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domenica 25 agosto 2019

CORPO e ANIMA come FORMA e Contenuto di: Ugo Greci , oblato

25--8--2019
----La   nostra   moderna  medicina  scientifica  risale a Ippocrate(400  a.C.).  Ippocrate  proveniva  dai  famosi  Asclepiadi,  che  nel   corso  dei  secoli  crearono  in  Grecia  luoghi  di  cura (Asclepei),  nei  quali i sacerdoti  curavano i malati   con  rituali  e  canti  magici.  Ippocrate,  che  teneva  molto  alla  sua  origine , ruppe  tuttavia  con  questa  tradizione  , cioè  con  la  medicina   sacerdotale, e  cominciò  a   considerare le  malattie    indipendentemente  da  ogni  implicazione  religiosa,  come  fatti  a  se'   stanti, e  a  sviluppare  cure   corrispondenti  al   decorso  del male .  Egli  pose  così  le  basi  per  le  metodologie  oggi  attuate  dalla  medicina  scientifica.
Questa  medicina  dai  tempi di  Ippocrate non è cambiata  di molto,  non si  è  molto  sviluppata,  ha  compiuto  passi  avanti in  certi  campi  e  passi  indietro  in altri.  Prima  dell'intervento  di Ippocrate  curare  spettava  alla  classe  sacerdotale  e  quindi  alla  religione.
La  malattia  era  espressione  dell'ira  divina   e  veniva  guarita   dal  sacerdote   che  induceva  il malato  al   pentimento   e in  questo  modo  lo  riconciliava  con Dio:  non si   dimentichi  che  il termine  latino  pontifex( pontefice)  significa  "costruttore  del  ponte".
Il  distacco  di Ippocrate  da  questa  tradizione  rappresenta  anche  un distacco  dalla  "condizione  patologica"  e  un  avvicinamento  invece  alle  "malattie" in se' e per se'.  Il termine  "malattia"  presenta   contraddizione  già  come  termine ; il suo contrario  infatti  dovrebbe  essere  "saluti", cioè,    il plurale  di "salute", il che  ovviamente   non  esiste  in quanto  si  dovrebbe  parlare  di uno stato  di  salute e  uno  stato  di malattia.  Quelle  che  vengono  comunemente  definite  malattie   sono  in realtà  sintomi , particolari  condizioni  di  quella   malattia  che  costituisce  la  condizione  ordinaria  dell'uomo  non  ancora  redento.  Fortunatamente , nonostante  l'enorme  importanza  che  la  rivoluzione di Ippocrate ha  avuto  sulla  storia  dell'umanità, sempre  ci  sono  stati  personaggi  che mai  hanno  disgiunto  la  condizione  dell'uomo alla  propria  appartenenza  al  cosmo  e  origine  divina. E  neanche  c'è  bisogno  di andare  in oriente: è  il caso  appunto  della  monaca   benedettina  Ildegarda  di  Bingen;  vissuta in Germania  nel  12°  secolo.  Riportiamo  dalla  rivista"Erboristeria  domani"   uno  stralcio relativo  al  concetto  ildegardiano:"La  guarigione  è  un  cammino  da  compiere  lungo  tutta  la vita; non  un  momento  a  se'  nel  periodo  dell'esistenza  terrena.è uno  stile  di vita. L'uomo ha  il dovere  di  riportare  equilibrio  in  se  stesso ,  guarendo  , o meglio  autoguarendosi  dalle  malattie  fisiche, mentali e morali".  Infatti i  vizi  secondo Ildegarda possono  essere  cause  scatenanti  di  malattie  che  si  ripercuotano  nel  corpo , a  cui  si   contrappongono  le  virtù  corrispondenti  in grado  di  riportare  limpidezza  nel  pensiero  e  un  certo  rilassamento  necessario  al   superamento  della   manifestazione patologica.   Ma  tornando  alla  modalità  di  impostazione  di  un  qualsiasi  punto  di  vista  ,  pensiamo  che  in  definitiva  convenga contrapporre  al  "come"  il  concetto  ben più  illuminante  di  "perché". Secondo la  teoria  che  il mondo  materiale  non è  altro  che  lo   specchio  o riflesso  delle  realtà  superiori  e   metafisiche , teoria  magistralmente elaborata  e  sviscerata  anche  dal   grande  Origene, possiamo  efficacemente  usare   come  piano  di  osservazione il  corpo  fisico  come  riscontro  della  condizione  dell'uomo  vero ,  che  non  è  il  corpo fisico ....Nella  sua  omelia  al  Cantico  de  cantici, Origene  intravede  a  un  certo  passo una illuminante  analogia:" il letto in cui possa  riposare  lo sposo  con la  sposa  è  da  intendersi  come il  corpo   umano , se davvero  quel  paralitico del Vangelo , che  giaceva  nel letto (Mt 9,2) e ricevette  il comando per  bocca  del Salvatore, di  andarsene a casa sua  portandosi  il lettuccio, prima  di  essere guarito  giaceva sul  debole  corpo  delle  sue  membra,  che  poi  fu  reso  salvo  dalla  potenza  di Dio.  Certo il Figlio  di Dio non  era  disceso  dal cielo  alla  terra per  dare ordini  riguardo  ai  lettucci e  per  non  sopportare  che  se  ne  andasse  senza lettuccio  colui che sorgeva  dalla  sua  malattia , quando  diceva: "prendi il tuo  lettuccio e va' a  casa tua".  In  realtà  tutto  ciò  che  esiste nella   creazione  può  essere  considerato  come  forma  esprimente un  contenuto e  sotto questo   profilo  non  esistono  forme vuote.
Per  fare  un  esempio  di  cosa  si  intenda per  forma  e contenuto,  può  essere  chiarificante  considerare il  meccanismo   dell'espressione  artistica.  Le  cappelle  medicee  de Firenze offrono  all'osservatore,  tra  gli  altri  , un  interessante  particolare:  Crepuscolo, Aurora,  Giorno  e Notte sono  rappresentate dalla  scuola  di Michelangelo in altrettante  statue   di  marmo.  Ora, tra tutte  ,la  Notte spicca  sulle   altre  per  vivida  magnificenza, ed   è  l'unica  scolpita  interamente  di mano  del maestro.  Le altre  sono  opera  della  sua  scuola.  Il  marmo è lo stesso  ,   gli  attrezzi  usati  pure  le tecniche,  trattandosi  ovviamente della  stessa  scuola  non  differisco ; ma  allora cosa ha  reso diversa  l'una  dalle  altre?  In  quel  Marmo  si  riflette  l'anima di  Michelangelo, li  sta' la  differenza. A buona  ragione  possiamo   considerare   lo stesso principio applicato  al corpo ; tutto  ciò  che  riflette il corpo da  adito  a  essere  interpretato  come   linguaggio  dell'anima.  Con  la  caduta  adamica  siamo  precipitati  nel  mondo  delle  forme  materiali, ed  è  proprio  attraverso  di  esse  come  in  una  sorta  di  circolo  vizioso  che  potremo  ritrovare  la nostra  condizione  originaria di  figli di Dio.
A  Mosè ,  che  domandava   di  vedere  la  gloria   del Signore,  Dio  rispose :"Tu  non  potrai  vedere  il  mio  volto  e  restare  vivo"(Es  33,20).  I nostri  Santi   conoscevano la  ragione  teologica  delle  parole  di Dio , ma   erano anche  consapevoli  delle  esigenze dell'amore che  deve concretizzarsi in  qualche  cosa  di  sensibile , di  sperimentale  per  crescere  e  svilupparsi . Questa legge  psicologica dell'amore  umano  , si  riversa pure  nell'amore    verso Dio . Guidati da  questa  legge  , i  nostri  Santi  percorsero  l'unica via  possibile sicura  e  facile  : le  sue  opere. In  realtà  la  casualità  e  l'analogia  sono  vie   della  conoscenza  umana. L'intelletto  ,  infatti  arriva  alla  verità  mediante le  cause , gli  effetti e  le  analogie per  superare la  molteplicità  delle  singole esperienze.è  un percorso tra  luci  e  ombre dove alla  fine  tutto  dovrà  diventare  luce , e  la  fonte  di  questa  luce si chiama Cristo.


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