3---9---2020
1972
Temetti che il futuro(che declina)
Fosse un profondo corridoio di specchi
Indistinti , oziosi e decrescenti,
La ripetizione di vanità,
Nella penombra che precede il sonno
Chiesi ai miei dei, il cui nome ignoro,
Di dare alcunché o qualcuno ai miei giorni.
Lo fecero . è la Patria . I miei antenati
L'hanno servita in lunghe proscrizioni
Con miseria , con fame , con battaglie,
E di nuovo ritorna il rischio bello.
Non somiglio a quelle ombre tutelari
Che onoro inversi resistenti al tempo.
Sono cieco. Ho compiuto i settant'anni,
Io non sono il Borges uruguaiano
Che col petto squarciato da due palle
Morì mischiato alle agonie degli uomini
Nel fetore di una tenda da campo.
Oggi la Patria profanata chiede
Che con l'oscura penna di grammatico
Dotta nelle minuzie d'accademia
Così estranea al lavoro della spada,
Riassuma il gran rumor dell'epopea
Ed esiga il mio posto . è quel che faccio.
Nessun commento:
Posta un commento