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lunedì 4 novembre 2019

CANTI di: Giacomo Leopardi

4--11---2019

ALL'ITALIA

O  patria  mia,  vedo  le  mura  e  gli  archi
E  le  colonne  e i  simulacri e l'erme
Torri  degli  avi nostri,
Ma   la  gloria  non  vedo,
Non  vedo  il lauro  e  il ferro ond' eran  carchi
I nostri padri  antichi. Or fatta  inerme,
Nuda  la fronte e nudo  il petto mostri.
Oimè  quante ferite ,
Che lividor , che  sangue! oh qual ti  veggio,
Formosissima   donna!  Io  chiedo  al cielo
E  al  mondo  dite  dite;
Chi la  ridusse a  tale? E questo  è peggio,
Che  di  catene ha  carche  ambe le  braccia ;
Si che sparte  le chiome e senza  velo
Siede  in terra  negletta  e   sconsolata,
Nascondendo  la  faccia
Tra  le  ginocchia , e  piange.
Piani , che  ben  hai  donde , Italia mia,
Le genti  a vincer  nata
E nella  fausta  sorte e nella  ria.

Se  fosser  gli  occhi  tuoi due   fonti  vive,
Mai  non  potrebbe  il pianto
Adeguarsi  al tuo  danno ed allo  scorno;
Che  fosti  donna  ,or  sei  poverella  ancella.
Chi di te  parla   o scrive,
Che , rimembrando  il  tuo   passato vanto,
Non  dica : già  fu  grande, or non  è quella?
Perché,  perché?  dov'è  la  forza  antica,
Dove  l'armi  e il valore  e  la  costanza?
Chi  ti  discinse  il  brando?
Chi  ti  tradì? qual  arte  o qual  fatica
O  qual  tanta  possanza
Valse  a  spogliarti  il  manto e  l'auree  bende?
Come  cadesti o  quando
Da  tanta  altezza  in  così  basso  loco?
Nessun  pugna  per te?  non ti  difende
Nessun  de'  tuoi? L'armi , qua  l'armi : io solo
Combatterò , procomberò  sol io .
Dammi , o ciel,  che  sia  foco
Agl' italici  petti  il sangue  mio.

Dove  sono  i tuoi  figli? Odo suon  d'armi
E  di  carri  e  di voci e  di timballi:
In  estranie  contrade
Pugnano  i tuoi   figliuoli.
Attendi, Italia  , attendi . Io  veggio, o  parmi,
Un  fluttuar  di  fanti e di cavalli,
E  fumo e  polve , e  luccicar di spade
Come  tra  nebbia  lampi.
Né    ti  conforti?  e i  tremebondi  lumi
Piegar  non  soffri  al  dubitoso evento?
A   che  pugna  in  quei campi
L' Italia gioventude? O  numi, o numi:
Pugnan  per  altra  terra  itali  acciari.
Oh  misero   colui  che  in  guerra  è  spento,
Non per  li  patrii lidi  e  per  la pia
Consorte e i figli  cari,
Ma  da  nemici altrui
Per  altra  gente, e  non  può  dir  morendo:
Alma  terra  natia,
La  vita  che  mi  desti  ecco  ti rendo.

Oh  venturose  e  care e  benedette
L'antiche  età,  che  a  morte
Per  la  patria  correan  le  genti  a  squadre;
E  voi  sempre  onorate  e  gloriose,
O  tessaliche  strette,
Dove  la  Persia  e il fato assai  men  forte
Fu  di  poch'alme  franche  e  generose!
Io  credo  che  le  piante  e i sassi  e  l'onda
E  le  montagne  vostre  al  passeggere
Con  indistinta  voce
Narrin  siccome  tutta  quella  sponda
Coprir  le  invitte  schiere
De'  corpi  ch'alla  Grecia eran devoti.
Allor  , vile  e  feroce,
Serse  per  l' Ellesponto  si  fuggia,
Fatto  ludibrio  agli  ultimi  nepoti;
E  sul  colle  d 'Antela , ove  morendo
Si sottrasse  da  morte  il  santo  stuolo,
Simonide  salia,
Guardando  l'etra e  la  marina  e  il  suolo.

E  di  lacrime  sparso  ambe  le  guance,
E  il petto  ansante, e  vacillante  il piede,
Toglieasi  in man  la  lira:
Beatissimi  voi,
Ch'offriste il petto  alle  nemiche  lance
Per  amor di  costei  ch'al Sol  vi  diede;
Voi  che  la Grecia cole, e  il mondo  ammira.
Nell'armi  e  ne'  perigli
Qual  tanto  amor  le  giovinette  menti,
Qual  nell'acerbo  fato amor vi  trasse?
Come  sì lieta  , o figli,
L'ora  estrema  vi  parve  ,onde ridenti
Correste  al  passo  lacrimoso e duro?
Parea  ch'a   danza e  non  a  morte  andasse
Ciascun de'  vostri  ,o  a  splendido  convito:
Ma  v 'attendea  lo scuro
Tartaro  , e  l'onda  morta,
Né  le  spose vi  foro  o figli  accanto
Quando  su  l'aspro  lito
Senza  baci morire  e senza  pianto.

Ma  non  senza  de' Persi  orrida  pena
Ed  immortale  angoscia.
Come  lion  di  tori  entro  una  mandra
Or salta  a  quello  in tergo  e sì gli scava
Con  le  zanne  la  schiena,
Or  questo  fianco  addenta or  quella  coscia;
Tal  fra  le Perse  torme  infuriava
L'ira  de'  greci  petti  e  la  virtute.
Ve'  cavalli  supini e  cavalieri ;
Vedi  intralciare  ai vinti
La  fuga    i carri  e  le  tende  cadute,
E  correr  fra'  primieri
Pallido  e  scapigliato  esso  tiranno;
Ve' come infusi  e  tinti
Del  barbarico sangue  i greci  eroi ,
Cagione ai Persi  d'infinito affanno,
A   poco  a  poco  vinti  dalle piaghe,
L'un  sopra  l'altro  cade . Oh  viva , oh  viva:
Beatissimi  voi
Mentre  nel  mondo si  favelli o scriva.

Prima  divelte , in  mar  precipitando,
Spente  nell'imo  strideran  le stelle,
Che  la  memoria  e il  vostro
Amor  trascorra  o scemi.
La   vostra  tomba  è  un'ara; e  qua  mostrando
Verran  le  madri  ai  parvoli  le belle
Orme  del  vostro  sangue . Ecco io mi prostro,
O  benedetti  , al suolo,
E  bacio  questi  sassi e queste  zolle,
Che  fien  lodate  e  chiare eternamente
Dall'uno  all'altro polo.
Deh  foss'io  pur  con  voi  qui  sotto,  e  molle
Fosse  del  sangue  mio  quest'alma terra.
Che  se  il  fato è  diverso , e  non  consente
Ch'io  per  la  Grecia  i  moribondi lumi
Chiuda  prostrato  in guerra,
Così  la  vereconda
Fama   del  vostro  vate  appo  i  futuri
Possa , volendo  i numi,
Tanto  durar quanto  la  vostra  duri.

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