8--12--2019
La crisi del debito:
Parlare di democrazia , governance e diritti umani nel Sud del mondo significa innanzitutto e soprattutto prendere coscienza degli effetti negativi della finanziarizzazione dell'economia , nella cornice della globalizzazione dei mercati. Il tema è estremamente importante , ma per essere compreso appieno esige una riflessione storica su quanto è avvenuto nel corso degli ultimi 40 anni.
L'Africa , ad esempio , attraverso una devastante crisi debitoria (denunciata a squarciagola dal mondo missionario d'allora), dagli anni ottanta fino a quando , nello scorso decennio grazie al progetto Highly Indebted Poor Countries(Hipc). ad opera del Fondo Monetario Internazionale(Fmi) e della Banca Mondiale (Bm), una trentina di Paesi a basso reddito della fascia Subsahariana potereno ottenere una riduzione del debito(circa cento miliardi di dollari). A questo programma se ne aggiunge un altro , la cosiddetta Multilateral Debt Relief Initiative(Mdri). Queste iniziative suscitano grande euforia perché consentirono a molti governi africani di riprendere fiato, accedendo a prestiti insperati.
Nel 2007 il Ghana fu il primo Paese beneficiario ad affacciarsi sui mercati internazionali, emettendo obbligazioni pari a 750 milioni di dollari. Seguirono altri quattro destinatari del condono: Senegal, Nigeria , Zambia e Rwanda.
Nuove forme di usura:
Ciò nonostante , il dramma dell'insolvenza si è riproposto ad onta delle iniziative assunte dalla comunità internazionale assumendo sembianze apparentemente sempre nuove, che tuttavia non dissimulano fino in fondo il suo carattere fondamentalmente usuraio. Per dirla con Plauto:
"Voi usurai siete dei lenoni. Infinite leggi il popolo ha fatto contro di voi; ma , scoperta la legge , scoperto l'inganno: e il modo lo trovate subito".
Ma per comprendere a fondo lo stato dell'arte,in riferimento allo scenario africano, è importante considerare che a seguito dell'implementazione delle iniziative cui abbiamo accennato , l'accesso ai fondi d'investimento, messi a disposizione dall'alta finanza a livello mondiale, è stato utilizzato in parte per sostenere attività imprenditoriali straniere in Africa , ma anche per foraggiare le oligarchie autoctone, secondo le tradizionali dinamiche della corruzione più sfrenata e corrosiva . Sono nate, così, società partecipate che, nonostante la crescita della produttività, non sono state in grado di compensare la nuova crisi debitoria. I nuovi programmi d'investimento , infatti, non sono stati associati ad organici piani di sviluppo nazionali , col risultato che sono state costruite opere infrastrutturali--vere e proprie cattedrali nel deserto-- slegate le une dalle altre, o iniziative imprenditoriali a sé stanti e dunque esposte all'azione predatoria di potentati internazionali , soprattutto sul versante delle materie prime e delle fonti energetiche.
Nel frattempo si è innescata sulle piazze finanziarie una speculazione sfrenata sull'eccessivo indebitamento dei Paesi africani che ha determinato la svalutazione delle monete locali. L'aumento, in questi anni, del Pil e del debito di molti Paesi africani sono indicativi di una crisi sistemica che ha pregiudicato qualsiasi iniziativa protesa all'affermazione di un Welfare locale in grado di contrastare l'esclusione sociale.
Svendere per pagare
Ma il dato più preoccupante sta nel fatto che ripagare il debito , oggi, i Paesi africani sono costretti a svendere le proprie ricchezze strategiche (acqua, petrolio , elettricità, telefonia, cacao, diamanti ecc....). Qui le responsabilità ricadono sia sulle classi dirigenti locali, ma anche sulle stesse istituzioni finanziarie internazionali, le quali pretendono che le concessioni per lo sfruttamento delle materie prime , unitamente alle privatizzazioni(soprattutto il land grabbing, vale a dire l'accaparramento dei terreni da parte delle aziende straniere) vengano attuate "senza se e senza ma", per arginare il debito . Si tratta di un affare colossale per cinesi, americani ed europei , essendo , in genere , le monete locali fortemente deprezzate.
Sta di fatto che oggi molti governi africani hanno un doppio problema: sono privi di proprie risorse finanziarie e sono sempre più appesantiti da un fardello , quello del debito , difficile da sostenere . Da rilevare , inoltre , che si è passati,nel corso degli ultimi dieci anni , un po' in tutta l'Africa dai cosiddetti creditori ufficiali (come i governi , lo Fmi, la Bm e la Banca Africana per lo Sviluppo) alle fonti di credito (banche , fondi di investimento, fondi di private equity) e al libero mercato.
Finanziarizzazione del debito:
Si tratta , in sostanza, di una finanziarizzazione del debito che ha segnato il passaggio dai tradizionali prestiti e da altre forme sperimentate di assistenza finanziaria alle obbligazioni , sia pubbliche che private, da piazzare sui mercati aperti. Questo in sostanza , significa che il pagamento degli interessi è legato alle speculazioni di borsa a livello mondiale. Si tenga presente che le suddette obbligazioni sono in valuta estera, quasi sempre in dollari e quindi sottoposte ai movimenti sui cambi monetari, sempre a discapito delle monete nazionali africane.
Ciò sta generando un circolo vizioso che potrebbe compromettere seriamente lo sviluppo futuro dell'Africa.
Per tale motivo risulta indispensabile compiere un'indagine sulla prassi internazionale in merito alla questione del debito e sulla sua collocazione nell'ambito sistematico delle norme e dei principi di diritto internazionale, colmando finalmente una lacuna che costa in modo eccessivo agli Stati e ai popoli che devono ricorrere ai prestiti , formando peraltro la base per lo strapotere spesso arbitrario dei creditori di cui sopra. In effetti gli usurai , che oggi assumono le vesti apparentemente asettiche delle grande banche e società finanziarie , hanno sempre dimostrato grande creatività ed astuzia, escogitando sistemi e meccanismi , come abbiamo appena visto davvero diabolici per spremere i debitori, si trattasse di singoli individui o di Stati sovrani. La questione , peraltro , non riguarda solo più i Paesi poveri del Sud del mondo, ma anche molte economie in sofferenza , come quella italiana . Si veda da ultimo la vicenda dei derivati stipulati dallo Stato italiano con una ben nota società finanziaria statunitense.
Un parere su norme del debito:
Per guardare allora al futuro con speranza , è importante segnalare un'iniziativa promossa da un gruppo qualificato di giuristi ed esperti di economia italiana dell'Unità di di ricerca Giorgio La Pira del CNR e Centro di studi giuridici latinoamericani dell'Università di Roma Tor Vergata, con la collaborazione del Centro di ricerca Renato Baccari del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Bari. Essi hanno chiesto formalmente che, con il sostegno sempre più incisivo della Santa Sede, del Governo italiano e anche di quei governi dei Paesi coinvolti nella grave crisi economico--finanziaria mondiale, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite giunga a formulare una richiesta di parere alla Corte Internazionale di Giustizia dellAja riguardo alla coerenza tra le regole che attualmente disciplinano il debito pubblico e il debito privato (nazionale ed estero) dei Paesi in via di sviluppo e i principi generali del diritto delle Nazioni evolute, nonché i diritti umani e dei popoli. Da rilevare che questa proposta ha un precedente molto importante, la Risoluzione 63\319 del Consiglio delle Nazioni Unite del 2015, contro i cosiddetti "fondi avvoltoi", i fondi finanziarie speculativi che agiscono in modo molto aggressivo sul debito dei paesi in forti difficoltà economiche . L'iniziativa trova la sua fonte d'ispirazione nei principi morali , etici e giuridici contenuti nella storica "Carta di Sant'Agata dei Goti"( nome della città nel centro d'Italia, dove esperti religiosi e laici internazionali si sono riuniti nel 1997), che ha condannato il "contratto di usura", gli "oneri eccessivi sul debito" e ha invece affermato il suo sostegno all'autodeterminazione dei popoli. Questa questione è ancora più urgente quando consideriamo che l'intero debito mondiale , senza contare quello del settore bancario e finanziario , è cresciuto fino al 250% del Pil . Era del 200% nel 2008 . Ciò rappresenta una minaccia di crisi sistemica. E i Paesi più poveri , quelli africani in primis, sono sempre i più esposti e colpiti da tali pesanti oneri.
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