10--12--2019
Vento a Tindari
Tindari, mite ti so
fra larghi colli pensili sull'acque
dell'isole dolci del dio,
oggi m'assali
e ti chini in cuore.
Salgo vertici aerei precipizi,
assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m'accompagna
s'allontana nell'aria
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi
da cui male mi trassi
e paure d'ombre e di silenzi,
rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d'anima.
A te ignota è la terra
ove ogni giorno affondo
e segrete sillabe nutro:
altra luce ti sfoglia sopra i vetri
nella veste notturna, e gioia non mia riposa
sul tuo grembo.
Aspro è l'esilio,
e la ricerca che chiudevo in te
d'armonia oggi si muta
in ansia precoce di morire;
e ogni amore è schermo alla tristezza
tacito passo nel buio
dove mi hai posto
amaro pane a rompere.
Tindari serena torna;
soave amico mi desta
che mi sporga nel cielo da una rupe
e io fingo timore a chi non sa
che vento profondo m'ha cercato.
Vicolo
Mi richiama talvolta la tua voce
e non so che cieli ed acque
mi si svegliano dentro:
una rete di sole che si smaglia
sui tuoi muri ch'erano a sera
un dondolio di lampade
dalle botteghe tarde
piene di vento e di tristezza.
Altro tempo: un telaio batteva nel cortile
e s'udiva la notte un pianto
di cuccioli e bambini.
Vicolo: una croce di case
che si chiamano piano,
e non sanno ch'è paura
di restare sole nel buio.
Parola
Tu ridi che per sillabe mi scarno
e curvo cieli e colli , azzurra siepe
a me d'intorno , e stormir d'olmi
e voci d'acque trepide;
che giovinezza inganno
con nuvole e colori
che la luce sprofonda.
Ti so. In te tutta smarrita
alza bellezza i seni,
s'incava ai lombi e in soave moto
s'allarga per il pube timoroso,
e ridiscende in armonia di forme
ai piedi belli con dieci conchiglie.
Ma se ti prendo, ecco;
parola tu pure mi sei e tristezza.
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