12--10 --2020
=Lettera quarta
Questo è certo ; solo la prevalenza di un simile carattere in un popolo può rendere innocua una trasformazione di stato secondo principi morali, e solo un simile carattere può garantire la sua durata . Nell'organizzazione di uno stato morale si fa assegnamento sulla legge come sopra una forza attiva , e la libera volontà viene fatta entrare nel regno delle cause , dove tutto è concatenato con rigorosa necessità e costanza . Ma noi sappiamo che le determinazioni della volontà umana sono sempre contingenti e che solo nell'essere assoluto la necessità fisica coincide con quella morale. Se dunque si deve contare sul comportamento morale dell'uomo come sopra eventi naturali , questo deve essere in lui "natura", ed egli dev'essere condotto già dai suoi istinti ad un modo d'agire possibile solo in un carattere morale. Ma la volontà dell'uomo sta perfettamente libera fra dovere e inclinazione e nessuna costrizione fisica può e deve violare questo diritto sovrano della sua persona . Se egli dunque deve conservare questo potere di scelta ed essere nondimeno un saldo anello nella concatenazione causale delle forze , ciò può essere realizzato soltanto qualora gli effetti di quei due impulsi riescano perfettamente uguali nel regno dei fenomeni e, malgrado tutte le differenze della forma , la materia della volontà umana rimanga la stessa ; qualora dunque i suoi istinti si accordino abbastanza con la sua ragione per essere adatti ad una legislazione universale .
Si può dire che ogni individuo porta in sé , per disposizione e per destinazione , un puro ideale di uomo ; la grande missione della sua esistenza consiste nell'accordarsi , in tutte le sue mutazioni, con l'immutabile unità di questo. Questo uomo ideale , che si fa riconoscere più o meno chiaramente in ogni soggetto , è rappresentato dallo "Stato", il quale è la forma oggettiva e, per così dire , canonica in cui tende ad unirsi la verità dei soggetti . Ora si possono pensare due modi diversi in cui l'uomo reale si può accordare con l'uomo dell'idea, e quindi altrettanti modi in cui lo Stato può affermarsi negli individui ; o l'uomo ideale reprime l'empirico e lo Stato annienta gli individui , o l'individuo diventa Stato e l'uomo reale si nobilita facendosi ideale.
Veramente nell'unilaterale valutazione morale questa differenza cade, poiché la ragione è soddisfatta se la sua legge vale incondizionatamente ; ma nella completa valutazione antropologica,
( la valutazione antropologica comprende la dimensione morale nella totalità del comportamento umano.)(nota)
dove insieme alla forma conta anche il contenuto ed ha importanza anche il sentimento vivo, quella differenza sarà tanto più presa in considerazione . La ragione esige unità, la natura invece varietà , e l'uomo viene impegnato da ambedue le legislazioni. La legge della prima gli è impressa da una coscienza incorruttibile , quella della seconda da un sentimento indistruttibile. Perciò si avrà sempre una testimonianza di educazione ancora difettosa , se il carattere morale potrà affermarsi solo col sacrificio di quello naturale ; e sarà ancora molto imperfetta quella costituzione dello Stato , che sarà in grado di ottenere l'unità solo mediante la distruzione della varietà. Lo stato deve rispettare negli individui non solo il carattere oggettivo e generico , ma anche quello soggettivo e specifico; non deve, allargando il regno invisibile dei costumi , spopolare il regno del fenomeno..
(regno dei costumi intende qui il mondo della libertà trascendentale , mentre il regno del fenomeno riguarda le manifestazioni esterne dei singoli individui, nota)
Quando l'artigiano pone mano alla massa informe per darle la forma corrispondente ai suoi scopi, non ha alcuno scrupolo di farle violenza; poiché la natura ch'egli elabora non merita per se stessa alcun riguardo , e lui non interessa il tutto per amore delle parti , ma le parti per amore del tutto . Se lo scultore pone mano alla stessa massa, non ha neppur lui alcuno scrupolo di farle violenza, soltanto evita di mostrarla . Egli non rispetta per nulla più dell'artigiano la materia che elabora , ma cerca d'ingannare l'occhio , che vuol proteggere la libertà di questa materia , con un'apparente condiscendenza verso di essa. Ben altrimenti avviene all'educazione e al politico , che prendono l'uomo nello stesso tempo come materia e come scopo . L'una e l'altro si fondono qui in uno , e solo perché il tutto serve alle parti , queste devono adattarsi al tutto . Con ben altro riguardo di quello che usa lo scultore verso la sua materia , il politico deve avvicinarsi alla propria , e non solo soggettivamente e per un effetto illusorio dei sensi, ma oggettivamente e per l'intima essenza egli deve rispettare il carattere proprio e la personalità.
Ma appunto perché lo stato dev'essere un'organizzazione che si forma solo mediante se stessa e per se stessa , essa può diventare reale soltanto in quanto le parti , elevandosi, si siano accordate con l'idea del tutto . Siccome lo stato rappresenta la pura e oggettiva umanità nell'animo dei suoi cittadini , dovrà mantenere verso questi la stessa relazione nella quale essi stanno con se medesimi , e potrà rispettare la loro umanità soggettiva solo in quella misura in cui essa è nobilitata come oggettiva . Se l'uomo interiore è in armonia con se stesso , salverà la propria individualità anche nella più alta universalizzazione del suo comportamento , e lo stato sarà soltanto l'interprete del suo nobile istinto, la formula più chiara della sua legislazione interiore. Se invece nel carattere di un popolo l'uomo soggettivo si oppone a quello oggettivo in modo così contraddittorio , che solo l'oppressione del primo possa procurare la vittoria del secondo , allora lo stato dovrà assumere verso il cittadino il severo rigore della legge e calpestare senza riguardo una individualità così nemica , per non esserne vittima.
Ma l'uomo può essere opposto a se stesso in due modi diversi: o come "selvaggio" , se i suoi sentimenti dominano i suoi principi ; o come" barbaro", se i suoi principii distruggono i suoi sentimenti. Il selvaggio disprezza l'arte e riconosce la natura per sua sovrana assoluta; il barbaro schernisce e disonora la natura , ma , più spregevole del selvaggio, continua spesso ad essere schiavo del proprio schiavo. L'uomo colto si fa amica la natura , e ne rispetta la libertà , frenandone solo l'arbitrio.
Se dunque la ragione porta nella società fisica la sua unità morale , non deve ledere la varietà della natura . Se la natura tende ad affermare la propria varietà nell'edificio morale della società, ciò non deve danneggiare l'unità morale; la forma vincitrice rimane ugualmente lontana dall'uniformità e dalla confusione. La "totalità" del carattere deve dunque trovarsi nel popolo che sarà capace e degno di mutare lo stato del bisogno nello stato della "libertà".
= nota:
La "barbarie" si riferisce quindi alla situazione in cui si trova l'uomo che vorrebbe realizzare un ordine morale sopprimendo e sacrificando la sensualità , senza voler porsi il problema dell'armonia fra sensi e ragione ; in questo modo lo stesso ordine morale non è più tale , i principi applicati senza ragionamento e senza considerazione degli impulsi risultano falsi e violenti; abbandonare così anche le reali esigenze morali , l'uomo si rende schiavo sia di convenzioni sociali reprimenti , sia degli sbocchi più violenti e brutali della sua natura . Anche Marcuse, allude a come la sensualità repressa cerca di liberarsi nella società borghese capitalista attraverso l'esplosione di forme selvagge e distruttive ; in questo modo anche una certa pretesa "libertà sessuale", che non è tale, riesce a consolidare l'ordine esistente ; gli sfoghi riescono infatti come ottime compensazioni interne al sistema.
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