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sabato 21 settembre 2019

FAVOLE di: Jean de La Fontaine

21--9--2019

LA   BISACCIA

Barba  Giove  disse  un giorno:
--Vengan  quanti  al mondo  sono
animali  malcontenti
e  ciascun di loro   mi parli
senza  fare  complimenti,
ch'io   vedrò  dal  mio  gran  trono
se si  possa  contentarli--.

Il  babbione  per suo   conto
si  dichiara  arcicontento
senza  tema  di  confronto.
Una  bestia, figurarsi!
che  cammina a  quattro  mani,
così  bella  e di  talento,
non  sarebbe  un'ingiustizia
se  volesse  lamentarsi?

Ma  una grande  compassione
egli  sente  in cor  per  l'orso,
che  gli  sembra  un  così  stupido
materiale   bestione,
così  rozzo  e  disadatto,
che  i  pittori si rifiutano
fin  di  pingerne il ritratto.

L'orso  subito  protesta
contro  questa  insinuazione.
Quel  che  a  lui  sembra  mal  fatto,
corto in coda  e  grosso  in testa,
una  macchina  pesante
senza garbo  e  proporzione,
è  piuttosto  l'elefante.

A sua  volta  anche  costui ,
ch'è  un  buonissimo pedante,
dice  mal  della  balena
tutta schiena, tutta  schiena.
Ogni  mal  è  del  vicino,
e  per  essere  discreti
fa l'istesso  panegirico
la  formica al moscherino.

Barba  Giove  soddisfatto
li rimanda  in santa  pace.
Per  venire adesso  al fatto
non  vi  sembra  che  a  un  dipresso
anche  noi  facciam  lo stesso?
Linci  a scorgere  del  prossimo
i difetti , siamo  poi
talpe  cieche sol  per noi.

Quando  viene  in  questa valle
porta   ognuno  sulle  spalle
una  duplice  bisaccia.
Dentro a  quella  che  sta  innanzi
volentieri ognun di noi
i difetti  altrui  vi caccia,
e  nell'altra  mette  i suoi.

L'UOMO E LA  SUA  IMMAGINE      (al  signor  Duca  de  La Rochefoucauld)

Un  uomo  molto  di se  stesso  amante
e  che , senza  rivali , d'un  bell'uomo
si  dava  l'aria, in  ciò  fisso  e beato,
se  la  prendea  di rabbia  con  gli  specchi
ch'ei  dicea  tutti  falsi  e  accusatori.
Per  trarlo  d'illusion  fece  la  sorte
benevola  che,  ovunque  egli  girasse
coll'occhio,  non  vedesse  altro  che  specchi.
Specchi  dentro  le case e in  le  botteghe
de'  merciai, specchi  in  petto  ai  bellimbusti
e  fin  sulle  cinture  delle  belle,
ovunque  insomma  a  risanarlo il caso
gli facea  balenar  davanti  questo
tacito  consigliere  delle belle.
Al mio Narciso allor  altro  non  resta
che  andare , per fuggir tanto tormento,
in paesi  selvaggi e sconosciuti,
ove  di  specchi  non  vi  fosse il segno.
Ma  specchio  ancora, o illusion, discende
ivi  un bel  fiume, che da  pura  fonte
sgorga  e  l'attira  di  sì  strano  incanto
ch'ei non può  dal  cristal torcer lo sguardo.

Della  favola  è  questa  la morale,
che  non  d'un solo io traggo a beneficio,
ma  di  quanti   son  folli  in  questo mondo.

L'anima umana  è  l'uomo  vanitoso
troppo  amante  di se' : gli specchi  sono
gli altrui difetti in cui  come in ispeglio
ogni  nostro difetto  si dipinge.
E il libro  delle  Massime, o  mioDuca,
è  quel  fiume  che  l'anima  rapisce.

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