17--3--2020
Quando è nata l'idea di questo articolo mi trovavo , in un luogo ameno della collina parmense, un borgo delizioso composto da cinque o sei case , quasi "sprofondate" qualche metro più in basso respetto al ciglio stradale.
Qui il paesaggio sonoro, costituito sulla tonica del frinire delle cicale e del canto dei grilli, si sviluppa attraverso le modulazioni del vento frusciante tra le foglie, accompagnato da un ostinato pigolio di una nidiata di pulcini e dalle variazioni del muggito delle vacche nella stalla.
In questa estemporanea composizione sonora ,ogni variante aveva , per il mio orecchio , il sapore di una inattesa improvvisazione nient'affatto fastidiosa: il suono di un violino dalla casa accanto, il fischietto del contadino di ritorno dai campi, lo scorrere dell'acqua del rubinetto nel cortile, l'abbaiare di un cane in lontananza...
Oggi , nel mio appartamento, mentre mi accingo a raccogliere in forma articolata le idee appuntate allora in ordine sparso, le finestre aperte sulla strada lasciano arrivare fino a qui vari rumori: quelli delle automobili che stanno circolando nervosamente , del cigolio dei freni, delle marmitte dei ciclomotori, della gente che corre indaffarata.
E, d'un tratto , mi riesce difficile pensare ad un silenzio che non c'è !
Eppure ,nemmeno in collina c'era silenzio : mi trovavo , al contrario , completamente circondata da suoni di ogni genere . Ma neppure per un istante ho associato, udendoli , quei suoni all'idea di rumore.
Aprendo il dizionario alla parola" rumore", leggo:
...strepito--frastuono- fracasso--baccano--chiasso---baillame---schiamazzo---urlo---fragore---clamore----rombo---scoppio---tuono---mormorio---fruscio--bisbiglio--stridore--sibilo.....
e in relazione al suo contrario, "silenzio", leggo:
assenza di rumori\\ taciturnità\\ quiete---pace\\
Immediatamente associo la descrizione del primo termine,"rumore", all'immagine della strada e quella del secondo, "silenzio",all'immagine della collina.
Ecco un'apparente contraddizione: un luogo silenzioso(il paesaggio collinare pervaso di pace e di quiete) eppure pieno di suoni!
Posso quindi affermare che il silenzio è suono?
Nell'esperienza religiosa il silenzio è un un'atto di culto, è preghiera interiore, è porsi nella condizione di "ascoltare" la Parola di Dio.
Su ben altro piano , quello della didattica montessoriana (per esempio) l'esercizio del silenzio ha la precisa finalità di far ascoltare il silenzio stesso.
Possiamo perciò tranquillamente affermare che il silenzio si può ascoltare , silenzio non significa assenza di suoni.
Per Kirpal Singh ----(mistico indiano):
" Quando non c'è suono , si dice che non lo si sente,
ma questo non significa che l'ascolto abbia perso
la propria capacità d'essere in ascolto. In verità,
quando non c'è suono l'udito è ancora più all'erta.
Invece , quando c'è suono la qualità dell'ascolto è inferiore."
è ciò che, in altre parole , afferma R. M. Schafer (compositore e scrittore secondo il quale"....abbiamo bisogno di ritrovare la quiete perché un minore numero di suoni possa [...] introdursi al suo interno e disturbarla".
Al contrario di ciò che si può pensare , infatti , il silenzio non è vuoto.
Diremo anzi che il "silenzio assoluto" è un concetto che nella esperienza umana non esiste.
Ancora Schafer riferisce l'esperienza che il musicista John Cage fece in una camera anecoica, ovvero totalmente insonorizzata, dove egli tuttavia udì due suoni : uno acuto(prodotto dal suo stesso sistema nervoso in azione) ed uno grave (prodotto dal suo sangue in circolazione)
"Finché non sarò morto "scriverà Cage "esistono suoni ; e seguiteranno dopo la mia morte".
L'esperienza sonora , insomma , non abbandona mai l'uomo: è ormai assodato che essa ha inizio già prima della nascita , quando il feto sente il battito cardiaco della madre, ascolta la sua voce e reagisce agli stimoli sonori esterni.
Esperienze , queste , che nel bambino determinano poi spesso"...una attenzione privilegiata per il suono come mediatore della propria relazione con il mondo ; è attraverso i suoni che molti bambini costruiscono la propria immagine del mondo".
Parallelamente sappiamo che, da quando la madre avverte i primi movimenti del feto, si accorge come i rumori intensi lo facciano sobbalzare.
Ciò ci riporta alla definizione di "rumore": ne La Nuova Enciclopedia della Musica, leggiamo in prima istanza che il termine"...genericamente indica le sonorità sentite come sgradevoli , gli eventi acustici troppo forti o i disturbi presenti in un sistema di comunicazioni".
In relazione all'evoluzione che , nel corso del 900, ha costantemente allargato il repertorio di sonorità utilizzata in musica, il rumore ha via via assunto valenze estetiche e finalità espressive più precise . Purtroppo in virtù di tale fenomeno che, caratterizzando sempre più eventi "sgradevoli" come "musicali", rischia di allontanarci dalla nostra più intima essenza , io preferisco mantenere l'attenzione sul silenzio come sfondo utile e necessario per ritrovare sé stessi e la propria capacità creativa , come espressione dell'anima.
Nella mia attività didattica, qualora in veste di "educatrice al suono" mi si offre l'opportunità di curare l'aggiornamento delle insegnanti (scuola materna, ed elementare) prima di affrontare gli aspetti metodologici della disciplina musicale preferisco riflettere e far riflettere sulla necessità di creare un contesto culturale "di pulizia" entro il quale sia possibile far emergere il sé(quello dei bambini in primo luogo , ma anche quello degli insegnanti stessi) oltre il bombardamento acustico dei media, e del traffico ecc.
Nel nostro sistema di vita la comunicazione interpersonale passa prevalentemente attraverso il canale verbale il quale , dimenticando l'importanza dei rinforzi non verbali nei processi comunicativi viene generalmente privilegiato e rinforzato, soprattutto in ambito scolastico.
è importante , invece, dentro e fuori la scuola , dare ai bambini la possibilità di ascoltare e di ascoltarsi; come adulti dovremo chiederci spesso e i nostri interventi(per lo più verbali)lo permettono. Mi capita spesso di lavorare con gruppi di bambini in presenza delle loro insegnanti che di frequente sprecano le proprie energie nel tentativo di "spiegare" cosa fare o no fare , cosa dire o non dire . è nota a tutti la valenza dell'esempio quando si voglia insegnare qualche cosa. Provate quindi ad immaginare quale importanza assuma un gesto , un'azione eseguita in un contesto di grande attenzione, di silenzio , senza parole di rinforzo: diventa scena , immagine , "parola", suono e, in virtù dello sfondo così pulito dalle ridondanze verbali, si imprime con più pregnanza in chi sta osservando ,ascoltando, imitando.
"Colui che canta non crea il canto da solo. Deve esservi qualcuno che ascolta. Un uomo fa uso della voce per cantare. L'altro canta nella sua mente"(da The broken song di Rabindranath Tagore).
Afferma Schafer che "...l'uomo ama produrre suoni per ricordarsi che non è solo[....] ha paura della mancanza di suoni[.....] poiché il silenzio definitivo è quello della morte[...]"
Ciò fa supporre, nell'uomo , il silenzio con valenza negativa; impariamo ad assumere ,invece, un'ottica positiva e ci accorgeremo di quanta vita ci sia nel "silenzio"intorno a noi!
Un gioco che faccio spesso con i miei bambini , è quello di trovare la "tonica" del paesaggio sonoro che ci circonda . Seduti in cerchio, ad occhi chiusi e in silenzio perfetto, ascoltiamo , e cerchiamo di individuare il suono di fondo dell'ambiente circostante : sarà facile, poco dopo aver raggiunto questa consapevolezza , accorgersi di tutti gli altri suoni che man mano si sovrappongono a quello che ci sembra va preponderante(sia esso il nostro respiro, quello di un compagno o il suono della pioggia che batte sui vetri).
E perché non chiudere gli occhi e scrivere mentalmente, ciascuno per sé , una teoria sul "colore del silenzio": che colore ha il mio silenzio quando piove o c'è il sole , quando fa caldo o fa freddo; se sono solo o in compagnia ,in campagna o in città, al mare o in montagna.
O qualche volta, invece di cantare "stornelli" insieme agli amici, proviamo a creare una catena appoggiando uno l'orecchio sulla schiena dell'altro, cingendogli la vita con le braccia, facendo oscillare lentamente il corpo e lasciando che, pian piano , esca da ognuno un canto spontaneo ,monocorde , che gradualmente si adatta al suono della cassa armonica immaginaria sulla quale abbiamo appoggiato il nostro orecchio : un proverbio indù recita:
" L'utilità di un contenitore sta nella forma del suo vuoto".
Perciò danziamo il nostro silenzio ovvero gli elementi in esso contenuti : suono , rumore ,melodia, armonia , percussione: e, infine osserviamo la danza che gli altri eseguono sul proprio --silenzio immaginario. Vorrei concludere con le parole di Schafer:
"...Recuperare il valore della contemplazione ci insegnerebbe a vedere nel silenzio una condizione positiva e felice in sé , come un grande e magnifico sfondo contro il quale le nostre azioni si stagliano e acquistano forma. Qualora questo sfondo mancasse , esse non avrebbero alcun senso e potrebbero anche , in verità, non esistere affatto[...] Era questo l'insegnamento di Lao--Tse:
" Abbandonare la fretta dell'attività. Chiudete la bocca . Soltanto allora potrete comprendere lo spirito del Tao".
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