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lunedì 20 maggio 2019

Arthur Rimbaud "IL BATTELLO EBBRO"

20-5-2019
Poiché  andavo  scendendo  lungo  i Fiumi  impassibili,
Sentii  che i bardotti  non mi  guidavan  più:
Ignudi  ed  inchiodati  ai  pali  variopinti,
I pellirossa  striduli  li  avevan  bersagliati,
Col  mio  cotone  inglese, col  mio  grano  fiammingo,
Non  mi  curavo più  di  avere un  equipaggio.
Quando , assieme  ai  bardotti, si  spensero  i clamori,
I  fiumi mi  lasciarono  scender  liberamente,
Dentro  lo  sciabordare  aspro  delle  maree,
L'altro  inverno, più  sordo  di  una  mente  infantile,
lo corsi! E le  Penisole  strappate  dagli  ormeggi
Non  subirono mai  sconquasso  più  trionfante.
La  tempesta  ha  sorriso  ai  miei  risvegli  in mare,
Più  lieve   di un  turacciolo ho  danzato  sui  flutti
Che  eternamente  spingono  i corpi  delle  vittime,
Dieci  notti, e irridevo l'occhio  insulso  dei  fari!
Più  dolce  che ai  fanciulli qualche  acida  polpa,
L'acqua   verde  filtrò  nel  mio  scafo di abete
E dalle  macchie  rosse  di vomito e  di vino
Mi  lavò, disperdendo il  timone  e i ramponi.
Da  allora  sono immerso  nel  Poema  del Mare
Che, lattescente  e  invaso  dalla  luce  degli  astri,
Morde  l'acqua  turchese, dentro  cui, fluttuando,
Scende  estatico un morto pensoso e  illividito;
Dove, tingendo a un tratto l'azzurrità, deliri
E ritmi  prolungati  nel  giorno rutilante,
Più stordenti dell'alcol, più  vasti  delle lire,
Fermentano i rossori amari  dell'amore!
Io so i  cieli che scoppiano in lampi, so le tombe,
Le  correnti e  i riflussi:  io so la sera e l'Alba
Che si esalta nel cielo come colombe a stormo;
E  qualche  volta ho  visto  quel  che  l'uomo ha sognato!
Ho  visto  il sole basso , fosco di orrori mistici,
Che  illuminava lunghi  coaguli  violacei,
Somiglianti ad attori  di  antichi drammi, i  flutti
Che  fluivan  con  tremito di persiane, lontano!
Sognai  la notte  verde dalle  nevi  abbagliate,
Bacio che sale lento agli  occhi  degli Oceani,
La circolazione  delle  linfe  inaudite,
E, giallo  e blu , il destarsi  dei  fosfori canori!
Ho  seguito, per mesi, i marosi che  assaltano
Gli scogli, come  mandorle  di isterici  bovini,
Stupito  che i lucenti piedi  delle Marie
Potessero  forzare i musi degli Oceani!
Ho  cozzato in Floride incredibili:fiori
Sbocciavano fra gli occhi  di pantere  con  pelli
D'uomo! In arcobaleni  come redini tesi
A glauche  mandrie sotto  l'orizzonte dei  mari!
Ho visto  fermentare  gli stagni enormi, nasse
Dove  frammezzo ai  giunchi  marcisce un Leviatano!
Frane  d'acqua  scuotevano  le  immobili  bonacce,
Cateratte  lontane crollavano nei  baratri!
Ghiacciai, soli d'argento, flutti  madreperlacei,
Cieli  ardenti! incagliavo in fondo a  golfi  bruni
Dove  immensi  serpenti mangiati  dalle cimici
Cadon, da piante  torte, con  oscuri profumi!
Ai  bimbi, avrei  voluto mostrare  le  dorate
Dell'onda  cupa  e  azzurra, o quei  pesci  canori,
--Schiume  di  fiori, mentre salpavo, m'han cullato,
E talvolta ineffabili  venti m'han  dato l'ali.
Martire affaticato dai  poli e dalle zone,
Il mare che piangendo mi addolciva  il rullio
Faceva  salir fiori  d'ombra, gialla  ventose,
Ed io  restavo, simile a una donna in  ginocchio,
Quasi isola, scuotendo sui miei bordi i litigi
E lo sterco  di uccelli dagli occhi  biondi, e urlanti.
Vogano  ed  attraverso i miei legami fragili
Gli  affogati a  ritroso scendevano  a dormire!
Io, battello perduto  nei crini  delle cale,
Spinto  dall'uragano  nell'etra  senza  uccelli,
---Ne' i velieri anseatici, ne' i  Monitori avrebbero
Ripescato il mio  scafo ubriacato d'acqua,--
Libero, fumigante, di bruma viola carico;
io che foravo il cielo rossastro  come un muro
Che porti, leccornie  per  i  buoni poeti,
Dei  licheni di  sole e dei  mocci d'azzurro;
Io  che  andavo  chiazzato dalle  lunule elettriche,
Folle  trave , scortato dagli  ippocampi neri,
Quando il luglio  faceva crollare a scudisciate
I cieli ultramarini dai  vortici infuocati;
Io  che  tremavo  udendo  gemere  a cento  leghe
I Behemot in fola ed i  densi  Maèlstrom,
Filando eternamente sull 'acque azzurre e  immobili,
Io  ripiango l'Europa  dai parapetti antichi!
Ho  visto  gli  arcipelaghi  siderei e delle isole
Dai  cieli  deliranti aperti al  vogatore:
---è in queste  notti immense che  tu  dormi e t'esili
Stuolo  d'uccelli  d'oro, o Vigore  futuro?
Ma  basta , ho  pianto  troppo!  Le Albe  sono  strazianti.
Ogni  luna  mi è  atroce ed ogni sole  amaro:
L'acre  amore  mi  gonfia  di stordenti torpori.
Che  la mia chiglia  scoppi!  Che  vada  in fondo al mare!
Se  desidero un'acqua  d'Europa, è la  pozzanghera
Nera  e  gelida, quando, nell'ora  del crepuscolo,
Un bimbo malinconico abbandona, in  ginocchio,
Un battello  leggero come farfalla a maggio.
Non  posso  più , bagnato  da quei languori, onde,
Filare nella  scia  di  chi  porta  cotone,
Ne'  fendere  l'orgoglio dei pavesi e dei labari,
Ne'  vogar  sotto gli occhi  orrendi  dei pontoni.

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