31---3---2020
3) La sovranità popolare e la rappresentanza politica:
l'art. 1 della Costituzione , dopo aver proclamato che l'Italia è una repubblica democratica , afferma che la sovranità appartiene al popolo, il quale la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Dichiarando che la sovranità appartiene al popolo , si è voluto insistere sulla forma democratica dello Stato , e stabilire che l'esercizio dei poteri supremi , dei poteri cioè a cui è assoggettata la direzione dello Stato e l'attività degli altri, è attribuita al popolo , che non potrà mai venire spogliato.
Per popolo, dato che si tratta d'esercizio di diritti, si deve intendere la parte della popolazione in grado di essere politicamente attiva, che, se una volta fu più o meno limitata nel numero, sulla base di varie considerazioni, quali il grado d'istruzione e il censo, si è estesa oggi a tutti coloro che siano forniti della capacità naturale ad esercitare diritti. Con ciò si è attuato il suffragio universale, che ammette effettivamente tutto il popolo alla funzione elettiva.
Negli Stati moderni l'attuazione del principio democratico non è concepibile altrimenti che attraverso organi di rappresentanza politica: il popolo , tutto il popolo , è rappresentato dai suoi eletti. Con la funzione elettiva si tende ad ottenere l'adesione , per quanto possibile completa, dell'apparato statale alle esigenze della comunità ; ma non si vuole con essa determinare la volontà dello Stato , bensì soltanto procedere alla scelta delle persone che poi assumeranno gli uffici più eminenti , fra cui è da collocare per primo quello di formare le leggi. Si pensa che la scelta popolare normalmente indicherà sempre i migliori e i più adatti, "politicamente, ben inteso", come dice l'Orlando, il quale aggiunge :" Si dimentica che tutte le attitudini sono speciali, e che un illustre avvocato o giurista o letterato potrà riuscire un pessimo uomo politico, come, viceversa ,un uomo privo di cultura elevata e che ha fatto cattiva prova in una professione , può riuscire un uomo di Stato eminente".(non sono molto d'accordo)
L'evoluzione delle forme democratiche ha accentuato , come si riscontra anche nella Costituzione italiana, l'influenza dei cittadini sull'azione dei poteri supremi dello Stato: alle precedenti forme della democrazia rappresentativa se ne sono aggiunte altre che chiamasi di democrazia diretta. Questa risiede :
1) nel fatto che oggi non si concepisce lo svolgimento delle votazioni popolari altrimenti che attraverso l'organizzazione e l'azione dei partiti politici, i qual non operano soltanto nel momento delle elezioni, ma controllano poi le decisioni degli eletti;
2) nel concorso diretto dei cittadini alla formazione di atti di competenza degli organi legislativi, sia con l'iniziativa delle leggi , sia col referendum(art.75).
Cittadini politicamente attivi si possono considerare , oltre a coloro che usufruiscono del diritto elettorale , anche tutti quelli che in qualche modo contribuiscono a formare l'opinione pubblica o che, con l'appartenenza a partiti , sindacati , circoli , o a così detti "gruppi di pressione "o d'agitazione , contribuiscono a promuovere , sostenere o combattere gli orientamenti della politica statale.
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martedì 31 marzo 2020
lunedì 30 marzo 2020
UN SALUTO ED UN AUGURIO A CHI LAVORA IN PRIMA LINEA IN QUESTA EMERGENZA
31--3--2020
SALMO 22
Il Signore è il mio pastore; non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille, mi conduce .
Mi rinfranca , mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcuno male , perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissime anni.
Un saluto,un grazie, un augurio, a chi in prima linea , affronta ogni giorno , questa emergenza.
Un saluto, e un buon lavoro , a tutti , dal corpo medico e sanitario in generale, alle forze di polizia, e carabinieri, alla protezione civile, ai volontari.
SALMO 22
Il Signore è il mio pastore; non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille, mi conduce .
Mi rinfranca , mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcuno male , perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissime anni.
Un saluto,un grazie, un augurio, a chi in prima linea , affronta ogni giorno , questa emergenza.
Un saluto, e un buon lavoro , a tutti , dal corpo medico e sanitario in generale, alle forze di polizia, e carabinieri, alla protezione civile, ai volontari.
domenica 29 marzo 2020
LA PASQUA EBRAICA di: Ettore Finzi
29--3--2020
L'istituzione di questa festa risale ai tempi dell'esodo del popolo d'Israele sotto la guida di Mosè (15°13° secolo a.C.),ed è quindi antichissima. Cosa accadde tra il 10 e il 14 del mese di Nisan quando le tribù d'Israele abbandonarono l'Egitto? La risposta a questa domanda si trova in Es 12. Il Signore aveva deciso di liberare il suo popolo dalla schiavitù e così parlò a Mosè e ad Aron , suo fratello:
Questo mese di Nisan è per voi il primo mese dell'anno. Nel decimo giorno di questo mese ogni capo famiglia si procuri un agnello . Se la famiglia è piccola da non poter mangiare tutto l'animale , si unisca a un'altra famiglia. Terrete l'agnello fino al quattordicesimo giorno e poi tutta la comunità lo scannerà nel pomeriggio. Quindi si spargerà del suo sangue sui due stipiti e sull'architrave della porta delle case. Di sera si mangerà l'agnello arrostito insieme con le azzime e le erbe amare . Se non lo mangerete tutto , bruciate ciò che rimane . Siate vestiti , pronti a partire col vostro bastone , mangiate in piedi.
Io percorrerò l'Egitto quella notte e colpirò ogni primogenito nel paese sia dell'uomo che degli animali , e farò giustizia di tutte le divinità egiziane.
Il sangue di cui saranno tinte le case dove abitate mi servirà di segno .Riconosciuto questo segno "Io passerò oltre" e il mio flagello colpirà soltanto gli Egiziani. Questo giorno sarà da voi ricordato e lo celebrerete quale festa in onore del Signore. Sia festa d'istituzione perenne . Per sette giorni mangerete le azzime , e prima che arrivi il primo giorno , togliete dalle vostre case ogni cibo lievitato. Chi non osserverà questo precetto verrà espulso dalla comunità. Il primo e il settimo giorno saranno considerati "sacra convocazione", nessuno lavoro si farà in questi due giorni, si potrà soltanto cucinare .Osserverete questa festa per tutte le generazioni,quale statuto eterno , dal 14 al 21 del mese di Nisan.
Così apprendiamo che il nome della festa "Pesach" deriva dal verbo "pasach" che significa "passo oltre" o "passo su qualche cosa" e questo nome , secoli dopo , diventò Pasqua in tutte le lingue europee, senza conservare però il significato originario. Apprendiamo anche che il Signore non colpì le case che avevano sugli stipiti il segno tracciato con il sangue dell'agnello. Questo segno si può vedere ancora oggi sugli stipiti delle porte d'ingresso delle case abitate da ebrei, ma ha cambiato aspetto. è un astuccio metallico o di legno che contiene un rotolino di pergamena sulla quale sono scritti alcuni versetti del Deuteronomio: che si chiama"la Mezuzà".
Poiché gli Israeliti che stavano per fuggire dall'Egitto non avevano avuto il tempo di far lievitare l'impasto per il pane , essi mangiarono pane non lievitato che si chiama "mazzot", pane azzimo. E da questo fatto deriva che la Pasqua ha anche il nome di Festa degli Azzimi.
Il sacrificio dell'agnello durò attraverso la storia secolare d'Israele seguendo le modalità descritte nel capitolo 12 dell' Esodo fino all'anno 70 d.C. In questo anno terminò la prima guerra giudaica (dal 66 al 73 d.C.) con la distruzione , da parte dei Romani ,di Gerusalemme e del suo Tempio.
Quando esisteva ancora il Tempio , il rito era rigorosamente seguito e si svolgeva nel modo antico. Nel pomeriggio del 14 di Nisan gli agnelli offerti dai pellegrini , provenienti da tutte le parti del Paese e da fuori , venivano presentati ai sacrificatori , e uno squillo di tromba annunciava l'inizio del sacrificio . Il sangue raccolto dal sacerdote veniva versato davanti all'altare e da qui , per mezzo di un sistema di condutture , scorreva verso la valle di Cedron, valle che si trova tra Gerusalemme e il Monte degli ulivi. Questo gigantesco sacrificio era chiamato "Apparecchiatura della Pasqua". Le viscere e il grasso degli animali immolati venivano bruciati mentre la carne veniva restituita ai donatori per il pasto rituale che si consumava nelle loro case . L'agnello veniva cotto sulla brace e quando era cotto si doveva aver cura di non rompere alcun osso.
All'inizio del pasto s'intingeva un pezzo di azzimo in una salsa chiamata "Haroshet" e si beveva una coppa di vino pronunciando una benedizione al Signore , dopo di che si recitava il salmo 78 che ricorda l'uscita dall'Egitto. In seguito si beveva un sorso di acqua salata a significare le lacrime versate dagli avi in schiavitù . A questo punto si cominciava a mangiare l'agnello con le erbe amare e si beveva la seconda coppa di vino . Allora i partecipanti al bacchetto intonavano il "Hallel", composto dai salmi 113 e 114 , che è un osanna al Signore, bevendo la terza coppa di vino . Nel momento in cui echeggiava il versetto"Benedetto chi viene nel nome del Signore", si beveva la quarta coppa di vino che era di solito l'ultima.
La comunità aveva il dovere di dare ai poveri il denaro necessario per poter celebrare la Pasqua o di invitarli nelle proprie case.
Dopo la distruzione del Tempio , la celebrazione della Pasqua ha subito molte modificazioni: la principale è quella del sacrificio dell'agnello, che è rimasto in uso soltanto presso i Samaritani.
Il grande maestro dell 'Accademia rabbinica di Yavne, Gamaliel (circa 1° secolo d.C.), stabilì per la celebrazione della Pasqua tre capisaldi principali.
1) è dovere di ogni ebreo ricordare ai figli le ragioni per le quali si mangiano le azzime, l'agnello e le erbe amare.
2)L' ebreo deve considerare se stesso come uscito dall'Egitto perché la liberazione degli avi è contemporaneamente nostra e dei nostri figli.
3)L'ebreo deve elevare al Signore inni di ringraziamento e terminare con l'augurio che presto avvenga la redenzione finale.
IL SEDER
Il Seder è la cerimonia del pasto pasquale che si tiene nelle sere del 14 e 15 di Nisan durante la quale si legge ad alta voce la "Haggadàh". Il Seder è dominato da tale lettura , il cui testo costituisce la guida di tutta la cerimonia. Infatti nel libro sono descritti l'ordine dello svolgimento del Seder , la spiegazione dei numerosi simboli , il racconto delle persecuzioni da parte del faraone che costrinsero gli Israeliti a lasciare l'Egitto , di come il Signore colpì il Paese con le dieci piaghe . Vengono citati inoltre molti brani tratti dal Deuteronomio , dall 'Esodo , dalla Genesi, dal Talmud e molti salmi.
Tutti gli Israeliti sparsi per il mondo e quelli abitanti in Israele leggono la Haggadàh in quelle sere . Ancora oggi si recita un brano in aramaico che i nostri avi pronunciarono quando erano in esilio a Babilonia. Il brano suona così:
Questo è il pane dell'afflizione che i nostri padri mangiarono in terra d'Egitto, chi ha fame venga e mangi e faccia Pasqua. Quest'anno siamo qui , l'anno prossimo saremo in Terra d'Israele .
Chi conosce la storia degli ebrei che sono vissuti nei ghetti dell'Europa centro-orientale può comprendere a fondo il significato di queste parole.
Il rito che si svolge prima della festa è molto laborioso . Tutte le stoviglie , i piatti , i bicchieri , le posate...e altro, devono essere nuovi e accuratamente lavati . Ogni cibo lievitato o che è stato a contatto con cibo lievitato deve essere portato fuori di casa . La notte prima della Pasqua si procede alla ricerca del lievitato che, nel caso che se ne trovi , viene bruciato.
Le benedizioni col vino sono numerose , almeno quattro , la tradizione prescrive che si lasci la porta di casa aperta affinché "chi ha fame venga e mangi " e perché si spera che entri il profeta Elia per il quale si è posto sul tavolo del Seder un bicchiere vuoto. Questo è il segno dell'auspicio che un giorno ritornerà sulla terra il profeta Elia per annunciare la redenzione , la liberazione da tutto ciò che si oppone alla giustizia e alla pace.
Questo misterioso personaggio sarebbe vissuto al tempo del re d'Israele Aqab(9° secolo a.C.) e non è stato dimenticato dai cristiani, infatti nel Vangelo secondo Matteo , al capitolo 17 troviamo scritto un episodio molto significativo si racconta della trasfigurazione di Gesù di Nazareth avvenuta su un monte in presenza di tre discepoli ; Pietro, Giacomo e Giovanni. Essi vedono apparire , in una luce irreale , accanto a Gesù , i profeti Mosè ed Elia . Pochi istanti dopo questi ultimi scompaiono . Gesù , rimasto solo , raccomanda ai discepoli di non parlare con nessuno della visione fino a quando Egli non sarà risuscitato.
I discepoli chiedono a Gesù: Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia? Egli risponde : Certo Elia deve venire e ristabilire ogni cosa . Ma io vi dico che Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; l'hanno fatto soffrire , come faranno con me.
Questo passo di Matteo si presta a interpretazioni sulle quali non spetta a me addentrarmi ; ho voluto ricordarlo perché il mistero di Elia è collegato alla Pasqua ebraica.
Del resto , anche Gesù celebrò la Pasqua e ciò è confermato dagli evangelisti. Matteo(26,17)ricorda :"Il primo giorno degli Azzimi i discepoli dissero a Gesù :"Dove vuoi che ti prepariamo da mangiare la Pasqua?".
Viene poi descritto l'ultimo Seder di Gesù che, per i cristiani , sarà l'ultima cena.
Sono trascorsi secoli e secoli e oggi esiste uno Stato d'Israele. Per Pasqua arrivano da ogni parte del mondo turisti cristiani ed ebrei per godersi la vista dei Luoghi Santi e il meraviglioso spettacolo della fioritura di primavera. Gli ebrei si recano al Muro Occidentale (non è più il Muro del Pianto) per recitare una preghiera o soltanto per vedere quell'enorme complesso di grosse pietre che è rimasto in piedi dopo la distruzione del Tempio di Erode . Ora il Muro Occidentale è accessibile a tutti. La Pasqua ebraica , che cade sempre in primavera , è anche una festa per l'agricoltura ed è ricordata come una delle tre feste dei Pellegrinaggi (Dt 16,16--17). Questo aspetto viene sottolineato particolarmente nelle colonie agricole. Tutti gli abitanti di queste colonie si riuniscono in un campo coltivato a orzo all'inizio della Pasqua per tagliare "l'Omer". Questa è un' unità di misura per i cereali. Nel Libro del Levitico (23, 10--13) si racconta che all'inizio del raccolto dell'orzo , ogni famiglia ne offriva un Omar che portava al Tempio il secondo giorno di Pasqua.
I trattori , i carri e le altre macchine agricole vengono decorate con drappi e nastri variamente colorati. Sul campo si recitano inni di ringraziamento al Signore che ha donato il raccolto e, alla fine della falciatura dell'Omer eseguita come nel passato, col falcetto dagli anziani , i giovani iniziano le danze.
Di sera tutti si riuniscono nella grande sala da pranzo della colonia dove ha luogo il Seder . Ancora oggi si termina la lettura della Haggadàh con l'augurio : L'anno prossimo a Gerusalemme. Ma il significato dell'augurio è oggi diverso per gli Israeliani: Oggi siamo a Gerusalemme , auguriamo di essere vivi e sani per poterci ritornare il prossimo anno!
L'istituzione di questa festa risale ai tempi dell'esodo del popolo d'Israele sotto la guida di Mosè (15°13° secolo a.C.),ed è quindi antichissima. Cosa accadde tra il 10 e il 14 del mese di Nisan quando le tribù d'Israele abbandonarono l'Egitto? La risposta a questa domanda si trova in Es 12. Il Signore aveva deciso di liberare il suo popolo dalla schiavitù e così parlò a Mosè e ad Aron , suo fratello:
Questo mese di Nisan è per voi il primo mese dell'anno. Nel decimo giorno di questo mese ogni capo famiglia si procuri un agnello . Se la famiglia è piccola da non poter mangiare tutto l'animale , si unisca a un'altra famiglia. Terrete l'agnello fino al quattordicesimo giorno e poi tutta la comunità lo scannerà nel pomeriggio. Quindi si spargerà del suo sangue sui due stipiti e sull'architrave della porta delle case. Di sera si mangerà l'agnello arrostito insieme con le azzime e le erbe amare . Se non lo mangerete tutto , bruciate ciò che rimane . Siate vestiti , pronti a partire col vostro bastone , mangiate in piedi.
Io percorrerò l'Egitto quella notte e colpirò ogni primogenito nel paese sia dell'uomo che degli animali , e farò giustizia di tutte le divinità egiziane.
Il sangue di cui saranno tinte le case dove abitate mi servirà di segno .Riconosciuto questo segno "Io passerò oltre" e il mio flagello colpirà soltanto gli Egiziani. Questo giorno sarà da voi ricordato e lo celebrerete quale festa in onore del Signore. Sia festa d'istituzione perenne . Per sette giorni mangerete le azzime , e prima che arrivi il primo giorno , togliete dalle vostre case ogni cibo lievitato. Chi non osserverà questo precetto verrà espulso dalla comunità. Il primo e il settimo giorno saranno considerati "sacra convocazione", nessuno lavoro si farà in questi due giorni, si potrà soltanto cucinare .Osserverete questa festa per tutte le generazioni,quale statuto eterno , dal 14 al 21 del mese di Nisan.
Così apprendiamo che il nome della festa "Pesach" deriva dal verbo "pasach" che significa "passo oltre" o "passo su qualche cosa" e questo nome , secoli dopo , diventò Pasqua in tutte le lingue europee, senza conservare però il significato originario. Apprendiamo anche che il Signore non colpì le case che avevano sugli stipiti il segno tracciato con il sangue dell'agnello. Questo segno si può vedere ancora oggi sugli stipiti delle porte d'ingresso delle case abitate da ebrei, ma ha cambiato aspetto. è un astuccio metallico o di legno che contiene un rotolino di pergamena sulla quale sono scritti alcuni versetti del Deuteronomio: che si chiama"la Mezuzà".
Poiché gli Israeliti che stavano per fuggire dall'Egitto non avevano avuto il tempo di far lievitare l'impasto per il pane , essi mangiarono pane non lievitato che si chiama "mazzot", pane azzimo. E da questo fatto deriva che la Pasqua ha anche il nome di Festa degli Azzimi.
Il sacrificio dell'agnello durò attraverso la storia secolare d'Israele seguendo le modalità descritte nel capitolo 12 dell' Esodo fino all'anno 70 d.C. In questo anno terminò la prima guerra giudaica (dal 66 al 73 d.C.) con la distruzione , da parte dei Romani ,di Gerusalemme e del suo Tempio.
Quando esisteva ancora il Tempio , il rito era rigorosamente seguito e si svolgeva nel modo antico. Nel pomeriggio del 14 di Nisan gli agnelli offerti dai pellegrini , provenienti da tutte le parti del Paese e da fuori , venivano presentati ai sacrificatori , e uno squillo di tromba annunciava l'inizio del sacrificio . Il sangue raccolto dal sacerdote veniva versato davanti all'altare e da qui , per mezzo di un sistema di condutture , scorreva verso la valle di Cedron, valle che si trova tra Gerusalemme e il Monte degli ulivi. Questo gigantesco sacrificio era chiamato "Apparecchiatura della Pasqua". Le viscere e il grasso degli animali immolati venivano bruciati mentre la carne veniva restituita ai donatori per il pasto rituale che si consumava nelle loro case . L'agnello veniva cotto sulla brace e quando era cotto si doveva aver cura di non rompere alcun osso.
All'inizio del pasto s'intingeva un pezzo di azzimo in una salsa chiamata "Haroshet" e si beveva una coppa di vino pronunciando una benedizione al Signore , dopo di che si recitava il salmo 78 che ricorda l'uscita dall'Egitto. In seguito si beveva un sorso di acqua salata a significare le lacrime versate dagli avi in schiavitù . A questo punto si cominciava a mangiare l'agnello con le erbe amare e si beveva la seconda coppa di vino . Allora i partecipanti al bacchetto intonavano il "Hallel", composto dai salmi 113 e 114 , che è un osanna al Signore, bevendo la terza coppa di vino . Nel momento in cui echeggiava il versetto"Benedetto chi viene nel nome del Signore", si beveva la quarta coppa di vino che era di solito l'ultima.
La comunità aveva il dovere di dare ai poveri il denaro necessario per poter celebrare la Pasqua o di invitarli nelle proprie case.
Dopo la distruzione del Tempio , la celebrazione della Pasqua ha subito molte modificazioni: la principale è quella del sacrificio dell'agnello, che è rimasto in uso soltanto presso i Samaritani.
Il grande maestro dell 'Accademia rabbinica di Yavne, Gamaliel (circa 1° secolo d.C.), stabilì per la celebrazione della Pasqua tre capisaldi principali.
1) è dovere di ogni ebreo ricordare ai figli le ragioni per le quali si mangiano le azzime, l'agnello e le erbe amare.
2)L' ebreo deve considerare se stesso come uscito dall'Egitto perché la liberazione degli avi è contemporaneamente nostra e dei nostri figli.
3)L'ebreo deve elevare al Signore inni di ringraziamento e terminare con l'augurio che presto avvenga la redenzione finale.
IL SEDER
Il Seder è la cerimonia del pasto pasquale che si tiene nelle sere del 14 e 15 di Nisan durante la quale si legge ad alta voce la "Haggadàh". Il Seder è dominato da tale lettura , il cui testo costituisce la guida di tutta la cerimonia. Infatti nel libro sono descritti l'ordine dello svolgimento del Seder , la spiegazione dei numerosi simboli , il racconto delle persecuzioni da parte del faraone che costrinsero gli Israeliti a lasciare l'Egitto , di come il Signore colpì il Paese con le dieci piaghe . Vengono citati inoltre molti brani tratti dal Deuteronomio , dall 'Esodo , dalla Genesi, dal Talmud e molti salmi.
Tutti gli Israeliti sparsi per il mondo e quelli abitanti in Israele leggono la Haggadàh in quelle sere . Ancora oggi si recita un brano in aramaico che i nostri avi pronunciarono quando erano in esilio a Babilonia. Il brano suona così:
Questo è il pane dell'afflizione che i nostri padri mangiarono in terra d'Egitto, chi ha fame venga e mangi e faccia Pasqua. Quest'anno siamo qui , l'anno prossimo saremo in Terra d'Israele .
Chi conosce la storia degli ebrei che sono vissuti nei ghetti dell'Europa centro-orientale può comprendere a fondo il significato di queste parole.
Il rito che si svolge prima della festa è molto laborioso . Tutte le stoviglie , i piatti , i bicchieri , le posate...e altro, devono essere nuovi e accuratamente lavati . Ogni cibo lievitato o che è stato a contatto con cibo lievitato deve essere portato fuori di casa . La notte prima della Pasqua si procede alla ricerca del lievitato che, nel caso che se ne trovi , viene bruciato.
Le benedizioni col vino sono numerose , almeno quattro , la tradizione prescrive che si lasci la porta di casa aperta affinché "chi ha fame venga e mangi " e perché si spera che entri il profeta Elia per il quale si è posto sul tavolo del Seder un bicchiere vuoto. Questo è il segno dell'auspicio che un giorno ritornerà sulla terra il profeta Elia per annunciare la redenzione , la liberazione da tutto ciò che si oppone alla giustizia e alla pace.
Questo misterioso personaggio sarebbe vissuto al tempo del re d'Israele Aqab(9° secolo a.C.) e non è stato dimenticato dai cristiani, infatti nel Vangelo secondo Matteo , al capitolo 17 troviamo scritto un episodio molto significativo si racconta della trasfigurazione di Gesù di Nazareth avvenuta su un monte in presenza di tre discepoli ; Pietro, Giacomo e Giovanni. Essi vedono apparire , in una luce irreale , accanto a Gesù , i profeti Mosè ed Elia . Pochi istanti dopo questi ultimi scompaiono . Gesù , rimasto solo , raccomanda ai discepoli di non parlare con nessuno della visione fino a quando Egli non sarà risuscitato.
I discepoli chiedono a Gesù: Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia? Egli risponde : Certo Elia deve venire e ristabilire ogni cosa . Ma io vi dico che Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; l'hanno fatto soffrire , come faranno con me.
Questo passo di Matteo si presta a interpretazioni sulle quali non spetta a me addentrarmi ; ho voluto ricordarlo perché il mistero di Elia è collegato alla Pasqua ebraica.
Del resto , anche Gesù celebrò la Pasqua e ciò è confermato dagli evangelisti. Matteo(26,17)ricorda :"Il primo giorno degli Azzimi i discepoli dissero a Gesù :"Dove vuoi che ti prepariamo da mangiare la Pasqua?".
Viene poi descritto l'ultimo Seder di Gesù che, per i cristiani , sarà l'ultima cena.
Sono trascorsi secoli e secoli e oggi esiste uno Stato d'Israele. Per Pasqua arrivano da ogni parte del mondo turisti cristiani ed ebrei per godersi la vista dei Luoghi Santi e il meraviglioso spettacolo della fioritura di primavera. Gli ebrei si recano al Muro Occidentale (non è più il Muro del Pianto) per recitare una preghiera o soltanto per vedere quell'enorme complesso di grosse pietre che è rimasto in piedi dopo la distruzione del Tempio di Erode . Ora il Muro Occidentale è accessibile a tutti. La Pasqua ebraica , che cade sempre in primavera , è anche una festa per l'agricoltura ed è ricordata come una delle tre feste dei Pellegrinaggi (Dt 16,16--17). Questo aspetto viene sottolineato particolarmente nelle colonie agricole. Tutti gli abitanti di queste colonie si riuniscono in un campo coltivato a orzo all'inizio della Pasqua per tagliare "l'Omer". Questa è un' unità di misura per i cereali. Nel Libro del Levitico (23, 10--13) si racconta che all'inizio del raccolto dell'orzo , ogni famiglia ne offriva un Omar che portava al Tempio il secondo giorno di Pasqua.
I trattori , i carri e le altre macchine agricole vengono decorate con drappi e nastri variamente colorati. Sul campo si recitano inni di ringraziamento al Signore che ha donato il raccolto e, alla fine della falciatura dell'Omer eseguita come nel passato, col falcetto dagli anziani , i giovani iniziano le danze.
Di sera tutti si riuniscono nella grande sala da pranzo della colonia dove ha luogo il Seder . Ancora oggi si termina la lettura della Haggadàh con l'augurio : L'anno prossimo a Gerusalemme. Ma il significato dell'augurio è oggi diverso per gli Israeliani: Oggi siamo a Gerusalemme , auguriamo di essere vivi e sani per poterci ritornare il prossimo anno!
LETTERATURA DEL 900 Vittorio Sereni
29---3--2020
Inverno a Luino
Ti distendi e respiri nei colori,
Nel golfo irrequieto,
nei cumuli di carbone irti al sole
sfavilla e s'abbandona
l'estremità del borgo.
Colgo il tuo cuore
se nell'alto silenzio mi commuove
un bisbiglio di gente per le strade.
Morto in tramonti nebbiosi d'altri cieli
sopravvivo alle tue sere celesti,
ai radi battelli del tardi
di luminarie fioriti.
Quando pieghi al sonno
e dài suoni di zoccoli e canzoni
e m'attardo smarrito ai tuoi bivi.
m'accendi nel buio d' una piazza
una luce di calma, una vetrina.
Fuggirò quando il vento
investirà le tue rive;
sa la gente del porto quant'è vana
la difesa dei limpidi giorni.
Di notte il paese è frugato dai fari,
lo borda un'insonnia di fuochi
vaganti nella campagna,
un fioco tumulo di lontane
locomotive verso la frontiera.
Saba
Berretto pipa bastone, gli spenti
oggetti di un ricordo.
Ma io li vidi animati indosso a uno
ramingo in un'Italia di macerie e di polvere.
Sempre di sé parlava ma come lui nessuno
ho conosciuto che di sé parlando
e ad altri vita chiedendo nel parlare
altrettanta e tanta più ne desse
a chi stava ad ascoltarlo.
E un giorno , un giorno o due dopo il 18 aprile,
lo vidi errare da una piazza all'altra
dall'uno all'altro caffè di Milano
inseguito dalla radio.
Porca--vociferando---porca. Lo guardava
stupefatta la gente.
Lo diceva all'Italia. Di schianto, come a una donna
che ignara o no a morte ci ha ferito.
Inverno a Luino
Ti distendi e respiri nei colori,
Nel golfo irrequieto,
nei cumuli di carbone irti al sole
sfavilla e s'abbandona
l'estremità del borgo.
Colgo il tuo cuore
se nell'alto silenzio mi commuove
un bisbiglio di gente per le strade.
Morto in tramonti nebbiosi d'altri cieli
sopravvivo alle tue sere celesti,
ai radi battelli del tardi
di luminarie fioriti.
Quando pieghi al sonno
e dài suoni di zoccoli e canzoni
e m'attardo smarrito ai tuoi bivi.
m'accendi nel buio d' una piazza
una luce di calma, una vetrina.
Fuggirò quando il vento
investirà le tue rive;
sa la gente del porto quant'è vana
la difesa dei limpidi giorni.
Di notte il paese è frugato dai fari,
lo borda un'insonnia di fuochi
vaganti nella campagna,
un fioco tumulo di lontane
locomotive verso la frontiera.
Saba
Berretto pipa bastone, gli spenti
oggetti di un ricordo.
Ma io li vidi animati indosso a uno
ramingo in un'Italia di macerie e di polvere.
Sempre di sé parlava ma come lui nessuno
ho conosciuto che di sé parlando
e ad altri vita chiedendo nel parlare
altrettanta e tanta più ne desse
a chi stava ad ascoltarlo.
E un giorno , un giorno o due dopo il 18 aprile,
lo vidi errare da una piazza all'altra
dall'uno all'altro caffè di Milano
inseguito dalla radio.
Porca--vociferando---porca. Lo guardava
stupefatta la gente.
Lo diceva all'Italia. Di schianto, come a una donna
che ignara o no a morte ci ha ferito.
venerdì 27 marzo 2020
"IL SISTEMA DEMOCRATICO NELLA COSTITUZIONE ITALIANA " di: Alberto Romagnoli " Il sistema rappresentativo "
27---3---2020
1) Due capisaldi della democrazia:
Strettamente connessi col sistema democratico sono il sistema rappresentativo, quantunque non siano mancati nell'antichità , e non manchino nemmeno oggi, modi di democrazia diretta , e il sistema maggioritario , secondo il qual ogni deliberazione d'un organo collegiale deve esser presa a maggioranza , e la minoranza , o di pochi o di molti , deve sottostare . In questa accettazione , da parte della minoranza e nella possibilità ad essa sempre offerta di diventare a sua volta maggioranza sta l'essenza ideale e lo strumento pratico della democrazia , la quale, di conseguenza , ha sempre bisogno che esista in tutti profondo e sincero l'attaccamento a quei principi di libertà individuale che costituiscono poi l'originale patrimonio del liberalismo. La democrazia ha bisogno , d'una continua opera educatrice , senza la quale esplodono i pericoli insiti in essa; qualora nel popolo non sia profondamente radicato il principio della libertà e dei suoi limiti, può facilmente trasformarsi in demagogia , vale a dire nel dominio d'un uomo o di uomini che, con la parola o con altri mezzi di suggestione , si traggono al seguito le masse dotate di scarso spirito critico.
2)Il sistema bicamerale:
Lo statuto albertino accettava il principio della rappresentanza popolare , creando una Camera elettiva, ma ponendole accanto un'altra di nomina regia,il Senato. Tale bicameralismo era imitazione di ciò che altrove era avvenuto per uno sviluppo storico . Mancando da noi una tradizione a questo proposito , il bicameralismo si giustificò con l'opportunità di procedere nella formazione della legge attraverso un duplice vaglio , di far luogo , fra i rappresentanti , a quelle competenze che difficilmente potrebbero emergere per mezzo d'una competizione politica e d'un'elezione popolare , di moderare gli ardimenti e le impazienze dei rappresentanti diretti del popolo con il consiglio di uomini saggi, esperti e al riparo da gare demagogiche.
Per queste ragioni , lo Statuto stabiliva che i senatori dovessero essere scelti fra ex deputati , ministri, alti funzionari dell'amministrazione, della magistratura , generali e ammiragli,uomini di cultura e appartenenti ad accademie . I senatori ,nominati a vita , avrebbero assicurato alla vita politica solidità e continuità.
Un vero sistema bicamerale suppone una perfetta parità fra le due Camere , e così non avveniva per lo Statuto , secondo il quale l'iniziativa in materia finanziaria era interdetta al Senato. Era poi nell'ordine naturale delle cose che l'organo più vivace e propulsivo fosse la Camera dei deputati , organo periodicamente rinnovato e voce della viva opinione del paese.
1) Due capisaldi della democrazia:
Strettamente connessi col sistema democratico sono il sistema rappresentativo, quantunque non siano mancati nell'antichità , e non manchino nemmeno oggi, modi di democrazia diretta , e il sistema maggioritario , secondo il qual ogni deliberazione d'un organo collegiale deve esser presa a maggioranza , e la minoranza , o di pochi o di molti , deve sottostare . In questa accettazione , da parte della minoranza e nella possibilità ad essa sempre offerta di diventare a sua volta maggioranza sta l'essenza ideale e lo strumento pratico della democrazia , la quale, di conseguenza , ha sempre bisogno che esista in tutti profondo e sincero l'attaccamento a quei principi di libertà individuale che costituiscono poi l'originale patrimonio del liberalismo. La democrazia ha bisogno , d'una continua opera educatrice , senza la quale esplodono i pericoli insiti in essa; qualora nel popolo non sia profondamente radicato il principio della libertà e dei suoi limiti, può facilmente trasformarsi in demagogia , vale a dire nel dominio d'un uomo o di uomini che, con la parola o con altri mezzi di suggestione , si traggono al seguito le masse dotate di scarso spirito critico.
2)Il sistema bicamerale:
Lo statuto albertino accettava il principio della rappresentanza popolare , creando una Camera elettiva, ma ponendole accanto un'altra di nomina regia,il Senato. Tale bicameralismo era imitazione di ciò che altrove era avvenuto per uno sviluppo storico . Mancando da noi una tradizione a questo proposito , il bicameralismo si giustificò con l'opportunità di procedere nella formazione della legge attraverso un duplice vaglio , di far luogo , fra i rappresentanti , a quelle competenze che difficilmente potrebbero emergere per mezzo d'una competizione politica e d'un'elezione popolare , di moderare gli ardimenti e le impazienze dei rappresentanti diretti del popolo con il consiglio di uomini saggi, esperti e al riparo da gare demagogiche.
Per queste ragioni , lo Statuto stabiliva che i senatori dovessero essere scelti fra ex deputati , ministri, alti funzionari dell'amministrazione, della magistratura , generali e ammiragli,uomini di cultura e appartenenti ad accademie . I senatori ,nominati a vita , avrebbero assicurato alla vita politica solidità e continuità.
Un vero sistema bicamerale suppone una perfetta parità fra le due Camere , e così non avveniva per lo Statuto , secondo il quale l'iniziativa in materia finanziaria era interdetta al Senato. Era poi nell'ordine naturale delle cose che l'organo più vivace e propulsivo fosse la Camera dei deputati , organo periodicamente rinnovato e voce della viva opinione del paese.
mercoledì 25 marzo 2020
"VI DO UN COMANDAMENTO NUOVO: DI AMARVI GLI UNI GLI ALTRI; COME IO HO AMATO VOI---"(Gv.13; 31) di: Pina Maria Speranza Raciti
25---3--2020
Confesso, sono molto legata , alle mie cose, e per nulla al mondo,condividerei , con gli altri.
Molto , amata dai miei, sin dal concepimento; curata da sempre , da piccola , i miei vestiti erano meravigliosi.
Ricordo: eravamo appena giunti a Belpasso,avevo 3 anni; era autunno, quando papà , mi chiamò a se, per presentarmi una bambina. Mi disse che , era una mia amichetta,e che dovevo darle un dono , come segno d'amicizia.
Il mio bellissimo cappottino bianco di pura lana, nuovo, ma non più buono per me, perché piccolo. Ricordo, come fu una prova molto dura per me, e come papà, con tanta delicatezza, mi faceva comprendere che era importante, che con un gesto d'amicizia, regalasse questo dono , alla bambina.
Anni dopo, bambina, frequentavo la scuola; avevo una gonna, che amavo molto, e che continuavo ad indossare,nonostante , fosse piccola per me. Un giorno, passeggiando con una mia amichetta, incontrai, una bambina, quasi coetanea, che indossava , la mia gonna. Ricordo , che rincasando , chiesi spiegazione alla mamma, confesso, ero furibonda. La mamma, con grande pazienza, mi spiegò , che la gonna era ormai piccola per me, ma potava essere utile, a quella bambina.
Carità, AMORE, è condivisione con il prossimo, di tutto ciò che per noi è importante. Non è elemosinare, il superfluo, o peggio , ciò che noi buttiamo nella spazzatura.
Nessuno Sacerdote ,mi ha mai mandato via, dalla chiesa, e nello specifico , da una parrocchia.
Sono stata sempre rispettata e guidata( tranne l'aggressione da parte di preti di campagna)
Quando, il gruppo del quale facevo parte, si trasformò in una comitiva; lasciai la parrocchia Cristo Re , per ritornare alla mia. Ed è , dalla mia parrocchia, che per mia volontà , andai via, alla fine degli anni settanta; per iniziare il mio cammino spirituale. Padre Vasta, il parroco, fu con me sempre cortese, sono stata ,io, che ho rifiutato , un mio coinvolgimento , in parrocchia.
A Catania, ho avuto l'invito , a restare in parrocchia, al quale ho sempre risposto no!
I miei anni vissuti a Catania, si dividono fra : università : frequenza, studio ed esami; ed il mio cammino spirituale. Di quegli anni due sono le realtà che amo ricordare, perché ricche di esperienze positive.
=Comunione e Liberazione,,con Don Ciccio;
=San Benedetto , con la mia oblazione;
Sono due realtà, diverse, che , non si possono mettere a confronto.
CL= una meravigliosa realtà, con un grande Sacerdote. Una comunità , costituita da giovani, ed io l'ho vissuta con i miei colleghi di medicina. Una bella esperienza vissuta, fra studio, ed un fermento, fatto di crescita e maturità cristiana, per un impegno , nella società.
San Benedetto= una comunità costituita da adulti(ero l'unica ragazza e universitaria), avevano l'età dei miei genitori , dei miei nonni. Erano presente solo pochissime ragazze, più grande di me, e con un tasso di scolarizzazione basso. Ma tanto care, e di queste , due , sono più vive nel mio ricordo e nel mio cuore.
Lucia= una cara ragazza e amica, e la sua famiglia, di umile condizione sociale, ma dotati di un cuore grande e generoso.
Quando , mi recavo da loro , il mio cuore era pieno di letizia, ed il mio pensiero si rivolgeva a LUI: Gesù, oggi vengo a farti visita a casa di Lucia"
Teresa= una ragazza sbandata, con gravi problemi esistenziali. A lei debbo molto, perché mi ha dato , più di quanto io , abbia dato a lei. Mi ha fatto comprendere , la grande ricchezza, che è la mia famiglia. Soprattutto , mi ha aperto gli occhi, sul fatto , che non ho alcuno diritto a giudicare , la vita di una persona, e non posso usare , come confronto , la mia vita , che se è perfetta,lo debbo , alla ricchezza affettiva e sana che mi ha da sempre circondato.
La sbandata, di una persona, dipende da molte fattori!
Invitavo spesso , a casa mia, queste ragazze, perché desideravo condividere la mia ricchezza con loro.
Amare è condivisione!
Carità cristiana, vivere la vita, con gioia e letizia, condividendola , con il prossimo. Andare incontro , all'altro, con un cuore ricco della Sua presenza, Letizia evangelica, gioia della vita, amore per la vita, amore verso il prossimo, e per tutte le creature; rispetto della vita nel suo divenire.
Lo strumento , in mano al cristiano, è il suo CUORE, trasformato da Cristo.
Il cristiano, non vive con il cilicio in mano,ed il piombo ai piedi, gridando :" peccato, peccato! Egli, non vive nel buio e nella disperazione. Se la realtà cristiana fosse questa, sarebbe meglio essere atei!
Questa è la vita peccaminosa, per la quale , una realtà di fango, come quella belpassese, mi ha derubato 30 anni , e per la quale, preti di campagna, hanno gridato al peccato e alla peccatrice,! istigando il popolo ad un linciaggio.
Confesso, sono molto legata , alle mie cose, e per nulla al mondo,condividerei , con gli altri.
Molto , amata dai miei, sin dal concepimento; curata da sempre , da piccola , i miei vestiti erano meravigliosi.
Ricordo: eravamo appena giunti a Belpasso,avevo 3 anni; era autunno, quando papà , mi chiamò a se, per presentarmi una bambina. Mi disse che , era una mia amichetta,e che dovevo darle un dono , come segno d'amicizia.
Il mio bellissimo cappottino bianco di pura lana, nuovo, ma non più buono per me, perché piccolo. Ricordo, come fu una prova molto dura per me, e come papà, con tanta delicatezza, mi faceva comprendere che era importante, che con un gesto d'amicizia, regalasse questo dono , alla bambina.
Anni dopo, bambina, frequentavo la scuola; avevo una gonna, che amavo molto, e che continuavo ad indossare,nonostante , fosse piccola per me. Un giorno, passeggiando con una mia amichetta, incontrai, una bambina, quasi coetanea, che indossava , la mia gonna. Ricordo , che rincasando , chiesi spiegazione alla mamma, confesso, ero furibonda. La mamma, con grande pazienza, mi spiegò , che la gonna era ormai piccola per me, ma potava essere utile, a quella bambina.
Carità, AMORE, è condivisione con il prossimo, di tutto ciò che per noi è importante. Non è elemosinare, il superfluo, o peggio , ciò che noi buttiamo nella spazzatura.
Nessuno Sacerdote ,mi ha mai mandato via, dalla chiesa, e nello specifico , da una parrocchia.
Sono stata sempre rispettata e guidata( tranne l'aggressione da parte di preti di campagna)
Quando, il gruppo del quale facevo parte, si trasformò in una comitiva; lasciai la parrocchia Cristo Re , per ritornare alla mia. Ed è , dalla mia parrocchia, che per mia volontà , andai via, alla fine degli anni settanta; per iniziare il mio cammino spirituale. Padre Vasta, il parroco, fu con me sempre cortese, sono stata ,io, che ho rifiutato , un mio coinvolgimento , in parrocchia.
A Catania, ho avuto l'invito , a restare in parrocchia, al quale ho sempre risposto no!
I miei anni vissuti a Catania, si dividono fra : università : frequenza, studio ed esami; ed il mio cammino spirituale. Di quegli anni due sono le realtà che amo ricordare, perché ricche di esperienze positive.
=Comunione e Liberazione,,con Don Ciccio;
=San Benedetto , con la mia oblazione;
Sono due realtà, diverse, che , non si possono mettere a confronto.
CL= una meravigliosa realtà, con un grande Sacerdote. Una comunità , costituita da giovani, ed io l'ho vissuta con i miei colleghi di medicina. Una bella esperienza vissuta, fra studio, ed un fermento, fatto di crescita e maturità cristiana, per un impegno , nella società.
San Benedetto= una comunità costituita da adulti(ero l'unica ragazza e universitaria), avevano l'età dei miei genitori , dei miei nonni. Erano presente solo pochissime ragazze, più grande di me, e con un tasso di scolarizzazione basso. Ma tanto care, e di queste , due , sono più vive nel mio ricordo e nel mio cuore.
Lucia= una cara ragazza e amica, e la sua famiglia, di umile condizione sociale, ma dotati di un cuore grande e generoso.
Quando , mi recavo da loro , il mio cuore era pieno di letizia, ed il mio pensiero si rivolgeva a LUI: Gesù, oggi vengo a farti visita a casa di Lucia"
Teresa= una ragazza sbandata, con gravi problemi esistenziali. A lei debbo molto, perché mi ha dato , più di quanto io , abbia dato a lei. Mi ha fatto comprendere , la grande ricchezza, che è la mia famiglia. Soprattutto , mi ha aperto gli occhi, sul fatto , che non ho alcuno diritto a giudicare , la vita di una persona, e non posso usare , come confronto , la mia vita , che se è perfetta,lo debbo , alla ricchezza affettiva e sana che mi ha da sempre circondato.
La sbandata, di una persona, dipende da molte fattori!
Invitavo spesso , a casa mia, queste ragazze, perché desideravo condividere la mia ricchezza con loro.
Amare è condivisione!
Carità cristiana, vivere la vita, con gioia e letizia, condividendola , con il prossimo. Andare incontro , all'altro, con un cuore ricco della Sua presenza, Letizia evangelica, gioia della vita, amore per la vita, amore verso il prossimo, e per tutte le creature; rispetto della vita nel suo divenire.
Lo strumento , in mano al cristiano, è il suo CUORE, trasformato da Cristo.
Il cristiano, non vive con il cilicio in mano,ed il piombo ai piedi, gridando :" peccato, peccato! Egli, non vive nel buio e nella disperazione. Se la realtà cristiana fosse questa, sarebbe meglio essere atei!
Questa è la vita peccaminosa, per la quale , una realtà di fango, come quella belpassese, mi ha derubato 30 anni , e per la quale, preti di campagna, hanno gridato al peccato e alla peccatrice,! istigando il popolo ad un linciaggio.
lunedì 23 marzo 2020
VIAGGIO NEL MONDO DELLO STRESS di: Carlo Felice Ponzini (oblato)
23--32020
Vorrei scorrere con voi i punti salienti di un libro certamente meno diffuso ma non meno utile alla nostra vita spirituale; si tratta di :"Dio nel silenzio . La meditazione nella vita" scritto dai Padri Antonio Gentili ed Andrea Schnoller (Ancora , Milano).
In questo testo vengono più volte gettati ponti tra la tradizione Cristiana d''Occidente e l'Oriente ; uno di questi agganci , particolarmente interessanti riguardo al nostro filo conduttore dello stress, è la differenza tra il concetto dei nostri sette "vizi capitali" e i cosiddetti "veleni".
Gli autori dicono che in Oriente ,i vizi capitali ricevono il nome di "veleni" e sono cinque: l'Odio, l'Orgoglio, l'Avidità , la Gelosia, la Stupidità. E mai il termine di veleno fu usato più a proposito poiché si capisce subito che il primo a soffrire o, con un termine attuale , a essere stressato , è proprio l'interessato , mentre nel concetto di "vizio" sarebbe implicito un piacere (vizio del gioco, del fumo e così via)
Ma provate a pensare a un INVIDIOSO che vede passare una bellissima auto guidata da un sconosciuto : chi starà male dei due, l'invidioso del possesso altrui o il fortunato possessore che nemmeno sa di essere oggetto di invidia?
E parlando di ODIO viene descritta tutta una gamma di intensità di questo veleno : è facile dire che non odiamo nessuno almeno in forma acuta. Ma le forme più sottili come l'avversione, l'antipatia, l'aggressività, l'opposizione e tutte le altre emozioni meno chiare ma certamente opposte all'amore ,ci sono poi così totalmente estranee?
Dicono gli autori :" L'odio è il primo sentimento che si deve cambiare , perché esso impoverisce le nostre energie psichiche e ci impedisce di coltivare emozioni positive e di ampliare i nostri orizzonti mentali . La tensione causata dall'odio , inoltre , ci rende incapaci di aprire all'influsso benefico delle forze alte ,apportatrici di calma , gioia , amore , felicità, benessere , pace . Cominciate perciò a distinguere le sensazioni di odio quando si presentano. Dite a voi stessi: "Ecco, questo pensiero è stato provocato dall'odio, mi nuoce , non continuerò a nutrire e ad accrescere quest'emozione. Preferisco pensare o fare una cosa migliore".
Dovete rendervi conto che l'odio e una creatura della vostra mente : una reazione sbagliata provocata da una frustrazione". Anche per quanto riguarda l'ORGOGLIO gli Autori insegnano a riconoscerlo come causa di tanti conflitti interiori i quali ci privano della serenità e felicità. Molto interessante è una specie di prova del nove suggerita per vedere se il nostro è un giustificato orgoglio per la soddisfazione di un risultato positivo ottenuto con il nostro impegno , oppure se vi è un velo di insoddisfazione che offusca questa gioia dato dalla sofferenza per la disattenzione degli altri.
La cartina di tornasole per verificare l'autenticità dei vostri sentimenti e dei vostri comportamenti rimane la sofferenza . Quando essa , in una forma o nell'altra , viene a turbare l'orizzonte della vostra mente , significa che le vostre intenzioni profonde non erano del tutto disinteressate e altruiste , libere da orgoglio.
Anche un marcato senso di superiorità nei confronti degli altri spesso cela l'orgoglio e comporta critiche spinte dal desiderio di apparire almeno simili se non superiori agli altri :questo perché in realtà ci sentiamo inferiori e insicuri.
Per qualcuno l'orgoglio si concentra sul lavoro e questo diventa più importate di ogni altra cosa. Anche l'attaccamento alle nostre opinioni in maniera totale e acritica può derivare dall'orgoglio.
Come per l'odio l'antidoto è sviluppare un vero sentimento di amore per gli altri (Ama il prossimo tuo come te stesso!!!) anche per l'orgoglio esiste un antidoto smettere di girare attorno al nostro piccolo io che avevamo posto come centro dell'universo. L'orgoglio si cura diventandone consapevoli e allo stesso modo si deve diventare consapevoli di tutti i veleni che ci rovinano la vita.
Altro esempio è la Gelosia : essa non si annida solo nei rapporti sentimentali ma anche nel lavoro, nel possesso di beni materiali . E qui si intuisce l'antidoto impariamo ad essere contenti di noi e degli altri ed a riconoscere con ammirazione i talenti che Dio ha dato ad ognuno di noi.
Il quarto veleno è Avidità e i suoi frutti sono l'ambizione , l 'avarizia , la ricerca smodata del lusso, l'incapacità di condividere , la lussuria in campo sessuale, la golosità in campo alimentare. Contro l'avidità impariamo ad aprirci alle molteplici soddisfazioni che la vita offre , coltiviamo la rinuncia (ricordate nella nostra infanzia i "fioretti"?), l'amore per le altre persone.
Il quinto ed ultimo veleno è la Stupidità, cioè la mancanza di disponibilità ad essere in ascolto della realtà ed a comprenderla . La persona intelligente è sempre pronta ad ascoltare gli altri per imparare da essi, mentre lo stupido è aggressivo nei confronti di ciò che sa di nuovo e non impara mai ad essere critico nei confronti di se stesso.
Antidoto alla stupidità è l'imparare ad essere molto critici con noi stessi quando pensiamo di avere ragione sforziamoci di capire le ragioni degli altri.
Anche questi autori raccomandano il " pensare positivo" dicendo:" L'abitudine a pensare e sentire positivamente è di grandissima importanza per la qualità della vita e il bene degli altri......
Se siamo positivi , se l'occhio della mente è sano (cf. Lc 11,33-36), per questa semplice attitudine interiore dell'animo irradiano intorno a noi forze altamente benefiche e guaritrici, anche se non ci sarà mai detto grazie , poiché si tratta di un modo di beneficiare gli altri quasi nel segreto e nel più grande silenzio ....L'essere felici dipende essenzialmente da noi e, più particolarmente , dai pensieri e dai sentimenti che abitualmente coltiviamo nel segreto silenzio della mente e del cuore".
I Padri Gentili e Schnoller danno anche alcuni consigli per la pratica quotidiana:
-------Abituarsi a pensare positivamente.
------Non criticare gli altri e neppure se stessi.
------Reagire con prontezza a pensieri e sentimenti di sfiducia.
-------Non cedere alla tentazione di sentirsi offesi , delusi, depressi a motivo dei propri difetti o delle mancanze altrui ; reagire con prontezza e fiducia al primo insorgere di stati d'animo o pensieri legati all' ansia , a eccessiva preoccupazione o depressione.
-------Evitare ogni senso di inferiorità ma anche di superiorità o auto esaltazione.
-------Evitare la morbosa curiosità su cosa fanno e dicono gli altri; astenersi da chiacchiere inutili.
-----Troncare sul nascere ogni sentimento di gelosia e non assecondare gli stimoli che ci portano a criticare , minimizzare o ridicolizzare parole , azioni o modo di essere d'altri.
----Esercitare benevolenza e comprensione verso tutti.
-----Trasformare qualunque impegno della giornata da dovere in piacere attraverso l'abitudine di guardare con simpatia alle cose.
------Cercare di piacere a Dio.
------Imparare ad accorgersi , a godere e a ringraziare di tutte le cose belle,piccole o grandi , che la vita reca con sé e ci fa incontrare.
Non si esalteranno mai sufficientemente gli immensi benefici che derivano a noi e agli altri da questa quotidiana abitudine della mente a pensare positivamente . Il paradiso o l'inferno sono interamente nelle nostre mani.
Questo splendido testo prosegue accompagnando il lettore verso i gradini sempre più elevati del cammino verso la ricerca di Dio ed insegnando anche uno"stile di vita meditativo".
"La gioia è la prima e l'ultima parola di uno stile di vita meditativo. Ne è come il respiro . Per questo vivete nella gioia! Vivere la gioia profonda delle Beatitudini. Allora , un giorno o l'altro , la contemplazione vi prenderà per mano e vi condurrà nelle sue dimore silenziose".
Ancora una volta si conferma che nel seguire le indicazioni di Nostro Signore il Paradiso sarà presente subito senza aspettare ......quell'altra forma di vita!
questo , post, oggi mi ha fatto riflettere, mi auguro per chi lo legga possa essere una utile forma di riflessione
Vorrei scorrere con voi i punti salienti di un libro certamente meno diffuso ma non meno utile alla nostra vita spirituale; si tratta di :"Dio nel silenzio . La meditazione nella vita" scritto dai Padri Antonio Gentili ed Andrea Schnoller (Ancora , Milano).
In questo testo vengono più volte gettati ponti tra la tradizione Cristiana d''Occidente e l'Oriente ; uno di questi agganci , particolarmente interessanti riguardo al nostro filo conduttore dello stress, è la differenza tra il concetto dei nostri sette "vizi capitali" e i cosiddetti "veleni".
Gli autori dicono che in Oriente ,i vizi capitali ricevono il nome di "veleni" e sono cinque: l'Odio, l'Orgoglio, l'Avidità , la Gelosia, la Stupidità. E mai il termine di veleno fu usato più a proposito poiché si capisce subito che il primo a soffrire o, con un termine attuale , a essere stressato , è proprio l'interessato , mentre nel concetto di "vizio" sarebbe implicito un piacere (vizio del gioco, del fumo e così via)
Ma provate a pensare a un INVIDIOSO che vede passare una bellissima auto guidata da un sconosciuto : chi starà male dei due, l'invidioso del possesso altrui o il fortunato possessore che nemmeno sa di essere oggetto di invidia?
E parlando di ODIO viene descritta tutta una gamma di intensità di questo veleno : è facile dire che non odiamo nessuno almeno in forma acuta. Ma le forme più sottili come l'avversione, l'antipatia, l'aggressività, l'opposizione e tutte le altre emozioni meno chiare ma certamente opposte all'amore ,ci sono poi così totalmente estranee?
Dicono gli autori :" L'odio è il primo sentimento che si deve cambiare , perché esso impoverisce le nostre energie psichiche e ci impedisce di coltivare emozioni positive e di ampliare i nostri orizzonti mentali . La tensione causata dall'odio , inoltre , ci rende incapaci di aprire all'influsso benefico delle forze alte ,apportatrici di calma , gioia , amore , felicità, benessere , pace . Cominciate perciò a distinguere le sensazioni di odio quando si presentano. Dite a voi stessi: "Ecco, questo pensiero è stato provocato dall'odio, mi nuoce , non continuerò a nutrire e ad accrescere quest'emozione. Preferisco pensare o fare una cosa migliore".
Dovete rendervi conto che l'odio e una creatura della vostra mente : una reazione sbagliata provocata da una frustrazione". Anche per quanto riguarda l'ORGOGLIO gli Autori insegnano a riconoscerlo come causa di tanti conflitti interiori i quali ci privano della serenità e felicità. Molto interessante è una specie di prova del nove suggerita per vedere se il nostro è un giustificato orgoglio per la soddisfazione di un risultato positivo ottenuto con il nostro impegno , oppure se vi è un velo di insoddisfazione che offusca questa gioia dato dalla sofferenza per la disattenzione degli altri.
La cartina di tornasole per verificare l'autenticità dei vostri sentimenti e dei vostri comportamenti rimane la sofferenza . Quando essa , in una forma o nell'altra , viene a turbare l'orizzonte della vostra mente , significa che le vostre intenzioni profonde non erano del tutto disinteressate e altruiste , libere da orgoglio.
Anche un marcato senso di superiorità nei confronti degli altri spesso cela l'orgoglio e comporta critiche spinte dal desiderio di apparire almeno simili se non superiori agli altri :questo perché in realtà ci sentiamo inferiori e insicuri.
Per qualcuno l'orgoglio si concentra sul lavoro e questo diventa più importate di ogni altra cosa. Anche l'attaccamento alle nostre opinioni in maniera totale e acritica può derivare dall'orgoglio.
Come per l'odio l'antidoto è sviluppare un vero sentimento di amore per gli altri (Ama il prossimo tuo come te stesso!!!) anche per l'orgoglio esiste un antidoto smettere di girare attorno al nostro piccolo io che avevamo posto come centro dell'universo. L'orgoglio si cura diventandone consapevoli e allo stesso modo si deve diventare consapevoli di tutti i veleni che ci rovinano la vita.
Altro esempio è la Gelosia : essa non si annida solo nei rapporti sentimentali ma anche nel lavoro, nel possesso di beni materiali . E qui si intuisce l'antidoto impariamo ad essere contenti di noi e degli altri ed a riconoscere con ammirazione i talenti che Dio ha dato ad ognuno di noi.
Il quarto veleno è Avidità e i suoi frutti sono l'ambizione , l 'avarizia , la ricerca smodata del lusso, l'incapacità di condividere , la lussuria in campo sessuale, la golosità in campo alimentare. Contro l'avidità impariamo ad aprirci alle molteplici soddisfazioni che la vita offre , coltiviamo la rinuncia (ricordate nella nostra infanzia i "fioretti"?), l'amore per le altre persone.
Il quinto ed ultimo veleno è la Stupidità, cioè la mancanza di disponibilità ad essere in ascolto della realtà ed a comprenderla . La persona intelligente è sempre pronta ad ascoltare gli altri per imparare da essi, mentre lo stupido è aggressivo nei confronti di ciò che sa di nuovo e non impara mai ad essere critico nei confronti di se stesso.
Antidoto alla stupidità è l'imparare ad essere molto critici con noi stessi quando pensiamo di avere ragione sforziamoci di capire le ragioni degli altri.
Anche questi autori raccomandano il " pensare positivo" dicendo:" L'abitudine a pensare e sentire positivamente è di grandissima importanza per la qualità della vita e il bene degli altri......
Se siamo positivi , se l'occhio della mente è sano (cf. Lc 11,33-36), per questa semplice attitudine interiore dell'animo irradiano intorno a noi forze altamente benefiche e guaritrici, anche se non ci sarà mai detto grazie , poiché si tratta di un modo di beneficiare gli altri quasi nel segreto e nel più grande silenzio ....L'essere felici dipende essenzialmente da noi e, più particolarmente , dai pensieri e dai sentimenti che abitualmente coltiviamo nel segreto silenzio della mente e del cuore".
I Padri Gentili e Schnoller danno anche alcuni consigli per la pratica quotidiana:
-------Abituarsi a pensare positivamente.
------Non criticare gli altri e neppure se stessi.
------Reagire con prontezza a pensieri e sentimenti di sfiducia.
-------Non cedere alla tentazione di sentirsi offesi , delusi, depressi a motivo dei propri difetti o delle mancanze altrui ; reagire con prontezza e fiducia al primo insorgere di stati d'animo o pensieri legati all' ansia , a eccessiva preoccupazione o depressione.
-------Evitare ogni senso di inferiorità ma anche di superiorità o auto esaltazione.
-------Evitare la morbosa curiosità su cosa fanno e dicono gli altri; astenersi da chiacchiere inutili.
-----Troncare sul nascere ogni sentimento di gelosia e non assecondare gli stimoli che ci portano a criticare , minimizzare o ridicolizzare parole , azioni o modo di essere d'altri.
----Esercitare benevolenza e comprensione verso tutti.
-----Trasformare qualunque impegno della giornata da dovere in piacere attraverso l'abitudine di guardare con simpatia alle cose.
------Cercare di piacere a Dio.
------Imparare ad accorgersi , a godere e a ringraziare di tutte le cose belle,piccole o grandi , che la vita reca con sé e ci fa incontrare.
Non si esalteranno mai sufficientemente gli immensi benefici che derivano a noi e agli altri da questa quotidiana abitudine della mente a pensare positivamente . Il paradiso o l'inferno sono interamente nelle nostre mani.
Questo splendido testo prosegue accompagnando il lettore verso i gradini sempre più elevati del cammino verso la ricerca di Dio ed insegnando anche uno"stile di vita meditativo".
"La gioia è la prima e l'ultima parola di uno stile di vita meditativo. Ne è come il respiro . Per questo vivete nella gioia! Vivere la gioia profonda delle Beatitudini. Allora , un giorno o l'altro , la contemplazione vi prenderà per mano e vi condurrà nelle sue dimore silenziose".
Ancora una volta si conferma che nel seguire le indicazioni di Nostro Signore il Paradiso sarà presente subito senza aspettare ......quell'altra forma di vita!
questo , post, oggi mi ha fatto riflettere, mi auguro per chi lo legga possa essere una utile forma di riflessione
sabato 21 marzo 2020
IL PENSIERO ESTETICO DI SCHILLER di Pina Maria Speranza Raciti
21---3---2020
Mi sono ritrovata fra le mani, il testo :" Lettere sull'educazione estetica dell'uomo" di Friedrich Schiller ; con il quale ho preparato i miei esami di stato , molto tempo fa. Leggendo la "premessa"nella quale si tratteggia il pensiero di Schiller , noto con una curiosa meraviglia, , di quanto di questo pensiero coesiste nel mio modo di pensare, agire , interpretare la realtà oggettiva. Non mi ricordo, nulla né di Schiller, né di Kant , ma constato come , il pensiero di questi autori abbia , influito , sulla mia crescita, sulla mia formazione, psichica.Il cervello, infatti, è capace di assimilare , e trasformare, i dati ricevuti, l'acquisizione, in codici, attraverso , i quali , è capace di interpretare , la realtà oggettiva.
La scuola, ha una funzione , formativa , ed educativa; funzione molto complessa, dove gioca un ruolo molto importante, anche la famiglia. L'educazione , cioè la formazione dell'uomo, inizia con i genitori, e si completa con la scuola; ma senza il supporto della famiglia, il ruolo della scuola è vanificato.
Nei concetti, che ho sottolineato , e che trascrivo, ritrovo molto del mio modo di pensare, ed analizzare la realtà. Forse è proprio questo il ruolo della cultura .
Cultura, come codice razionale, della nostre mente , della nostra coscienza, del nostro vivere da: uomini e donne , in una società , che si definisce civile. Responsabilità etica, nei nostri riguardi, e del nostro prossimo.
Appunti dalla premessa del testo:L' educazione estetica dell'uomo di Schiller:
Le preoccupazioni fondamentali del pensiero estetico schilleriano sono all'origine della ricerca del bello come unione di sensibile e soprasensibile e dalla ricerca dell'armonia fra le facoltà sensibili e quelle razionali dell'uomo, armonia propria del soggetto contemplante il bello. L'autore esamina i concetti di natura e di arte , riconducendoli al concetto di organismo; destino dell'uomo è conoscere la perfezione della natura, dell'universo considerato opera di Dio. L'analogia fra la natura e l'arte viene poi corretta : l'organicità della natura consiste nella libertà inventiva delle varie parti, mentre l'organicità dell'opera d'arte consiste nell'asservimento di esse alla coerenza del tutto. La conseguenza è essenziale per la caratterizzazione di tutto il pensiero: l'uomo infatti allora non dovrà solo contemplare ;imitando la creatività di Dio nella natura , egli dovrà creare , ed assimilarsi così a Lui. La libera creatività della natura introduce alla scoperta della libertà nel fenomeno.-------------------------------------------------------------------------
Tre risultano essere i fondamenti del bello:
1) un fondamento oggettivo razionale , consiste nella finalità oggettiva dell' oggetto,cioè nella sua perfezione(il bello è quindi perfetto);
2) un fondamento soggettivo sensibile , consistente nella riduzione della bellezza al modo di percepire della sensualità;
3)un fondamento soggettivo razionale , consistente nel ridurre la bellezza al kantiano giudizio riflettente (un giudizio che non è conoscitivo, accetta l'armonia fra la sensibilità umana e la natura.
In sostanza è bello nella natura ciò che è analogo alla ragione pratica , e cioè la libertà e l'autonomia. La bellezza è quindi libertà ed autonomia nel fenomeno; la contemplazione estetica rispetta la libertà dell'oggetto perché lo considera disinteressatamente nella sua totalità, prescindendo da altre determinazioni.----------------------------------------------------------
la libertà della natura consiste nell'autodeterminazione;-------------------------------------------------
L'uomo ha due nature , quella spirituale e quella animale ; ma la prima utilizza la seconda , che è quindi indispensabile ; la vita animale è così il punto di partenza e la condizione della vita spirituale. Il fine dell'uomo potrà essere realizzato solo nell'armonia fra sensualità e razionalità, che approfondisce l'unità di corpo e anima. L'esempio più caratteristico di armonia sensibile-razionale è dato dall'arte; questa presuppone una doppia natura , ed è quindi propria dell'uomo. Il processo razionale deve essere sviluppato partendo dalla sensualità ; ora l'arte e la bellezza rendono sensibile la verità . La bellezza appare come termine di mediazione fra la sensibilità e la razionalità; l'arte è educatrice dell'uomo in quanto educa l'uomo . Infatti la bellezza eleva la sensualità alla ragione, liberandola dal desiderio immediato, e tempera la ragione , arricchendola con il sensibile . L'anima diventa bella è così libera sia dall'inclinazione brutale che dal dovere imperioso.----------------------------------------------------------------------------
il godimento consiste nella piacevole coscienza della nostra libertà metafisica , nella percezione di una superiore armonia in cui la sofferenza del senso si fonde con la libera superiorità dello spirito. Successivamente Schiller considera nuovamente l'idea della bellezza nei fenomeni della natura ; la bellezza viene definita come "libertà nel fenomeno"; essa ha quindi in comune con la moralità il carattere di libertà , prima della natura , poi della ragione.-------------------------------------La natura umana è duplice , e quindi si ha bellezza se c' è armonia fra le due nature ; in quest'armonia il carattere comune è la libertà ; la libertà morale assume il carattere della libertà naturale, che ha la sua legge in se stessa. Con il bello gli istinti sensuali coincidono con le leggi della ragione; con il sublime invece l'uomo è libero perché gli istinti non hanno alcuna influenza sulle idee della ragione, ed agisce solo lo spirito come se non avesse altra legge che la propria.------------------Se l'anima si armonizza con gioia con la ragione , ha innata in sé una bellezza che l'autore chiama "grazia"; essa è anche libertà, perché l'istinto sensuale non subisce costrizioni.. Abbiamo così l'anima bella, in cui tutto il carattere è morale ; questa armonia è un ideale , minacciato anche dalla potenza dei sensi; nella lotta contro la passione l'anima bella si trasforma in sublime . Grazia e dignità , bellezza e sublimità sono così aspetti diversi di un unico carattere . --------------------------------------------------
la cultura ha raggiunto il suo fine , la trasformazione dell'unità incosciente dell'uomo primitivo diventa armonia cosciente nell'uomo totale.-------------------------------------------
Il metodo seguito da Schiller riflette così il metodo seguito da Kant nella sua filosofia morale . Si tratta della filosofia trascendentale , fondata per studiare a priori le condizioni dell'esperienza umana . Come i concetti morali , anche quelli estetici sono concetti della ragione ; non riguardano cioè la conoscenza (realizzata dall'intelletto che con le sue forme organizza l'esperienza ), ma sono principi regolativi per il comportamento umano ; riguardano oggetti inesauribili, irraggiungibili dall'esperienza umana. Così il concetto dell'umanità perfetta non è dato , non e esauribile nell'esperienza, non è conoscibile ; è un ideale da realizzare , un imperativo .
Una mia riflessione:
La natura nel suo divenire è perfetta, ed è bella in assoluto, essa esprime nella sua totalità, la bellezza e la perfezione del Creatore!
Mi sono ritrovata fra le mani, il testo :" Lettere sull'educazione estetica dell'uomo" di Friedrich Schiller ; con il quale ho preparato i miei esami di stato , molto tempo fa. Leggendo la "premessa"nella quale si tratteggia il pensiero di Schiller , noto con una curiosa meraviglia, , di quanto di questo pensiero coesiste nel mio modo di pensare, agire , interpretare la realtà oggettiva. Non mi ricordo, nulla né di Schiller, né di Kant , ma constato come , il pensiero di questi autori abbia , influito , sulla mia crescita, sulla mia formazione, psichica.Il cervello, infatti, è capace di assimilare , e trasformare, i dati ricevuti, l'acquisizione, in codici, attraverso , i quali , è capace di interpretare , la realtà oggettiva.
La scuola, ha una funzione , formativa , ed educativa; funzione molto complessa, dove gioca un ruolo molto importante, anche la famiglia. L'educazione , cioè la formazione dell'uomo, inizia con i genitori, e si completa con la scuola; ma senza il supporto della famiglia, il ruolo della scuola è vanificato.
Nei concetti, che ho sottolineato , e che trascrivo, ritrovo molto del mio modo di pensare, ed analizzare la realtà. Forse è proprio questo il ruolo della cultura .
Cultura, come codice razionale, della nostre mente , della nostra coscienza, del nostro vivere da: uomini e donne , in una società , che si definisce civile. Responsabilità etica, nei nostri riguardi, e del nostro prossimo.
Appunti dalla premessa del testo:L' educazione estetica dell'uomo di Schiller:
Le preoccupazioni fondamentali del pensiero estetico schilleriano sono all'origine della ricerca del bello come unione di sensibile e soprasensibile e dalla ricerca dell'armonia fra le facoltà sensibili e quelle razionali dell'uomo, armonia propria del soggetto contemplante il bello. L'autore esamina i concetti di natura e di arte , riconducendoli al concetto di organismo; destino dell'uomo è conoscere la perfezione della natura, dell'universo considerato opera di Dio. L'analogia fra la natura e l'arte viene poi corretta : l'organicità della natura consiste nella libertà inventiva delle varie parti, mentre l'organicità dell'opera d'arte consiste nell'asservimento di esse alla coerenza del tutto. La conseguenza è essenziale per la caratterizzazione di tutto il pensiero: l'uomo infatti allora non dovrà solo contemplare ;imitando la creatività di Dio nella natura , egli dovrà creare , ed assimilarsi così a Lui. La libera creatività della natura introduce alla scoperta della libertà nel fenomeno.-------------------------------------------------------------------------
Tre risultano essere i fondamenti del bello:
1) un fondamento oggettivo razionale , consiste nella finalità oggettiva dell' oggetto,cioè nella sua perfezione(il bello è quindi perfetto);
2) un fondamento soggettivo sensibile , consistente nella riduzione della bellezza al modo di percepire della sensualità;
3)un fondamento soggettivo razionale , consistente nel ridurre la bellezza al kantiano giudizio riflettente (un giudizio che non è conoscitivo, accetta l'armonia fra la sensibilità umana e la natura.
In sostanza è bello nella natura ciò che è analogo alla ragione pratica , e cioè la libertà e l'autonomia. La bellezza è quindi libertà ed autonomia nel fenomeno; la contemplazione estetica rispetta la libertà dell'oggetto perché lo considera disinteressatamente nella sua totalità, prescindendo da altre determinazioni.----------------------------------------------------------
la libertà della natura consiste nell'autodeterminazione;-------------------------------------------------
L'uomo ha due nature , quella spirituale e quella animale ; ma la prima utilizza la seconda , che è quindi indispensabile ; la vita animale è così il punto di partenza e la condizione della vita spirituale. Il fine dell'uomo potrà essere realizzato solo nell'armonia fra sensualità e razionalità, che approfondisce l'unità di corpo e anima. L'esempio più caratteristico di armonia sensibile-razionale è dato dall'arte; questa presuppone una doppia natura , ed è quindi propria dell'uomo. Il processo razionale deve essere sviluppato partendo dalla sensualità ; ora l'arte e la bellezza rendono sensibile la verità . La bellezza appare come termine di mediazione fra la sensibilità e la razionalità; l'arte è educatrice dell'uomo in quanto educa l'uomo . Infatti la bellezza eleva la sensualità alla ragione, liberandola dal desiderio immediato, e tempera la ragione , arricchendola con il sensibile . L'anima diventa bella è così libera sia dall'inclinazione brutale che dal dovere imperioso.----------------------------------------------------------------------------
il godimento consiste nella piacevole coscienza della nostra libertà metafisica , nella percezione di una superiore armonia in cui la sofferenza del senso si fonde con la libera superiorità dello spirito. Successivamente Schiller considera nuovamente l'idea della bellezza nei fenomeni della natura ; la bellezza viene definita come "libertà nel fenomeno"; essa ha quindi in comune con la moralità il carattere di libertà , prima della natura , poi della ragione.-------------------------------------La natura umana è duplice , e quindi si ha bellezza se c' è armonia fra le due nature ; in quest'armonia il carattere comune è la libertà ; la libertà morale assume il carattere della libertà naturale, che ha la sua legge in se stessa. Con il bello gli istinti sensuali coincidono con le leggi della ragione; con il sublime invece l'uomo è libero perché gli istinti non hanno alcuna influenza sulle idee della ragione, ed agisce solo lo spirito come se non avesse altra legge che la propria.------------------Se l'anima si armonizza con gioia con la ragione , ha innata in sé una bellezza che l'autore chiama "grazia"; essa è anche libertà, perché l'istinto sensuale non subisce costrizioni.. Abbiamo così l'anima bella, in cui tutto il carattere è morale ; questa armonia è un ideale , minacciato anche dalla potenza dei sensi; nella lotta contro la passione l'anima bella si trasforma in sublime . Grazia e dignità , bellezza e sublimità sono così aspetti diversi di un unico carattere . --------------------------------------------------
la cultura ha raggiunto il suo fine , la trasformazione dell'unità incosciente dell'uomo primitivo diventa armonia cosciente nell'uomo totale.-------------------------------------------
Il metodo seguito da Schiller riflette così il metodo seguito da Kant nella sua filosofia morale . Si tratta della filosofia trascendentale , fondata per studiare a priori le condizioni dell'esperienza umana . Come i concetti morali , anche quelli estetici sono concetti della ragione ; non riguardano cioè la conoscenza (realizzata dall'intelletto che con le sue forme organizza l'esperienza ), ma sono principi regolativi per il comportamento umano ; riguardano oggetti inesauribili, irraggiungibili dall'esperienza umana. Così il concetto dell'umanità perfetta non è dato , non e esauribile nell'esperienza, non è conoscibile ; è un ideale da realizzare , un imperativo .
Una mia riflessione:
La natura nel suo divenire è perfetta, ed è bella in assoluto, essa esprime nella sua totalità, la bellezza e la perfezione del Creatore!
giovedì 19 marzo 2020
19 marzo 2020
è questo un momento brutto, non pensavamo che potesse accadere; ma è così!
Un pensiero va a coloro che sono, in prima linea in questa emergenza; nel mio cuore c'è grande dolore per i momenti terribili che la Lombardia, sta attraversando.
Un pensiero, a coloro che non sono più con noi, e un caro abbraccio ai loro familiari.
Pina Maria Rita Raciti
Un pensiero va a coloro che sono, in prima linea in questa emergenza; nel mio cuore c'è grande dolore per i momenti terribili che la Lombardia, sta attraversando.
Un pensiero, a coloro che non sono più con noi, e un caro abbraccio ai loro familiari.
Pina Maria Rita Raciti
mercoledì 18 marzo 2020
IL SISTEMA DEMOCRATICO NELLA COSTITUZIONE ITALIANA di : Alberto Romagnoli "Le libertà economiche nella nostra Costituzione"
18--3--2020
3) La collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende:
Nella tutela dell'interesse generale rientrano anche le restrizioni all'iniziativa e alla proprietà privata . A tale proposito occorre qui aggiungere che l'art. 46, riconoscendo "il diritto dei lavoratori a collaborare , nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende". crea il principio che questa non esiste soltanto per l'esclusivo interesse del proprietario , ma costituisce un centro intorno al quale si raggruppano anche gli interessi e i fini di tutti coloro che le danno vita.
La prevista collaborazione dei lavoratori alla gestione dell'azienda si attua con:
1) con l'affiancare all'imprenditore o al consiglio d'amministrazione un consiglio di lavoratori effettivamente in grado di partecipare a decisioni di natura sia tecnica che economica(soluzione socialista);
2) con una rappresentanza di lavoratori nel consiglio di amministrazione, in posizione minoritaria e come conseguenza del principio dell'azionariato operaio(soluzione democristiana).
L'azionariato operaio consiste nella distribuzione ai lavoratori di azioni dell'impresa, costituendoli così comproprietari per una quota;
3) un'altra soluzione potrebbe consistere nel dare ai lavoratori , pur escludendoli da ogni responsabilità nell'impresa ,un'ampia funzione di controllo.
In ogni azienda d'una certa ampiezza si ha inoltre la nomina elettiva d'una o di più commissioni interne, col compito di rappresentare i dipendenti di fronte al padronato e discutere intorno agli orari, alle retribuzioni, ai licenziamenti, ecc.
La Costituzione, a cui si aggiungono numerose leggi, oltre ad ammettere, sempre salvo indennizzo, l'espropriazione per motivi di pubblica utilità, prevede l' espropriazione d'imprese per trasferirle allo Stato, ad enti pubblici o a categorie di lavoratori o di utenti , che si riferiscono a servizi pubblici essenziali (ad esempio , telefonici) o a fonti d'energia (elettrica, metano , petrolio,ecc.), o quando si tratti di rompere situazioni di monopolio , poiché, come ebbe a dire l'Einaudi, "l'esistenza dei monopoli è il male più grave della nostra società, danno supremo dell'economia moderna, provocando alti prezzi, produzione ridotta e quindi disoccupazione".
Infine gli articoli 46 e 47 esprimono il favore del nostro Stato per la cooperazione e il risparmio . La cooperazione , che può essere tanto di produttori (agricoli, e industriali), quanto di consumatori (di alimenti, di forniture, di abitazioni, ecc.), è indubbiamente la via per eliminare le imprese a carattere puramente speculativo o moderarne i guadagni.
Quanto al risparmio , è inutile dire qui le ragioni per cui la Costituzione ha voluto impegnare la Repubblica a stimolarlo e tutelarlo. Senza risparmio non si forma il capitale, fattore necessario per vivificare il lavoro, e necessario perfino in un'economia collettivista, tanto da esservi imposto.
3) La collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende:
Nella tutela dell'interesse generale rientrano anche le restrizioni all'iniziativa e alla proprietà privata . A tale proposito occorre qui aggiungere che l'art. 46, riconoscendo "il diritto dei lavoratori a collaborare , nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende". crea il principio che questa non esiste soltanto per l'esclusivo interesse del proprietario , ma costituisce un centro intorno al quale si raggruppano anche gli interessi e i fini di tutti coloro che le danno vita.
La prevista collaborazione dei lavoratori alla gestione dell'azienda si attua con:
1) con l'affiancare all'imprenditore o al consiglio d'amministrazione un consiglio di lavoratori effettivamente in grado di partecipare a decisioni di natura sia tecnica che economica(soluzione socialista);
2) con una rappresentanza di lavoratori nel consiglio di amministrazione, in posizione minoritaria e come conseguenza del principio dell'azionariato operaio(soluzione democristiana).
L'azionariato operaio consiste nella distribuzione ai lavoratori di azioni dell'impresa, costituendoli così comproprietari per una quota;
3) un'altra soluzione potrebbe consistere nel dare ai lavoratori , pur escludendoli da ogni responsabilità nell'impresa ,un'ampia funzione di controllo.
In ogni azienda d'una certa ampiezza si ha inoltre la nomina elettiva d'una o di più commissioni interne, col compito di rappresentare i dipendenti di fronte al padronato e discutere intorno agli orari, alle retribuzioni, ai licenziamenti, ecc.
La Costituzione, a cui si aggiungono numerose leggi, oltre ad ammettere, sempre salvo indennizzo, l'espropriazione per motivi di pubblica utilità, prevede l' espropriazione d'imprese per trasferirle allo Stato, ad enti pubblici o a categorie di lavoratori o di utenti , che si riferiscono a servizi pubblici essenziali (ad esempio , telefonici) o a fonti d'energia (elettrica, metano , petrolio,ecc.), o quando si tratti di rompere situazioni di monopolio , poiché, come ebbe a dire l'Einaudi, "l'esistenza dei monopoli è il male più grave della nostra società, danno supremo dell'economia moderna, provocando alti prezzi, produzione ridotta e quindi disoccupazione".
Infine gli articoli 46 e 47 esprimono il favore del nostro Stato per la cooperazione e il risparmio . La cooperazione , che può essere tanto di produttori (agricoli, e industriali), quanto di consumatori (di alimenti, di forniture, di abitazioni, ecc.), è indubbiamente la via per eliminare le imprese a carattere puramente speculativo o moderarne i guadagni.
Quanto al risparmio , è inutile dire qui le ragioni per cui la Costituzione ha voluto impegnare la Repubblica a stimolarlo e tutelarlo. Senza risparmio non si forma il capitale, fattore necessario per vivificare il lavoro, e necessario perfino in un'economia collettivista, tanto da esservi imposto.
martedì 17 marzo 2020
NELL'OTTICA DEL SILENZIO: EDUCARE AL SILENZIO CREATIVO di: Antonella Piccagliani insegnante di musica
17--3--2020
Quando è nata l'idea di questo articolo mi trovavo , in un luogo ameno della collina parmense, un borgo delizioso composto da cinque o sei case , quasi "sprofondate" qualche metro più in basso respetto al ciglio stradale.
Qui il paesaggio sonoro, costituito sulla tonica del frinire delle cicale e del canto dei grilli, si sviluppa attraverso le modulazioni del vento frusciante tra le foglie, accompagnato da un ostinato pigolio di una nidiata di pulcini e dalle variazioni del muggito delle vacche nella stalla.
In questa estemporanea composizione sonora ,ogni variante aveva , per il mio orecchio , il sapore di una inattesa improvvisazione nient'affatto fastidiosa: il suono di un violino dalla casa accanto, il fischietto del contadino di ritorno dai campi, lo scorrere dell'acqua del rubinetto nel cortile, l'abbaiare di un cane in lontananza...
Oggi , nel mio appartamento, mentre mi accingo a raccogliere in forma articolata le idee appuntate allora in ordine sparso, le finestre aperte sulla strada lasciano arrivare fino a qui vari rumori: quelli delle automobili che stanno circolando nervosamente , del cigolio dei freni, delle marmitte dei ciclomotori, della gente che corre indaffarata.
E, d'un tratto , mi riesce difficile pensare ad un silenzio che non c'è !
Eppure ,nemmeno in collina c'era silenzio : mi trovavo , al contrario , completamente circondata da suoni di ogni genere . Ma neppure per un istante ho associato, udendoli , quei suoni all'idea di rumore.
Aprendo il dizionario alla parola" rumore", leggo:
...strepito--frastuono- fracasso--baccano--chiasso---baillame---schiamazzo---urlo---fragore---clamore----rombo---scoppio---tuono---mormorio---fruscio--bisbiglio--stridore--sibilo.....
e in relazione al suo contrario, "silenzio", leggo:
assenza di rumori\\ taciturnità\\ quiete---pace\\
Immediatamente associo la descrizione del primo termine,"rumore", all'immagine della strada e quella del secondo, "silenzio",all'immagine della collina.
Ecco un'apparente contraddizione: un luogo silenzioso(il paesaggio collinare pervaso di pace e di quiete) eppure pieno di suoni!
Posso quindi affermare che il silenzio è suono?
Nell'esperienza religiosa il silenzio è un un'atto di culto, è preghiera interiore, è porsi nella condizione di "ascoltare" la Parola di Dio.
Su ben altro piano , quello della didattica montessoriana (per esempio) l'esercizio del silenzio ha la precisa finalità di far ascoltare il silenzio stesso.
Possiamo perciò tranquillamente affermare che il silenzio si può ascoltare , silenzio non significa assenza di suoni.
Per Kirpal Singh ----(mistico indiano):
" Quando non c'è suono , si dice che non lo si sente,
ma questo non significa che l'ascolto abbia perso
la propria capacità d'essere in ascolto. In verità,
quando non c'è suono l'udito è ancora più all'erta.
Invece , quando c'è suono la qualità dell'ascolto è inferiore."
è ciò che, in altre parole , afferma R. M. Schafer (compositore e scrittore secondo il quale"....abbiamo bisogno di ritrovare la quiete perché un minore numero di suoni possa [...] introdursi al suo interno e disturbarla".
Al contrario di ciò che si può pensare , infatti , il silenzio non è vuoto.
Diremo anzi che il "silenzio assoluto" è un concetto che nella esperienza umana non esiste.
Ancora Schafer riferisce l'esperienza che il musicista John Cage fece in una camera anecoica, ovvero totalmente insonorizzata, dove egli tuttavia udì due suoni : uno acuto(prodotto dal suo stesso sistema nervoso in azione) ed uno grave (prodotto dal suo sangue in circolazione)
"Finché non sarò morto "scriverà Cage "esistono suoni ; e seguiteranno dopo la mia morte".
L'esperienza sonora , insomma , non abbandona mai l'uomo: è ormai assodato che essa ha inizio già prima della nascita , quando il feto sente il battito cardiaco della madre, ascolta la sua voce e reagisce agli stimoli sonori esterni.
Esperienze , queste , che nel bambino determinano poi spesso"...una attenzione privilegiata per il suono come mediatore della propria relazione con il mondo ; è attraverso i suoni che molti bambini costruiscono la propria immagine del mondo".
Parallelamente sappiamo che, da quando la madre avverte i primi movimenti del feto, si accorge come i rumori intensi lo facciano sobbalzare.
Ciò ci riporta alla definizione di "rumore": ne La Nuova Enciclopedia della Musica, leggiamo in prima istanza che il termine"...genericamente indica le sonorità sentite come sgradevoli , gli eventi acustici troppo forti o i disturbi presenti in un sistema di comunicazioni".
In relazione all'evoluzione che , nel corso del 900, ha costantemente allargato il repertorio di sonorità utilizzata in musica, il rumore ha via via assunto valenze estetiche e finalità espressive più precise . Purtroppo in virtù di tale fenomeno che, caratterizzando sempre più eventi "sgradevoli" come "musicali", rischia di allontanarci dalla nostra più intima essenza , io preferisco mantenere l'attenzione sul silenzio come sfondo utile e necessario per ritrovare sé stessi e la propria capacità creativa , come espressione dell'anima.
Nella mia attività didattica, qualora in veste di "educatrice al suono" mi si offre l'opportunità di curare l'aggiornamento delle insegnanti (scuola materna, ed elementare) prima di affrontare gli aspetti metodologici della disciplina musicale preferisco riflettere e far riflettere sulla necessità di creare un contesto culturale "di pulizia" entro il quale sia possibile far emergere il sé(quello dei bambini in primo luogo , ma anche quello degli insegnanti stessi) oltre il bombardamento acustico dei media, e del traffico ecc.
Nel nostro sistema di vita la comunicazione interpersonale passa prevalentemente attraverso il canale verbale il quale , dimenticando l'importanza dei rinforzi non verbali nei processi comunicativi viene generalmente privilegiato e rinforzato, soprattutto in ambito scolastico.
è importante , invece, dentro e fuori la scuola , dare ai bambini la possibilità di ascoltare e di ascoltarsi; come adulti dovremo chiederci spesso e i nostri interventi(per lo più verbali)lo permettono. Mi capita spesso di lavorare con gruppi di bambini in presenza delle loro insegnanti che di frequente sprecano le proprie energie nel tentativo di "spiegare" cosa fare o no fare , cosa dire o non dire . è nota a tutti la valenza dell'esempio quando si voglia insegnare qualche cosa. Provate quindi ad immaginare quale importanza assuma un gesto , un'azione eseguita in un contesto di grande attenzione, di silenzio , senza parole di rinforzo: diventa scena , immagine , "parola", suono e, in virtù dello sfondo così pulito dalle ridondanze verbali, si imprime con più pregnanza in chi sta osservando ,ascoltando, imitando.
"Colui che canta non crea il canto da solo. Deve esservi qualcuno che ascolta. Un uomo fa uso della voce per cantare. L'altro canta nella sua mente"(da The broken song di Rabindranath Tagore).
Afferma Schafer che "...l'uomo ama produrre suoni per ricordarsi che non è solo[....] ha paura della mancanza di suoni[.....] poiché il silenzio definitivo è quello della morte[...]"
Ciò fa supporre, nell'uomo , il silenzio con valenza negativa; impariamo ad assumere ,invece, un'ottica positiva e ci accorgeremo di quanta vita ci sia nel "silenzio"intorno a noi!
Un gioco che faccio spesso con i miei bambini , è quello di trovare la "tonica" del paesaggio sonoro che ci circonda . Seduti in cerchio, ad occhi chiusi e in silenzio perfetto, ascoltiamo , e cerchiamo di individuare il suono di fondo dell'ambiente circostante : sarà facile, poco dopo aver raggiunto questa consapevolezza , accorgersi di tutti gli altri suoni che man mano si sovrappongono a quello che ci sembra va preponderante(sia esso il nostro respiro, quello di un compagno o il suono della pioggia che batte sui vetri).
E perché non chiudere gli occhi e scrivere mentalmente, ciascuno per sé , una teoria sul "colore del silenzio": che colore ha il mio silenzio quando piove o c'è il sole , quando fa caldo o fa freddo; se sono solo o in compagnia ,in campagna o in città, al mare o in montagna.
O qualche volta, invece di cantare "stornelli" insieme agli amici, proviamo a creare una catena appoggiando uno l'orecchio sulla schiena dell'altro, cingendogli la vita con le braccia, facendo oscillare lentamente il corpo e lasciando che, pian piano , esca da ognuno un canto spontaneo ,monocorde , che gradualmente si adatta al suono della cassa armonica immaginaria sulla quale abbiamo appoggiato il nostro orecchio : un proverbio indù recita:
" L'utilità di un contenitore sta nella forma del suo vuoto".
Perciò danziamo il nostro silenzio ovvero gli elementi in esso contenuti : suono , rumore ,melodia, armonia , percussione: e, infine osserviamo la danza che gli altri eseguono sul proprio --silenzio immaginario. Vorrei concludere con le parole di Schafer:
"...Recuperare il valore della contemplazione ci insegnerebbe a vedere nel silenzio una condizione positiva e felice in sé , come un grande e magnifico sfondo contro il quale le nostre azioni si stagliano e acquistano forma. Qualora questo sfondo mancasse , esse non avrebbero alcun senso e potrebbero anche , in verità, non esistere affatto[...] Era questo l'insegnamento di Lao--Tse:
" Abbandonare la fretta dell'attività. Chiudete la bocca . Soltanto allora potrete comprendere lo spirito del Tao".
Quando è nata l'idea di questo articolo mi trovavo , in un luogo ameno della collina parmense, un borgo delizioso composto da cinque o sei case , quasi "sprofondate" qualche metro più in basso respetto al ciglio stradale.
Qui il paesaggio sonoro, costituito sulla tonica del frinire delle cicale e del canto dei grilli, si sviluppa attraverso le modulazioni del vento frusciante tra le foglie, accompagnato da un ostinato pigolio di una nidiata di pulcini e dalle variazioni del muggito delle vacche nella stalla.
In questa estemporanea composizione sonora ,ogni variante aveva , per il mio orecchio , il sapore di una inattesa improvvisazione nient'affatto fastidiosa: il suono di un violino dalla casa accanto, il fischietto del contadino di ritorno dai campi, lo scorrere dell'acqua del rubinetto nel cortile, l'abbaiare di un cane in lontananza...
Oggi , nel mio appartamento, mentre mi accingo a raccogliere in forma articolata le idee appuntate allora in ordine sparso, le finestre aperte sulla strada lasciano arrivare fino a qui vari rumori: quelli delle automobili che stanno circolando nervosamente , del cigolio dei freni, delle marmitte dei ciclomotori, della gente che corre indaffarata.
E, d'un tratto , mi riesce difficile pensare ad un silenzio che non c'è !
Eppure ,nemmeno in collina c'era silenzio : mi trovavo , al contrario , completamente circondata da suoni di ogni genere . Ma neppure per un istante ho associato, udendoli , quei suoni all'idea di rumore.
Aprendo il dizionario alla parola" rumore", leggo:
...strepito--frastuono- fracasso--baccano--chiasso---baillame---schiamazzo---urlo---fragore---clamore----rombo---scoppio---tuono---mormorio---fruscio--bisbiglio--stridore--sibilo.....
e in relazione al suo contrario, "silenzio", leggo:
assenza di rumori\\ taciturnità\\ quiete---pace\\
Immediatamente associo la descrizione del primo termine,"rumore", all'immagine della strada e quella del secondo, "silenzio",all'immagine della collina.
Ecco un'apparente contraddizione: un luogo silenzioso(il paesaggio collinare pervaso di pace e di quiete) eppure pieno di suoni!
Posso quindi affermare che il silenzio è suono?
Nell'esperienza religiosa il silenzio è un un'atto di culto, è preghiera interiore, è porsi nella condizione di "ascoltare" la Parola di Dio.
Su ben altro piano , quello della didattica montessoriana (per esempio) l'esercizio del silenzio ha la precisa finalità di far ascoltare il silenzio stesso.
Possiamo perciò tranquillamente affermare che il silenzio si può ascoltare , silenzio non significa assenza di suoni.
Per Kirpal Singh ----(mistico indiano):
" Quando non c'è suono , si dice che non lo si sente,
ma questo non significa che l'ascolto abbia perso
la propria capacità d'essere in ascolto. In verità,
quando non c'è suono l'udito è ancora più all'erta.
Invece , quando c'è suono la qualità dell'ascolto è inferiore."
è ciò che, in altre parole , afferma R. M. Schafer (compositore e scrittore secondo il quale"....abbiamo bisogno di ritrovare la quiete perché un minore numero di suoni possa [...] introdursi al suo interno e disturbarla".
Al contrario di ciò che si può pensare , infatti , il silenzio non è vuoto.
Diremo anzi che il "silenzio assoluto" è un concetto che nella esperienza umana non esiste.
Ancora Schafer riferisce l'esperienza che il musicista John Cage fece in una camera anecoica, ovvero totalmente insonorizzata, dove egli tuttavia udì due suoni : uno acuto(prodotto dal suo stesso sistema nervoso in azione) ed uno grave (prodotto dal suo sangue in circolazione)
"Finché non sarò morto "scriverà Cage "esistono suoni ; e seguiteranno dopo la mia morte".
L'esperienza sonora , insomma , non abbandona mai l'uomo: è ormai assodato che essa ha inizio già prima della nascita , quando il feto sente il battito cardiaco della madre, ascolta la sua voce e reagisce agli stimoli sonori esterni.
Esperienze , queste , che nel bambino determinano poi spesso"...una attenzione privilegiata per il suono come mediatore della propria relazione con il mondo ; è attraverso i suoni che molti bambini costruiscono la propria immagine del mondo".
Parallelamente sappiamo che, da quando la madre avverte i primi movimenti del feto, si accorge come i rumori intensi lo facciano sobbalzare.
Ciò ci riporta alla definizione di "rumore": ne La Nuova Enciclopedia della Musica, leggiamo in prima istanza che il termine"...genericamente indica le sonorità sentite come sgradevoli , gli eventi acustici troppo forti o i disturbi presenti in un sistema di comunicazioni".
In relazione all'evoluzione che , nel corso del 900, ha costantemente allargato il repertorio di sonorità utilizzata in musica, il rumore ha via via assunto valenze estetiche e finalità espressive più precise . Purtroppo in virtù di tale fenomeno che, caratterizzando sempre più eventi "sgradevoli" come "musicali", rischia di allontanarci dalla nostra più intima essenza , io preferisco mantenere l'attenzione sul silenzio come sfondo utile e necessario per ritrovare sé stessi e la propria capacità creativa , come espressione dell'anima.
Nella mia attività didattica, qualora in veste di "educatrice al suono" mi si offre l'opportunità di curare l'aggiornamento delle insegnanti (scuola materna, ed elementare) prima di affrontare gli aspetti metodologici della disciplina musicale preferisco riflettere e far riflettere sulla necessità di creare un contesto culturale "di pulizia" entro il quale sia possibile far emergere il sé(quello dei bambini in primo luogo , ma anche quello degli insegnanti stessi) oltre il bombardamento acustico dei media, e del traffico ecc.
Nel nostro sistema di vita la comunicazione interpersonale passa prevalentemente attraverso il canale verbale il quale , dimenticando l'importanza dei rinforzi non verbali nei processi comunicativi viene generalmente privilegiato e rinforzato, soprattutto in ambito scolastico.
è importante , invece, dentro e fuori la scuola , dare ai bambini la possibilità di ascoltare e di ascoltarsi; come adulti dovremo chiederci spesso e i nostri interventi(per lo più verbali)lo permettono. Mi capita spesso di lavorare con gruppi di bambini in presenza delle loro insegnanti che di frequente sprecano le proprie energie nel tentativo di "spiegare" cosa fare o no fare , cosa dire o non dire . è nota a tutti la valenza dell'esempio quando si voglia insegnare qualche cosa. Provate quindi ad immaginare quale importanza assuma un gesto , un'azione eseguita in un contesto di grande attenzione, di silenzio , senza parole di rinforzo: diventa scena , immagine , "parola", suono e, in virtù dello sfondo così pulito dalle ridondanze verbali, si imprime con più pregnanza in chi sta osservando ,ascoltando, imitando.
"Colui che canta non crea il canto da solo. Deve esservi qualcuno che ascolta. Un uomo fa uso della voce per cantare. L'altro canta nella sua mente"(da The broken song di Rabindranath Tagore).
Afferma Schafer che "...l'uomo ama produrre suoni per ricordarsi che non è solo[....] ha paura della mancanza di suoni[.....] poiché il silenzio definitivo è quello della morte[...]"
Ciò fa supporre, nell'uomo , il silenzio con valenza negativa; impariamo ad assumere ,invece, un'ottica positiva e ci accorgeremo di quanta vita ci sia nel "silenzio"intorno a noi!
Un gioco che faccio spesso con i miei bambini , è quello di trovare la "tonica" del paesaggio sonoro che ci circonda . Seduti in cerchio, ad occhi chiusi e in silenzio perfetto, ascoltiamo , e cerchiamo di individuare il suono di fondo dell'ambiente circostante : sarà facile, poco dopo aver raggiunto questa consapevolezza , accorgersi di tutti gli altri suoni che man mano si sovrappongono a quello che ci sembra va preponderante(sia esso il nostro respiro, quello di un compagno o il suono della pioggia che batte sui vetri).
E perché non chiudere gli occhi e scrivere mentalmente, ciascuno per sé , una teoria sul "colore del silenzio": che colore ha il mio silenzio quando piove o c'è il sole , quando fa caldo o fa freddo; se sono solo o in compagnia ,in campagna o in città, al mare o in montagna.
O qualche volta, invece di cantare "stornelli" insieme agli amici, proviamo a creare una catena appoggiando uno l'orecchio sulla schiena dell'altro, cingendogli la vita con le braccia, facendo oscillare lentamente il corpo e lasciando che, pian piano , esca da ognuno un canto spontaneo ,monocorde , che gradualmente si adatta al suono della cassa armonica immaginaria sulla quale abbiamo appoggiato il nostro orecchio : un proverbio indù recita:
" L'utilità di un contenitore sta nella forma del suo vuoto".
Perciò danziamo il nostro silenzio ovvero gli elementi in esso contenuti : suono , rumore ,melodia, armonia , percussione: e, infine osserviamo la danza che gli altri eseguono sul proprio --silenzio immaginario. Vorrei concludere con le parole di Schafer:
"...Recuperare il valore della contemplazione ci insegnerebbe a vedere nel silenzio una condizione positiva e felice in sé , come un grande e magnifico sfondo contro il quale le nostre azioni si stagliano e acquistano forma. Qualora questo sfondo mancasse , esse non avrebbero alcun senso e potrebbero anche , in verità, non esistere affatto[...] Era questo l'insegnamento di Lao--Tse:
" Abbandonare la fretta dell'attività. Chiudete la bocca . Soltanto allora potrete comprendere lo spirito del Tao".
DA: I SEPOLCRI UGO FOSCOLO
17--3--2020
---------------------------
A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti , o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta . Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a' regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime e di che sangue;
e l'arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
più mondi, e il Sole irradiarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le ali del firmamento;
----Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita , e pe' lavacri
che da' suoi gioghi a te versa Appennino!
Lieta dell'aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festante , e le convalli
popolate de case e d' oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima , Firenze, udivi il carme
che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l'idioma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d'un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma più beata che in un tempio accolte
serbi l'itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t'invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria , tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all'Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a' patrii Numi , errava muto
ove Arno è più deserto,i campi e il cielo
desioso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l'austero ; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno; e l'ossa
fremon amor di patria.---------------------------
Dedico , questi stupendi versi di Foscolo , all'Italia, ed in particolare agli italiani che in questa emergenza sono in prima linea
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A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti , o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta . Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a' regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime e di che sangue;
e l'arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
più mondi, e il Sole irradiarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le ali del firmamento;
----Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita , e pe' lavacri
che da' suoi gioghi a te versa Appennino!
Lieta dell'aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festante , e le convalli
popolate de case e d' oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima , Firenze, udivi il carme
che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l'idioma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d'un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma più beata che in un tempio accolte
serbi l'itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t'invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria , tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all'Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a' patrii Numi , errava muto
ove Arno è più deserto,i campi e il cielo
desioso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l'austero ; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno; e l'ossa
fremon amor di patria.---------------------------
Dedico , questi stupendi versi di Foscolo , all'Italia, ed in particolare agli italiani che in questa emergenza sono in prima linea
domenica 15 marzo 2020
UN ERRORE: GIOVITA PICCILLO di: Pina Maria Speranza Raciti
15--3--2020
Questo tempo, di particolare emergenza,mi dà la possibilità,di scrivere , sul mio blogger, sulla mia storia personale. Ormai sono trascorsi molti anni, da quando all'università, ho vissuto un'esperienza amara.
Giovita Piccillo, era una mia collega, che ho conosciuto, in clinica chirurgica, nell'internato per gli esami di patologia chirurgica. Ricordo poco del suo aspetto, era piccola di statura, ed aveva i capelli neri e lunghi. Mi ha incuriosita , perché credevo di avere compreso, una solitudine, ed una grande tristezza.
Ci siamo ritrovate alle lezioni di farmacologia al corso del professore Scapagnini, alla cittadella;lei non era di Catania, condivideva un appartamento con altre ragazze . Stavamo preparando gli esami di patologia chirurgica , così per ripetere un pò di programma, mi invitò , a casa sua. Siamo state insieme un'intera giornata , sono rincasata in serata. Abbiamo studiato, chiacchierato, lei mi raccontò , del suo papà molto rigoroso, del sentirsi trascurata dai suoi cari; delle brutte esperienze a Catania , con ragazze con le quali aveva condiviso l'appartamento.Mi raccontò di una realtà di un orrore surreale, e di quando lei soffrisse per questo.
Volevo, con tutte le mie forze aiutare questa ragazza , desideravo tanto ,, farle comprendere che la vita, la realtà, è costituita anche , di luce , di bene, di bello. Ho cercato così, di darle la mia amicizia, il mio affetto. Ma ben presto, si rivelò una realtà diversa e terribile, Giovita , iniziò ad utilizzare la mia persona, come :" scudo", per potere parlare con i professori, per potere fare esami. Mi sono trovata , all'improvviso , sull'orlo di un abisso. Immediatamente , ho invertito la marcia, ed ho dato un taglio radicale , all'amicizia che era ancora sul nascere. L'abbandono ha scatenato la vendetta!
Mia cara Giovita, non so , dove tu sia ora; ma dopo tanti lunghi anni, possa , la verità, trionfare sulle tue menzogne.
Per primo,dico a te e ai colleghi che hai coinvolto nel tuo delirio, che Bologna è una città meravigliosa, ed i bolognesi, sono bravissime persone; riguardo ai miei cari ,di bologna, appartengono alla buona borghesia della città.
Oggi a distanza di tempo , sono certa , che i tuoi racconti, i tuoi drammi,non corrispondano ad una realtà oggettiva, bensì ad una mente malata. Ho sbagliato, perché certe patologia comportamentali, non si trattano con "l'amore"; ma con un personale specialistico.
Il professore , mi aveva accettato per la tesi in chirurgia, perché ho un curriculum perfetto, e poi avevo in occasione del Natale(credo) portato gli auguri , con la "Parola".
Perché, vedi io sono cristiana , ed allora ero , la presidente della comunità degli oblati secolari di San Benedetto, la mia comunità. Un progetto stupendo , io da sola , avrei avuto la possibilità di affrontare , la discutibile realtà di un reparto universitario, armata solo:
della mia perfetta preparazione ;
della mia onestà;
della mia fede;
Sarei cresciuta come medico, ma nello stesso tempo , come cristiana , avrei portato "l'acqua che disseta".
Un progetto , che tu non credente, i medici balordi che hai imbrogliato, i colleghi , non potevano comprendere.
Volevi buttarmi fuori della Sicilia? Con il mio curriculum le porte della facoltà di medicina , di Bologna o di Milano si sarebbero aperti.
Nella terribile guerra , con il reparto e con l'università , che tu hai scatenato , sono rimasta sola, perché la mia comunità non mi ha sostenuto, e perché contemporaneamente , subivo l'aggressione , di un paese come Belpasso, che come realtà , corrisponde a pieno , al fango della tua mente. Inoltre , un prete , che privo di etica ,ti assomiglia, mi ha aggredito creando un orrore fatto di infamie e menzogne, per la gloria dello stato vaticano.
Mia cara Giovita, la mia onestà , è la mia forza , che difronte al male mafioso, non solo si non si piega , ma diventa più forte . Io mi trasformo in un'armata , all'attacco.
Questo tempo, di particolare emergenza,mi dà la possibilità,di scrivere , sul mio blogger, sulla mia storia personale. Ormai sono trascorsi molti anni, da quando all'università, ho vissuto un'esperienza amara.
Giovita Piccillo, era una mia collega, che ho conosciuto, in clinica chirurgica, nell'internato per gli esami di patologia chirurgica. Ricordo poco del suo aspetto, era piccola di statura, ed aveva i capelli neri e lunghi. Mi ha incuriosita , perché credevo di avere compreso, una solitudine, ed una grande tristezza.
Ci siamo ritrovate alle lezioni di farmacologia al corso del professore Scapagnini, alla cittadella;lei non era di Catania, condivideva un appartamento con altre ragazze . Stavamo preparando gli esami di patologia chirurgica , così per ripetere un pò di programma, mi invitò , a casa sua. Siamo state insieme un'intera giornata , sono rincasata in serata. Abbiamo studiato, chiacchierato, lei mi raccontò , del suo papà molto rigoroso, del sentirsi trascurata dai suoi cari; delle brutte esperienze a Catania , con ragazze con le quali aveva condiviso l'appartamento.Mi raccontò di una realtà di un orrore surreale, e di quando lei soffrisse per questo.
Volevo, con tutte le mie forze aiutare questa ragazza , desideravo tanto ,, farle comprendere che la vita, la realtà, è costituita anche , di luce , di bene, di bello. Ho cercato così, di darle la mia amicizia, il mio affetto. Ma ben presto, si rivelò una realtà diversa e terribile, Giovita , iniziò ad utilizzare la mia persona, come :" scudo", per potere parlare con i professori, per potere fare esami. Mi sono trovata , all'improvviso , sull'orlo di un abisso. Immediatamente , ho invertito la marcia, ed ho dato un taglio radicale , all'amicizia che era ancora sul nascere. L'abbandono ha scatenato la vendetta!
Mia cara Giovita, non so , dove tu sia ora; ma dopo tanti lunghi anni, possa , la verità, trionfare sulle tue menzogne.
Per primo,dico a te e ai colleghi che hai coinvolto nel tuo delirio, che Bologna è una città meravigliosa, ed i bolognesi, sono bravissime persone; riguardo ai miei cari ,di bologna, appartengono alla buona borghesia della città.
Oggi a distanza di tempo , sono certa , che i tuoi racconti, i tuoi drammi,non corrispondano ad una realtà oggettiva, bensì ad una mente malata. Ho sbagliato, perché certe patologia comportamentali, non si trattano con "l'amore"; ma con un personale specialistico.
Il professore , mi aveva accettato per la tesi in chirurgia, perché ho un curriculum perfetto, e poi avevo in occasione del Natale(credo) portato gli auguri , con la "Parola".
Perché, vedi io sono cristiana , ed allora ero , la presidente della comunità degli oblati secolari di San Benedetto, la mia comunità. Un progetto stupendo , io da sola , avrei avuto la possibilità di affrontare , la discutibile realtà di un reparto universitario, armata solo:
della mia perfetta preparazione ;
della mia onestà;
della mia fede;
Sarei cresciuta come medico, ma nello stesso tempo , come cristiana , avrei portato "l'acqua che disseta".
Un progetto , che tu non credente, i medici balordi che hai imbrogliato, i colleghi , non potevano comprendere.
Volevi buttarmi fuori della Sicilia? Con il mio curriculum le porte della facoltà di medicina , di Bologna o di Milano si sarebbero aperti.
Nella terribile guerra , con il reparto e con l'università , che tu hai scatenato , sono rimasta sola, perché la mia comunità non mi ha sostenuto, e perché contemporaneamente , subivo l'aggressione , di un paese come Belpasso, che come realtà , corrisponde a pieno , al fango della tua mente. Inoltre , un prete , che privo di etica ,ti assomiglia, mi ha aggredito creando un orrore fatto di infamie e menzogne, per la gloria dello stato vaticano.
Mia cara Giovita, la mia onestà , è la mia forza , che difronte al male mafioso, non solo si non si piega , ma diventa più forte . Io mi trasformo in un'armata , all'attacco.
sabato 14 marzo 2020
PROBLEMI UMANI DEL MACCHINISMO INDUSTRIALE di: Georges Friedmann
14---3--2020
DAL LAVORO, MERCE FACILMENTE SOSTITUIBILE, AL LAVORO APPREZZATO:
Nel corso del secolo 19°, nel periodo del laisser-faire
mentre il macchinismo continua a svilupparsi in condizioni di completa anarchia, l'operaio è trattato come una merce facilmente sostituibile e perciò di scarso valore. Le grandi linee di questo stato di cose , in Francia, in Inghilterra, in Germania, sono state più volte descritte e sono oggi ben note . L'afflusso, non o male organizzato, delle donne e dei ragazzi nelle fabbriche tura le falle e rimpiazza continuamente gli operai che l'industria , senza igiene , senza legislazione protettiva , senza limitazione delle ore di lavoro, logora in modo terrificante.
A questo periodo di "liberalismo economico " segue verso la fine del secolo un maggior sforzo d'organizzazione. Le forze produttive hanno ormai tali dimensioni e complessità , che la concorrenza assume nuove forme. La concentrazione aumenta , la produzione segue un ritmo incessante di sviluppo. In un mondo in cui forze così poderose assorbivano una produzione sempre più abbondante , era chiaro che l'industria doveva esser condotta a studiare metodi più razionali di quelli fin allora prevalsi : bisognava aumentare il rendimento per soddisfare i crescenti bisogni e, per contraccolpo, stimolarli. Il sistema economico si trovava dunque posto di fronte alla necessità di trarre il più e il meglio possibile dall'"elemento operaio".
In effetti , nella produzione l'uomo rimaneva un elemento bruto in mezzo ad altri elementi bruti"Durante il secolo 19°---scrive a questo proposito G.S.Watkins--lo sviluppo industriale si compì in modo così rapido in Europa e in America, che quasi non ci si rese conto della necessità di proteggere e di conservare l'elemento umano della produzione[.....].Ci si preoccupava di risparmiare nell'utilizzazione del capitale, di sostituire il macchinario consumato e di risparmiare le risorse naturali. Ma non ci si preoccupava più che tanto dello spreco di vite umane, dell'accumulazione della fatica fisica , del logoramento della salute ad opera dell'industria.".
Sotto la pressione di varie considerazioni e di varie cause si va a poco a poco elaborando , in Europa e negli Stati Uniti, una legislazione sociale. La durata del lavoro , il lavoro femminile e infantile, il lavoro notturno, vengono regolati , provvedimenti igienici vengono introdotti. Le forze progressive della democrazia borghese sostengono l'azione delle organizzazioni operaie e alimentano questa corrente. La politica di non intervento dello Stato, caratteristica del periodo del laisser-faire, è , in questo campo , gradualmente abbandonata; l'igiene , finora lasciata all'arbitrio degli imprenditori, diventa in linea di principio una questione d'interesse pubblico.
L' atteggiamento cieco e individualistico dell'industria capitalista ai suoi primordi non è più di moda. Nelle aziende si rende indispensabile un minimo di lucidità e di coscienza , d'organizzazione"razionale". I sindacati , spalleggiati dalla democrazia politica e umanitaria, non tollerano più che si abbandoni l'operaio come una pedina isolata , in preda alle esigenze economiche e agli appetiti del padronato. Del resto, un atteggiamento più comprensivo poteva imporsi alla grande industria solo perché , nella nuova tappa , formava una frontiera comune coi suoi interessi. Si è osservato a questo proposito che gli industriali si sono spesso lasciati prendere dal loro stesso gioco; creando opere d'igiene sociale , essi finirono per concepire un interesse umano per quella che ai loro occhi era, all'origine , una questione d'interesse finanziario---osservazione in cui v'è probabilmente del vero , pur essendo difficile e, oltre tutto, ozioso analizzare in ogni caso il substrato di un comportamento le cui necessità profonde sono altrove.
DAL LAVORO, MERCE FACILMENTE SOSTITUIBILE, AL LAVORO APPREZZATO:
Nel corso del secolo 19°, nel periodo del laisser-faire
mentre il macchinismo continua a svilupparsi in condizioni di completa anarchia, l'operaio è trattato come una merce facilmente sostituibile e perciò di scarso valore. Le grandi linee di questo stato di cose , in Francia, in Inghilterra, in Germania, sono state più volte descritte e sono oggi ben note . L'afflusso, non o male organizzato, delle donne e dei ragazzi nelle fabbriche tura le falle e rimpiazza continuamente gli operai che l'industria , senza igiene , senza legislazione protettiva , senza limitazione delle ore di lavoro, logora in modo terrificante.
A questo periodo di "liberalismo economico " segue verso la fine del secolo un maggior sforzo d'organizzazione. Le forze produttive hanno ormai tali dimensioni e complessità , che la concorrenza assume nuove forme. La concentrazione aumenta , la produzione segue un ritmo incessante di sviluppo. In un mondo in cui forze così poderose assorbivano una produzione sempre più abbondante , era chiaro che l'industria doveva esser condotta a studiare metodi più razionali di quelli fin allora prevalsi : bisognava aumentare il rendimento per soddisfare i crescenti bisogni e, per contraccolpo, stimolarli. Il sistema economico si trovava dunque posto di fronte alla necessità di trarre il più e il meglio possibile dall'"elemento operaio".
In effetti , nella produzione l'uomo rimaneva un elemento bruto in mezzo ad altri elementi bruti"Durante il secolo 19°---scrive a questo proposito G.S.Watkins--lo sviluppo industriale si compì in modo così rapido in Europa e in America, che quasi non ci si rese conto della necessità di proteggere e di conservare l'elemento umano della produzione[.....].Ci si preoccupava di risparmiare nell'utilizzazione del capitale, di sostituire il macchinario consumato e di risparmiare le risorse naturali. Ma non ci si preoccupava più che tanto dello spreco di vite umane, dell'accumulazione della fatica fisica , del logoramento della salute ad opera dell'industria.".
Sotto la pressione di varie considerazioni e di varie cause si va a poco a poco elaborando , in Europa e negli Stati Uniti, una legislazione sociale. La durata del lavoro , il lavoro femminile e infantile, il lavoro notturno, vengono regolati , provvedimenti igienici vengono introdotti. Le forze progressive della democrazia borghese sostengono l'azione delle organizzazioni operaie e alimentano questa corrente. La politica di non intervento dello Stato, caratteristica del periodo del laisser-faire, è , in questo campo , gradualmente abbandonata; l'igiene , finora lasciata all'arbitrio degli imprenditori, diventa in linea di principio una questione d'interesse pubblico.
L' atteggiamento cieco e individualistico dell'industria capitalista ai suoi primordi non è più di moda. Nelle aziende si rende indispensabile un minimo di lucidità e di coscienza , d'organizzazione"razionale". I sindacati , spalleggiati dalla democrazia politica e umanitaria, non tollerano più che si abbandoni l'operaio come una pedina isolata , in preda alle esigenze economiche e agli appetiti del padronato. Del resto, un atteggiamento più comprensivo poteva imporsi alla grande industria solo perché , nella nuova tappa , formava una frontiera comune coi suoi interessi. Si è osservato a questo proposito che gli industriali si sono spesso lasciati prendere dal loro stesso gioco; creando opere d'igiene sociale , essi finirono per concepire un interesse umano per quella che ai loro occhi era, all'origine , una questione d'interesse finanziario---osservazione in cui v'è probabilmente del vero , pur essendo difficile e, oltre tutto, ozioso analizzare in ogni caso il substrato di un comportamento le cui necessità profonde sono altrove.
LETTERATURA ITALIANA romanticismo e risorgimento Giuseppe Giusti
14--3--2020
Sant' Ambrogio
Vostra Eccellenza che mi sta in cagnesco
per que' pochi scherzucci di dozzina,
e mi gabella per anti-tedesco
perché metto le birbe alla berlina,
o senta il caso avvenuto una mattina,
càpito in Sant' Ambrogio di Milano,
in quello vecchio , là fuori di mano.
M' era compagno il figlio giovinetto
d'un di que' capi un pò pericolosi,
di quel tal Sandro, autor d'un romanzetto
ove si tratta di Promessi Sposi......
Che fa il nesci, Eccellenza? o non l'ha letto?
Ah, intendo ; il suo cervel, Dio lo riposi,
in tutt'altre faccende affaccendato,
a questa roba è morto e sotterrato.
Entro , e ti trovo un pieno di soldati,
di que' soldati settentrionali,
come sarebbe Boemi e Croati,
messi qui nella vigna a far da pali;
di fatto se ne stavano impalati,
come sogliono in faccia a' generali,
co' baffi di capecchio e con que' musi,
davanti a Dio diritti come fusi.
Mi tenni indietro ; ché , piovuto in mezzo
di quella marmaglia, io non lo nego
d'aver provato un senso di ribrezzo
che lei non prova in grazia dell'impiego.
Sentiva un'afa, un alito di lezzo;
scusi , Eccellenza , mi parean di sego,
in quella bella casa del Signore,
fin le candele dell'altar maggiore.
Ma in quella che s'apresta il sacerdote
a consacrar la mistica vivanda,
di subita dolcezza mi percuote,
su, di verso l'altare, un suon di banda.
Dalle trombe di guerra uscian le note
come di voce che si raccomanda,
d'una gente che gema in duri stenti
e de' perduti beni si rammenti.
Era un coro del Verdi; il coro a Dio
là de' Lombardi miseri assetati;
quello : O Signore, dal tetto natio,
che tanti petti ha scossi e inebriati.
Qui cominciai a non esser più io;
e come se que' così doventati
fossero gente della nostra gente,
entrai nel branco involontariamente.
Che vuol ella, Eccellenza? il pezzo è bello,
poi nostro , e poi suonato come va;
e, coll'arte di mezzo, e col cervello
dato all'arte, l'ubbie si buttan là.
Ma cessato che fu , dentro , bel bello
io ritornava a star come la sa;
quand'eccoti, per farmi un altro tiro,
da quelle bocche che parean di ghiro,
un cantico tedesco lento lento
per l'aer sacro a Dio mosse le penne;
era preghiera , e mi parea lamento,
d'un suono grave , flebile, solenne,
tal, che sempre nell'anima lo sento;
e mi stupisco che in quelle cotenne,
in que' fantocci esotici di legno,
potesse l'armonia fino a quel segno.
Sentia nell'inno la dolcezza amara
de' canti uditi da fanciullo; il core
che da voce domestica gl'impara,
ce li ripete i giorni del dolore;
un pensier mesto della madre cara,
un desiderio di pace e di amore,
uno sgomento di lontano esilio
che mi faceva andare in visibilio.
E, quando tacque, mi lasciò pensoso
di pensieri più forti e più soavi.
Costor, dicea tra me , Re pauroso
degl'Italici moti e degli slavi,
strappa a' lor tetti , e qua senza riposo
schiavi gli spinge per tenerci schiavi;
gli spinge di Croazia e di Boemme,
come mandre a svernar nelle Maremme.
A dura vita , a dura disciplina,
muti, derisi, solitari stanno,
strumenti ciechi d'occhiuta rapina,
che lor non tocca e che forse non sanno;
e quest'odio che mai non avvicina
il popolo lombardo all'alemanno,
giova a chi regna dividendo e teme
popoli avversari affratellati insieme.
Povera gente! Lontana da' suoi,
in un paese qui che le vuol male,
chi sa che in fondo all'anima po' poi
non mandi a quel paese il principale!
Gioco che l'hanno in tasca come noi,
Qui, se non fuggo , abbraccio un caporale,
colla su' brava mazza di nocciolo,
duro e piantato lì come un piolo.
Sant' Ambrogio
Vostra Eccellenza che mi sta in cagnesco
per que' pochi scherzucci di dozzina,
e mi gabella per anti-tedesco
perché metto le birbe alla berlina,
o senta il caso avvenuto una mattina,
càpito in Sant' Ambrogio di Milano,
in quello vecchio , là fuori di mano.
M' era compagno il figlio giovinetto
d'un di que' capi un pò pericolosi,
di quel tal Sandro, autor d'un romanzetto
ove si tratta di Promessi Sposi......
Che fa il nesci, Eccellenza? o non l'ha letto?
Ah, intendo ; il suo cervel, Dio lo riposi,
in tutt'altre faccende affaccendato,
a questa roba è morto e sotterrato.
Entro , e ti trovo un pieno di soldati,
di que' soldati settentrionali,
come sarebbe Boemi e Croati,
messi qui nella vigna a far da pali;
di fatto se ne stavano impalati,
come sogliono in faccia a' generali,
co' baffi di capecchio e con que' musi,
davanti a Dio diritti come fusi.
Mi tenni indietro ; ché , piovuto in mezzo
di quella marmaglia, io non lo nego
d'aver provato un senso di ribrezzo
che lei non prova in grazia dell'impiego.
Sentiva un'afa, un alito di lezzo;
scusi , Eccellenza , mi parean di sego,
in quella bella casa del Signore,
fin le candele dell'altar maggiore.
Ma in quella che s'apresta il sacerdote
a consacrar la mistica vivanda,
di subita dolcezza mi percuote,
su, di verso l'altare, un suon di banda.
Dalle trombe di guerra uscian le note
come di voce che si raccomanda,
d'una gente che gema in duri stenti
e de' perduti beni si rammenti.
Era un coro del Verdi; il coro a Dio
là de' Lombardi miseri assetati;
quello : O Signore, dal tetto natio,
che tanti petti ha scossi e inebriati.
Qui cominciai a non esser più io;
e come se que' così doventati
fossero gente della nostra gente,
entrai nel branco involontariamente.
Che vuol ella, Eccellenza? il pezzo è bello,
poi nostro , e poi suonato come va;
e, coll'arte di mezzo, e col cervello
dato all'arte, l'ubbie si buttan là.
Ma cessato che fu , dentro , bel bello
io ritornava a star come la sa;
quand'eccoti, per farmi un altro tiro,
da quelle bocche che parean di ghiro,
un cantico tedesco lento lento
per l'aer sacro a Dio mosse le penne;
era preghiera , e mi parea lamento,
d'un suono grave , flebile, solenne,
tal, che sempre nell'anima lo sento;
e mi stupisco che in quelle cotenne,
in que' fantocci esotici di legno,
potesse l'armonia fino a quel segno.
Sentia nell'inno la dolcezza amara
de' canti uditi da fanciullo; il core
che da voce domestica gl'impara,
ce li ripete i giorni del dolore;
un pensier mesto della madre cara,
un desiderio di pace e di amore,
uno sgomento di lontano esilio
che mi faceva andare in visibilio.
E, quando tacque, mi lasciò pensoso
di pensieri più forti e più soavi.
Costor, dicea tra me , Re pauroso
degl'Italici moti e degli slavi,
strappa a' lor tetti , e qua senza riposo
schiavi gli spinge per tenerci schiavi;
gli spinge di Croazia e di Boemme,
come mandre a svernar nelle Maremme.
A dura vita , a dura disciplina,
muti, derisi, solitari stanno,
strumenti ciechi d'occhiuta rapina,
che lor non tocca e che forse non sanno;
e quest'odio che mai non avvicina
il popolo lombardo all'alemanno,
giova a chi regna dividendo e teme
popoli avversari affratellati insieme.
Povera gente! Lontana da' suoi,
in un paese qui che le vuol male,
chi sa che in fondo all'anima po' poi
non mandi a quel paese il principale!
Gioco che l'hanno in tasca come noi,
Qui, se non fuggo , abbraccio un caporale,
colla su' brava mazza di nocciolo,
duro e piantato lì come un piolo.
giovedì 12 marzo 2020
NINIVE : " La realtà sociale in cui vivo" di: Pina Maria Speranza Raciti
12--3--2020
Vivere, in un ambiente sociale squallido, non è bello, né augurabile, a nessuno uomo o donna, con un'educazione, cultura, intelligenza.
La mia vita è quella dei miei fratelli(Giorgio, ed Antonio) sin dall'infanzia , è stata condizionata , dal nostro essere diversi, non assimilabili, alla realtà oggettiva in cui viviamo. Il nostro mondo, andava, dal mondo della mamma, a quella dei nostri, cari, bolognesi. La mia famiglia di Bologna ,come ho sempre detto, era ed è formata dai miei zii e cugini, sia paterni che materni. Sebbene il nostro legame è stato più stretto con quelli materni,ma per ovvie ragioni, siamo coetanei.
Mi ricordo , da bambina, come il parlare in lingua italiana, generò una reazione di "furore"; ma ho perseverato, con il sostegno dei miei zii e cugini.
La nostra educazione, il nostro modo di vestire, i nostri giocattoli, tutto definiva , un mondo privilegiato, il cui ingresso, non era accessibile, ai nostri coetanei, locali.
Ricordo, lo scandalo e la maldicenza, che accompagnarono, le inscrizioni alla scuola superiore; perché , a scuola c'erano i ragazzi,quindi frequentare la scuola, ed avere contatti con dei ragazzi, significava , diventare una poco di buono. L'inscrizione in medicina ha completato il quadro.
Superato con profitto, l'esame di stato, i miei genitori, mi regalarono una vacanza in Emilia Romagna, con i miei zii. Ed io e papà godemmo di una bella vacanza. Lo zio Ulderico Domenico, fratello della mia mamma, trascorreva le sue vacanze o in Sicilia da noi, oppure sulla riviera adriatica, Cesenatico. Sono state vacanze stupende,godute con i miei zii , cugini; ricordo ancora le nostre serate,a passeggio,oppure,noi ragazzi,con gli amici, dei miei cugini,a prendere una pizza in un locale. Un vivere sereno, gioioso, tranquillo, dove la malvagità mentale tipica , delle persone di qui, non esisteva.Una buona atmosfera di serena, relazione sociale, fra ragazzi e ragazze.
Ritornando in Sicilia, mi sono trovata , con una nuova e positiva realtà; un gruppo di ragazzi e ragazze, in parrocchia Cristo Re , con un possibile cammino , fatto di tante ideali, e molta volontà nel volere esperimentare nuove idee e proposte. Con grande gioia , ed entusiasmo , ho accolto questo progetto , pur volendo rimanere ai margini, accogliendo questa nuova realtà, ho accolto a casa , tutti coloro che sin dall'inizio , ho considerato :"AMICI". Ma nello stesso tempo, ho cercato , di mettere in pratica, l'esperienza meravigliosa, che a Bologna ho vissuto con i miei cari. Tutte quelle volte , che ho relazionato , con la brutta realtà belpassese, ho cercato di trasferire la luce , la limpidezza , della mia educazione, dei miei ideali , a questa gente. Ma ho fallito! Questa è la mia brutta e peccaminosa vita, per la quale un sacerdote, non belpassese, nel 1990, mi ha aggredito con queste parole:
" La vita brutta di una disgraziata, della quale tutti sappiamo chi è, e che la madonna della roccia, ha miracolato con una conversione"
Ho pianto, stupidamente; ma dovevo ricorrere ad una querela!
Un povero prete, bigotto, che non si rende conto, fino ad oggi, che questa espressione definisce una persona: ignorante, arrogante, idiota!
Non sono Giona, non credo in una conversione, Belpasso è , e rimane quello che è, un paese di fango.
Il male non si combatte con il perdono, o la pietà, ma con la denuncia.
Vivere, in un ambiente sociale squallido, non è bello, né augurabile, a nessuno uomo o donna, con un'educazione, cultura, intelligenza.
La mia vita è quella dei miei fratelli(Giorgio, ed Antonio) sin dall'infanzia , è stata condizionata , dal nostro essere diversi, non assimilabili, alla realtà oggettiva in cui viviamo. Il nostro mondo, andava, dal mondo della mamma, a quella dei nostri, cari, bolognesi. La mia famiglia di Bologna ,come ho sempre detto, era ed è formata dai miei zii e cugini, sia paterni che materni. Sebbene il nostro legame è stato più stretto con quelli materni,ma per ovvie ragioni, siamo coetanei.
Mi ricordo , da bambina, come il parlare in lingua italiana, generò una reazione di "furore"; ma ho perseverato, con il sostegno dei miei zii e cugini.
La nostra educazione, il nostro modo di vestire, i nostri giocattoli, tutto definiva , un mondo privilegiato, il cui ingresso, non era accessibile, ai nostri coetanei, locali.
Ricordo, lo scandalo e la maldicenza, che accompagnarono, le inscrizioni alla scuola superiore; perché , a scuola c'erano i ragazzi,quindi frequentare la scuola, ed avere contatti con dei ragazzi, significava , diventare una poco di buono. L'inscrizione in medicina ha completato il quadro.
Superato con profitto, l'esame di stato, i miei genitori, mi regalarono una vacanza in Emilia Romagna, con i miei zii. Ed io e papà godemmo di una bella vacanza. Lo zio Ulderico Domenico, fratello della mia mamma, trascorreva le sue vacanze o in Sicilia da noi, oppure sulla riviera adriatica, Cesenatico. Sono state vacanze stupende,godute con i miei zii , cugini; ricordo ancora le nostre serate,a passeggio,oppure,noi ragazzi,con gli amici, dei miei cugini,a prendere una pizza in un locale. Un vivere sereno, gioioso, tranquillo, dove la malvagità mentale tipica , delle persone di qui, non esisteva.Una buona atmosfera di serena, relazione sociale, fra ragazzi e ragazze.
Ritornando in Sicilia, mi sono trovata , con una nuova e positiva realtà; un gruppo di ragazzi e ragazze, in parrocchia Cristo Re , con un possibile cammino , fatto di tante ideali, e molta volontà nel volere esperimentare nuove idee e proposte. Con grande gioia , ed entusiasmo , ho accolto questo progetto , pur volendo rimanere ai margini, accogliendo questa nuova realtà, ho accolto a casa , tutti coloro che sin dall'inizio , ho considerato :"AMICI". Ma nello stesso tempo, ho cercato , di mettere in pratica, l'esperienza meravigliosa, che a Bologna ho vissuto con i miei cari. Tutte quelle volte , che ho relazionato , con la brutta realtà belpassese, ho cercato di trasferire la luce , la limpidezza , della mia educazione, dei miei ideali , a questa gente. Ma ho fallito! Questa è la mia brutta e peccaminosa vita, per la quale un sacerdote, non belpassese, nel 1990, mi ha aggredito con queste parole:
" La vita brutta di una disgraziata, della quale tutti sappiamo chi è, e che la madonna della roccia, ha miracolato con una conversione"
Ho pianto, stupidamente; ma dovevo ricorrere ad una querela!
Un povero prete, bigotto, che non si rende conto, fino ad oggi, che questa espressione definisce una persona: ignorante, arrogante, idiota!
Non sono Giona, non credo in una conversione, Belpasso è , e rimane quello che è, un paese di fango.
Il male non si combatte con il perdono, o la pietà, ma con la denuncia.
martedì 10 marzo 2020
LETTERATURA DEL 900 Vladimiri Majakovskij (futurismo)
10--3--2020
La guerra è dichiarata
" Edizione della sera! Della sera! Della sera!
Italia! Germania! Austria".
E sulla piazza , lugubremente listata di nero,
si effuse un rigagnolo di sangue purpureo!
Un caffé infranse il proprio muso a sangue,
imporporato da un grido ferino:
"Il veleno del sangue nei giuochi del Reno!
I tuoni degli obici sul marmo di Roma!".
Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette
gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno staccio,
e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava:
"Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi!".
I generali di bronzo sullo zoccolo a faccette
supplicavano:"Sferrateci , e noi andremo !".
Scalpitavano i baci della cavalleria che prendeva commiato,
e i fanti desideravano la vittoria--assassina.
Alla città accatastata giunse mostruosa nel sogno
la voce di basso del cannone sghignazzante,
mentre da occidente cadeva rossa neve
in brandelli succosi di carne umana.
La piazza si gonfiava , una compagnia dopo l'altra,
sulla sua fronte stizzita si gonfiavano le vene.
"Aspettate , noi asciugheremo le sciabole
sulla seta delle cocottes nei viali di Vienna!".
Gli strilloni si sgolavano :" Edizione della sera!
Italia! Germania! Austria!"
E dalla notte, lugubremente listata di nero,
scorreva , scorreva un rigagnolo di sangue purpureo.
La guerra è dichiarata
" Edizione della sera! Della sera! Della sera!
Italia! Germania! Austria".
E sulla piazza , lugubremente listata di nero,
si effuse un rigagnolo di sangue purpureo!
Un caffé infranse il proprio muso a sangue,
imporporato da un grido ferino:
"Il veleno del sangue nei giuochi del Reno!
I tuoni degli obici sul marmo di Roma!".
Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette
gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno staccio,
e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava:
"Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi!".
I generali di bronzo sullo zoccolo a faccette
supplicavano:"Sferrateci , e noi andremo !".
Scalpitavano i baci della cavalleria che prendeva commiato,
e i fanti desideravano la vittoria--assassina.
Alla città accatastata giunse mostruosa nel sogno
la voce di basso del cannone sghignazzante,
mentre da occidente cadeva rossa neve
in brandelli succosi di carne umana.
La piazza si gonfiava , una compagnia dopo l'altra,
sulla sua fronte stizzita si gonfiavano le vene.
"Aspettate , noi asciugheremo le sciabole
sulla seta delle cocottes nei viali di Vienna!".
Gli strilloni si sgolavano :" Edizione della sera!
Italia! Germania! Austria!"
E dalla notte, lugubremente listata di nero,
scorreva , scorreva un rigagnolo di sangue purpureo.
LA DANZA DEL VERSO POETICO IN MUSICA E DELLA MUSICA NEL VERSO POETICO di Heike Otterson (pedagogista)
10--3--2020
Poesia formativa: mentre rifletto su questo termine, provo una grande gioia.
Si tratta per il poeta di preparare le condizioni affinché "la pratica-della-poesia" si faccia in piena consapevolezza . In verità noi non sappiamo più cantare "poetando" e la poesia non risulta più essere parte integrante della vita quotidiana di ciascuno.
Il linguaggio delle emozioni profonde è assopito a tal punto che quando domando ai partecipanti dei miei seminari di scrivere solo ciò che è conforme alla loro natura più autentica, essi mi guardano disorientati. Ma quando vedo le persone manifestare più tranquillamente se stessi, accettare di far danzare la penna sul foglio bianco senza panico o censure, di restare nudi davanti alla verità che affiora , allora penso che la poesia sia un momento sacro di concentrazione interiore una meditazione semplice che permette ad ognuno di sentire l'unità dentro e con le persone intorno a sé.
Il ruolo di "ascolto" del poeta che lavora in funzione di una "scrittura formativa" è fondamentale ; permette di trovare ogni volta un nuovo linguaggio che passa anche attraverso il teatro , la musica , la danza, la pittura, la meditazione, ma soprattutto è comunicazione, "pedagogica" da cuore-a-cuore".
Il cambiamento che si avvera nelle persone coinvolte in questo "poetare a ritmo di cuore" si può definire "stato di nuova consapevolezza".
In quest'ottica, la sensibilità dell'artista -formatore consiste nell'essere disponibile in ogni momento a parlare un linguaggio diverso , affinché ci sia "creazione" tanto per il formatore che per l'allievo. In tal senso, la "poesia formativa"secondo la prospettiva taoistica si rivolge soprattutto a una persona il cui obiettivo non è il risultato tecnico-estetico-letterario, bensì l'espressione del suo essere "umano" in quell'istante.
La "poesia formativa" pertanto diventa ponte per creare equilibrio ed armonia:
-- un ponte tra corpo e mente
--un ponte tra arte e formazione
-- un ponte tra maestro e allievo
---un ponte tra chi scrive e chi legge
---un ponte tra contemplazione ed educazione
Nell'umile consapevolezza che non c'è nulla da formare, nessuno che forma:, poiché compito della poesia è la poesia ed essa è un percorso che si fa insieme con la nascita di un linguaggio comune ad entrambi.
Poesia formativa: mentre rifletto su questo termine, provo una grande gioia.
Si tratta per il poeta di preparare le condizioni affinché "la pratica-della-poesia" si faccia in piena consapevolezza . In verità noi non sappiamo più cantare "poetando" e la poesia non risulta più essere parte integrante della vita quotidiana di ciascuno.
Il linguaggio delle emozioni profonde è assopito a tal punto che quando domando ai partecipanti dei miei seminari di scrivere solo ciò che è conforme alla loro natura più autentica, essi mi guardano disorientati. Ma quando vedo le persone manifestare più tranquillamente se stessi, accettare di far danzare la penna sul foglio bianco senza panico o censure, di restare nudi davanti alla verità che affiora , allora penso che la poesia sia un momento sacro di concentrazione interiore una meditazione semplice che permette ad ognuno di sentire l'unità dentro e con le persone intorno a sé.
Il ruolo di "ascolto" del poeta che lavora in funzione di una "scrittura formativa" è fondamentale ; permette di trovare ogni volta un nuovo linguaggio che passa anche attraverso il teatro , la musica , la danza, la pittura, la meditazione, ma soprattutto è comunicazione, "pedagogica" da cuore-a-cuore".
Il cambiamento che si avvera nelle persone coinvolte in questo "poetare a ritmo di cuore" si può definire "stato di nuova consapevolezza".
In quest'ottica, la sensibilità dell'artista -formatore consiste nell'essere disponibile in ogni momento a parlare un linguaggio diverso , affinché ci sia "creazione" tanto per il formatore che per l'allievo. In tal senso, la "poesia formativa"secondo la prospettiva taoistica si rivolge soprattutto a una persona il cui obiettivo non è il risultato tecnico-estetico-letterario, bensì l'espressione del suo essere "umano" in quell'istante.
La "poesia formativa" pertanto diventa ponte per creare equilibrio ed armonia:
-- un ponte tra corpo e mente
--un ponte tra arte e formazione
-- un ponte tra maestro e allievo
---un ponte tra chi scrive e chi legge
---un ponte tra contemplazione ed educazione
Nell'umile consapevolezza che non c'è nulla da formare, nessuno che forma:, poiché compito della poesia è la poesia ed essa è un percorso che si fa insieme con la nascita di un linguaggio comune ad entrambi.
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