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sabato 25 aprile 2020

LETTERA A TOGLIATTI da: "il politecnico, n. 35, gennaio --marzo 1947"

25--4---2020
Suonare   il piffero  per  la  rivoluzione?

Voglio esprimere  interamente la perplessità  in cui  ci  troviamo tanti  e tanti  intellettuali  (parlo anche  di intellettuali  non iscritti al  P.C.)  di  fronte  a qualcosa  che  oggi  inaridisce  o  comunque  impedisce di essere  più vivo  il rapporto tra  politica  e cultura  entro  e intorno  al nostro  Partito . Non  tornerò  sulla polemica sorta  a proposito  della  mia rivista . Io  non  ho mai  inteso dire  che  l'uomo politico non debba  "interferire "in   questioni  di cultura. Io  ho inteso  dire  ch'egli  deve  guardarsi  dall'interferirvi con   criterio  politico, per  finalità  di contingenza   politica, attraverso  argomenti  o mezzi  politici, e  pressione   politica, e  intimidazione  politica. Ma  in  quanto  uomo  anche  di cultura , anche  di ricerca , egli  non può  non  partecipare  alle battaglie  culturali.  Solo che   deve  farlo  sul  piano  della cultura  stessa  e con  criterio  culturale. Vedi  l'esempio della  reazione  marxista  a Croce. Si  è svolta   culturalmente , e  ha finito  per  culminare  nell'opera  di Antonio Gramsci che  ristabilisce   la piena  attualità  del marxismo,  non senza  aver  accolto  talune  delle  obbiezioni  crociane,  e non  senza  esserne giovato  , non  senza   averle  scontate, non  senza  averne  tratta  occasione  di sviluppo o  almeno  chiarimento per  il marxismo  stesso. Metti invece che  si fosse svolta  "politicamente". Non  dico  proprio  con  l'eliminazione fisica di Croce , o  con  una   imposizione di  silenzio alla  sua vecchia  bocca  , con  la pressione di uno sciopero  generale , con  la forza  di un'azione o  di un  decreto . Dico con  un  rigetto  formale e  sprezzante ; con un  "no categorico e  cieco  o con  ragioni  politiche  mascherate  da culturali; con menzogne  . Il  marxismo  italiano  sarebbe magari  rimasto  al punto  in cui  era  nel  1908, legato  mani e piedi  al positivismo  , e  la politica  stessa  del  nostro   partito  sarebbe oggi  tanto  più  povera  , non  sarebbe  la  politica  del  Partito Nuovo. Così  , per  Politecnico,  s'io   accetto  le tue   critiche , e anche  buona  parte  di  quelle  di  Alicata , non  accetto  però  il criterio  puramente  politico  con  il quale   Alicata ,  ad  un certo punto ,  ha  falsificato  la propria  voce,  falsificando  le  stesse possibilità  di discussione  , quando  , nell'esemplificare un   aspetto  dei nostri  interessi , ha  parlato  di Hemingway  come  di  uno   scrittore   impressionista  che  si  può  quasi  fare a meno   di  conoscere .  è  a  questo  ch'io  mi sono  opposto e mi  oppongo  ;    questa  inclinazione   a portare  sul  campo   culturale  ,  travestite  da    giudizi culturali  ,delle ostilità  politiche e delle  considerazioni  d'uso politico, col  lodevole  intento  , evidentemente , di  rendere  più  spiccio  il  compito  della  politica  , ma  col  risultato  di  alterare  i rapporti  tra cultura  e politica  a  danno  , in  definitiva  , di entrambe  .   Servirsi di una  menzogna  culturale equivale a servirsi  d'un  atto di forza  , e  si traduce  in  oscurantismo . Non  è  partecipare  alla  battaglia  culturale  e portare  più avanti  , con  le proprie  ragioni , la cultura, e  portarsi    più avanti  nella cultura;  trasformare  e trasformarsi.  è  voler raggiungere  dentro  la cultura  un  effetto  o un  altro  restando  al di  fuori dei  suoi  problemi. è   agire  sulla  cultura  , non  già  agire in essa.  Oscurantismo , ho  detto. è  produce quello che   l'oscurantismo  produce: insincerità, aridità,  mancanza  di  vita, abbassamento di livello, arcadia, infine  arresto  assoluto[.....]

Può  bastare  che  uno scrittore "parli male  di Garibaldi" per  essere trattato  da scrittore   controrivoluzionario?  Molti  uomini  politici    parlano  male  di scrittori   rivoluzionari, eppure  gli  scrittori  non li  trattano  da uomini politici   controrivoluzionari.  Giuseppe   Mazzini , per  citare  un esempio già  illustre  , scrisse che Leopardi era  un  poetuccio  decadente al paragone  del "grande poeta civile"(figurati!)  G.B.  Niccolini, eppure  nessun  uomo  di cultura  si è  mai  sognato  di considerare  Mazzini un reazionario.  Noi  pensiamo  , tutt'al  più  , che Mazzini non era  in grado  di  intendere il valore rinnovatore della  poesia  di Leopardi. Perché da  parte  dei  politici  non  si usa  quasi  mai  la stessa  indulgenza  nei  riguardi degli  scrittori  che  hanno  semplicemente mostrato  di non  saper  capire  una figura  di politico  o una posizione  politica?
Ma  non divaghiamo . Domandiamoci   piuttosto  quali  vizi  o difetti del nostro  atteggiamento verso  la cultura possono contribuire a rendere  così  secco  come  oggi, per  esempio ,  è in America, il  rapporto  della nostra  politica con  la cultura. Essi  ci vengono  forse  dal   fatto  che  l'alimento  spirituale di cui  il marxismo è ricco attira  nella  sua orbita  , a  nutrirsene , a viverci  sopra  di rendita,  troppi piccoli intellettuali  che,  incapaci  di vita  propria  , ne  diventano i  ringhiosi  cani  di custodia, e  l'usano come  una  specie  di codice  della  politica  e della  cultura, pronti  a  pretendere da  ogni  altro  che più  o meno  vi  si  avvicini  , una  squallida  adesione  conformista, priva  di  problematicità, come  è  la loro  .  Così  ogni  esigenza  "diversa", ogni  problema  non già  scontato  e risolto, che  uno   scrittore  con  una vitalità  sua  propria  ponga  nella  sua  opera  , può  suscitare una  levata  di accuse astratte  che  presto  o tardi  lo  spaventano,  lo  sconcertano, lo  spingono a  tenersi  discosto  da noi .  Piccolo--borghese , decadente, individualista  sono  le definizioni più  miti con le quali  poeti  o pensatori  sono stati  assillati da  questi fittavoli  di un  presunto  marxismo, per   anni e anni, in più  di un paese occidentale.[....]

Che  cosa  significa  per  uno scrittore  , essere  "rivoluzionario"?  Nella  mia  dimestichezza con  taluni  compagni politici  ho  potuto  notare  ch'essi  inclinano  a  riconoscerci la qualità  di "rivoluzionari"  nella  misura  in cui  noi  "suoniamo il  piffero"intorno  ai  problemi  rivoluzionari   posti  dalla  politica;   cioè nella misura  in  cui  prendiamo  problemi  dalla  politica  e li  traduciamo  in  "bel canto;  con  parole  , con  immagini , con  figure  . Ma questo  , a mio giudizio , è  tutt'altro che  rivoluzionario, anzi è  un  modo arcadico  d'essere  scrittore.[....]
Che il piffero sia suonato  su  temi  di politica, di  scienza  o di  ideologia  civile  anziché   su   temi  di  ideologia  amorosa  non cambia in nulla  il carattere  arcadico  d'una  simile  musica.  Buona  parte  delle   composizioni poetiche  scritte  dagli  arcadi  italiani del  settecento  sono  su temi  civili, e Vincenzo  Monti è  arcade  che scrive  sulla mongolfiera  o sui  comizi di Lione,  da  arcadi  scrivono  i poeti  civili  del nostro  risorgimento  , da arcadi e pastorelli della  politica  scrivono  i poeti patriottici  che  Giuseppe Mazzini  preferiva  a  Leopardi.  Né chi  suona  il piffero  per  una  politica   rivoluzionaria  è  meno  arcade  e  pastorello  di  chi suona  per  una  politica  rivoluzionaria  o conservatrice .  I  poeti  della  rivoluzione  americana ,  come John  Trumboll, come  Philip  Freneau,  come  Timothy  Dwight,  non  risultano  oggi  meno  arcadi  di chi  , a Londra , suonava il  piffero per  la riconquista  delle Colonie. L'argomento  della    suonata  può  essere  un  grande  problema  rivoluzionario , ma  se allo scrittore  non  viene  direttamente  dall'interno   della  vita, se gli  viene  "come argomento",  egli   suonerà  il suo  piffero per  esso, e sarà  un arcade  , sarà un  pifferaro , non sarà  uno  scrittore   rivoluzionario.[.....]

Rivoluzionario  è lo scrittore  che riesce a porre  attraverso la sua opera esigenze rivoluzionarie diverse  da  quelle che  la politica pone ;  esigenze  interne  , segrete , recondite  dell'uomo ch'egli  soltanto sa  scorgere  nell'uomo , che è proprio  di lui scrittore  scorgere , e  che è proprio  di lui  scrittore  rivoluzionario porre , e  porre accanto  alle esigenze che  pone  la politica, porre  in  più  delle esigenze   che pone la politica.     Quando  io  parlo di sforzi in  senso   rivoluzionario da parte  di noi  scrittori  , parlo  di sforzi rivolti a   porre  simili  esigenze .  E  se accuso  il  timore  che  i nostri  sforzi  in  senso  rivoluzionario  non  siano  riconosciuti come  tali dai  nostri   compagni politici , è  perché  vedo  la  tendenza dei  nostri  compagni  politici  a riconoscere come  rivoluzionaria la  letteratura   arcadica di chi  suona il  piffero  per la  rivoluzione piuttosto  che  la letteratura  in cui  simili esigenze  sono poste , la  letteratura  detta  oggi di crisi.

All' Italia  auguro un buon 25 aprile, la speranza  di uscire vittoriosa da  questa  contingenza nuova; come allora.

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