5--11--2019
Nell'articolo precedente abbiamo visto che l'Ortodossia si poteva definire come "vera fede", che la vera fede era quella degli Apostoli e dei primi sette concili ecumenici tenutisi in Oriente, una fede comune ai Romani e ai Bizantini, i quali insieme si sono ritenuti sia "cattolici" che "ortodossi". E le cose andarono bene, più o meno , per otto secoli, fino all'incoronazione di Carlomagno a Roma come imperatore d'Occidente e all'introduzione del Filioque nel Credo romano. La prima diede ai Bizantini la sensazione che venisse infranta l'unità dell'impero dei Romani, sopravvissuto a Costantinopoli. La seconda venne considerata come una rottura nell'espressione comune della fede. Finora le eresie maggiori erano sorte in Oriente ed era toccano a Bisanzio il ruolo di difendere l'ortodossia della fede, insieme a Roma. Ormai la Chiesa di Costantinopoli dovrà da sola tenere la fiaccola dell'Ortodossia , mentre quella di Roma , con l'aspirazione a una egemonia universale , accentuerà la sua connotazione di Chiesa cattolica.
Presto, i romani non verranno più considerati dai Bizantini come ortodossi, ma come eretici, e non saranno più chiamati nemmeno cattolici, ma semplicemente "Latini" o "Franchi", cioè barbari occidentali (soprattutto dopo il saccheggio di Costantinopoli, nel 1204, a opera della 4° crociata). Nello stesso tempo , i Bizantini saranno considerati dai Romani come scismatici o dissidenti, le loro Chiese verranno oltraggiate come comunità separate, opposte all'universalità del Pontefice romano; e la parola "ortodossia", diventerà , in bocca occidentale , spregiativa, restrittiva, l'equivalente di cristianesimo rivale, orientale.
Nel secondo millennio , la Chiesa di Roma, separata dall'Oriente, sviluppa una ecclesiologia diversa da quella tradizionale, trasformando la propria struttura ecclesiale sul modello della società feudale . Ne risulta quello che chiamiamo la "piramide". Infatti , nel sacro impero romano--germanico, troviamo al vertice l'imperatore, poi vengono re, principi, duchi , marchesi; scendendo ancora si trovano conti , visconti , baroni e signori; e, sotto i signori , finalmente il popolo, alla base della piramide. Nello stesso modo la piramide dell'ecclesiologia romana al cui apice vi è posto il sommo pontefice; poi troviamo i cardinali, arcivescovi e vescovi; dai vescovi dipendono parroci e sacerdoti e da questi ultimi dipende la massa dei fedeli. Gli stessi rapporti che reggono il mondo feudale, tra sovrani e vassalli, regola man mano le relazioni tra la gerarchia e il popolo di Dio, fatte di giurisdizione e di sottomissione. Il risultato è che la Chiesa viene spesso identificata con la sola gerarchia , ed escluso il popolo.
Nel cristianesimo orientale si è conservata invece una ecclesiologia di "comunione". Non è "piramidale" , verticale , ma orizzontale, costituita di cerchi, come si vedono al microscopio le cellule di un corpo vivente legate fra di loro con il flusso dei vasi sanguigni e dai nervi. Così come al centro della cellula troviamo il nucleo , così il vescovo sta al centro della vita ecclesiale: attorno a lui si forma la sinassi della preghiera pubblica, che culmina a nell'eucarestia. Fra due o più diocesi vicine si stabilisce un rapporto di comunione a livello dei vescovi, e così i fedeli di una diocesi sono in comunione con i fedeli della diocesi vicina tramite il loro vescovo. In una stessa regione o nazione , tra i vari vescovi , uno di loro assume un ruolo primaziale , divenendo il fratello maggiore: sono gli arcivescovi , metropoliti o patriarchi. Al più alto livello , c'è la comunione tra i patriarchi o gli altri capi delle Chiese autonome, comunione che si concretizza con i "dittici", cioè con la preghiera reciproca alla fine dell'anafora(canone eucaristico) e con le visite fraterne che si fanno vicendevolmente per mantenere tra di loro il bene dell'unità. In quella ecclesiologia di comunione ci sarebbe posto , dal punto di vista ortodosso , anche per il papa di Roma, se si accontentasse del suo ruolo primaziale, senza voler imporre la sua giurisdizione su i fedeli delle Chiese.
Nei monasteri benedettini la struttura monastica corrisponde tuttora a quella ecclesiologia di comunione, conservata dall'Ortodossia nel cristianesimo orientale. Ogni comunità , con l'abate o il priore che si è scelto, costituisce una piccola Chiesa. Due o più monasteri vicini, nella stessa regione o nazione , fanno una congregazione , e gli abati o priori eleggono tra di loro un abate presidente, al quale si può fare ricorso quando sorge una difficoltà all'interno del monastero. Poi le diverse congregazioni nazionali o regionali estendono la loro comunione , formando la confederazione benedettina, e gli abati o priori conventuali eleggono l'abate primate. Per esercitare il ruolo primaziale, potrebbe anche rimanere nel suo monastero , come abate di una vera comunità. Se risiede a Roma, sacrificando così il carisma per il quale è stato eletto abate dai propri monaci, è per difendere meglio , presso la Curia romana ,i diritti dell'Ordine monastico: è piuttosto un procuratore, che fa da legame tra i singoli monasteri e il papa, e non il braccio del pontefice sulla confederazione benedettina; non è un generale d'ordine nè un gran maestro.
Invece gli ordini religiosi sorti dal duecento in poi hanno adottato quella struttura piramidale della Chiesa d'Occidente: dal gran maestro o dal generale dipendono i superiori provinciali; da questi a loro volta i rettori locali; dai rettori , infine ,i religiosi; e tutto l'Ordine è al servizio del Papa. Di solito , eccetto per le clarisse, non costituiscono cellule ecclesiali sotto un bastone abbaziale, ma sono esenti dalla giurisdizione del vescovo locale, come l'esercito di una nazione dipende direttamente dal potere centrale e non dai governatori di provincia.
Finché quella struttura piramidale rimaneva a uso interno della Chiesa romana , gli Ortodossi non avrebbero trovato nulla da ridire, eccetto per il fastidio che davano loro i frati insediatesi in Terra Santa e sul territorio delle loro Chiese apostoliche. Ma le difficoltà maggiori sorsero quando la Chiesa romana , che dopo secoli di separazione dall'Occidente si era persuasa di essere da sola la Chiesa universale, cercò di imporre la sua ecclesiologia piramidale alle Chiese autocefali di Costantinopoli,, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme, che non avevano mai conosciuto, dal tempo degli Apostoli, altra ecclesiologia che quella di comunione.
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