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giovedì 19 settembre 2019

FERVORE DI BUENOS AIRES di: Jorge Luis Borges

19--9--2019

FINE  D'ANNO

Ne'  la  minuzia  simbolica
di  sostituire  un  tre  con  un due
ne'  quella  metafora  inutile
che convoca  un  attimo  che muore  e  un  altro che  sorge
ne'  il compimento  di  un  processo  astronomico
sconcertano e scavano
l'altipiano  di  questa  notte
e   ci  obbligano  ad  attendere
i  dodici  irreparabili  rintocchi.
La  causa  vera
è il sospetto  generale e confuso
dell'enigma  del Tempo;
è   lo  stupore  davanti  al miracolo
che  malgrado  gli  infiniti  azzardi,
che  malgrado  siano
le  gocce  del fiume di Eraclito,
perduri  qualcosa  in noi;
immobile.

SOBBORGO                       a  Guillermo   de  Torre
                         
Il  sobborgo è  il  riflesso  del  nostro  tedio.
I miei   passi  claudicarono
quando  stavano  per  calpestare  l'orizzonte
e  restai  tra  le case,
quadrangolare  in  isolati
differenti  ed  uguali
come  se  fossero  tutte  quante
monotoni  ricordi  ripetuti
di  un  solo  isolato.
L'erbetta  precaria ,
disperatamente  speranzosa,
spruzzava  le  pietre  della  strada
e vidi  nella  lontananza
le  carte  di  colore  del  ponente
e  sentii  Buenos  Aires.
Questa  città  che  credetti  mio  passato
è  il mio  avvenire, il mio presente;
gli  anni  vissuti  in Europa  sono  illusori,
io  stavo  sempre  (e starò ) a  Buenos  Aires.

GIARDINO

Burroni,
sierre  aspre,
dune,
assediati  da  ansimanti   rotte,
da  leghe  di  tempeste  e  di  sabbia
che  dal  fondo  del  deserto  si  accalcano.
Su  un  declivio  sta  il giardino.
Ogni  alberello è  una  selva  di foglie.
Le  sterili  colline  silenziose
che  affrettano  la notte  con  le  loro  ombre
e  il  triste  mare  di  inutili verdori.
Tutto  il giardino  è  una  luce  tranquilla
che illumina  la sera.
Il giardinetto è  come  un  giorno  di  festa
nella  povertà  della  terra.                                   Giacimenti  del  Chubut, 1922

IL   RITORNO

Alla  fine  degli anni dell'esilio
tornai  alla  casa  della mia  infanzia
ed ancora mi  è  estraneo  il  suo  spazio.
Le  mie mani  hanno  toccato  gli  alberi
come  chi  accarezza  qualcuno   che  dorme
ed  ho  ripetuto  antichi  sentieri
come  se ricuperassi  un  verso  dimenticato
e  vidi  nello  spargersi  della  sera
la  fragile  luna  nuova
che  si  accostò  al  riparo ombroso
della  palma  di  foglie  alte,
come  al  suo  nido  l'uccello.
Che  caterva  di  cieli
abbraccerà  tra  le sue  mura il patio,
quanto  eroico  ponente
militerà nel  profondo  della  strada
e  quanta  friabile  luna  nuova
infonderà  al  giardino  la  sua  tenerezza,
prima  che torni  a  riconoscermi la casa
e  di  nuovo  sia  un'abitudine!

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