20-6-2019
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è l'ultima a nascondersi--
ed è la prima a sorgere-
a stento la sua notte ricompensa
il chiudersi degli occhi per il sonno-
-
Completano il purpureo suo lavoro ,
si ritira con tutta dignità
in sotterranei appartamenti--proprio
come faremmo noi.
Vivere come lei non ci è concesso--
sarebbe come cercar di produrre
con le nostre fabbriche imperfette
il giubilar dell'ape--
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Non conobbe languore, o cedimento--
ma solenne--sereno--
arse fino a dissolversi--
si dileguò dagli uomini-
Simil forze planetarie mai
pensai annullate-
piuttosto , avranno subito uno scambio
di territori--o mondi--
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Ogni dolore che incontro , misuro
con uno sguardo critico;
e mi chiedo se pesa quanto il mio,
o ha una forma più agevole.
Mi chiedo se lo avran portato a lungo,
o appena incominciato.
Non saprei dire la data del mio:
sembra una pena così antica.
E mi chiedo se loro duole vivere,
se devono tentare,
e se (fossero liberi di scegliere)
preferirebbero morire.
Noto che alcuni , dopo tanta pazienza
alla fine ritrovano un sorriso
a somiglianza di un lume
che alimentino poche gocce d'olio.
Mi chiedo se, quando un cumulo d'anni--
qualche migliaio--coprisse la causa
dell'antica ferita, tanto tempo
potrebbe loro dar qualche ristoro,
o se continuerebbero a soffrire,
nel passaggio dei secoli,
illuminati a una più grande pena
per il contrasto con l'amore.
Molti, si dice, son quelli che soffrono;
e il motivo ne è vario.
La morte è una e vien solo una volta,
e solo inchioda gli occhi.
V'è chi soffre indigenza, e v'è chi soffre il freddo--
v'è la disperazione;
e v'è l'esilio da volti nativi,
sotto un'aria nativa.
Ed anche quando non capisco bene
ogni specie, è per me
uno struggente conforto, passando
per il Calvario,
notare come son fatte le croci,
come gli altri le portano,
affascinata tanto da presumere
che qualcuna sia simile alla mia.
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