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lunedì 6 aprile 2020

IL SISTEMA DEMOCRATICO NELLA COSTITUZIONE ITALIANA di: Alberto Romagnoli " IL SISTEMA RAPPRESENTATIVO: IL CORPO ELETTORALE"

6--4--2020
I  diritti  dei  componenti  del corpo  elettorale  si  riassumono in  quello d'entrare  a  farne  parte , d'essere cioè  iscritto  nelle liste  elettorali,  quando  esistono le  condizioni di  legge  , e  nei  diritti  derivanti  dalla  qualità  d'elettore , quali ad  esempio , la  sottomissione  dell'atto di  presentazione  delle liste dei candidati, e  infine  nell'espressione  del voto.
Nell'art.  48 della Costituzione  sono fissati  tre  punti fondamentali riguardo  a tali  diritti: "Sono elettori tutti i cittadini , uomini e donne  , che  hanno raggiunto la  maggiore età. Il  voto  è  personale , libero e segreto. Il  suo  esercizio è dovere  civico".
Prima  d'arrivare  all'estrema  estensione  del  diritto di voto, si  considerò  universale  anche  il voto attribuito ai soli uomini. Quasi  tutti  gli Stati  costituzionali  sono passati per  vari  gradi  di suffragio ristretto. La  legge  elettorale , con  cui  fu  eletta  nel  1861  la prima  Camera  dei  deputati  del regno  d'Italia, dava  il diritto  di  voto  a  418.696 cittadini,  pari  all' 1,9%  degli  abitanti ; nel  1953  gli  aventi  diritto al voto  furono per la Camera  30.280.342, pari  al  64,2%.
In  sostanza  , nel  vecchio  Stato  liberale il diritto di  voto  apparteneva  a  una  classe  di cittadini , alla  più  ricca e alla più  colta,  che  veniva  ad  essere  una classe  politicamente  privilegiata; la grande massa del popolo restava esclusa. Era  questo  un  sistema  che,  se  poteva  considerarsi  ammissibile dal punto  di vista  liberale, non era  di  certo democratico. Ed  infatti  occorreva un  grande  sforzo  dei partiti  popolari (e  l'aiuto  d'una  parte del ceto  borghese)  perché  essi  potessero  portare  alla  Camera un  nucleo  di  deputati  , in genere  attivo e vivace,  com'è  proprio  delle  opposizioni , ma  mai  numerosissimo.
Il  passo  più importante fu  compiuto in Italia nel  1911 con  attribuzione del  voto a tutti i maschi  che  avessero compiuto  la  maggiore  età.
Ogni  sistema  elettorale suppone  la  suddivisione del corpo  elettorale  in gruppi  , detti collegi, ciascuno dei quali elegge uno o più  senatori o  deputati . I  collegi sono circoscrizioni territoriali che  comprendono un  numero all'incirca  uguale  d'elettori. Sono uninominali , quando gli elettori sono  chiamati  ad eleggere un  solo rappresentante , ed è  evidente che  con  ciò  i collegi sono tanti quanti gli eligendi;sono plurinominali , quando ciascun collegio vota  per  un certo numero di rappresentanti. Non  è  detto  che  i collegi   plurinominali debbano eleggere tutti lo stesso numero di rappresentanti, l'importante è  che  venga  osservata  la proporzione fra  il numero  degli  elettori( o meglio  fra  gli abitanti della  circoscrizione)  e il  numero degli eligendi. In   Italia , ad  esempio , per  l'elezione dei  deputati  si ha  il rapporto di uno  ogni  ottantamila  abitanti, ma  si  hanno  collegi  che  eleggono quale  quattro , quale  dieci , o venti deputati.
Il collegio uninominale  fu usato  quasi  costantemente in Italia fino  al 1922, oggi invece  si è  instaurato  , ed è da  credere definitivamente , il sistema  del collegio plurinominale.
A favore  e a  sfavore  dei  due  sistemi si  portano queste  ragioni:
Si  dice  dai suoi  avversari che  il  collegio uninominale non  rispecchia  le  proporzioni reali delle  correnti politiche del paese: infatti, supponendo  , per  ipotesi estrema , che  il  paese sia  diviso  in 500 collegi  uninominali  e che  in  ciascuno  di essi  il candidato del partito A riporti dovunque anche  un  sol  voto di maggioranza , sarebbero eletti tutti i candidati  di quel partito e  gli  altri resterebbero privi di  rappresentanti. Un  esempio più  concreto dimostra che  il  partito  liberale inglese nel  1950, con  due  milioni di voti , mandò  alla Camera  nove  deputati, il  terzo  di quelli che gli  sarebbero  toccati con un sistema  proporzionale.
Si  risponde dall'altra  parte  che  soltanto col  collegio uninominale si ottiene  un  rapporto  di  fiducia  fra  eletto ed  elettore, i quali , prescindendo  dalla  disciplina  di partito , eleggono colui che  ritengono il migliore. Il fatto si è  , però , che  anche  là  dove si è  rimasti  fedeli , come  nei  paesi anglosassoni , al  collegio uninominale , si  vota  ormai per  un partito o, per  meglio dire, per  gli uomini scelti dal partito.
Si  ribatte  ancora  che l'ipotesi fatta  sopra  è  puramente teorica , poiché  nella  realtà esistono collegi  a diversa coloritura , collegi dove  prevale il ceto medio e altri dove prevale il ceto operaio, collegi  in  cui  si  considerano preminenti  certi  interessi che  non sono  considerati  in  altri, e che  perciò  la  rappresentanza  sarà  sufficientemente varia e sempre  tale  da  dare un quadro  pressoché  esatto delle opinioni del paese e  soprattutto  delle  loro  oscillazioni. Si  aggiunge  poi  che,  se è  vero  che  con il  collegio uninominale i partiti più  forti facilmente ottengono una  rappresentanza più  numerosa di  quella  ad  essi realmente spettante, ciò  comporta  tuttavia  il vantaggio  d'una più  sicura  e  stabile  maggioranza governativa, mentre ai  partiti di  minoranza  resterà  sempre  l'indispensabile e  preziosa  funzione  di  critica  e di  controllo , senza  che  siano invogliati, a meno d'essere  in grado  di  formare una  coalizione, di mettere  ad  ogni istante  in crisi  il governo.

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