Cerca nel blog

sabato 30 novembre 2019

LA POESIA COME LIBERAZIONE E TERAPIA intervista a Norah Zapata-- Prill a cura di: Luciano Ardesi

30--11--2019
Norah  Zapata-Prill è  una  poetessa  boliviana. Nasce  a  Cochabamba nel   1946, e dopo  gli studi   classici va  in Argentina  per frequentare  medicina, ma  è  costretta a  lasciare il  paese;  si laurea  allora  in letteratura  e  si  perfeziona  a  Madrid.  Docente  di  Letteratura  e  Castigliano,  membro  dell'Accademia  boliviana di  Lingua.  Nel  1978  si trasferisce in  Svizzera  dove  ha  diretto  la  Clinica  geriatrica  di  Losanna.  Ha  ricevuto  numerosi  riconoscimenti per  le sue  opere  poetiche  sia  in Bolivia, dove nel  1973  e  1977  vince  il Gran  Premio  nazionale  Franz  Tamayo, il più  importante  premio letterario del paese  all'estero.
Ha  partecipato  alla  seconda  edizione  del  Festival della   cooperazione  internazionale( 8--14-- ottobre  2018)  promosso  da  AIFO e  che  si è  tenuto  in  diverse  località  della  Puglia. In  particolare ha animato  una  serata  al Teatro  Grassi  di  Cisternino  con  "Riflessioni  sul  ruolo  terapeutico  della    poesia", e  un  incontro  alla  Biblioteca  comunale di  Ostuni.
L'abbiamo intervistata in questa  occasione.
Come  hai  scoperto  la   poesia  e sei  diventata   poetessa?
Per  caso , sono  capitata  su  un  libro  di Tagore  che  ho  trovato  nella  biblioteca  di mio  padre.
Ho  capito  come  le  parole  possano  esprimere  cose  talmente  belle  e  significative e da  allora  ho  seguito  questa  strada  per  esprimermi, perché sono  solitaria  e  introversa.

Nella   tua  conferenza  hai  parlato  della  funzione  terapeutica  della  poesia.  In  che  modo  può  giocare  questo  ruolo?
La  poesia  è  liberatrice  e terapeutica. L'ho sperimentato  su  me  stessa.  Sono  guarita  da  una  pulsione  suicida  grazie  alla poesia.  La  poesia   guarisce . Ne  ho  avuto  la  conferma  anche  nella  clinica  dove  ho  lavorato.  La  poesia  mi  è  stata  molto  utile perché  i  dementi  escono  dalla  logica  e  la poesia  ugualmente  esce  dalla  logica.  Per  entrare  nel  delirio  di un  demente  è necessario  liberare  la  sua  parola, non  costringerlo  ad  essere  logico.  Inoltre  gli  do il mio  tempo in modo  che  si  possa  riconoscere  nel mio  gesto  generoso. In  quarant'anni  ho  sperimentato  che  tutti  chiedono  affetto  , non  tanto  o non  solo  le  parole, ma  la  capacità  di ascolto , un  contatto  fisico, il  prendere  per mano.

La  poesia  può  liberare , ma  non  sempre  il poeta  è  visto  di  buon  occhio  , non  è vero?
La poesia  va  in  direzione  dell'altro, verso la  coscienza  dell'uomo. E questo   può  mettere  il poeta  in   condizione di  scontrarsi  con  il  potere  politico  o economico, perché   la gente  pensa  e allora  si ribella. Il  potere  vede  nel  poeta  uno  strumento  di  propaganda, oppure  lo vede  come  nemico  perché  il potere  vuole  la  menzogna.  Ma  il poeta  per me  è  una  persona  libera e  non  strumento  del  denaro  e del  potere.

Vivi da molto tempo  in Svizzera.  Come  mai  hai  deciso  di  lasciare  il tuo paese?
Il mio  è stato  un esilio volontario ,  non  sono  partita  per  ragioni economiche  o politiche  . Il mio è  stato un esilio esistenziale. Vivevo  un periodo molto  difficile   nelle  mie  relazioni  sentimentali  e  familiari.  Ho  deciso  allora  di  ricostruire  la  mia  esistenza  altrove. La Svizzera  mi  ha  aiutato  a  ritrovarmi , a  dedicarmi  ad  un  altro  tipo  di lavoro  e  di impegno  con  chi è in sofferenza  come  lo sono  stata io.  Ma  non  ho  mai  smesso  di  scrivere,  la  poesia  mi aiuta  a  vivere , illumina la mia strada , la  mia  vita.

Sei  più  tornata   in Bolivia? Nelle  tue  poesie  continui  a    parlare  della  tua  terra.  Perché?
Si  tutte  le  volte   che  posso,  e  ritrovo  le  persone  cui  son  affezionata  come  se  non  le  avessi  mai  lasciate.  Anche  se ho  la  nazionalità  svizzera non   ho  smesso  di continuare a  sentirmi  boliviana. E  non potrei  fare  a meno  della  mia terra,  soprattutto  di  quella   che  ho  vissuto  da  bambina, prima  che  la  mia  famiglia  fosse  costretta  a  lasciare Cochabamba, dove  sono nata,  per  trasferirci  a  La  Paz.  Nello   stesso tempo  amo viaggiare ,  conoscere  , scoprire .  Penso  di  aver arricchito  la mia  poesia  viaggiando  e  conoscendo  persone  nuove.

Quali  sono i tuoi  rapporti  con l'Italia?
Sempre più  forti. Quando all'inizio degli  anni 70  studiavo a  Madrid  ho  avuto  una  borsa  di studio  dall'Università  per  gli  stranieri  di Perugia. Nella  mia  attività di  poetessa , ho  incontrato molti  amici  e  molte   amiche italiane che mi  hanno aiutato  a  conoscere  il  paese, a  tradurre  in  italiano  le  mie  poesie, a  farmi  conoscere  anche qui.  E mi sento  sempre  più  legata   alla  Puglia, mi  sono  innamorata  di  questa terra  e  ho voluto  comprare  una  casa  per  realizzare  un sogno.  Con  alcuni  amici  abbiamo  fondato  in aprile  , ad  Ostuni , una  Casa   della Poesia, un  luogo  di incontro , di  promozione e  produzione di arte, non  solo  della  poesia.  In  questi  giorni  in  contemporanea  con il  Festival  della  Cooperazione  di AIFO,  abbiamo  organizzato  un Festival internazionale  di Poesia ad Ostuni.  Ho  voluto  intitolare  questa  casa  "Al  Cactus", perché  il cactus   con  le sue  spine  sa  adattarsi  al clima. Lo  avevo trovato  così  bello  nelle  pietraie  di  Oruro  , in Bolivia, che  gli ho  dedicato  una mia  poesia.

Da  :  "Amici di  Follereau"  per i diritti  degli ultimi     AIFO

Cactus  di Oruro
Mi  siedo  accanto  ai  cactus
le  loro spine  mi toccano  senza  voler  ferirmi
e  sulla  mia  schiena  scivolano  le  loro  labbra--foglie  di  tuna
come  se  mi  dicessero
ti  ho  amato  come  non ho  amato  nessuno
orfanità   della puna
in atto  di offerta
cadono  i petali  della  ulula
e  il vento  canta  aromi
il tempo  si  eterna
il cielo  è mio
dunque
so  che  non c'è  amore  più  grande  che  continuare  ad  amare
nonostante  la  espina  e  le  sue  spine.
Norah  Zapata..Prill
 

venerdì 29 novembre 2019

VIOLENZA di: Pina Maria Rita Raciti

29--11--2019

La  violenza, è  un  sintomo, segno di un  disagio sociale, è  l' espressione  dell'angoscia  esistenziale, che  attanaglia, la  vita  di un uomo, segnato  dal  fallimento  della  propria  vita,dall'emarginazione  nella  società in cui vive,dalle  frustrazioni  della  sua  esistenza, e  della  sua  crescita.
In  una  società  come  la  nostra,  complessa,  con  un  profondo  cambiamento,  " il disagio  sociale", è  un  segno clinico molto importante.  Le  periferie,  diventano  sempre  più  emarginate  più  lontani, e la miseria, lo squallore,  che  non  sono solo  materiali,ma  soprattutto  psichici, etici,  generano la  violenza, le  xenofobie.
Abbiamo assistito,negli  anni  passati, alla  violenza  negli stadi  di calcio, fra  tifosi, là  dove  si  concentra , maggiormente, la  massa emarginata. La semplice   condanna  non  basta; dato  che  in questi  ultimi tempi, la  violenza  è sempre più aggressiva  e  si  estende   a  macchia  d'olio.
Ragazzi  violenti,  rifiuto  della  scuola, aggressione ai professori, odio razziale, che certo non avremmo mai pensato esistesse   nella  nostra  società.
Oltre a  condannare, è necessario  uno studio  del problema per trovare  la terapia  adatta.
Antisemitismo,   il sentimento  negativo, più  stupido  , che  l'uomo abbia  fatto  uscire dal suo cuore.
Mi  chiedo, quale  possa   essere il significato, di un'avversione  per un intero popolo. Riflettendo, penso che  l'antisemitismo,l'abbiamo  creato noi cristiani;il perché  spetta  agli storici  spiegarlo.  Dal  mio piccolo  punto di vista ,posso affermare , che  per  un credente  cristiano , l'antisemitismo è un paradosso, non è conciliabile  con la propria  fede. Mi  auguro, che  nella  catechesi, per il popolo di Dio, si possa  educare , al rispetto per i nostri fratelli ebrei. Inoltre ,la comunità ebraica italiana  è di fatto  costituita da cittadini italiani.
Violenza  sulle  donne,  in tutta  la storia  dell'umanità, la  donna  è  stata  ,oggetto  di violenza  da parte dell'uomo.
La   donna, è l'io  complementare  dell'uomo, così  come  l'uomo lo è per la donna.
In una  società  ,  come  la  nostra  , profondamente  segnata da  cambiamenti, la donna  esce  dal  suo  ruolo  storico, divenendo  cosciente  dei  propri  diritti, ed entra  in modo attivo nella società,  raggiungendo  livelli  direzionali, con alte  competenze,  diventando  di fatto  , antagonista  dell'uomo.
Nella  società  medio-orientale , la  donna  colta ,oggi, divenuta  cosciente  dei  propri  diritti, lotta  per un processo  di  democratizzazione della  società in cui vive.
Sia  nell'una  che nell'altra società,  l'uomo  vede  la  donna  come  l'antitesi; ma soprattutto  come  colei  , che  mina  alla  base, quel  mondo    di " diritti " e  quindi  di  quella  sicurezza, che  per millenni, ha  di fatto  dato  all'uomo un  potere assoluto.
Solo una  profonda  e reale  educazione , può  cambiare  la  realtà,  di oggi, dove dilagano: odio, discriminazione, violenza.

mercoledì 27 novembre 2019

ORTODOSSIA "I MISTERI O SACRAMENTI" di: p. Denis Guillaume

27---11--2019

Il  Battesimo  è  caratterizzato  dalla  triplice  immersione  fatta nel  nome  della   Trinità,  immersione che  ricorda  anche   la  risurrezione di Cristo  il  terzo  giorno;   battezzati, cioè tuffati nel regno sotterraneo  della  morte, risuscitiamo  con Cristo e  portiamo  il suo  nome  per  essere  adorati  dal  Padre  come  figli .  La  benedizione  delle  acque  si fa  ogni  volta  con  una  bellissima  preghiera di  epiclesi, dove  si  chiede  come  all'Epifania  , cioè  al Battesimo di Cristo, la  discesa  dello  Spirito  per  santificare  le  acque . In  caso  di  necessità si  può  ricorrere  all'aspersione  , ma  è  più  significativa   l'immersione.  è la  risposta  a  Nicodemo  che  chiede  come  si  può  rinascere,  come  si  può  entrare  nel seno  materno  per  nascere  una seconda volta.  Quando  si  vede  il  battezzato  uscire  dall'acqua  battesimale,  si  può  pensare  al  neonato  che  esce  dall'ambiente  liquido  del seno  materno.
Dopo l'immersione  , si  dà  il sacramento  della   Cresima, anche  ai  neonati  è  il compimento  indispensabile  del  Battesimo.  Il  sacerdote  unge  la  fronte  , gli  occhi  , le  nari, la  bocca, gli orecchi, il petto, le  mani, i piedi del  battezzato dicendo: " Sigillo  del dono dello Spirito  Santo".  E  dopo  la  Cresima, si  fa  una  triplice   processione  attorno  al  battistero;  il  sacerdote  , il  battezzato  e il  padrino, tenendo  un  cero  acceso, girano  tre  volte  in  senso  antiorario  cantando:  "Voi tutti  che  in Cristo  siete  stati  battezzati , di  Cristo  vi  siete  rivestiti".
Subito  dopo  il Battesimo  si  dà  il terzo  sacramento  dell'iniziazione cristiana, la  Comunione ,  anche  se  il  battezzato  è  un neonato; in  Cristo, infatti  , è diventato  un adulto, un  membro  pieno  della  Chiesa e  come  tale  ha  diritto  all'eucarestia.  Non  è  una  partecipazione   intellettuale: i  sacri  misteri  di  Cristo  si  ricevono "per  la  guarigione  dell' anima e  del corpo".  Finché  il bambino  non  mangia  pane, gli  si dà  solo  un po' divino  consacrato.  Sino  all'età  della  "ragione" i genitori  portano  il bambino  alla  comunione , mentre quando  il fanciullo è  in età  di confessarsi, ci  va  da solo.
La  confessione  si  fa  in piedi  davanti  a  un  altarino  o  un  pulpito  dove  c'è  il Vangelo o  un'icona  di Cristo .  Il  penitente e  il  sacerdote  sono  tutti  e  due  rivolti  verso  il Salvatore.  Terminata  la  confessione, il penitente  s'inchina  o  s'inginocchia .  Il  sacerdote  gli  mette  sulla  testa  la  parte  inferiore  della  sua  stola  e  impone  la  mano dicendo  l'assoluzione, che  non  è  indicativa  (Io  ti assolvo) ma  deprecativa:"Dio ti perdona ogni  colpa".  In  caso  di peccato  grave, il sacerdote  da  un'epitimia o penitenza.  La  confessione  sacramentale  è  distinta  dalla  direzione  spirituale, che  si  dà  in  un  altro  tempo e luogo.
Il  matrimonio è  preceduto  dal  Fidanzamento, rito  nel  quale si  scambiano  gli  anelli. Il  sacerdote  mette  al  dito  di  ognuno  l'anello  dell'altro  congiunto, poi il  paraninfo  o amico  degli sposi  scambia  gli  anelli, mettendo  a  ognuno  il proprio . Il rito  del  Matrimonio sta  su  un  livello  più  alto :  è  il sacramento  dell'Incoronazione.  Il  sacerdote  pone  una  corona  sulla  testa  dello  sposo  dicendo, per esempio: "Il  servo  di Dio Costantino  riceve  come  corona la serva  di Dio Elena"...., poi  sulla  testa  della  sposa  pone  l'altra corona  dicendo:" La  serva  di  Dio Elena riceve come  corona il servo  di  Dio  Costantino...". Dopo la  lettura  dell'epistola e del Vangelo  si  prosegue  con  la  preghiera  dei  fedeli e  il Padre  Nostro. Allora  il  sacerdote  presenta  agli  sposi  una  coppa  di vino dolce, alla  quale  bevono  l'uno  dopo  l'altro.  In  certe  chiese  questa coppa(di  cristallo)  viene  rotta  sul  pavimento, dopo  l'uso, per  significare l'indissolubilità   del matrimonio e  la  fedeltà  che si devono gli sposi: nessun  altro berrà  in  quella  coppa!  Dopo  questo  , gli  sposi e il  paraninfo, seguendo  il sacerdote, eseguono  nella  navata  un triplice giro della mensa  dove  è  stato posto  il Vangelo,  mentre il  coro canta  tre  inni. Poi  si  depongono  le  corone .  Una  volta , la  deposizione  delle   corone  avveniva  solo  l'ottavo  giorno, dopo  sette  di festeggiamenti, e  solo  allora  gli  sposi potevano  consumare  il matrimonio.  Le  corone , infatti ,non hanno  altro  significato se non  la  vittoria  sulle passioni che  gli  sposi  hanno  riportata  conservando  la  castità  fino  al matrimonio, fino  all'ultimo  giorno  del  festeggiamento nuziale.  I laici  hanno  diritto  a seconde  e terze  nozze, non  oltre , e  nel  caso  siano  vedovi  o  legittimamente  sciolti.
Accanto  al matrimonio, vogliamo  parlare  della  Professione  religiosa  fino  alla  riduzione a  sette  del  numero  dei sacramenti, essa  veniva  considerata  come "il sacramento  della  perfezione  monastica".  Non  entra  in monastero  chi vuole ; bisogna essere  normalmente  costituito e dotato  di virilità: il segno  più  sicuro  è  la crescita della  barba,  ciò  che  impone  al candidato  di essere uscito dall'adolescenza,  di  non  avere  istinti  contro natura , di  poter  rinunciare in tutta  verità  ai beni del  matrimonio e  della  famiglia. Nel monastero  tutti  lasciano  crescere  barba  e  capelli:  e il segno della rinuncia  totale al mondo. Inoltre  , la  barba  è  il simbolo  della  paternità  spirituale, e  i  migliori  monaci  sono  quelli  che avrebbero  potuto essere  ottimi  padri  di famiglia.
Nel  monachesimo  ortodosso  ci  sono  tre  gradi  , il  rasoforato, il piccolo  e il grande  abito angelico, che  non  si  possono  totalmente  paragonare  con il noviziato, la  professione  semplice e quella  solenne. Il  rasoforo(  portatore  del  raso, una  specie  di  soprana  con  larghe  maniche)  riceve  presso  un  anziano  la  formazione di  un novizio, ma  avuta  quella  , può  benissimo  rimanere rasoforo:  così  sono  , per  esempio , i  candidati  all'episcopato.  Il  "piccolo  abito" è il  grado  superiore  nella  ricerca  della  perfezione:il monaco  riceve  allora il mandyas o mantello  e poi  rimane  in  quello  stato  tutta  la  vita, se  vuole.  Invece, se ricerca  una  perfezione  più alta , riceve  il grande  abito  detto:"angelico" perché  sotto quella  veste  dovrà  comportarsi  come  un angelo sulla terra, come  un  incorporeo.
Gli  ordini  sacri  sono :  lettorato, suddiaconato, diaconato, presbiterato,  ed  episcopato. Prima  del  lettorato  si riceve la  tonsura  clericale. Poi si  viene  ordinato  lettore  o  cantore,  e  con  tale  grado  si  può  esercitare  anche  la  funzione  di  accolito, ricevendone la  tonaca. Il  suddiacono  aiuta  nelle  celebrazioni  pontificali; porta una  stola  incrociata  sul petto e sul  dorso.  Prima  del  diaconato, se  il   candidato  non  è  sposato  o monaco, deve  decidersi  per l'uno  o   l'altro stato, cioè prendere moglie  o  essere  iscritto  in una  comunità. Una  volta  sposato ,  non  riceve  subito  il diaconato : deve  fare le  prove  di un  matrimonio  felice, e  la  moglie deve dare  un buon  esempio, essere  pronta  ad  aiutare  il marito nel servizio   parrocchiale.  In  seguito  , il  diacono  può  essere  ordinato  sacerdote. Se  è  sposato  la  moglie  diventa  una "matushka",  cioè una  piccola  madre  per i parrocchiani.  Diventato vedovo  un sacerdote  non  può  risposarsi  perché  il sacerdozio costituisce un  grado  più elevato  del matrimonio e non si  può retrocedere. Essendo   vedovo, il sacerdote  può  invece farsi  monaco o  diventare vescovo, poiché  l'episcopato si  conferisce  solo ai monaci. 
I  sacerdoti, anche  se  non  sono  monaci , portano  la  barba  non  solo  come  segno di  paternità  spirituale, ma  anche  per  rassomigliare  di più  all'icona  di Cristo.  Il sacerdote  ortodosso è  un  ordine"virile" e  come  tale  impedisce  che  sia  dato  alle  donne; è  rimasto un " servizio" senza  diventare un "potere", giacché  l'eucarestia  viene  consacrata  dalla  discesa  dello  Spirito e  non  da  qualche flusso  magico uscito  dalle  mani  e dalla  voce dell'ufficiante.
L'olio  santo  si dà  in chiesa o a casa agli infermi, non  ai  morenti . Il   Rituale prevede sette unzioni fatte da  sette sacerdoti, con  altrettante  epistole , vangeli e preghiere. Il  Mercoledì Santo, nelle  chiese  greche  si  celebra  l'olio santo per tutti  i fedeli, come  preparazione  alla  comunione  pasquale.
Per  i sacramenti  ordinari  il sacerdote  usa  l'Eucologio o  Rituale ;  per  la  Professione  monastica  lo  Schimatologion;  per  le  ordinazioni  sacre  il vescovo  utilizza  l'Arkchieratikon o  Pontificale. Per  l'eucarestia  si usa  il  Liturgicon, l 'Apostolo e  l'Evangeliario.

martedì 26 novembre 2019

ANTONIO VIVALDI - L 'Inverno (Winter - full version )

LETTERATURA ITALIANA DEL NOVECENTO GIUSEPPE UNGARETTI

26--11---2019

Sono  una  creatura:

Come  questa  pietra
del  San  Michele
così  fredda
così  dura
così prosciugata
così  refrattaria
così totalmente
disanimata

Come  questa  pietra
è  il mio pianto
che non  si  vede

La  morte
si sconta
vivendo

S.  Martino  del  Carso

Di  queste case
non è rimasto
che qualche
brandello  di muro.

Di  tanti
che  mi  corrispondevano
non  è  rimasto
neppure  tanto.

Ma  nel cuore
nessuna  croce  manca.

è il mio cuore
il paese  più  straziato.

Girovago

In   nessuna
parte
di  terra
mi  posso
accasare

A  ogni
nuovo
clima
che  incontro
mi  trovo
languente
che
una  volta
già  gli ero stato
assuefatto

E me  ne  stacco  sempre
straniero

Nascendo
tornato  da  epoche troppo
vissute

Godere  un  solo
minuto  di vita
iniziale

Cerco  un  paese
innocente

lunedì 25 novembre 2019

DALLA DICHIARAZIONE D' INDIPENDENZA REDATTA DAI RAPPRESENTATI DELLE COLONIE INGLESI, RIUNITI IN CONGRESSO IL 4 LUGLIO 1776

25--11--2019

Noi reputiamo  per  sé evidenti  le  seguenti  verità:  che  tutti gli uomini  sono  creati  uguali;  che  il Creatore  li  ha  dotati  di  certi diritti  inalienabili;  che  fra  questi  sono  la  vita, la  libertà  e  la  ricerca  della  felicità;  che  sono istituiti  fra  gli uomini i Governi  per garantire  tali diritti;  e  che  il loro  giusto potere  deriva  dal  consenso  dei  governanti ;  e  che   quando  una  forma  di  Governo  cessa  di raggiungere  questo  fine, il popolo  ha  diritto  di  mutarla,  di abolirla  o  d'istituire  un nuovo  Governo  fondandolo su  quei  principi  e  organizzandone  i poteri  in  quella  forma che  gli sembra  più  adatta per  la  propria  sicurezza e felicità.  La  prudenza  , è  vero  , consiglio  che  non  si  mutino  per  cause   leggere  e transitorie  i Governi  da  lungo  tempo  stabili  , e  l'esperienza  ha  sempre  dimostrato  che  gli uomini sono  più  disposti a  sopportare  i mali  , finché  sono  sopportabili,  che  a  farsi  giustizia  da   sé  medesimi  con  l'abolire  le  forme  a  cui  erano  abituati , Ma  quando  una  lunga  serie  di  usurpazioni  e  di  abusi, invariabilmente  diretti  allo stesso  fine, mostra  chiaramente  il disegno di ridurre  un popolo  sotto  un  dispotismo assoluto, esso  ha il diritto  e il dovere  di  abbattere  un  simile  Governo e  di  provvedere  con  nuove  garanzie  alla propria   sicurezza  futura.

IL SISTEMA DEMOCRATICO NELLA COSTITUZIONE ITALIANA di : Alberto Romagnoli

25-11--2019
DALL'  ASSOLUTISMO   ALLO  STATO  COSTITUZIONALE  :

1)   Il  principio  d'autorità  e il principio  di libertà:

Nel  secolo  18°  si  rivela  più  chiaramente di  quanto fosse  mai  accaduto  il  conflitto  fra  le  due  concezioni    dello  Stato:  la  concezione  assolutistica, per  la quale  il  sovrano  si  dichiarava se  non padrone  , per  lo meno arbitro  dei  destini  dello Stato e  sua  guida  , e  la  concezione  democratica  che identificava  lo Stato  col  popolo. Il conflitto di  quel  secolo  non  è  poi  che  un  momento  della  lunga  lotta  che  costituisce il tessuto  di  tutta  la  storia  : da  un lato , il principio  d'autorità  , per  il quale  gli uomini, incapaci di  reggersi  da soli e  di vedere  i fini a cui  sono  chiamati, hanno  bisogno  d'un  capo  da  obbedire  senza  discutere , e  dall'altro  il principio  di libertà, nascente  dalla  fiducia   nell'uomo, nel suo  perfezionamento  attraverso  l'esercizio  delle  facoltà  di  giudicare  e di volere , a   cui   soltanto la  libertà  può  educare.  Le  due  concezioni  e  le  due  parti  si  sono  sempre  guardate  con  diffidenza , si  sono  odiate , spesso  si  sono  ferocemente  combattute, in  qualche  epoca  sono   venute  a compromessi  e a  reciproche  limitazioni; ma,  in  fondo  al   compromesso  , restava  immutato  il  mutuo   sospetto  ,  un'assunzione  di  difesa  , la  volontà  di  nuovamente  prevalere  alla prima  occasione. Felici  sono i momenti della  storia  nei  quali  l'autorità  del  principe  ha  coinciso  con  un  consenso  che  le  toglieva  ogni  carattere  odioso e oppressivo , e, ancor  di più  ,  quelli  in cui un  popolo ha  trovato  un  suo  assetto  armonioso  nell'obbedienza  a  una  autorità  da lui  stesso  voluta, e diventata strumento  di  difesa  della  libertà  stessa.
Il  problema  della  contemperanza fra  il principio  d'autorità  e quello  di libertà ,  che  fu  il   problema  d'ogni  tempo,  rimane  il   massimo e  il più  assillante  della  società  moderna.  Anche  oggi  vediamo  democrazie  guardate  con  sospetto  e  continuamente  costrette a  tenersi  sulla  difesa, e  sistemi  autoritari  posti  in  istato  d'accusa ,  che  si  considerano  in  perpetua  guerra   sia    verso  l'esterno e sia  verso  l'interno.  L'ottocento  dette  al mondo  insuperati  esempi  di governi  saggi e  temperati , dove  al  rispetto  per  l'individuo  e  le  sue  libertà   si accomunava  la  fiducia  e  l'amore  di questo   per  il potere  di cui  si  sentiva  creatore  e  partecipe.  Certi  governi , in  tale  momento  della storia  , sono  apparsi  addirittura  modelli  perfetti  , a  cui  tutti  i popoli  dovessero  tendere .  Le  immani guerre , le  rivoluzioni  della  prima  metà  del  novecento  hanno fatto  esperimentare  agli  uomini altri  governi  nei  quali  l'autorità  si  è  trasformata  o  in  tirannie  personali , senza  controllo  e  ispirate  a  idee confuse, quando  non  folli, o  in sistemi  che,  mirando  a  un  totale  capovolgimento delle  strutture  sociali , dovevano sopprimere  con  la  violenza o reprimere  alcune  di quelle  libertà  che  si  reputavano  conquista  inalienabile  dell'uomo, per  aprire  con  ciò  la  strada alla  costituzione  d'una  società  capace  di  risolvere  in sé tutti  i conflitti e  le   ingiustizie  che  hanno  più  o meno  sempre  afflitto l'umanità.
------------------------------------------------
Noi  , Italiani,  apparteniamo  a  una   nazione che,  dopo  l'esperienza  d'un  regime  liberale, autore  del  Risorgimento, ma  che però  non  aveva  saputo  ampliare la  sfera  delle  libertà;  --e  dopo  la  dura esperienza d'un  regime  che,  soppresse tutte  le  libertà, non  aveva  saputo  trarre  dall'esercizio  del  suo potere  illimitato  altro  che  guerra  e  rovine, ha  voluto  darsi  una  Costituzione  democratica.  La  nostra  Costituzione  assicura  in  primo  luogo  le  libertà  individuali, ma queste  non limita     alle  conquiste  della  borghesia  nei  due secoli  passati, bensì le espande  ai  rapporti  economici  per  una  più  equa   valutazione  dei   bisogni  di  tutte  le classi  , creando  uno  Stato  che  appartenga  veramente  a  tutti  i suoi  cittadini.
Ma  la  libertà è  un bene  che, una  volta  conquistato  , va  continuamente  difeso . E la  libertà  si  difende in  due  modi: vigilando  e  combattendo  contro  i suoi oppositori, e   dunque  vincendo  di continuo  la  nostra  pigrizia  e  la  nostra  ignavia  nei  riguardi  della  cosa  pubblica;  si  difende però anche  col  reprimere  i nostri  impulsi  a  farne un  uso eccessivo  e  disordinato.
Presupposto  di  questa  difesa  è  la  conoscenza delle  istituzioni  che  reggono  il proprio  paese.

2)Le  critiche  all'assolutismo  nel secolo  18° :

Le  idee che nel  secolo 18°  si  opponevano  al  principio  dell'assolutismo ,  mettevano all'origine  dello Stato un  patto  col  quale  gli uomini  si  sarebbero  ad  un certo  momento  legati. Tale  patto  presupponeva  una   una  condizione   in cui  gli  individui  erano  sciolti  da  ogni  vincolo politico (il così detto  "stato  di natura":  lo Stato  era  sorto  per  un bisogno  di difesa  verso  l'esterno e  di  pace  all'interno,e in conseguenza  di libertà e   ragionevole  volontà. Esso era  dunque  il mezzo  con  cui gli uomini  volevano  raggiungere lo scopo  della protezione  , e  allo  Stato non si  concedeva una  maggiore  ingerenza  nelle  libertà  dei  singoli,  la  quale  andasse  oltre  quello  scopo.
Da  questa  idea  fondamentale , che  pone  capo  al  Grozio,   all'Hobbes, al  Rousseau, derivava, quale  necessaria  conseguenza  , che lo Stato  non si considerasse  più  istituito  per  il bene del  principe, ma  per il bene  dei  sudditi.  Meta  a  cui   doveva  mirare  lo stato era il benessere  dei  cittadini, che  al  principe  chiedevano  solamente  la  protezione  necessaria   per  attendere  in pace  ai  loro  interessi.  Il venir  meno  di tale  protezione  voleva  dire  che  il potere  sovrano  aveva  mancato  al patto  , posto  che  di  patto si  trattava:  i cittadini  riprendevano  la  loro  originaria  libertà, proprio  come  avviene  in ogni  contratto  , in cui  l'inadempimento  di una delle  parti  libera  l'altra. Questa  dottrina  penetrò  così  profondamente   nell'opinione generale  che  finì  per far  dichiarare  a  Federico  di Prussia  (1712--86)---ma, dopo  di lui  , a  tanti  altri---di  sentirsi "il  primo  servitore  dello stato".
Da  quel  tempo  tale  dottrina  ha  più  o meno  influenzato i rapporti  fra  il potere  sovrano  e i cittadini, ha  ispirato la  costituzione  americana  del  1787, la  francese  del  1793
e  le altre   passate  dell'ottocento, e  non è  più  stata  rinnegata  dai  monarchi  e nemmeno  dai  dittatori  ,i quali si  sono  sempre  appellati  al bene  supremo  del paese.

venerdì 22 novembre 2019

LA PREGHIERA DEI SALMI di: Thomas Merton

22--11-  2019
Nessuno  può  dubitare  del fatto  che   la  chiesa considera i salmi ideale  per  i suoi  sacerdoti e religiosi.  I  salmi  costituiscono  la  parte  più  rilevante  dell'ufficio  divino. Ma  lo scopo  precipuo di  questo breve saggio è  di  ricordare  al lettore   che  il salterio  è  una  forma  perfetta  di preghiera  anche  per il laico.
Sarebbe  sbagliato  pensare  che  la vita  di preghiera  della  chiesa  sia  divisa  in due  metà  distinte , separate  da una  distanza raramente colmata, quasi  che  il  salterio  e il  messale  fossero  riservati  ai chierici e  il rosario  e  altre  devozioni  extraliturgiche  fossero  per i laici.  Il fatto  stesso  che  il rosario  in origine  fosse  definito  "salterio  del laico" ci  ricorda  che  prima  del Medioevo  i laici  partecipavano  alla  recita  del  divino  ufficio  con i  chierici, e cantavano  i salmi  con  loro.  Altre  devozioni  sorsero  soltanto  quando il laico  non fu più  in grado  di capire  i  salmi.
è chiaro  indubbiamente  che  il rosario è  la  forma  più facile e accessibile  di preghiera  familiare. Sua  santità  papa  Pio 12° ha detto a tutta  la  chiesa che  il rosario  è  uno  dei  rimedi  più efficaci  per i mali  del nostro  tempo , e nella  sua  enciclica  Ingruentium  malorum(15   settembre  1951)  ha  espresso  il desiderio  di  una  diffusione  sempre  maggiore  della recita  familiare  del rosario.
Tuttavia  non  c'è   ragione  per cui nelle  famiglie  di quanti  hanno  una  più  profonda sensibilità  liturgica  e più  ampi  interessi , anche i salmi non debbano  essere  parte della  loro preghiera familiare.--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Lo stesso padre ,nella  Mediator  Dei  , ha  mostrato  come  i salmi e il divino  ufficio diano  la possibilità  a tutti  i cristiani  di  raggiungere  quell'intima  unione  con Dio  che  costituisce  "l'ideale della vita  cristiana". La vita  di preghiera  della  chiesa  continua  sulla  terra  la  vita  di preghiera  della  Parola  incarnata. "  Il  Verbo  di Dio , assumendo  l'umana  natura  ,  ha  introdotto  nell'esilio  terreno  l'inno  che  si  canta  in cielo  per tutta  l'eternità.  Egli  unisce  a sé  tutta  la  comunità  umana  e  se  la  associa  nel  canto  di questo  inno  di lode"
Cantando i salmi , o recitandoli  in privato, "Cristo  , per mezzo  del suo  Spirito , prega  in noi il Padre ".  Ma il frutto  soggettivo di  questa  preghiera  divina  e  universale , la  preghiera di Cristo  nella  sua  chiesa  , dipende  dalla   fedeltà  con la  quale  facciamo nostri i  sentimenti  dei  salmi.  "[Quando  nella  preghiera]la  voce  dell'orante  ripete  i  carmi  scritti  per ispirazione  dello Spirito  Santo[.....] è  anche  necessario  che  a questa  voce  si  accompagni  il movimento  interiore del nostro  spirito, per   fare nostri quei  medesimi  sentimenti  con i  quali  ci  eleviamo  al cielo"
Pregando i salmi , facciamo sì che essi  "abbracciano  tutto  l'arco del  giorno  e  gli  danno  un  contatto  e un  ornamento di  santità". Unendoci  a Cristo  nella sua  chiesa  orante  , consacriamo  noi  stessi  e  tutte  le nostre azioni a Dio in e per lui . Per  questo , non è  necessario  partecipare  alla  preghiera  pubblica  e  ufficiale  della  chiesa . Utilizzati  come  preghiera privata  , i salmi  ci  uniscono  alla  chiesa  orante, sebbene  in maniera  meno  formale  e ufficiale.  Insieme  con  il Padre  nostro , che  Gesù  stesso  ci diede , i salmi  sono nel  senso più  completo  "la  preghiera  di Cristo". Essi  non contengono  soltanto  le  antiche  promesse  che  Cristo  stesso  venne  a  compiere  ,ma
 irradiano ovunque la  gloria di Gesù  , il  suo  potere  supremo ed  eterno  come  re  e  sacerdote. Soprattutto  , ce  lo  mostrano  trionfante  sulla  morte  .---------------------------------------------Quando  recitiamo i salmi, i suoi  misteri  sono attualizzati  per  la grazia  nei nostri cuori e noi partecipiamo  ad essi  con  tutta la chiesa. Perciò  anche  nella  nostra  preghiera  privata  Cristo  e la chiesa  pregano  in noi quando  preghiamo con  lo Spirito  Santo. Mai  possiamo  essere così  certi  che  preghiamo  con  lo Spirito Santo  come  quando  preghiamo i salmi. Si noti  altresì  che  Cristo  prega  in noi quando  noi  meditiamo i salmi, e  lo fa  forse persino  più  perfettamente  di quando  li  recitiamo  ad alta  voce. Infatti,quanto più  riusciamo a penetrare  il significato  dei salmi, tanto più  la  grazia  afferra  le nostre  menti e volontà e le unisce  all'anima  del  divino Salvatore.

giovedì 21 novembre 2019

LETTERATURA ITALIANA DEL NOVECENTO: GIUSEPPE UNGARETTI

21--11--2019

NOIA

Anche questa  notte  passerà
Questa  solitudine  in  giro
titubante  ombra  dei  tranviari
sull'umido  asfalto.

Guardo  le teste  dei  brumisti
nel mezzo  sonno
tentennare

SILENZIO

Conosco  una   città
che  ogni  giorno  s'empie  di sole
e  tutto  è  rapito  in  quel  momento
Me  ne  sono  andato  una  sera

Nel  cuore  durava  il  limio
delle cicale

Dal  bastimento
verniciato  di bianco
ho visto
la  mia  città  sparire
lasciando
un poco
un  abbraccio  di lumi  nell'aria  torbida
sospesi.

C' ERA  UNA VOLTA

Bosco  Cappuccio
ha  un declivio
di  velluto  verde
come  una  dolce
poltrona

Appisolarmi là
solo
in  un caffè  remoto
con  una  luce  fievole
come  questa
di questa  luna.

mercoledì 20 novembre 2019

ORTODOSSIA "IL CIELO SULLA TERRA" di: p. Denis Guillaume

20-11-2019
In tre  articoli  precedenti, abbiamo visto  che  l'Ortodossia  si definisce come  vera  fede  proclamata  dai  concili; che  la  sua  struttura  ecclesiologica  è  la  comunione  con il  vescovo estesa  tramite  lui  alle altre  Chiese; che  il cristianesimo  orientale  si  vuole  fedele  alla  tradizione  conciliare e  a  questo proposito abbiamo  illustrato  i dogmi  essenziali della  Trinità  e  della  maternità  divina  di Maria  con  la  lettura  delle icone  corrispondenti.
Questa  volta  vorremmo  descrivere  una  chiesa   bizantina  facendo  risalire  la  simbologia  di " cielo  sulla  terra".  Come  si sa , tale  fu  la  costatazione  dei  messaggeri  di Vladimir, granduca  di Kiev,  dopo  aver  assistito  a  una  liturgia  nella  chiesa  di Santa  Sofia a  Costantinopoli: "Abbiamo  visto  il cielo  sulla terra". Dicendo  questo , alludevano  sia  alla  bellezza  del  rito  che  al'architettura  del tempio.
Il cielo  è  simboleggiato  dalla  cupola : considerando  che  la terra  sia  piatta  , il firmamento  viene  visto  come  volta,  cosparsa  di  stelle  o  luminari . Il cerchio  formato  dalla  base della cupola  evoca  l'infinito  di Dio , perché  un  cerchio  non  ha  inizio  né  fine.  La  terra  invece  è  il quadrato  formato  al  suolo  dai  quattro  muri  della  navata. Il  numero  quattro  è  già  il simbolo  del  creato  , a  causa  dei  quattro  elementi.
Nel  "cielo"  della  cupola  vediamo  al centro l'immagine del  Pantocratore: è il Verbo  che dà  inizio  alla  creazione e colui    che  ci   deve  guidare  alla  fine  dei tempi, l'Alfa  e  l'Omega. Essendo  al  vertice dell'edificio , da  lui  tutto  scende  e  verso  di lui  tutto  risale.  Attorno  al Pantocratore, un  primo  cerchio  rappresenta  la  Liturgia  celeste,  della  quale  la nostra  Liturgia  sulla terra  vuole essere  l'immagine, Cristo  ne  è il sommo  sacerdote, il vescovo ; manda  in  processione  gli Angeli  che  fanno  la  parte  dei  sacerdoti e  dei  diaconi, portando  il  pane  sulla patena e il vino  nel calice,  il  velo  e il  corporale, i  flabelli, gli  incensi , e  la  processione  ritorna  verso il  pontefice: è  il momento  dell'offertorio, nel  quale  il Cristo  è  l'offerente e  l'offerto. Attorno  alla  Liturgia   celeste , altri cerchi  mostrano  i patriarchi  dell'Antico  Testamento  e i  profeti  che  hanno  contribuito alla  rivelazione  del mistero   divino, alla  discesa del  cielo  sulla  terra.
Per  passare  dal  cerchio  della  cupola  al quadrato  della  navata  , ci sono  quattro  triangoli sui quali vengono  dipinti gli evangelisti. Sui  muri  della navata , nella parte   superiore,  gli  affreschi mostrano la vita  di Cristo  sulla terra, dalla  Nascita  al Sepolcro:  di  solito  queste  due  scene  , iniziale  e finale, si  trovano  raffigurate  sulla   parete  che  si  incontra  quando  si  entra  nella  chiesa, a  sinistra e a destra  dell'arco che  collega  la navata  con  il santuario , sul  muro  orientale  della  navata  , perché   c'è  una  rassomiglianza  tra  il  Bambino  avvolto  nelle fasce  e deposto  nella  mangiatoia e il  Cristo   avvolto  con le  bende  nel sarcofago; è la  stessa  "kenosis", annientamento  dell'Altissimo  nell'umanità  del Creatore  nella morte.  Gli altri misteri eccelsi  della  vita  di Cristo, quali  Presentazione , Battesimo, Trasfigurazione,  Crocifissione , Discesa  agli  Inferi, Risurrezione, occupano  i  posti più  elevati  sulla  parete  e  nelle  absidi  meridionali  e settentrionali. Le  feste  della   madre  di Dio, quali : Natività, Presentazione, e Dormizione  occupano la parete occidentale.L ' Annunciazione  domina  l'arco  del  santuario  poiché  ci  ha  aperto il cielo  sulla terra.
Sotto i misteri  di Cristo  vengono i suoi miracoli e,  se  c'è  ancora posto , le parabole. Scendendo  ancora , diciamo  al "mezzanino", troviamo  i  Santi, e    finalmente ,al "pianterreno ", lungo le  pareti, trovano  posto  i fedeli, aspiranti  alla  santità:  un  piccolo  sforzo  e ci  siamo  ,mentre il Verbo ha  dovuto  fare  quasi  tutto  il cammino per  raggiungerci  e  ricondurci  verso  l'alto!
Come  abbiamo capito  dall'impostazione  dei  quattro  lati  della  navata  , la chiesa è  orientata , con  la porta d'ingresso a  ovest, e l'abside  del  santuario a est.. Orizzontalmente l'edificio si  divide  così:  esonartece  o vestibolo  esterno  , nartece, navata  e  santuario. L'esonartece  è  aperto  nei paesi meridionali, chiuso  nelle  regioni  più  fredde; sui  muri si  vedono scene  apocalittiche  come  la lotta dell'Arcangelo  Michele  contro  le potenze delle tenebre, poiché  l' esonartece  si  trova  a occidente , laddove  il sole  scompare  nel buio.  Il nartece  o vestibolo  interno può  essere  utilizzato  per ufficiature minori , come le ore  piccole  o  la Litia; è anche  il posto  dei  catecumeni, dei penitenti  i suoi affreschi  mostrano  le scene  dell'Antico  Testamento.  La  navata  serve serve quindi per  i fedeli battezzati e  non scomunicati: vi si  svolgono  le  ufficiature  maggiori, come il vespro e il  mattutino, le  processioni  d'ingresso e  d'offertorio  della  divina liturgia.
Il Santuario è  più elevato rispetto  alla  navata c'è qualche gradino da salire: è la  scala di Giacobbe, che collega  cielo e terra, poiché  il santuario  simboleggia  anch'esso il cielo, il paradiso. Come  cielo,  è  ornato  dagli affreschi  dell'Ascensione  e della  Pentecoste ;  e nella  conca  dell'abside, si  vede l 'Orante  del  Segno  , la Madre  di Dio "più  vasta  del  cielo". Come  paradiso, è chiuso , ma  le immagini  che  si vedono  sulla  parete dell'iconostasi  sono le  finestre attraverso  le quali intravvediamo il cielo. A  destra  il Salvatore, il Maestro , che  presenta  il Vangelo  e  benedice , a  sinistra  la madre di Dio. In  mezzo  , la   porta  santa  o porta  del Re: per essa  può  passare solo Cristo  e  tutto  ciò  che  lo rende presente:  santi  doni  dell'offertorio  e  della  comunione, evangeliario  e  vangelo  proclamato,  incenso  come  buon odore  di Cristo, immagini sacre  , vescovo  e sacerdoti,il diacono  quando  porta  i doni,il vangelo, l'incensiere, il cero  acceso. Sui  lati  dell'iconostasi, ci  sono due  altre  porte  per  i  passaggi  comuni. Dietro  la  porta  santa, pende  un velo  che cela  il Santo  dei Santi. L'altare  è quadrato  e vi si  depone  l'evangeliario: è  il trono  del  Verbo. Sopra  l'altare   è  sospesa  una  colomba  di metallo  dove  c'è  la riserva  dell'eucarestia: è il trono dello  Spirito  santo ,  che  con  la sua discesa  ha  consacrato  pane  e vino. Dietro l'altare c'è  il  candeliere  a  sette  rami , come  nell'antico tempio.  E  in fondo all'abside c'è  il trono  elevato  sul  quale  può  sedere  solo  il  vescovo  e  che  in  sua assenza  rimane  vuoto, simboleggiando il Padre  invisibile. Così  tutta la  Trinità è presente  nel  santuario.
A  destra  del  santuario  c'è  l'abside  del  servizio, il diaconicon  o  sagrestia;  a sinistra  l'abside  della  protesi, dove  su  un  altare più piccolo si  preparano  i santi  doni: da  un pane  tondo il sacerdote  estrae  il  cubo  chiamato  Agnello ; lo fa  con  un coltello a  forma di lancia, poi trafigge  il lato  dell 'Agnello  e subito  effonde  nel calice  il vino  e l'acqua, Si  fa  questo  in ricordo della Passione  e  dell'immolazione di Cristo. All'offertorio  i sacri doni verranno  portati sull'altare stesso  e  la  processione ricorda la  traslazione   dalla Croce al Sepolcro. Poi  si  chiude  la   porta  santa  e  si  tira  il velo , come fu rotolata  la pietra  sul  sepolcro. Al  culmine  dell'anafora  il  sacerdote  chiede  al Padre  di mandare  il suo  Spirito  vivificante  sulla  vittima immolata , sul  pane  e sul  vino  ancora  separati, simboli  del  corpo  e del sangue  e divisi  dalla  morte; ed  è la  preghiera   dell'Epiclesi: come  il Padre  aveva  soffiato  il suo  Spirito  di vita  sul  corpo inerte  di Adamo, plasmato dalla  terra  , adesso  manda  lo Spirito  sull'ostia  per farne  il  corpo  risorto  di Cristo  che  riceviamo nella  comunione. Perché , attraverso  l'immolazione  e la morte dell' Agnello, ci rendiamo  partecipi  della  sua  Risurrezione. Perciò  pane  e vino verranno  dati  insieme  ai fedeli , come  un corpo dove  circola  di nuovo il sangue  . Se  l'ostia  bizantina è un pane  lievitato, e non  azimo, perché  più  vicino come  simbolo  a un corpo vivo, il vino viene portato  alla  temperatura  della  vita umana mediante l'effusione  d'acqua   bollente  nel calice. Allora  si riapre il velo rimasto chiuso durante  il mistero , perché  l'azione divina che santifica i doni non si poteva vedere  con occhi terreni, e  presto  si  apre  anche  la porta  santa per  la comunione  dei fedeli che  ricevono, sotto  le due  specie , il corpo  e il sangue  del Signore, pane angelico  e  nuova  ambrosia , reale   presenza del  cielo  sulla terra.

martedì 19 novembre 2019

CANTI GIACOMO LEOPARDI

19--11--2019

Alla  sua  donna

     Cara  beltà  che  amore
Lunge  m'inspiri o  nascondendo il viso,
Fuor   se nel  sonno  il core
Ombra  diva mi  scuoti,
O  ne'  campi  ove  splenda
Più  vago  il giorno  e  di natura  il riso,
Forse  tu  l'innocente
Secol  beasti  che  dall'oro  ha nome,
Or  leve  intra  la  gente
Anima   voli? o te  sorte  avara
Ch'a  noi  t'asconde, agli  avvenir  prepara?

  Viva mirarti  omai
Nulla  spene  m'avanza;
S' allor  non fosse, allor che  ignudo  e  solo
Per novo a  peregrina  stanza
Verrà  lo  spirto  mio.  Già  sul  novello
Aprir  di mia  giornata  incerta  e  bruna,
Te  viatrice  in  questo  arido  suolo
Io mi  pensai. Ma non  è  cosa  in terra
Che  ti  somigli;  e  s'anco pari  alcuna
Ti  fosse  al volto, agli  atti, alla favella,
Saria, così conforme, assai men  bella.

     Fra  cotanto  dolore
Quanto  all'umana  età  propose  il  fato,
Se  vera   e  quale il mio pensier  ti  pinge,
Alcun  t'amasse  in terra  , a  lui pur  forza
Questo  viver   beato;
E  ben  chiaro  vegg'io  siccome  ancora
Seguir  loda  e  virtù qual  ne'  prim'anni
L'amor  tuo  mi farebbe.  Or non  aggiunse
Il ciel  nullo conforto  ai  nostri  affanni;
E  teco  la mortal  vita saria
Simile  a  quella  che nel cielo india.

   Per  le  valli, ove suona
Del  faticoso  agricoltore  il canto,
Ed  io  seggo  e  mi  lagno
Del  giovanile  error  che  m'abbandona;
E  per  li  poggi,  ov'io  rimembro  e  piagno
I perduti   desiri, e  la perduta
Speme  de'  giorni  miei; di te  pensando,
A  palpitar  mi sveglio. E potess'io,
Nel  secol tetro  e  in  questo  aer  nefando,
L'alta  specie  serbar ; che  dell'imago,
Poi  che  del  ver  m'è  tolto , assai  m'appago.

      Se dell'eterne  idee
L'una  sei tu,  cui di  sensibil  forma
Sdegni  l'eterno  senno  esser vestita,
E  fra  caduche  spoglie
Provar  gli  affanni  di  funerea  vita;
O s'altra  terra  ne'  superni  giri
Fra'  mondi innumerabili t'accoglie,
E  più  vaga  del  Sol  prossima  stella
T ' irraggia , e  più  benigno etere  spiri;
Di  qua dove son gli  anni  infausti e brevi,
Questo  d'ignoto  amante  inno  ricevi.

lunedì 18 novembre 2019

FAVOLE LA FONTAINE

18--11--2019
L' uomo  stagionato  e  le  due  amanti

Un  uomo, già    stagionato  e  brizzolato,
credette  giunto  il  momento  propizio
di  prender  moglie  e   mettere  giudizio.
    Erano  molte  quelle
   giovani  ancora  e belle
   che  gli  facean  la  corte.
Ma  quell'uomo  ch'era  ricco  e  ancora  forte,
prima  volea  veder  , toccar  con  mano.
In  queste  cose chi va  pian  va  sano.

Due  vedovelle  alfin  preser  possesso
del suo  cuore, di cui
l'una  forse  un po'  giovane  per lui,
e l'altra  più  verso l'età  canonica,
che  si  teneva  in  prezzo  ed  in figura
correggendo  coll'arte la  natura.

Le  vedove  venivano assai  spesso
in casa  , e  or  quella  ,or  questa ,
per  vezzo carezzandogli  la  testa,
la  vecchia  gli  strappava  ogni  momento
qualche capello  nero,
e l'altra gli  strappava  quei  d'argento,
per  fare  il galante
fosse a  ciascuna d'esse  somigliante.

E  strappa  e strappa , il nostro innamorato
si  avvide  , ahi  troppo  tardi!
di restar fra due  tutto pelato.
--Questo  ,-- egli  disse,--è  un  saggio  avvertimento
di cui  proprio  vi  son  molto  obbligato.
Addio, belle .  Di  moglie  or  faccio  senza.
Non  mi sento d'aver tanta  pazienza
di far a modo  suo;  che  s'ella  è trista,
non c'è  testa pelata  che resista.-

La  volpe  e la  cicogna

Monna  Volpe  un  bel  dì  fece  lo  spicco
e  invitò  la  Cicogna  a  desinare.
Il pranzo  fu  modesto  e poco  ricco,
anzi quasi  non c'era  da mangiare.
Tutto  il servizio  in ultimo  costrutto
si  ridusse   a  una  broda trasparente
servita  in un  piattellino. Or  capirete
se,  in grazia  di quel  becco  che  sapete,
la Cicogna  poté  mangiar niente.
Ma  la  Volpe in   un  amen  spazzò  tutto.

Per  trar  vendetta  dell' inganno,anch'essa
la Cicogna  invitò  la  furba   amica,
che  non  stette  con  lei sui  complimenti.
La Volpe , a cui  non  manca  l'appetito,
andò  pronta  all'invito.
Vide e lodò  il pranzetto  preparato,
tagliato  a pezzi  in  una  salsa  spessa,
che  mandava  un odore  delicato.
Ma  il pranzo  fu  servito  per  dispetto
in fondo  a  un vaso a collo  lungo  e stretto.
Ben  vi  attingeva  col becco   la   Cicogna
per  entro la  fessura,
ma  non  così  Madonna  Gabbamondo,
per via  del  muso  tondo  e  non ridotto
dell'anfora  alla  piccola  misura.

A  pancia  vuota  e  piena  di vergogna,
se  ne  partì  quell'animale  ghiotto
mogio  mogio , la  coda  fra  le  gambe,
come una  vecchia  volpe malandrina
che  si  senta rapir  da  una   gallina.

sabato 16 novembre 2019

Egli è dentro di noi da: "IL MAESTRO" XV,46 di: S. Agostino

16--11--2019
Cristo è  un  amico  fedele  e discreto: noi  possiamo dimenticarlo, distrarci e non riconoscerlo più,  correre  anche il  rischio  di  "uscire  da  noi" ma Egli  ha  posto  la  sua   tenda  stabilmente in noi.  Quando  ce ne  andiamo lontano, Egli  è  vicino, quando  ci protendiamo in una  ricerca vana  di  parvenza  di verità, " non abbiamo bisogno che  alcuno ci ammaestri , ma  dobbiamo  soltanto  accorgerci  di Colui  che  è  dentro  , siamo  istruiti, perché  è Lui  stesso  la nostra  verità.


=Testo ispirato  a  una  preghiera del  3°  4°  secolo:

Tu  solo  o Cristo,  manifesti  il volto  del  Padre  la  sua  misericordia , la  sua  tenerezza, il suo sguardo  d'amore.
Tu  sei  la  nostra  luce,  la  nostra  speranza,  la  nostra  guarigione,  la  nostra  pace,  la   nostra  vita.
Tu  sei  il nostro  modello  ti sei   chinato  sulla nostra debolezza  per  sollevarla. Hai  preso  su  di  te  le  nostre  infermità  per  guarirle. Hai   insegnato a vedere te  in ogni uomo.
Concedici  di essere  fermamente  stabili  nella  fede, di  avere  la  salute  del corpo e dello  spirito  per  poterti  lodare. Se  ti  guardiamo non  moriremo.
Se  confessiamo  il tuo  nome  , non andremo  perduti.
Se  ti  preghiamo, saremo esauditi.
Donaci  forza  e  costanza  nel  tuo Spirito fino  alla   statura  piena e al  compimento perfetto.

venerdì 15 novembre 2019

DIABETE DI: PINA Maria Speranza Raciti

15--11--2019


Il  diabete è  una  sindrome  dismetabolica ad  andamento  cronico, caratterizzata  dalla  incapacità  dell'organismo di utilizzare  normalmente il   glucosio  e  comprendente  quadri   geneticamente  e   clinicamente  diversi, con  complicanze  tardive  soprattutto  cardiovascolari,  neurologiche  ,  parenchimali  , retiniche  .  Il  difetto  nell'utilizzazione del glucosio  può  essere  dovuto  ad  una  o più  delle  seguenti  cause:  insufficiente  produzione   di insulina,  produzione  di  insulina  anormale, resistenza  alla  sua  azione.
In Italia  già da  tempo  il diabete  è stato  riconosciuto  come  malattia  sociale.
L'attuale  classificazione  del diabete  mellito  , comprende  sia  le   forme  cliniche , sia  quelle  precliniche  della  malattia.  Si  distinguono , 4  tipi  di diabete   mellito(DM= diabetes mellitus)  insulino  dipendente(tipo  1),  non insulino-dipendente(tipo 2), associato  ad  altra  patologia,   diabete  gestazionale.
1)  Diabete  di tipo  1 o  insulino-dipendente(IDDM=insulin  dependent  diabetes  mellitus):
Corrisponde  al diabete   giovanile   è determinato  da  un danno  irreversibile  delle  isole  del  Langherans, con  carenza  insulinica più  o meno  improvvisa . Caratterizzato dall'inizio rapido, con  insulinemia   bassa  o assente e tendenza  alla   cheto-acidosi; necessita  della terapia  insulinica. Colpisce  l'età giovanile, inizia  spesso  in modo brusco  ed  ha  la  sua  maggiore  incidenza  nei mesi  invernali.   Secondo l'ipotesi  eziologica più  attendibile, sarebbero  in causa  gruppi di virus (in particolare  i virus  Coxsackie), la  cui azione  si  esplicherebbe  sia   direttamente  nei confronti  delle cellule   beta, sia  indirettamente  attraverso  meccanismi  autoimmunitari.

2)Dibete  di tipo 2  o  non  insulino-dipendente (NIDDM= non insulin  dependent  diabetes  mellitus) con o senza  obesità:
è la  forma  di diabete  di gran lunga  più  frequente  e  comprende  la  quasi  totalità  dei  casi nell'adulto. Colpisce  di norma  dopo  i 40 anni  , è dovuto  ad  una  anomalia   della secrezione  di insulina    o  della  sua  azione  biologica  e non  sembra  secondario  ad altra patologia.
Ad  insorgenza lenta , ha  scarsa  tendenza  alla  cheto-acidosi e presenta  insulinemia  normale  o  addirittura  aumentata,può  essere  compensato  inizialmente con  la  sola  dieta  e  con  gli  ipoglicemizzanti  orali.  Nella  sua  ezipatogenesi è  invocata  una  base  genetica ,  dimostrata  dalla  familiarità  molto  frequente  , che   predisporrebbe  all'insorgenza  della  malattia  inseguito  anche  all'intervento di altri  fattori di rischio ( iperalimentazione,obesità, carenza  di  alcuni fattori  alimentari:  vit. E,   antiossidanti, nicotinamide)

3)Diabete  associato  ad  altra  patologia  secondaria:
L'intolleranza al glucosio  è  sempre  secondaria ad altre  cause  ben  accertate: malattie  pancreatiche e  pancreasectomie;  malattie  endocrine( di origine  ipofisaria, tiroidea,ecc--) che  comportano  una  iperincrezione  di ormoni  ad  azione  controinsulare;  trattamento con farmaci  ad azione  diabetogena; sindromi  genetiche  diverse (glicogenosi,  acondroplasia, alterazioni  neuromuscolari,ecc),  anormalità  recettoriali  (acanthosis  nigricans,malattie  autoimmuni).

4)Diabete gestazionale(GDD=gestational  diabetes  mellitus):
Forma  a se stante  propria  delle  donne  , con  insorgenza  del diabete o della  ridotta  tolleranza al glucosio  limitatamente  al periodo  della  gravidanza .

Il diabete  mellito è una  malattia  diffusa   in tutto il mondo, con frequenza assai variabile  in rapporto a  fattori  etnici ed  ambientali,  a condizioni  socio-economiche  e ad  abitudini  alimentari  e di vita.  Il diabete  di tipo 1   è  nettamente   meno frequente  di quello  di tipo 2  e  si  osserva  soprattutto  nei bambini e nei giovani  , i tassi  di prevalenza   rilevati  nella  classe  di età  0--14  anni in diversi  paesi  presentano  considerevoli   variazioni :  dallo 0'1% a  Shangai  , allo 0,2% in Francia.  Le cause di morte    nel'  80%  è dovuto  alle complicanze  cardiovascolari. Il numero dei morti    per diabete  è superiore  nel sesso femminile; per entrambi  i sessi il maggiore numero di morti  e di tassi  più elevati  si osservano  nelle  classi  di età  successive  ai 45 anni , con valori rapidamente  crescenti con l'età.
La  macroangiopatia  è la  più  importante  causa  di morte  per   i  diabetici, fra  i quali  la  prevalenza  di   cardiopatie   ischemiche  e  di ictus è  da 2  a  3  volte  più  elevata rispetto  ai  non  diabetici di pari età.
Aterosclerosi  degli  arti  inferiori  è  più  frequente  e  più   grave  nei  diabetici  , che  presentano  un  elevato  rischio  di occlusione  periferiche  e  di gangrena.
Il diabete  è associato  con  caratteristiche  lesioni  microangiopatiche  che  interessano :   la  retina  ed  il  rene. La retinopatia  e  la  nefropatia  sono  complicanze  molto  comuni  nei  diabetici e si  osservano  con  la  stessa frequenza  in  tutte   le  popolazioni, mentre la  cardiopatia  ischemica  è  più  frequente  nelle  popolazioni  occidentali e l'ictus  in  alcuni  paesi  orientali(Giappone ecc)

FATTORI DI RISCHIO E CAUSALI  :
A)  Diabete  insulino-dipendete:(tipo 1)
Caratteri epidemiologici   sono  l'insorgenza   brusca  e  la più elevata  insorgenza  durante l'inverno.
L'ipotesi  eziologica  è  virale, in alcuni casi  l'inizio della  sintomatologia   diabetica  segue  una malattia  virale,  come  la parotite, la rosolia  o l'epatite  virale A , più frequente   sembra l'associazione  fra  infezioni  da  virus  Coxsackie B4  . L'infezione  virale  probabilmente  danneggia  le  cellule  delle isole  pancreatiche  solo in soggetti   predisposti.  è stato ipotizzato   anche l'intervento   di fattori  genetici  legati  al sistema  degli antigeni  di istocompatibilità(HLA).

B) Diabete  non insulino-dipendete(tipo  2):
Sono  noti diversi indici di rischio  quali  l'età  ,il sesso, gli  aborti ripetuti, l'aver  partorito  un feto macrosomico, ecc. In tutti i paesi  la  frequenza   della  malattia  aumenta  con   il progredire dell'età, invece  la  frequenza  nei  due  sessi varia  da  una popolazione  all'altra, in Italia  è più elevata  nelle donne. I   più  importanti fattori di rischio  oggi accertati  sono:l'obesità, la sedentarietà, la  carenza  di fibre  vegetali  nell'alimentazione  ed  il genotipo. L'intervento di fattori  genetici  nel  diabete  non insulino-dipendente  è stata    confermata  anche  da studi recenti.
Sul piano  fisiopatologico  si ipotizza   che  negli obesi  sia  più facile  l'insorgenza   di  iperglicemia  giacché  nel  tessuto  adiposo  la   densità  di siti  recettori  per l'insulina  è minore  rispetto  al tessuto  muscolare. Un indicatore di rischio indipendente  dall'obesità  è  la  distribuzione  del grasso  attorno  al corpo. L'accumulo  viscerale  (tipo  androide)è   predittivo  di maggior  rischio di diabete  (e  di malattie  cardiovascolari), rispetto  all'accumulo  sottocutaneo  (tipo  ginoide). Nel primo  il tessuto adiposo  è  situato  nella  metà  superiore  del corpo , nel  secondo  nella  metà inferiore .
La scarsa ingestione  di fibre  non  digeribili  .  Si  ipotizza , che  l'abbondanza di  fibre  nell'alimentazione  ritardi  l'assorbimento  dei carboidrati  a  livello intestinale  , determinando  più  bassi  livelli glicemici postprandiali e   migliore  utilizzazione  del glucosio.
PREVENZIONE:
La  prevenzione  può essere effettuata   efficacemente   nei confronti  del  diabete  non insulino-dipendente, dal  momento  che  il fattore  ereditario  non  viene  attivato  alla  nascita  , ma  solo  dopo  l'intervento  degli altri  fattori di rischio, che  abitualmente  fanno  sentire  i loro effetti  nell'età adulta.L'obesità  è  il principale  fattore di rischio  per il diabete  non insulino-dipendete,  la prevenzione  primaria  deve mirare  a  prevenire  l'obesità  stessa  oppure a  correggerla , quando  già  presente.Tale prevenzione  richiede  una  continua  ed intelligente  opera  di educazione  sanitaria  rivolta  a  tutta  la popolazione  , che  abitui  fin  dai  primi anni di vita  ad  adottare  una  alimentazione  varia  ed  equilibrata, con un  contenuto  calorico adeguato  all'età , al peso ideale  ed  all'attività  fisica  svolta . Si  deve dare  la  preferenza  ad alimenti  ricchi  di carboidrati  complessi(pane, pasta) e  di fibre  (legumi,  ortaggi,  frutta). L'olio  do oliva  deve essere  preferito  ai  grassi animali. Altri fattori di rischio da eliminare sono : fumo, alcol, )

mercoledì 13 novembre 2019

CANTI di : Giacomo Leopardi

13--11--2019

LE  RICORDANZE

Vaghe  stelle  dell'Orsa ,io  non  credea
Tornare  ancor  per  uso  a  contemplarvi
Sul  paterno  giardino  scintillanti,
E  ragionar  con  voi dalle  finestre
Di  questo  albergo  ove  abitai  fanciullo,
E  delle  gioie  mie  vidi  la fine.
Quante  immagini un  tempo  , e  quante  fole
Creommi  nel  pensier  l'aspetto  vostro
E delle  luci  a  voi  compagne ! allora
Che, tacito, seduto  in  verde zolla,
Delle  sere io  solea  passar  gran  parte
Mirando  il cielo, ed  ascoltando il canto
Della  rana  rimota  alla  campagna!
E  la  lucciola  errava  appo le siepi
E  in  su  l'aiuole,  susurrando  al vento
I  viali odorati, ed  i cipressi
Là  nella  selva; e  sotto  al  patrio  tetto
Sonavan  voci  alterne, e  le tranquille
Opere  de'  servi. E che  pensieri  immensi,
Che  dolci sogni mi  spirò la  vista
Di  quel  lontano  mar, quei monti  azzurri,
Che  di  qua  scopro, e  che  varcare un  giorno
Io  mi  pensava  , arcani  mondi, arcana
Felicità   fingendo  al  viver  mio!
Ignaro  del  mio  fato, e  quante  volte
Questa  mia  vita  dolorosa  e  nuda
Volentier con la morte avrei  cangiato.
Ne' mi  diceva  il cor  che  l'età  verde
Sarei  dannato  a  consumare  in  questo
Natio borgo  selvaggio, intra  una  gente
Zotica ,vil;  cui  nomi  strani, e  spesso
Argomento  di riso  e di trastullo,
Son  dottrina  e saper ; che  m'odia  e fugge,
Per  invidia  non  già, che  non  mi  tiene
Maggior  di se, ma  perché  tale  estima
Ch'io  mi tenga  in  cor  mio, sebben  di  fuori
A  persona  giammai  non  ne  fo  segno.
Qui  passo  gli anni,  abbandonato, occulto,
Senz'amor , senza  vita; ed  aspro  a  forza
Tra  lo stuol  de'  malevoli  divengo:
Qui  di pietà  mi spoglio  e di  virtudi,
E   sprezzator  degli  uomini mi  rendo,
Per  la  greggia  ch'ho  appreso :e  intanto vola
Il caro tempo  giovanil;  più caro
Che  la  fama  e  l'allor,  più  che  la pura
Luce  del giorno, e  lo spirar: ti  perdo
Senza  un  diletto, inutilmente, in  questo
Soggiorno  disumano,intra  gli  affanni,
O  dell'arida  vita  unico  fiore.

          Viene  il vento  recando  il suon dell'ora
Dalle  torre   del borgo. Era  conforto
Questo  suon  ,mi  rimembra , alle  mie  notti,
Quando  fanciullo , nella  buia  stanza ,
Per assidui  terrori  io  vigilava,
Sospirando  il mattino. Qui  non è  cosa
Ch'io  vegga o senta, onde un'immagin  dentro
Non  torni , e  un  dolce  rimembrar  non  sorga.
Dolce per se;  ma  con  dolor  sottentra
Il  pensier del  presente, un  van  desio
Del  passato ,  ancor  tristo, e  il dire: io fui.
Quella  loggia  colà,  volta agli  estremi
Raggi  del dì ;  queste  dipinte  mura,
Quei  figurati armenti, e  il  Sol  che  nasce
Su  romita  campagna, agli  ozi  miei
Porser   mille  diletti  allor  che  al  fianco
M'era  ,parlando,  il mio possente  errore
Sempre , ov'io  fossi. In  queste  sale  antiche,
Al chiaror  delle  nevi, intorno  a queste
Ampie  finestre sibilando  il vento,
Rimbombaro i sollazzi  e le  festose
Mie  voci al  tempo  che  l'acerbo, indegno
Mistero delle  cose a noi si mostra
Pien  di  dolcezza ; indelibata, intera
Il  garzoncel,  come  inesperto   amante,
La  sua  vita ingannevole  vagheggia,
E  celeste  beltà  fingendo  ammira.

     O  speranze , speranze; ameni inganni
Della  mia  prima  età! sempre , parlando,
Ritorno a voi; che  per andar  di tempo ,
Per  variar  d'affetti e di  pensieri,
Obbliarvi  non  so.  Fantasmi  , intendo,
Son  la  gloria e l'onor ; diletti  e  beni
Mero  desio; non  ha  la vita  un frutto,
Inutile miseria. E   sebben  voti
Son  gli anni miei, sebben  deserto  , oscuro
Il mio  stato mortal, poco mi  toglie
La  fortuna, ben  veggo . Ahi,  ma  qualvolta
A  voi  ripenso, o mie  speranze antiche,
Ed  a  quel  caro  immaginar  mio  primo;
Indi  riguardo  il viver  mio  sì vile
E  sì dolente, e  che  la  morte  è  quello
Che  di  cotanta  speme  oggi m'avanza;
Sento  serrarmi  il cor,  sento  ch'al  tutto
Consolarmi non  so  del  mio  destino.
E  quando  pur  questa  invocata  morte
Sarammi  allato, e  sarà  giunto il fine
Della  sventura  mia ;  quando  la  terra
Mi  fia  straniera  valle,  e  dal mio  sguardo
Fuggirà  l'avvenir;  di voi per  certo
Risovverrammi;  e  quell'immago ancora
Sospirar  mi farà , farammi  acerbo
L'esser  vissuto   indarno, e  la  dolcezza
Del  dì  fatal  tempererà  d'affanno.

     E  già  nel  primo   giovanil  tumulto
Di  contenti , d'angosce e di  desio,
Morte  chiamai  più  volte, e  lungamente
Mi  sedetti  colà su  la  fontana
Pensoso  do cessar  dentro  quell'  acque
La speme  e  il dolor  mio . Poscia  , per  cieco
Malor,  condotto  della  vita  in  forse,
Piansi  la  bella  giovinezza  , e  il fiore
De'  miei  poveri  dì , che  sì  per tempo
Cadeva: e spesso  all'ore  tarde  , assiso
Sul  conscio  letto  , dolorosamente
Alla fioca  lucerna poetando,
Lamentai  co'  silenzi  e  con  la  notte
Il  fuggitivo   spirto , ed  a  me  stesso
In  sul  languir  cantai  funereo canto.
  Chi  rimembrar vi  può  senza  sospiri,
O  primo  entrar  di  giovinezza ,o  giorni
Vezzosi,  inenarrabili, allor quando
Al  rapito  mortal  primieramente
Sorridon  le  donzelle  ;  a  gara  intorno
Ogni  cosa  sorride ; invidia  tace,
Non  desta  ancora  ovver benigna, e quasi
(Inusitata  maraviglia!) il mondo
La destra  soccorrevole  gli  porge,
Scusa  gli  errori  suoi , festeggia  il novo
Suo  venir  nella  vita, ed   inchinando
Mostra   che  per  signor  l'accolga  e  chiami?
Fugaci  giorni!  a  somigliar  d'un lampo
Son dileguati. E   qual  mortale  ignaro
Di  sventura  esser  può  , se a  lui  già  scorsa
Quella  vaga  stagion, se il suo  buon  tempo,
Se  giovinezza , ahi  giovinezza , è  spenta?

     O  Nerina!  e di te  forse  non  odo
Questi  luoghi  parlar?  caduta  forse
Dal  mio  pensier  sei tu  ?  Dove  se  gita,
Che  qui  sola  di te  la ricordanza
Trovo  , dolcezza   mia?  Più  non  ti vede
Questa  Terra  natal: quella  finestra,
Ond'eri  usata  favellarmi, ed  onde
Mesto  riluce  delle  stelle  il raggio,
è  deserta . Ove  sei, che  più  non  odo
La  tua  voce sonar, siccome  un  giorno,
Quando  soleva  ogni  lontano  accento
Del  labbro  tuo,  ch'a  me  giungesse  , il  volto
Scolorarmi? Altro  tempo. I   giorni tuoi
Furo,  mio  dolce  amor. Passasti.  Ad  altri
Il  passar  per  la terra oggi  è  sortito,
E  l'abitar  questi  odorati  colli.
Ma  rapida  passasti;  e  come  un  sogno
Fu  la  tua  vita.  Ivi  danzando  ; in  fronte
La  gioia  ti  splendea ,  splendea negli   occhi
Quel  confidente  immaginar, quel  lume
Di  gioventù, quando  spegneali il fato,
E  giacevi. Ahi Nerina!  In cor  mi regna
L'antico  amor. Se a  feste  anco  tavolta,
Se  a  radunanze io  movo , infra  me  stesso
Dico: o Nerina, a  radunanze , a feste
Tu  non ti  acconci più , tu  più non movi.
Se  torna  maggio , e  ramoscelli  e suoni
Van  gli  amanti  recando  alle fanciulle,
Dico: Nerina mia ,  per  te  non torna
Primavera  giammai,  non  torna  amore.
Ogni giorno  sereno, ogni  fiorita
Piaggia  ch'io  miro  , ogni goder  ch'io sento,
Dico  : Nerina or  più  non  gode  ; i campi,
L'aria  non mira . Ahi tu  passasti , eterno
Sospiro mio : passasti: e fia  compagna
D'ogni  mio  vago  immaginar,  di  tutti
I miei  teneri  sensi, i tristi e cari
Moti  del cor  , la  rimembranza  acerba.

martedì 12 novembre 2019

ORTODOSSIA: "La fedeltà alla tradizione" di:p. Denis Guillaume

12--11--2019
I  due  articoli  precedenti,  ci  hanno  mostrato  come  le  Chiese d'Oriente  hanno  definito, insieme  a quella  di Roma, l'ortodossia  della fede cristiana  e  come , dopo  la  rottura, hanno mantenuto l'ecclesiologia  di comunione , malgrado  il passaggio  della  Chiesa  romana  a  una  ecclesiologia  piramidale. Ora  vogliamo  illustrare  , anche in  modo iconografico , la  fedeltà  dell'Oriente  ortodosso  alla   tradizione  conciliare.
Abbiamo già evocato  la  questione   del Filioque.  Dal  punto di  vista  teologico, si  poteva  discutere , e  l'hanno  fatto  ampiamente, in un  modo  purtroppo  non  irenico. Ma  dal  punto di vista   canonico  dobbiamo ricordare  che  era  inamissibile per gli Ortodossi,  come all'inizio anche  per il  pontefice  romano, qualsiasi  aggiunta, soprattutto   se  fatta  in  modo  unilaterale , al  testo   sacrosanto  del  simbolo  di fede  elaborato dai Padri  conciliari  di Nicea  e di   Costantinopoli.
Senza  voler entrare  nelle  polemiche  medievali  , cercheremo almeno  di capire  l'atteggiamento  ortodosso. Nella  Trinità,ogni  persona  è  principio , ma  il Padre è  il principio  per  eccellenza: da lui  è generato il Verbo e  da lui  procede  lo Spirito. Se  diciamo che lo Spirito  procede anche dal Figlio , distruggiamo la  monarchia  (cioè  il principio  unico)  del Padre e  instauriamo  una  diarchia (due  principi), ciò  che è  impensabile. Adesso  , tra  i  moderni  teologi  ortodossi, specialmente  i Greci, si  potrebbe  arrivare  a questo  compromesso:  la  dottrina  del  Filioque, capita  come  processione "a  Padre  per  Filium", dal  Padre  attraverso  il Figlio, potrebbe  nel  contesto  ecumenico rimanere  un  "theologùmenon"  cioè  una  opinione  di scuole  per  la  teologia  occidentale  , senza  essere  imposta  all'Oriente.
A  proposito  del Filioque,  guardiamo insieme  con  attenzione  l'Icona   della  Trinità(1411)  secondo  sant'Andrej  Rublev.   Tutti  la  conoscono: è  così  bella  che  non  si  può  immaginare  una  rappresentazione  più  perfetta . Ma  bisogna  spiegarla,  perché  ve  ne  sono  che  chiedono  ancora  se  si  tratta  dei  pellegrini  di Emmaus!  Non  si  poteva  rappresentare  la  Trinità  con  Cristo  , la Colomba  e  l'Anziano,  visto  che  era  vietato  dai  canoni  raffigurare  il Padre  invisibile. Ma  c'era  l'apparizione  dei  tre  Angeli  nella  scena  dell'ospitalità di Abramo,  il quale  trattò  come  un  solo  Signore  le tre  persone  a  lui  apparse  (Genesi 18,3). Le  persone  , essendo   consustanziali, hanno  una  forma  uguale, che  è la  natura  divina, e  hanno  tutte  e tre  un viso  giovane , poiché  sono  eterne, ma  rivestono  aspetti diversi. In  centro  vediamo  i colori  caratteristici  del  Verbo incarnato(la tonaca  rossa  della  divinità  e il mantello  blu dell'umanità) con  la mano che  benedice  la coppa  come  nell'ultima  cena. Il Padre siede  al primo  posto , i  suoi colori  sono  meno  appariscenti perché è  l'Invisibile, tiene  la  testa  dritta , indica  con  la mano  il sacrificio  da compiere; sopra  di lui c'è  una  casa  , quella  del Padre , quella di Abramo. Sopra  Cristo c 'è la quercia di  Mamre, albero  della  Croce  o  del Paradiso . Lo  Spirito  possiede  i colori  della  vita, il blu  dell'acqua,il verde  della  vegetazione; sopra  di lui c'è  la montagna  o deserto, dove egli  soffia. I tre sono  inscritti  in  un cerchio, quello  del cielo,  dell'eternità, ma  anche  quello  della  "perichoresis"(circumincessio); il movimento  parte  dal Padre  , in  senso  orario, raggiunge  il Verbo, ed è  l'incarnazione, prosegue  nello  Spirito , che  santifica  il mondo, per  riportare  l'umanità  verso  il Padre. Siedono  vicini  alla  terra,  simboleggiata dal  quadrato  della mensa -altare,  i loro  troni sono  uguali  poiché  hanno  la stessa  regalità, ma  le teste  del Figlio e dello  Spirito  sono  chinate  verso il Padre.   E  qui  vediamo che  non c'è  posto  per  il  "Filioque":  i volti  del Verbo  e dello Spirito  sono  orientati  verso  il Padre, che  genera  l'uno  e  fa  procedere  l'altro; tra  il Verbo  e  lo Spirito  non  si  vede  una  relazione  tale  : c'è  soltanto  il movimento  circolare  della  missione ,  nella  storia  della  salvezza.
Se  le  Chiese  d'Oriente  si  sono  fermate al  settimo  concilio , non  vuol dire  che  hanno  cessato  di esistere o  di  progredire : quella  di Persia è  stata  fiorente  con  solo  due  concili, ma  i più  importanti,  giacché  avevano definito  la  Trinità;  e le  Chiese precalcedonensi vivono  soddisfatte  di tre  concili, con  la  Trinità e  la Madre  di Dio.  Per  gli Ortodossi bizantini, sette  concili  sono  la  misura  della  pienezza, con  essi  la loro  dogmatica  è arrivata  alla  perfezione.  Cosa   poteva  aggiungere  per  loro  la  definizione   dell'Immacolata  Concezione  o  dell'Assunzione corporea  della  Vergine  Maria? Già  con  il  dogma  di Efeso , che  la  definiva  Madre di  Dio , avevano  tutto, e  l'innografia  mariana  ha  sviluppato  il resto , pur  rimanendo  nella  dovuta  discrezione  di fronte  a  tali  misteri. L'essenziale  è  veramente la  maternità divina , il fatto  che  una  Vergine  abbia  partorito  e  che  il suo  figlio  sia  Dio. Miracolo  inaudito  e  triplice  verginità: prima  del parto  , cioè  nella  concezione, durante  il parto e  anche  dopo ; come  se  ne  meravigliarono  le   levatrici  sulle  icone  della  Natività  di Cristo.  La triplice  verginità  viene  simboleggiata  dalle  tre stelle, una  sulla  fronte  e due  sulle  spalle. Il  velo  e  il  manto  della Madre di Dio  sono  di  un  rosso  cupo  , ed  è  l'ombra  dell'Altissimo  che  ha  ricoperto  Maria  nel  mistero  del  parto  verginale, mentre  la sua  tonaca  è blu  , colore  dell'umanità  alla  quale  appartiene  ; insomma,  l'inverso  del  Verbo  incarnato . Niente  blu nel  vestito  del  Partorito, perché  si  vuole  sottolineare  che  è Dio ; l'umanità  si vede  abbastanza  nel fatto  che  sia  un  giovane  Figlio, uno  che  si porta  in  braccio. Non è  precisamente  un Bambino, perché  un  bambino  non  parla, invece  egli  è  la  Parola  del Padre, e  per  questo  ha  già  l'aspetto  dell 'Emmanuele  che  insegna  nel Tempio, con  il rotolo in  mano, simbolo  della  sua  dottrina. 
Una icona  di Maria  senza  il Figlio  sarebbe  impensabile :   alle   volte  se  ne  può  vedere  ,ma  è  un  particolare   dell'Intercessione, nella  quale  sta  vicina  al trono del Re celeste.
L'iconografia  della  Madre  di Dio  ha  sviluppato  numerosissimi tipi  di  rappresentazione. Una  delle  più  antiche  è la figura  dell'Orante, detta  anche  Madonna  del Segno. è quella  che  si  vede  spesso  nell'abside  delle  chiese bizantine: porta  l' Emmanuele in un cerchio , all'altezza del grembo, ed è  questo  il segno , dato  al profeta Isaia, di una  Vergine che  partorisce . Ha  le mani  alzate ,  nell'atteggiamento  della  preghiera. è   la  figura della  Chiesa , che  ci  dà Cristo, l'immagine  del Cielo, perché  il  suo  seno  ha  potuto contenere il Dio  infinito.