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martedì 23 aprile 2019

ADELCHI di Alessandro Manzoni atto 4 --coro

23-4-2019
Sparsa le trecce  morbide
Sull'affannoso  petto,
Lenta le  palme , e  rorida
Di  morte il  bianco aspetto,
Giace la pia, col  tremolo
Sguardo cercando  il ciel.

Cessa il  compianto;  unanime
S'innalza una  preghiera:
Calata in su  la gelida
Fronte, una  man  leggiera
Sulla pupilla cerula,
Stende l'estremo vel,

Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mentre i terrestri ardori;
Leva all'Eterno un  candido
Pensier d'offerta, e  muori:
Fuor della  vita è  il  termine
Del lungo tuo  martir.

Tal della  mesta , immobile
Era quaggiuso il fato:
Sempre un  obblio di  chiedere
Che le  saria negato;
E  al Dio de' santi ascendere,Santa del  suo patir.

Ahi! nelle  insonni tenebre,
Pei  claustri solitari,
Tra  il canto delle  vergini,
Ai  supplicari altari,
Sempre al pensier tornavano
Gl'irrevocati dì;

Quando ancor cara, improvida
D'un avvenir mal fido,
Ebbra spirò le vivide
Aure del  Franco lido,
E tra  le  nuore Saliche
Invidiata  uscì:

Quando da  un  poggio aereo,
Il  biondo crin gemmata,
Vedea nel  pian discorrere
La  caccia affaccendata,
E  sulle  sciolte redini
Chino il  chiomato sir;

E  dietro a lui  la furia
De' corridor fumanti;
E lo  sbandarsi, e il  rapido
Redir dei  veltri ansanti;
E  dai  tentati triboli
L'irto cinghiale uscir;

E  la  battuta polvere
Rigar di  sangue, colto
Dal  regio stral;  la  tenera
Alle  donzelle il volto
Volgea  repente, pallida
D'amabile terror.

Oh! Mosa errante! oh! tepidi
Lavacri  d'Aquisgrano!
Ove , deposta l'orrida
Maglia, il  guerrier sovrano
Scendea del  campo a  tergere
Il  nobile sudor!

Come rugiada al  cespite
Dell'erba inaridita,
Fresca negli  arsi  calami
Fa  rifluir la vita,
Che verdi ancor risorgono
Nel  temperato albor;

Tale  al  pensier, cui l'empia
Virtù d'amor fatica,
Discende il  refrigerio
D'una parola amica,
E il cor  diverte ai placidi
Gaudii d'un altro amor.

Ma come il sol  che  reduce
L'erta infocata ascende,
E con  la vampa assidua
L'immobil aura incende,
Risorti appena i gracili
Steli riarde al  suol;

Ratto così dal  tenue
Obblio torna immobile
L'amor sopito, e  l'anima
Impaurita assale,
E le  sviate immagini
Richiama al  noto duol.

Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mente i  terrestri ardori;
Leva all'Eterno un candido
Pensier d'offerta, e  muori:
Nel suol  che  dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,

Altre  infelici dormono,
Che il duol  consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno  fidanzate;
Madri che  i nati videro
Trafitti impallidir.

Te  dalla  rea  progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu  prodezza il  numero,
Cui fu  ragion l'offesa,
E dritto il sangue , e  gloria
Il non  aver pietà,

Te  collocò la  provida
Sventura in  fra gli  oppressi;
Muori compianta e placida;
Scendi a dormir con  essi;
Alle incolpate ceneri
Nessuno insulterà.

Muori; e  la faccia esanime
Si ricomponga in pace;
Com'era allor  che  improvida
D'un  avvenir fallace,
Lievi pensier virginei
Solo pingea. Così.

Dalle  squarciate nuvole
Si  svolge il sol  cadente,
E,  dietro il  monte, imporpora
Il trepido occidente;
Al  pio colono augurio
Di più sereno dì.

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