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martedì 29 novembre 2022

Torquato Tasso "Gerusalemme liberata"

 29--11--2022
Canto   3   

    Già   l'aura messaggiera  erasi  desta
a   nunziar  che  se  ne vien  l'aurora;
ella  intanto  s'adorna , e  l'aurea  testa
di rose  colte  in paradiso  infiora,
quando   il campo , ch'a  l'arme  omai s'appresta ,
in  voce  mormorava alta  e sonora ,
e  preveniva le trombe ;  e queste  poi 
dièr più  lieti  e  canori i segni suoi .
    Il saggio  capitan con  dolce  morso
i  desideri lor  guida  e seconda,
ché  più  facil  saria  svolger il  corso
presso  Cariddi  a la  volubil onda,
o  tardar  Borea allor  che  scote il dorso
de l 'Apennino, e  i  legni in mare affonda.
Gli  ordina  , gl'incamina, e 'n  suon  gli regge 
rapito  sì, ma  rapido con legge.
    Ali  ha  ciascuno  al core  ed ali  al piede ,
né  del suo  ratto  andar  però  s'accorge ;
ma  quando  il sol  gli  aridi  campi fiede 
con raggi  assai  ferventi e in  alto  sorge ,
ecco  apparir  Gierusalemme  si vede,
ecco  aditar  Gierusalemme si  scorge  ,
ecco  da mille  voci  unitamente 
Gierusalemme salutar  si sente.
    Così  di  naviganti audace  stuolo ,
che  mova a ricercar  estranio  lido,
e in mar  dubbioso e sotto  ignoto  polo
provi  l'onde  fallaci e 'l vento infido,
s'al  fin  discopre il  desiato suolo ,
il saluta da lunge in lieto grido ,
e l'uno  a l'altro  il mostra , e  intanto oblia
la noia  e 'l mal  de la  passata via.
    Al   gran  piacer  che  quella  prima  vista 
dolcemente  spirò ne  l'altrui petto, 
alta  contrizion successe , mista
di  timoroso  e  riverente  affetto.
Osano  a  pena  d'inalzar la vista
vèr  la  città, di Cristo albergo eletto,
dove  morì , dove  sepolto fue,
dove poi  rivestì le membra  sue .
    Sommessi  accenti  e  tacite  parole,
rotti  singulti e flebili  sospiri
de  la  gente ch'in  un  s'allegra e duole,
fan  che  per l'aria  un mormorio s'aggiri
qual  ne  le  folte  selve udir  si suole
s'avvien  che   tra  le frondi il vento  spiri,
o quale  infra  gli scogli o presso  a i lidi
sibila   il mar  percosso in rauchi stridi.
    Nudo   ciascuno  il piè calca  il sentiero,
ché l'essempio de'  duci  ogn'altro move,
serico  fregio o  d'or, piuma o cimiero
superbo  dal  suo  capo ognun  rimove;
ed  insieme  del cor l'abito  altero
depone  ,  e caldo e  pie  lagrime piove.
Pur  quasi  al pianto abbia  la via  rinchiusa ,
così parlando  ognun se stesso accusa:
    -Dunque  ove  tu, Signore , di mille  rivi
sanguinosi il terreno  lasciasti  asperso,
d'amato pianto  almen  duo  fonti vivi
in  si acerba  memoria oggi  in  non  verso?
Agghiacciato mio cor , ché  non  derivi
per  gli occhi  e stilli  in lagrime converso?
Duro  mio  cor, ché  non  ti  spetri  e frangi? 
Pianger  ben  merti   ognor  , s'ora  non piangi.-

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