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lunedì 16 dicembre 2019

LETTERATURA ITALIANA DEL NOVECENTO SALVATORE QUASIMODO

16--12--2019

Cavalli  di luna  e  di  vulcani

Isole che  ho  abitato
verdi  su  mari  immobili.

D'alghe  arse,  di  fossili  marini
le  spiagge  ove  corrono  in  amore
cavalli  di  luna  e di  vulcani.

Nel  tempo  delle  frane ,
le  foglie  , le gru  assalgono  l'aria:
in  lume  d'alluvione  splendono
cieli  densi  aperti  agli  stellati;

le  colombe  volano
dalle  spalle  nude  dei  fanciulli.

Qui finita  è la  terra:con  fatica  e  con  sangue
mi  faccio  una  prigione.

Per te  dovrò gettarmi
ai  piedi  dei  potenti,
addolcire  il mio  cuore  di  predone.

Ma  cacciato  dagli uomini,
nel  fulmine  di luce  ancora  giaccio
infante  a  mani  aperte,
a  rive  d'alberi  e fiumi:

ivi  la  latomia  d'arancio  greco
feconda  per  gl' imenei  dei  numi.

Alle  fronde  dei salici

E  come  potevamo  noi  cantare
con  il  piede  straniero  sopra  il cuore,
fra  i morti  abbandonati nelle  piazze
sull'erba  dura  di ghiaccio, al  lamento
d'agnello  dei  fanciulli  , all'urlo  nero
della  madre  che  andava  incontro  al figlio
crocifisso  sul  palo  del  telegrafo?
Alle  fronde  dei  salici , per  voto,
anche  le nostre  cetre erano  appese,
oscillavano  lievi  al triste  vento.

Al  padre

Dove  sull 'acque  viola
era  Messina, tra  fili  spezzati
e  macerie  tu  vai  lungo  binari
e scambi col   tuo  berretto  di gallo
isolano.  Il  terremoto  ribolle
da  tre  giorni , è  dicembre  d'uragani
e  mare  avvelenato. Le  nostre  notti  cadono
nei  carri  merci  e  noi  bestiame  infantile
contiamo  sogni  polverosi  con  i morti
sfondati  dai  ferri  , mordendo mandorle
e  mele  disseccate  a  ghirlanda . La scienza
del  dolore mise  verità  e lame
nei  giochi  dei  bassopiani  di malaria
gialla  e  terzana  gonfia  di fango.
La  tua  pazienza
triste  , delicata,ci  rubò  la  paura,
fu  lezione  di  giorni  uniti  alla  morte
tradita , al  vilipendio  dei  ladroni
presi  fra  i  rottami  e  giustiziati  al buio
dalla  fuciliera degli  sbarchi  , un  conto
di  numeri  bassi  che  tornava  esatto
concentrico , un bilancio  di vita futura.

Il tuo  berretto  di sole  andava su  e giù
nel   poco  spazio  che  sempre  ti  hanno  dato.
Anche  a me  misurarono ogni  cosa,
e  ho  portato  il tuo  nome
un po'  più  in là  dell'odio  e dell'invidia.
Quel  rosso  sul  tuo  capo  era  una  mitria,
una   corona  con  le ali  d'aquila.
E   ora  nell'aquila dei  tuoi  novant'anni
ho  voluto  parlare  con te ,  coi  tuoi  segnali
di  partenza  colorati  dalla  lanterna
notturna  e qui  da una  ruota
imperfetta  del mondo,
su  una  piena  di muri  serrati,
lontano dai  gelsomini  d 'Arabia
dove  ancora  tu  sei,  per  dirti
ciò  che  non  potevo un  tempo--difficile  affinità
di pensieri--per  dirti , e  non  ci ascoltano solo
cicale  del  biviere,  agavi lentischi,
come  il   campiere dice  al suo  padrone;
"Baciamu  li  mani".  Questo  , non altro.
Oscuramente  forte  è la  vita.

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