Senza luce d'argento sulle cime
son cresciuti gli alberi
e un orizzonte di cani
abbaia dal fiume.
*
Passati i rovi,
i giunchi e gli spini,
sotto il cespuglio dei suoi capelli
feci una buca nella fanghiglia.
Io mi levai la cravatta.
Lei si tolse il vestito.
Io la cintura e la rivoltella.
Lei i suoi quattro corpetti.
Non hanno una pelle così fine
le tuberose e le conchiglie
né i cristalli alla luna
risplendono di tanta luce.
Le sue cosce mi sfuggivano
come pesci sorpresi,
metà piene di brace,
metà piene di freddo.
Corsi quella notte
il migliore dei cammini
sopra una puledra di madreperla
senza briglie e senza staffe.
Non voglio dire , da uomo,
le cose che ella mi disse.
La luce dell'intendimento
mi fa esser molto discreto .
Sporca di baci e di sabbia
la portai via dal fiume.
Con la brezza si battevano
le spalle dei gigli.
Agii da quello che sono,
da vero gitano.
Le regalai un grande cestino
di raso paglierino,
e non volli innamorarmi
perché avendo marito
mi disse che era ragazza
mentre la portavo al fiume.
SAN Michele
(Granada) A Diego Buigas de Dalmàu
Si vedono dalle balaustre
sul monte, monte , monte,
muli e ombre di muli
carichi di girasoli.
I loro occhi nelle terre d'ombra
s'appannano d'immensa notte.
Nei gomiti del vento
scricchiola l'aurora salmastra.
Un cielo di muli bianchi
chiude il suo occhio di mercurio
dando alla quieta penombra
un finale di cuori.
E l'acqua diventa fredda
perché nessuno la tocchi.
Acqua pazza e scoperta
sul monte , monte, monte.
*
San Michele , pieno di merletti
nell ' alcova della sua torre,
mostra le sue belle cosce
cinte dai fanali.
Arcangelo addormentato
nel gesto delle dodici
finge una collera dolce
di piume e di usignoli.
San Michele canta nei vetri:
efebo di tremila notti
fragrante d'acqua di colonia
e lontano dai fiori.
*
Il mare danza sulla spiaggia
un poema di balconi.
Le rive della luna
perdono giunchi , guadagnan voci.
Giungon manole mangiando
semi di girasole,
i sederi grandi e occulti
come pianeti di rame.
Vengono alti cavalieri
e dame dall'aria triste ,
nere per la nostalgia
d'un ieri d'usignoli.
E il vescovo di Manila
cieco di zafferano e povero
dice messa a doppio taglio
per donne e uomini.
*
San Michele era quieto
nell'alcova della sua torre,
con la gonnellina rappresa
di specchietti e merletti.
San Michele , re dei globi
e dei numeri dispari,
nella perfezione barbaresca
di gridi e miradores.
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