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mercoledì 13 novembre 2019

CANTI di : Giacomo Leopardi

13--11--2019

LE  RICORDANZE

Vaghe  stelle  dell'Orsa ,io  non  credea
Tornare  ancor  per  uso  a  contemplarvi
Sul  paterno  giardino  scintillanti,
E  ragionar  con  voi dalle  finestre
Di  questo  albergo  ove  abitai  fanciullo,
E  delle  gioie  mie  vidi  la fine.
Quante  immagini un  tempo  , e  quante  fole
Creommi  nel  pensier  l'aspetto  vostro
E delle  luci  a  voi  compagne ! allora
Che, tacito, seduto  in  verde zolla,
Delle  sere io  solea  passar  gran  parte
Mirando  il cielo, ed  ascoltando il canto
Della  rana  rimota  alla  campagna!
E  la  lucciola  errava  appo le siepi
E  in  su  l'aiuole,  susurrando  al vento
I  viali odorati, ed  i cipressi
Là  nella  selva; e  sotto  al  patrio  tetto
Sonavan  voci  alterne, e  le tranquille
Opere  de'  servi. E che  pensieri  immensi,
Che  dolci sogni mi  spirò la  vista
Di  quel  lontano  mar, quei monti  azzurri,
Che  di  qua  scopro, e  che  varcare un  giorno
Io  mi  pensava  , arcani  mondi, arcana
Felicità   fingendo  al  viver  mio!
Ignaro  del  mio  fato, e  quante  volte
Questa  mia  vita  dolorosa  e  nuda
Volentier con la morte avrei  cangiato.
Ne' mi  diceva  il cor  che  l'età  verde
Sarei  dannato  a  consumare  in  questo
Natio borgo  selvaggio, intra  una  gente
Zotica ,vil;  cui  nomi  strani, e  spesso
Argomento  di riso  e di trastullo,
Son  dottrina  e saper ; che  m'odia  e fugge,
Per  invidia  non  già, che  non  mi  tiene
Maggior  di se, ma  perché  tale  estima
Ch'io  mi tenga  in  cor  mio, sebben  di  fuori
A  persona  giammai  non  ne  fo  segno.
Qui  passo  gli anni,  abbandonato, occulto,
Senz'amor , senza  vita; ed  aspro  a  forza
Tra  lo stuol  de'  malevoli  divengo:
Qui  di pietà  mi spoglio  e di  virtudi,
E   sprezzator  degli  uomini mi  rendo,
Per  la  greggia  ch'ho  appreso :e  intanto vola
Il caro tempo  giovanil;  più caro
Che  la  fama  e  l'allor,  più  che  la pura
Luce  del giorno, e  lo spirar: ti  perdo
Senza  un  diletto, inutilmente, in  questo
Soggiorno  disumano,intra  gli  affanni,
O  dell'arida  vita  unico  fiore.

          Viene  il vento  recando  il suon dell'ora
Dalle  torre   del borgo. Era  conforto
Questo  suon  ,mi  rimembra , alle  mie  notti,
Quando  fanciullo , nella  buia  stanza ,
Per assidui  terrori  io  vigilava,
Sospirando  il mattino. Qui  non è  cosa
Ch'io  vegga o senta, onde un'immagin  dentro
Non  torni , e  un  dolce  rimembrar  non  sorga.
Dolce per se;  ma  con  dolor  sottentra
Il  pensier del  presente, un  van  desio
Del  passato ,  ancor  tristo, e  il dire: io fui.
Quella  loggia  colà,  volta agli  estremi
Raggi  del dì ;  queste  dipinte  mura,
Quei  figurati armenti, e  il  Sol  che  nasce
Su  romita  campagna, agli  ozi  miei
Porser   mille  diletti  allor  che  al  fianco
M'era  ,parlando,  il mio possente  errore
Sempre , ov'io  fossi. In  queste  sale  antiche,
Al chiaror  delle  nevi, intorno  a queste
Ampie  finestre sibilando  il vento,
Rimbombaro i sollazzi  e le  festose
Mie  voci al  tempo  che  l'acerbo, indegno
Mistero delle  cose a noi si mostra
Pien  di  dolcezza ; indelibata, intera
Il  garzoncel,  come  inesperto   amante,
La  sua  vita ingannevole  vagheggia,
E  celeste  beltà  fingendo  ammira.

     O  speranze , speranze; ameni inganni
Della  mia  prima  età! sempre , parlando,
Ritorno a voi; che  per andar  di tempo ,
Per  variar  d'affetti e di  pensieri,
Obbliarvi  non  so.  Fantasmi  , intendo,
Son  la  gloria e l'onor ; diletti  e  beni
Mero  desio; non  ha  la vita  un frutto,
Inutile miseria. E   sebben  voti
Son  gli anni miei, sebben  deserto  , oscuro
Il mio  stato mortal, poco mi  toglie
La  fortuna, ben  veggo . Ahi,  ma  qualvolta
A  voi  ripenso, o mie  speranze antiche,
Ed  a  quel  caro  immaginar  mio  primo;
Indi  riguardo  il viver  mio  sì vile
E  sì dolente, e  che  la  morte  è  quello
Che  di  cotanta  speme  oggi m'avanza;
Sento  serrarmi  il cor,  sento  ch'al  tutto
Consolarmi non  so  del  mio  destino.
E  quando  pur  questa  invocata  morte
Sarammi  allato, e  sarà  giunto il fine
Della  sventura  mia ;  quando  la  terra
Mi  fia  straniera  valle,  e  dal mio  sguardo
Fuggirà  l'avvenir;  di voi per  certo
Risovverrammi;  e  quell'immago ancora
Sospirar  mi farà , farammi  acerbo
L'esser  vissuto   indarno, e  la  dolcezza
Del  dì  fatal  tempererà  d'affanno.

     E  già  nel  primo   giovanil  tumulto
Di  contenti , d'angosce e di  desio,
Morte  chiamai  più  volte, e  lungamente
Mi  sedetti  colà su  la  fontana
Pensoso  do cessar  dentro  quell'  acque
La speme  e  il dolor  mio . Poscia  , per  cieco
Malor,  condotto  della  vita  in  forse,
Piansi  la  bella  giovinezza  , e  il fiore
De'  miei  poveri  dì , che  sì  per tempo
Cadeva: e spesso  all'ore  tarde  , assiso
Sul  conscio  letto  , dolorosamente
Alla fioca  lucerna poetando,
Lamentai  co'  silenzi  e  con  la  notte
Il  fuggitivo   spirto , ed  a  me  stesso
In  sul  languir  cantai  funereo canto.
  Chi  rimembrar vi  può  senza  sospiri,
O  primo  entrar  di  giovinezza ,o  giorni
Vezzosi,  inenarrabili, allor quando
Al  rapito  mortal  primieramente
Sorridon  le  donzelle  ;  a  gara  intorno
Ogni  cosa  sorride ; invidia  tace,
Non  desta  ancora  ovver benigna, e quasi
(Inusitata  maraviglia!) il mondo
La destra  soccorrevole  gli  porge,
Scusa  gli  errori  suoi , festeggia  il novo
Suo  venir  nella  vita, ed   inchinando
Mostra   che  per  signor  l'accolga  e  chiami?
Fugaci  giorni!  a  somigliar  d'un lampo
Son dileguati. E   qual  mortale  ignaro
Di  sventura  esser  può  , se a  lui  già  scorsa
Quella  vaga  stagion, se il suo  buon  tempo,
Se  giovinezza , ahi  giovinezza , è  spenta?

     O  Nerina!  e di te  forse  non  odo
Questi  luoghi  parlar?  caduta  forse
Dal  mio  pensier  sei tu  ?  Dove  se  gita,
Che  qui  sola  di te  la ricordanza
Trovo  , dolcezza   mia?  Più  non  ti vede
Questa  Terra  natal: quella  finestra,
Ond'eri  usata  favellarmi, ed  onde
Mesto  riluce  delle  stelle  il raggio,
è  deserta . Ove  sei, che  più  non  odo
La  tua  voce sonar, siccome  un  giorno,
Quando  soleva  ogni  lontano  accento
Del  labbro  tuo,  ch'a  me  giungesse  , il  volto
Scolorarmi? Altro  tempo. I   giorni tuoi
Furo,  mio  dolce  amor. Passasti.  Ad  altri
Il  passar  per  la terra oggi  è  sortito,
E  l'abitar  questi  odorati  colli.
Ma  rapida  passasti;  e  come  un  sogno
Fu  la  tua  vita.  Ivi  danzando  ; in  fronte
La  gioia  ti  splendea ,  splendea negli   occhi
Quel  confidente  immaginar, quel  lume
Di  gioventù, quando  spegneali il fato,
E  giacevi. Ahi Nerina!  In cor  mi regna
L'antico  amor. Se a  feste  anco  tavolta,
Se  a  radunanze io  movo , infra  me  stesso
Dico: o Nerina, a  radunanze , a feste
Tu  non ti  acconci più , tu  più non movi.
Se  torna  maggio , e  ramoscelli  e suoni
Van  gli  amanti  recando  alle fanciulle,
Dico: Nerina mia ,  per  te  non torna
Primavera  giammai,  non  torna  amore.
Ogni giorno  sereno, ogni  fiorita
Piaggia  ch'io  miro  , ogni goder  ch'io sento,
Dico  : Nerina or  più  non  gode  ; i campi,
L'aria  non mira . Ahi tu  passasti , eterno
Sospiro mio : passasti: e fia  compagna
D'ogni  mio  vago  immaginar,  di  tutti
I miei  teneri  sensi, i tristi e cari
Moti  del cor  , la  rimembranza  acerba.

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