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sabato 14 marzo 2020

LETTERATURA ITALIANA romanticismo e risorgimento Giuseppe Giusti

14--3--2020

Sant' Ambrogio
Vostra Eccellenza  che  mi sta  in cagnesco
per  que'  pochi  scherzucci  di  dozzina,
e  mi gabella  per  anti-tedesco
perché  metto  le birbe  alla  berlina,
o senta  il  caso  avvenuto  una  mattina,
càpito  in Sant' Ambrogio di Milano,
in  quello  vecchio  , là  fuori  di mano.
  M' era  compagno il figlio  giovinetto
d'un di  que'  capi  un pò  pericolosi,
di  quel  tal  Sandro, autor  d'un  romanzetto
ove  si  tratta  di Promessi  Sposi......
Che  fa  il nesci, Eccellenza? o  non  l'ha  letto?
Ah, intendo ; il suo  cervel, Dio  lo  riposi,
in  tutt'altre   faccende  affaccendato,
a questa  roba  è morto  e sotterrato.
    Entro  , e ti  trovo  un  pieno   di soldati,
di  que' soldati  settentrionali,
come  sarebbe  Boemi  e Croati,
messi  qui  nella  vigna  a  far  da  pali;
di fatto  se  ne  stavano  impalati,
come  sogliono in  faccia a'  generali,
co' baffi  di  capecchio e  con  que'  musi,
davanti  a  Dio  diritti  come fusi.
     Mi  tenni  indietro ; ché , piovuto  in mezzo
di  quella  marmaglia, io non  lo nego
d'aver  provato  un  senso  di ribrezzo
che  lei  non  prova in grazia  dell'impiego.
Sentiva  un'afa, un  alito  di lezzo;
scusi , Eccellenza , mi  parean  di sego,
in  quella  bella  casa  del Signore,
fin  le candele dell'altar  maggiore.
     Ma  in quella  che  s'apresta  il sacerdote
a  consacrar  la mistica  vivanda,
di  subita  dolcezza  mi percuote,
su,  di  verso  l'altare, un  suon  di  banda.
Dalle  trombe  di guerra  uscian  le note
come  di voce che  si  raccomanda,
d'una  gente  che  gema  in duri  stenti
e  de'  perduti  beni  si  rammenti.
      Era  un coro  del Verdi;  il  coro  a  Dio
là  de'  Lombardi  miseri  assetati;
quello : O Signore, dal  tetto  natio,
che  tanti  petti  ha  scossi  e inebriati.
Qui  cominciai  a  non esser  più io;
e come  se  que'  così  doventati
fossero  gente  della nostra  gente,
entrai  nel branco  involontariamente.
      Che  vuol  ella, Eccellenza?  il pezzo  è bello,
poi  nostro  , e poi  suonato  come  va;
e,  coll'arte  di mezzo, e  col  cervello
dato  all'arte,  l'ubbie  si  buttan  là.
Ma  cessato  che fu , dentro , bel  bello
io  ritornava  a  star  come  la  sa;
quand'eccoti, per  farmi  un  altro  tiro,
da  quelle  bocche  che  parean  di ghiro,
       un  cantico  tedesco lento  lento
per  l'aer  sacro  a  Dio  mosse  le  penne;
era  preghiera  , e  mi parea  lamento,
d'un  suono  grave , flebile, solenne,
tal, che  sempre  nell'anima  lo sento;
e  mi  stupisco  che  in  quelle  cotenne,
in  que'  fantocci esotici  di legno,
potesse  l'armonia  fino  a  quel  segno.
      Sentia  nell'inno  la  dolcezza  amara
de'  canti  uditi  da  fanciullo; il  core
che  da  voce  domestica  gl'impara,
ce  li  ripete  i giorni  del  dolore;
un  pensier  mesto  della  madre  cara,
un  desiderio  di pace e  di  amore,
uno  sgomento  di lontano  esilio
che  mi  faceva  andare  in  visibilio.
       E,  quando  tacque, mi  lasciò  pensoso
di  pensieri  più  forti e  più  soavi.
Costor,  dicea  tra  me , Re  pauroso
degl'Italici  moti  e degli slavi,
strappa  a'  lor tetti  , e  qua  senza  riposo
schiavi  gli  spinge  per  tenerci  schiavi;
gli spinge  di  Croazia e  di  Boemme,
come  mandre  a  svernar nelle  Maremme.
       A  dura  vita , a  dura  disciplina,
muti, derisi,  solitari stanno,
strumenti  ciechi  d'occhiuta rapina,
che  lor non  tocca  e  che  forse non  sanno;
e  quest'odio  che  mai  non  avvicina
il popolo  lombardo  all'alemanno,
giova  a chi  regna  dividendo  e teme
popoli  avversari  affratellati  insieme.
       Povera  gente!  Lontana  da' suoi,
in un paese  qui che  le  vuol  male,
chi  sa  che  in  fondo  all'anima po' poi
non mandi  a quel  paese  il principale!
Gioco  che  l'hanno  in tasca come  noi,
Qui,  se  non  fuggo , abbraccio  un  caporale,
colla su'  brava  mazza  di  nocciolo,
duro e  piantato  lì come  un  piolo.

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