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lunedì 22 aprile 2019

La pioggia nel pineto di Gabriele D' Annunzio

22-4-2019
Taci. Su le soglie
del bosco non  odi
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che  parlano  gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su  le  tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su  i mirti
divini,
su le  ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su  i ginepri folti
di  coccole aulenti,
piove su  i nostri volti
silvani,
piove su le nostre  mani
ignude,
su  i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che  l'anima schiude
novella,
su  la favola bella
che  ieri
t'illuse, che  oggi  m'illude,
o Ermione.

Odi? La  pioggia cade
su  la  solitaria
verdura
con  un  crepitìo che  dura
e  varia nell'aria
secondo le  fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al  pianto il  canto
delle  cicale
che  il  pianto australe
non  impaura,
ne' il  ciel cinerino.
E il  pino
ha un  suono, e il mirto
altro  suono, e il  ginepro
altro ancòra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirto
sivestre,
d'arborea vita viventi;
e  il tuo vòlto ebro
è molle di pioggia
come una foglia
e  le  tue chiome
auliscono come
le  chiare ginestre,
o  creatura  terreste
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle  aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa  sotto il  pianto
che cresce;
ma un  canto vi si mesce
più roco
che  di  laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più  fioco
s'allenta, si  spegne.
Sola una  nota
ancor trema, si  spegne,
risorge, trema, si  spegne.
Non s'ode voce del  mare.
Or s'ode su  tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che  monda,
il  croscio che  varia
secondo la fronda
più folta, men  folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è  muta; ma la figlia
del limo   lontana,
la  rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa  dove, chi sa dove!
E piove su  le tue  ciglia,
Ermione.

Piove su  le tue  ciglia nere
sì che  par tu pianga
ma di  piacere; non bianca
ma quasi fatta  virente,
par  da  scorza tu esca.
E  tutta la vita è in  noi fresca
aulente,
il cuore nel petto è come pèsca
intatta,
tra le pàlpebre gli  occhi
son  come polle tra l'erbe,
i denti negli  alveoli
son  come mandorle acerbe.
E andiam  di  fratta in fratta,
or congiunti or  disciolti
(e  il  verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa  dove, chi  sa dove!
E piove   su  i nostri volti
silvani,
piove su  le nostre  mani
ignude,
su  i nostri  vestimenti
leggeri,
su  i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che  ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

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