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martedì 30 aprile 2019

ALL'AMICA RISANATA di Ugo Foscolo

30-4-2019
Qual dagli antri  marini
L'astro più caro  a Venere
Co' rugiadosi crini
Fra  le  fuggenti tenebre
Appare,  e  il suo viaggio
Orna  col  lume  dell'eterno raggio;
Sorgon  così tue  dive
Membra  dall'egro  talamo,
E  in  te  beltà rivive;
L'aurea beltate, ond'ebbero
Ristoro  unico a'  mali
Le  nate  a  vaneggiar menti mortali.
Fiorir sul  caro  viso
Veggo la rosa; tornano
I  grandi  occhi  al sorriso
Insidiando; e  vegliano
Per  te  in  novelli   pianti
Trepide  madri, e  sospettose amanti.
Le  Ore  che  dianzi meste
Ministre eran  de'  farmachi,
Oggi  l'indica  veste
E i  monili,  cui  gemmano
Effigiati  Dei,
Inclino studio di  scalpelli achei,
E  i  candidi coturni
E gli amuleti recano,
Onde  a'  cori notturni,
Te, Dea, mirando  obbliano
I garzoni le  danze,
Te  principio d'affanni e  di  speranze;
O  quando l'arpa  adorni,
E co' novelli numeri
E co'  molli  contorni
Delle  forme , che  facile
Bisso seconda, e  intanto
Fra  il  basso  sospirar vola  il tuo  canto,
Più   periglioso;  o quando
Balli disegni, e  l'agile
Corpo  all'aure fidando,
Ignoti  vezzi sfuggono
Dai  manti e  dal  negletto
Velo,  scomposto sul  commosso petto.
Tarti  , lente
Cascan  le trecce, nitide
Per  ambrosia  recente,
Mal  fide  all'aureo pettine,
 E  alla  rosea  ghirlanda
Che  or  con  l'alma salute April ti  manda.
Così,  ancelle d'Amore,
A te d'intorno volano
Invidiate l'Ore.
Meste le Grazie mirino
Chi  la beltà fugace
Ti membra,  e il  giorno dell'eterna pace.
Mortale guidatrice
D'oceanine vergini,
La  parrasia pendice
Tenea la casta  Artemide
E  fea  terror di cervi,
Lungi fischiar l'arco cidonio i nervi.
Lei  predicò la Fama
Olimpia prole:  pavido
Diva  il mondo la chiama,
E le  sacrò l'elisio
Soglio, ed  il  certo telo,
E i  monti, e il carro della  Luna in  cielo.
Are  così a  Bellona,
Un tempo invitta amazzone,
Die'  il  vocale Elicona:
Ella  il  cimiero e  l'egida
Or  contro  l'Anglia  avara,
E le  cavalle ed  il  furor prepara.
E  quella, a  cui  di  sacro
Mirto te  veggo cingere
Devota il  simulacro
Che  presiede marmoreo
Agli  arcani tuoi lari,
Ove  a  me  sol  sacerdotessa appari,
Regina  fu: Citera
E  Cipro, ove  perpetua
Odora primavera,
Regnò beata, e l'isole
Che  col  selvoso dorso
Rompono  agli   Euri e  al  grande Ionio il  corso.
Ebbi  in  quel  mar  la culla:
Ivi erra,  ignudo spirito,
Di  Faon la fanciulla;
E se  il notturno  zeffiro
Blando sui  flutti spira,
Suonano i liti un  lamentar di lira!
Ond'io, pien del  nativo
Aer sacro ,  sull'itala
Grave cetra derivo
Per  te  le corde eolie;
E  avrai,  divina, i voti,
Fra  gl'inni miei, delle insubri nepoti.

lunedì 29 aprile 2019

Dalla: PULCELLA DI ORLEANS DI Fredrich Schiller

29-4-2019
Atto  quarto--scena prima
GIOVANNA:
Le  armi riposano, le  procelle della guerra tacciono, a  battaglie sanguinose seguono il  canto e la danza, attraverso tutte le strade risuonano lieti cori;  altare e  chiesa risplendono in  pompa  festosa, archi  si  alzano  di  verdi rami, attorno alle  colonne s'intrecciano ghirlande, e  la vasta Reims non  può  comprendere la moltitudine degli ospiti affluenti alla  festa  del popolo. Alto avvampa il  sentimento di  un'unica gioia e  un  solo  pensiero palpita in  petto; ciò  che  poc'anzi fu  diviso  in odio sanguinoso, ora partecipa rapito alla  gioia  universale .  Chi sa  di  appartenere alla  stirpe francese,  con  più  orgoglio è  conscio di  tal  nome, è  rinnovato lo  splendore dell'antica corona , e  la Francia rende omaggio al  suo  figlio regale.
Ma  la felicità universale non  commuove me  che  compii tutte  queste  magnifiche  cose;il  mio  cuore  è  mutato e  volto ; essa rifugge da  questa festività, e  si  volge al  campo  inglese; verso il nemico vaga  il mio  sguardo; devo  allontanarmi furtiva dalla  cerchia della  gioia a  nascondere la grave colpa del mio  petto.
Chi? Io? Portare l'immagine  d'un  uomo  nel  mio  puro cuore? Questo cuore,  colmo  di  splendore celeste, può palpitare per  un  terreno amore? Io,  salvatrice del  mio  paese,  guerriera del  sommo  Dio , posso  infiammarmi per  il  nemico del mio paese? Posso  dirlo al  puro sole e  non  mi  annienta la vergogna?---------Ahi! Misera me! Quali suoni! Come  seducono il  mio  orecchio! Ognuno mi  richiama la  sua voce, mi  evoca la sua immagine!
O,mi  afferrasse la  tempesta della  battaglia , mi sibilassero attorno le lance  nel  furore  della  calda lotta! Ritroverei il mio   coraggio!  Come  allacciano  il mio  cuore queste  voci, questi  suoni! Disciolgono ogni forza nel  mio  seno  in   tenera nostalgia  e  la  stemprano in  lacrime di  melanconia!------------Dovevo ucciderlo? Lo potevo, dopo  averlo guardato negli  occhi? Ucciderlo? Piuttosto avrei brandito contro il mio  petto il ferro  micidiale!  E sono io  punibile, perché ero  umana? è peccato la misericordia?    Misericordia? Sentisti tu  la  voce  della  misericordia e  dell'umanità anche di fronte  agli  altri, che  la tua  spada  immolò? Perché  tacque quando  il  vallese, il  tenero giovane implorò da te la vita?  Perfido  cuore! Tu menti alla  eterna  luce; non  ti  spinse  la pia  voce  della misericordia!
Perché dovevo guardarlo negli occhi? Vedere i lineamenti del  nobile  volto! Sciagurata, col  tuo sguardo cominciò  il tuo delitto! Dio  esige  un  istrumento cieco , tu  dovevi compier l'opera  con  occhi   ciechi! Non  appena  vedesti, lo  scudo di   Dio ti  abbandonò, i  lacci d'inferno t'avvinghiano!-----------Pia  verga, non  t'avessi mai  scambiata con  la  spada! Quercia sacra , non  avessi tu  mai  sussurrato a me  coi  tuoi  rami! Alta regina  dei   cieli ,  non  mi  fossi tu  mai  apparsa!  Riprendi la tua  corona, ne  sono  indegna; riprendila! Ahi! Io  vidi aperto il cielo ,  vidi il volto  dei  beati!  Ma  la mia  speranza  è  in terra , non  in  cielo! Dovesti tu  addossarmi questa  terribile missione? Dovevo io  indurire questo cuore ,  che  il  cielo creò sensibile?
Se tu  vuoi  annunciare la tua potenza, scegli coloro  che, liberi di peccati , sono  nell'eterna tua ragione; manda i tuoi spiriti,  gli  immortali, i puri , che non  sentono , che  non piangono! Non  scegliere la tenera vergine , la mite  anima della  pastorella!
Che  m'importa la sorte delle  battaglie, il  dissidio dei re? Innocente io  mandavo  al pascolo  i miei agnelli in  vetta al  tacito monte.Ma  tu  mi rapisti in  mezzo  alla vita, nelle aule  superbe dei principi, abbandonandomi alla colpa.
Ahi, non era la mia scelta!

domenica 28 aprile 2019

Europa , U.S.E. è una possibile realtà? di: Pina Maria Speranza Raciti

28-4-2019
11--luglio--1993, è il giorno , della mia  oblazione con il nome di Speranza, nella  comunità  benedettina, di :San  Benedetto, Catania.
La mia terra  è la Sicilia, la mia patria  è l'Italia,  sono una cittadina europea!
Il mio grande sogno è : una Europa  unita,  una sola entità, politica ed economica;  amo  molto gli U.S.A., penso che ,  con umiltà, e  guidati da  un  interesse  comune,  al di là del  ristretto orticello, privato, si  possa , pensare ad  un modello europeo , simile a quello  americano.
L'Europa è un  unico  popolo ,i nostri monumenti, i  nostri musei,  le nostre opere : letterarie, filosofiche,ecc. sono  la nostra memoria,  ed attestano, la nostra  unità  culturale , pur nella  variabilità  .  La variabilità non è  un limite, ma una ricchezza.
La  nostra lunga storia,  dal mondo greco- romano,  a tutto il cammino, letterario, filosofico, scientifico,  ci conduce al  nostro presente,  a chi siamo. Una parte importante del nostro cammino, è  rappresentato da  duemila anni di cristianesimo.
L'atmosfera  che noi europei respiriamo è  satura  di cristianesimo; la nostra  democrazia è il frutto del  percorso storico  del popolo europeo da Roma  fino ai giorni nostri,  avendo  come struttura  portante, il nostro  essere cristiano. La  mia speranza  è  che  l'occidente, ed in particolare  l'Europa,  riscopra la sua  identità  cristiana,  nella sua essenza evangelica.  E che  ciò  possa  portarla ad  una  conversione totale , ad  una nova  visione  della vita; ad una totale nuova visione della politica.  Una politica non più governata,dalla "  ragione di stato" bensì,  dalla ragione degli uomini. Una nuova società ,dove l'uomo è al centro.

sabato 27 aprile 2019

San Benedetto guida dei popoli nel cammino di unificazione dell'Europa di .Ugo Perugini, oblato

27-4-2019
La  regola  benedettina,  frutto del felice  incontro della  spiritualità cristiana con  il  senso dell'equilibrio e  l'acuto senso giuridico propri dell'antico popolo romano( da cui proveniva la famiglia  di Benedetto) può considerarsi dopo i Libri Sacri ispirati,  il  più fecondo testo di dottrina e di leggi che  abbia  generato santi,  educato popoli, esposto norme di governo, irradiato nel mondo il messaggio di Cristo.-----------------------
Con ,la Santa Regola, Benedetto diede prova  di  essere  anche  sommo  legislatore.  E  ciò   non  deve  destare  meraviglia perché Benedetto attraverso i suoi  genitori,  educati  secondo la  più  elevata etica romana e  profondamente cristiani, affonda le sue radici nell'antico popolo romano di cui  porta nel  sangue l'acuto  senso  giuridico universalmente riconosciuto a questo popolo.
Nella regola benedettina  troviamo  richiamati anche  i valori necessari al  buon  andamento di  un'impresa di oggi, La Regola infatti ,dopo avere  esaltato l'importanza essenziale del lavoro (manuale, intellettuale,  artistico, artigianale) prescrive che esso  si faccia bene,  senza  tristezza, senza mormorazione; inoltre mette in risalto i  moderni  valori di  ordine , gerarchia,regolarità, puntualità.----------------------------------
Nel  campo della tecnica di governo  all'Ordine  benedettino si deve  lo strumento di  governo più  pratico che  si conosca:"Capitolo generale", che  è  in  sostanza la  prima assemblea sopranazionale europea, essendovi  rappresentati  i monasteri di tutto il  continente, come  dire il parlamento europeo.-----è in particolare l'ordine benedettino a stabilire il  principio democratico  dell'assemblea come  fonte  di  ogni potere e  il principio elettivo per  nominare  chi  governi  la Comunità e  l'obbligo del  capo ( l'Abate anch'egli soggetto alla  Regola ) di  discutere con  i suoi monaci tutti  i problemi  che li riguardassero.
Quando  nell'anno  547 Benedetto moriva, già  erano  state  gettate le basi, di  solidità davvero eccezionale,  del  monachesimo occidentale  che  attraverso le abbazie e le  altre  case  benedettine (diffuse per  ogni  dove) , costituì sulle fondamenta  della civiltà   cristiana la struttura della  nuova Europa; a pieno titolo San Benedetto è stato proclamato Padre  d'Europa.
Vero è  che  fu  Roma  a realizzare l'Europa  unita  economicamente,  politicamente, intellettualmente in  quanto ,  qualificandosi  caput  mundi e volendo per se' l'impero del mondo , ridusse  a unità quanto  era  il  mondo conosciuto. Infatti ogni persona  cui  era  stata  conferita la  cittadinanza romana , in  qualsiasi località vivesse ,era   consapevole di  far parte del  medesimo impero nel quale tutti  condividevano e  rispettavano ( o dovevano  condividere e rispettare) gli stessi principi. E  l'editto  di Caracalla  conferendo nell'anno 213  la cittadinanza  romana  a tutti gli uomini liberi delle  provincie realizzò  giuridicamente l'unità  dell'impero,.................
Tale situazione  politica  e giuridica  favorendo indubbiamente il  diffondersi del Cristianesimo agevolò l'opera  di Benedetto. Ma fu  per  l'azione evangelizzatrice  sua  e dei suoi  discepoli che  l'Europa divenne  unita nello spirito cristiano, ed è  questo  che  più conta. Fu lo spirito  che infiammò il cuore  di Benedetto  e dei suoi  discepoli, che  diede  loro  la forza per  far  nascere nel  continente  europeo , mediante la  costituzione di  numerosi centri di spiritualità  e di cultura,  una  nuova  civiltà
 quella  dell'amore annunciato e  portato da Cristo; in questa nuova  civiltà venne  riscoperta la  personalità  dell'uomo con  le sue  inalienabili prerogative e  con la sua  particolare dignità  di figlio di Dio.  L'Europa  di oggi , anche  se  notevolmente progredita nel  campo  tecnologico e scientifico, sta  diventando sempre  più povera di  valori spirituali e  rischia di  soffocare  nella  stretta dei  tentacoli della  secolarizzazione, dell'ateismo, della  indifferenza religiosa e nella  perversa spirale de  consumismo.--------------
Invero l'unità dell'Europa non  è  un  progetto  di oggi ; esso  infatti  era  stato già  accarezzato da politici come Alcide De  Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, ma  fu lentamente ,  progressivamente  affossato dagli  interessi  divergenti delle politiche succedutasi.
La verità è che l'Europa  non  ha  ancora un'anima; occorre  quindi che  attraverso le sue  gloriose radici ritrovi la sua  anima, ma potrà  ritrovarla soltanto se---memore delle parole di  San  Paolo:"Non c'è salvezza sotto il cielo se  non  nell'incontro  con Cristo"---tornerà  a  scoprire il cristianesimo come  la  sua vera identità e  con  il  Cristianesimo gli autentici   valori della  vita, quei  valori  spirituali senza  i quali ogni  tentativo  di unità  europea non potrà essere che vano.  A  san Benedetto , alla sua  Santa Regola, al messaggio di cristianità,  di sapienza e  di  saggezza in essa  contenuto dovranno  ispirarsi i popoli di  oggi  per  ritrovare  con  abbraccio fraterno la gioia e  la pace , non  soltanto quella  delle  armi   ma  anche e soprattutto  quella  del cuore, in  una Europa  unita , fedele alle sue  origini cristiane quando Europa e  cristianità erano una   cosa sola ,  un'Europa in  cui  sia  ristabilito il  primato  dell'"essere" sull'  "avere", libera dall'ipoteca del  materialismo consumista, un'Europa fraterna e giusta , aliena  dalle  false  ideologie del predominio.
è  ben  augurante che l'inno  dell'Europa unita è  proprio l'"Inno alla  gioia",  composto dal  grande Ludwig  van Beethoven musicando la  mirabile ode Alla  gioia , scritta  nell'anno 1786 dal  grande poeta  tedesco Friedrich von  Schiller che  la concepì come  un  grande  abbraccio di fratellanza nella  comune , irresistibile aspirazione di tutti  gli uomini verso la gioia  conquistata dall'uomo quando riesce a versare (per così dire) la propria anima nell'anima degli  altri godendo e soffrendo con loro.
Ecco---infine---alcune fra  le  più significative parole  dell'ode    Alla gioia:
Gioa ,bella  scintilla divina!
Abbracciatevi milioni di esseri!
Tutti gli  uomini divengano fratelli.
Fratelli! Al  di sopra della  volta stellata
  un Padre amorevole abita di certo!

venerdì 26 aprile 2019

Dalla : VITA NOVA di Dante Alighieri XXV|

26-4-2019
Tanto  gentile   e  tanto  onesta  pare
la donna  mia  quand'ella  altrui saluta,
ch'ogne  lingua  deven  tremando  muta,
e li  occhi no  l'ardiscon di  guardare.
  Ella   si  va,  sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà  vestuta;
e  par  che  sia  una  cosa  venuta
dal ciel in terra a  miracol  mostrare,
  Mostrasi  si  piacente a chi  la mira,
che  dà  per  li occhi una  dolcezza  al core,
che 'ntender  no  la può chi  no  la prova;
  e par  che  de  la   sua  labbia si  mova
un  spirito soave pien  d'amore,
che  va  dicendo a l'anima:  Sospira.

giovedì 25 aprile 2019

Da :Canzoniere di Petrarca CXXV|

25-4-2019
Chiare fresche  e  dolci  acque
ove le  belle  membra
pose colei che  sola a me par  donna;
gentil ramo ove  piacque,
con  sospir mi  rimembra,
a  lei di  fare  al  bel  fianco colonna;
erba e  fior che la  gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro sereno
ove Amor co' begli  occhi il cor m'aperse:
date udienzia insieme
a le  dolenti mie parole estreme.

S'egli è  pur  mio  destino,
e'l cielo in  ciò s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lacrimando chiuda,
 qualche grazia  il  meschino
corpo fra  voi ricopra
e  torni l'alma al  proprio albergo ignuda;
la  morte fia  men  cruda
se  questa  spene porto
a  quel  dubbioso passo,
chè' lo  spirito lasso
non  poria mai  in  più riposato porto
ne' in  più tranquilla fossa
fuggir la  carne travagliata e l'ossa.

Tempo  verrà ancor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la  fera bella  e  mansueta
e là' 'v'ella mi  scorse
nel  benedetto giorno
volga  la  vista  disiosa e lieta,
cercandomi; ed  o  pieta!
già  terra infra le  pietre
vedendo, Amor l'ispiri
in  guisa che  sospiri
si  dolcemente che  mercè  m'impetre,
e faccia  forza al cielo
asciugandosi gli  occhi col  bel velo.

Da' be'  rami scenda,
dolce ne la  memoria,
una  pioggia di  fior sovra 'l suo  grembo,
ed ella  si  sedea
umile in  tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo;
qual  fior  cadea  sul  lembo,
qual  su le  trecce bionde,
ch'oro forbito e perle
eran  quel  di  a  vederle;
qual  si  posava in terra  e  qual  su  l'onde,
qual  con  un vago errore
girando parea dir:" Qui  regna  Amor".

Quante volte diss'io
allor pien di  spavento:
"Costei per  fermo nacque in paradiso!"
Così carco  d'oblio
il divin  portamento
e 'l volto e  le  parole e  'l dolce riso
m'aveano,  e  si  diviso
da  l'imagine vera ,
ch'i' dicea sospirando:
"Qui come venn'io o  quando?"
credendo esser in ciel, non  là dov'era.
Da  indi in  qua  mi  piace
quest'erba si  ch' altrove non  ò pace.

Se  tu  avessi  ornamenti quant'ai voglia,
potresti arditamente
uscir del  bosco e  gir infra la gente.

mercoledì 24 aprile 2019

A Silvia di Giacomo Leopardi

24-4-2019
Silvia , rimembri ancora
Quel tempo della  tua vita mortale,
Quando beltà  splendea
Negli occhi tuoi  ridenti e fuggitivi,
E tu , lieta  e pensosa, il  limitare
Di  gioventù salivi?

Sonavan le quiete
Stanze, e le  vie  dintorno,
Al  tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di  quel  vago avvenir che  in mente  avevi.
Era  il maggio  odoroso: e tu  solevi
Così menare  il giorno.

Io  gli  studi leggiadri
Talor lasciando e  le sudate  carte,
Ove  il tempo mio  primo
E  di  me  si  spendea la  miglior parte,
D'in su  i  veroni del  paterno ostello
Porgea  gli orecchi al  suon  della tua  voce,
Ed  alla  man  veloce
Che  percorrea la   faticosa tela.
Mirava il ciel  sereno
Le vie  dorate e  gli  orti,
E  quinci il  mar da  lungi, e  quindi il monte.
Lingua mortal non  dice
Quel  ch'io sentiva in seno.

Che  pensieri  soavi,
Che  speranze, che  cori, o Silvia mia!
Quale  allor  ci  apparia
La  vita umana e  il  fato!
Quando sovviemmi di  cotanta  speme,
Un  affetto mi  preme
Acerbo e  sconsolato,
E tornami a  doler  di  mia sventura.
O natura, o natura,
Perché non  rendi poi
Quel  che  prometti allor? perché di  tanto
Inganni   i  figli  tuoi?

T u pria  che l'erbe inaridisse il verno,
Da  chiuso morbo  combattuta e vinta,
Perivi, o  tenerella . E  non  vedevi
Il fior  degli  anni tuoi;
Non  ti  molceva il core
La  dolce lode or  delle  negre chiome,
 Or  degli sguardi innamorati e schivi;
Ne' teco le compagne ai  dì festivi
Ragionavan d'amore.

Anche peria fra poco
La speranza mia dolce agli anni miei
Anche  negaro i fati
La giovinezza. Ahi! come,
Come  passata  sei ,
Cara  compagna dell'età mia  nova,
Mia  lacrimata speme!
Questo è  quel  mondo? questi

I diletti , l'amor, l'opre, gli  eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane  genti?
All'apparir del vero
Tu , misera,cadesti: e con la mano
La  fredda morte ed una  tomba ignuda
Mostravi  di lontano.

martedì 23 aprile 2019

ADELCHI di Alessandro Manzoni atto 4 --coro

23-4-2019
Sparsa le trecce  morbide
Sull'affannoso  petto,
Lenta le  palme , e  rorida
Di  morte il  bianco aspetto,
Giace la pia, col  tremolo
Sguardo cercando  il ciel.

Cessa il  compianto;  unanime
S'innalza una  preghiera:
Calata in su  la gelida
Fronte, una  man  leggiera
Sulla pupilla cerula,
Stende l'estremo vel,

Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mentre i terrestri ardori;
Leva all'Eterno un  candido
Pensier d'offerta, e  muori:
Fuor della  vita è  il  termine
Del lungo tuo  martir.

Tal della  mesta , immobile
Era quaggiuso il fato:
Sempre un  obblio di  chiedere
Che le  saria negato;
E  al Dio de' santi ascendere,Santa del  suo patir.

Ahi! nelle  insonni tenebre,
Pei  claustri solitari,
Tra  il canto delle  vergini,
Ai  supplicari altari,
Sempre al pensier tornavano
Gl'irrevocati dì;

Quando ancor cara, improvida
D'un avvenir mal fido,
Ebbra spirò le vivide
Aure del  Franco lido,
E tra  le  nuore Saliche
Invidiata  uscì:

Quando da  un  poggio aereo,
Il  biondo crin gemmata,
Vedea nel  pian discorrere
La  caccia affaccendata,
E  sulle  sciolte redini
Chino il  chiomato sir;

E  dietro a lui  la furia
De' corridor fumanti;
E lo  sbandarsi, e il  rapido
Redir dei  veltri ansanti;
E  dai  tentati triboli
L'irto cinghiale uscir;

E  la  battuta polvere
Rigar di  sangue, colto
Dal  regio stral;  la  tenera
Alle  donzelle il volto
Volgea  repente, pallida
D'amabile terror.

Oh! Mosa errante! oh! tepidi
Lavacri  d'Aquisgrano!
Ove , deposta l'orrida
Maglia, il  guerrier sovrano
Scendea del  campo a  tergere
Il  nobile sudor!

Come rugiada al  cespite
Dell'erba inaridita,
Fresca negli  arsi  calami
Fa  rifluir la vita,
Che verdi ancor risorgono
Nel  temperato albor;

Tale  al  pensier, cui l'empia
Virtù d'amor fatica,
Discende il  refrigerio
D'una parola amica,
E il cor  diverte ai placidi
Gaudii d'un altro amor.

Ma come il sol  che  reduce
L'erta infocata ascende,
E con  la vampa assidua
L'immobil aura incende,
Risorti appena i gracili
Steli riarde al  suol;

Ratto così dal  tenue
Obblio torna immobile
L'amor sopito, e  l'anima
Impaurita assale,
E le  sviate immagini
Richiama al  noto duol.

Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mente i  terrestri ardori;
Leva all'Eterno un candido
Pensier d'offerta, e  muori:
Nel suol  che  dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,

Altre  infelici dormono,
Che il duol  consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno  fidanzate;
Madri che  i nati videro
Trafitti impallidir.

Te  dalla  rea  progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu  prodezza il  numero,
Cui fu  ragion l'offesa,
E dritto il sangue , e  gloria
Il non  aver pietà,

Te  collocò la  provida
Sventura in  fra gli  oppressi;
Muori compianta e placida;
Scendi a dormir con  essi;
Alle incolpate ceneri
Nessuno insulterà.

Muori; e  la faccia esanime
Si ricomponga in pace;
Com'era allor  che  improvida
D'un  avvenir fallace,
Lievi pensier virginei
Solo pingea. Così.

Dalle  squarciate nuvole
Si  svolge il sol  cadente,
E,  dietro il  monte, imporpora
Il trepido occidente;
Al  pio colono augurio
Di più sereno dì.

lunedì 22 aprile 2019

La pioggia nel pineto di Gabriele D' Annunzio

22-4-2019
Taci. Su le soglie
del bosco non  odi
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che  parlano  gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su  le  tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su  i mirti
divini,
su le  ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su  i ginepri folti
di  coccole aulenti,
piove su  i nostri volti
silvani,
piove su le nostre  mani
ignude,
su  i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che  l'anima schiude
novella,
su  la favola bella
che  ieri
t'illuse, che  oggi  m'illude,
o Ermione.

Odi? La  pioggia cade
su  la  solitaria
verdura
con  un  crepitìo che  dura
e  varia nell'aria
secondo le  fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al  pianto il  canto
delle  cicale
che  il  pianto australe
non  impaura,
ne' il  ciel cinerino.
E il  pino
ha un  suono, e il mirto
altro  suono, e il  ginepro
altro ancòra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirto
sivestre,
d'arborea vita viventi;
e  il tuo vòlto ebro
è molle di pioggia
come una foglia
e  le  tue chiome
auliscono come
le  chiare ginestre,
o  creatura  terreste
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle  aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa  sotto il  pianto
che cresce;
ma un  canto vi si mesce
più roco
che  di  laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più  fioco
s'allenta, si  spegne.
Sola una  nota
ancor trema, si  spegne,
risorge, trema, si  spegne.
Non s'ode voce del  mare.
Or s'ode su  tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che  monda,
il  croscio che  varia
secondo la fronda
più folta, men  folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è  muta; ma la figlia
del limo   lontana,
la  rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa  dove, chi sa dove!
E piove su  le tue  ciglia,
Ermione.

Piove su  le tue  ciglia nere
sì che  par tu pianga
ma di  piacere; non bianca
ma quasi fatta  virente,
par  da  scorza tu esca.
E  tutta la vita è in  noi fresca
aulente,
il cuore nel petto è come pèsca
intatta,
tra le pàlpebre gli  occhi
son  come polle tra l'erbe,
i denti negli  alveoli
son  come mandorle acerbe.
E andiam  di  fratta in fratta,
or congiunti or  disciolti
(e  il  verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa  dove, chi  sa dove!
E piove   su  i nostri volti
silvani,
piove su  le nostre  mani
ignude,
su  i nostri  vestimenti
leggeri,
su  i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che  ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

sabato 20 aprile 2019

Najus e Baruc: l'AMICIZIA di Pina Maria Speranza Raciti

20-4-2019
Il  sole, del crepuscolo, rosso fuoco, incendia il deserto, vasta  area  brulla , e silenziosa, dove le dune, sull'orizzonte infinito, danno  formosità, corporatura,  imprimendo una  plasticità, a tutto  il  paesaggio.  La  strada si  snoda,  come  un serpente raggomitolato su se stesso ed in movimento, nello stesso tempo. Il  silenzio , viene  squarciato dal  rumore del  motore a scoppio di  un  fuoristrada, tutto polveroso, che  annaspa sulla  sabbia ; è guidato da un  uomo di mezza età, dal volto scuro, solcato da qualche  piccola ruga, i capelli neri perfettamente tagliati, sono  un po'  sparsi di  fili  argentati, gli  occhi neri, hanno uno sguardo molto buono.  Dal vestiario,  si nota che è un operaio, lavora  nei pozzi petroliferi , della zona. Ha  finito il suo turno di lavoro, e si appresta  a ritornare a casa. Al villaggio , che dista pochi  chilometri  , dal suo posto di lavoro, abita con la sua famiglia composta da sua moglie e da un figlioletto di  6 anni. è  già  sera , quando Kamin ,  giunge  al villaggio, luci   fioche ai crocicchi illuminano la strada; giunto  davanti alla  porta della propria casa, si  ferma , suona  il clacson, prima di scendere, per  avvisare  la sua famiglia del  suo arrivo. La porta principale ,  un cancelletto di ferro ,  si apre  in un  ampio cortile , tipico  dei paesi   orientale,    le pareti  imbiancate  della casa  limitano per tre lati , il cortile,  lo rendono bianco e fresco,  durante il giorno.  Il cortile , è arricchito  da  palme per  proteggono dal  caldo  e danno frescura la sera. La sera  è il momento d'incontro,  attorno al desco per tutta la famiglia, Najus è un bambino meraviglioso, bello  nei tratti  somatici del viso , ricorda  tanto  quello   della mamma; è  ubbidiente  ed ha una saggezza che contrasta  con la sua età. Molto vivace e ricco di iniziativa,  è amato  dai  suoi compagni di gioco e di  scuola. Najus, ha un amico , grande,  buono ,e silenzioso, che  lo segue ovunque, è un  bellissimo  terranova, dal lungo pelo  nero, ricco di bontà, dolcezza, pazienza , amore e  fedeltà al suo padroncino; si chiama  Baruc. Najus, spesso  si  isola  con  Baruc, in un luogo appartato e  segreto, dove al fresco delle  palme e al  dolce suono  dell'acqua  che  scorre nei  canali , si sdraiano, Baruc, fa  da cuscino soffice e pomposo  al suo  padroncino, Najus, nel silenzio  dell'oasi  libera la sua fantasia, e con il suo  amico, Baruc,  compie le gesta più eroiche, e cavalleresche, che mai bambino  abbia compiuto . Così , Najus e Baruc,  cavalieri al servizio  del  savio califfo Rasch'id,  vagano per monti e valli e  per mari, combattendo da valorosi , contro il male , per il trionfo della giustizia.  Hanno  molti amici, nel mondo, bambini cinesi,  giapponesi, europei e tutti  amano Najus ed il suo amico,  sono  venuti il loro soccorso, quando si  sono trovati in difficoltà.
Sono amici  di Najus e di Baruc, gli  animali:
Paolino, gufo, che  tartaglia, dal cuore  d'oro,  che vive in un  bosco dell'appennino  tosco-emiliano, con falchi ed aquile; la capretta Peppina, dell' Himalaya, che fa il latte per  un bambino pakistano, tutto  ricci neri, e  la tartaruga Giulietta, che vive in un  giardino un po' desolato, della Sicilia, insieme  a due  bambini: Massimiliano e Cristina. Vi sono tanti amici anche fra  le graziose  violette, e  le semplici margherite  dei campi.
Najus ed i suoi amici parlano una sola lingua quella dell'Amore e dell'Amicizia. Sono  tutti consapevoli di essere  la Luce  e la Speranza che illumina il mondo. Nel  cuore di Najus  c'è un grande sogno , potere stabilire  una lunga catena  di :  amore , amicizia, solidarietà, con tutti i bambini del mondo.
Tempo fa', ho scritto delle fiabe, che non ho mai reso  pubbliche, in occasione , di questa Santa Pasqua, volendo porgere i miei auguri  pasquali a tutti i bambini ed in modo particolare a quelli  che vivono in assoluta indecenza fisica e morale, ho scelto questa fiaba.
Scorrono  davanti agli occhi , della mia memoria , le immagini di bambini, vestiti di stracci , che pescano nei cumuli di spazzatura, di bambini  sottoposti  a lavori disumani,  bambini denutriti, che piangono per la fame ecc, è il loro sguardo  che ferisce il mio cuore, perché  esprime non solo tanta sofferenza, ma anche la rassegnazione a non avere il diritto ad un'infanzia. Un sentimento d'impotenza mi paralizza, mentre provo , vergogna, andando  con la memoria alla mia stupenda infanzia. Agli adulti lascio due  riflessioni:
La prima ,mi porta  al Vangelo,ed è  l'immagine più bella in assoluto che il vangelo dà di Gesù:
Gesù e i bambini;
La seconda è  dotta, Jean Jacques  Rousseau, è il padre della pedagogia moderna, ha scritto un libro:" EMILIO", è u testo superato; ma è l'intuizione  dell'autore, che ho sempre  amato .
Il bambino, ha una natura buona, il male  è nella società. Quindi è la  società , che corrompe  e distrugge la natura buona del bambino.

venerdì 19 aprile 2019

Venerdì Santo Passione del Signore " La croce dell'Amore è la croce dell'OBBEDIENZA" P. Pellegrino Ernetti o.s.b.

19-4-2019
La croce  è  la croce dell' OBBEDIENZA, perché la croce  di Gesù.  San  Benedetto parla di "solerzia dell'obbedienza" e di "ignavia della  disobbedienza";con la prima  ci si salva,  con la seconda  ci si danna!
Nell'economia  della  salvezza, infatti, quella  autentica apportata da Cristo sulla terra ,  tertium non  datur non  c'è  e non  ci  sarà  altra via di "ritorno al Padre se non  quella  già percorsa da Gesù che  è  venuto sulla terra  unicamente per " fare  la volontà del Padre mio, che  mi ha mandato", sino  a costituire  di questa  obbedienza nientemeno che "il  suo cibo:il mio  cibo è fare la volontà del  Padre" L'obbedienza , ci dice  san Bernardo:"Cresce, si  matura  e si perfeziona soltanto quell'anima che si  ciba  di  questo nutrimento; infatti solo l'obbedienza è vera  vita  in cielo e in terra. Per l'obbedienza al  Padre vivono tutte  le creature celesti; per  essa vivono le creature terrestri. Nulla  sussiste se non  nella  vita dell'obbedienza al "SI" del Padre  che crea e  sostenta  l'universo e tutti  i suoi  abitanti. Lo stesso  Salvatore nostro vive  unicamente dell'obbedienza al Padre; ed  Egli  si dona a noi  nel  cibo  eucaristico in quanto è la  personificazione dell'obbedienza al Padre: l'Eucarestia è  Cristo --cibo  nostro nel quale  vive  il Padre nella più  perfetta vita divino-umana"
Il  primo  ed unico  modello  della nostra "ricerca  di Dio" è Gesù,  perché è il  primo modello dell'obbedienza al Padre. Egli è il  primo  ed unico esemplare. Come  è possibile che  Gesù, vero Dio,  cercasse Dio?-------------il Marmion, dice:" è vero  che  Gesù è Dio, luce  che  sgorga dalla luce increata, Figlio di Dio vivo , eguale al Padre. Ma  è  anche  uomo; è veramente come  noi per  la natura umana: e  benché essa sia  unita indissolubilmente alla  persona  divina del Verbo;  benché l'anima  santa  di Gesù godesse le delizie  della  visione  beatifica, incessantemente attratta nel  flusso divino che  porta il Figlio verso  il Padre necessariamente, è pur  vero  che  l'attività umana  del Cristo quale  derivava dalle sue  facoltà umane come  da sorgente immediata , era  sovranamente libera. Nell'esercizio di codesta libertà possiamo  riconoscere in  Gesù  la ricerca di Dio.---------------------------All'entrare in questo  mondo, il  primo atto  dell'anima  di Gesù fu  un  intenso  slancio  verso il Padre suo: Ingrediens mundo dicit...Ecce venio. In capite libri scriptum est de me : ut  faciam, Deus,  voluntatem tuam(Ebr 10,5ss.)  è questa  la sua  disposizione iniziale; ce lo dice  il Vangelo: Non cerco la mia volontà, ma la  volontà di colui che mi  ha  mandato(Gv 5,30). Il Marmion,  a proposito del  primato assoluto dell'obbedienza al Padre da parte di Gesù, prosegue:"Nessun ostacolo pote' arrestarlo. A dodici anni  lasciò  Sua  madre, la Vergine Maria, e  rimase a  Gerusalemme: eppure nessun figlio più di Lui  amava  Sua madre; tutto  l'amore  dei  cuori filiali sarebbe  come  una  tremula scintilla di  contro ad una fornace  incandescente. Ma  appena si  trattava della  gloria del Padre ,  della Sua volontà, pare  che  l'amore per la madre non  conti più. Sapeva  Gesù  in quale  abisso di  angosce immergeva il cuore di Lei; ma la  gloria  del Padre lo  richiede, ed Egli non  esita---non sapete che io  debbo  consacrarmi tutto  a ciò che  riguarda il Padre mio?(Lc2,49).------------------------------------------L'obbedienza è l'unica legge assoluta dell'universo,dopo quella  dell'Amore. Dio  è amore , e chi  vive  nell'amore, vive  in Dio e Dio in Lui, ci dice san Giovanni. Ma  l'amore genera , prima di tutto  ciò che  è  creato , la OBBEDIENZA, dalla  quale  tutto proviene e  tutto sussiste. è  legge divina che  governa le Tre  persone  della Trinità; è la  legge del  creato perché tutte  e  singole  le creature sono  scaturite da  un  atto  di volontà della Trinità, e  tutte  hanno  obbedito al Suo FIAT eterno..persino"il nulla" ha  obbedito , perché dal nulla  tutto  obbedì e tutto  fu!
Querere Deum virtutum omnium perfectio est= Cercare Dio è la perfezione di tutte le  altre  virtù, dice  san Bernardo. Ma  aggiunge subito: Sine oboedientia impossibile qaerere Deum=è impossibile cercare  Dio  senza  l'obbedienza." Cercare  Dio  è  bene supremo. Quanto a me  lo stimo sopra ogni altro bene dell'anima.è il primo  dono  e l'inizio di  ogni progresso. Non  si aggiunge ad  altra virtù, ne' è  inferiore ad  alcuna,  non però  alla  obbedienza, la quale ci  comanda essa  stessa di  cercare Dio incessantemente..."(Cat. serm. 84)
Sant'Agostino così prega:
"Signore  mio Dio , in  cui  ho  posto  ogni  mia  speranza: esaudisci la mia preghiera. Non permettere mai  che io  sia  accasciato da  rinunciare a Te, ma  fa  che  con  ardore  continuamente rinnovato ,l'anima  mia  aneli di vederTi. Dammi  la forza di  cercarTi sempre, nella  perfetta  obbedienza al  Tuo volere, Tu  che  incoraggi, la  speranza di  quelli che Ti  cercano, e  da essi  Ti  lasci  trovare"(De  Trinitate,1,15,c.28)

giovedì 18 aprile 2019

Giovedì Santo Cena del Signore "Non tornare indietro Signore" di : Robindronath Tagore

18-4-2019
Se la  porta del mio cuore
resta  chiusa, o Signore,
sfondala ed  entra nel mio  animo,
non  tornare indietro, o Signore!
Se  qualche giorno nelle  corde del liuto
non  risuona il  tuo  dolce nome,
per  pietà, aspetta un poco,
non tornare  indietro, o Signore!
Se  qualche volta la  tua voce
non  rompe  il mio sonno profondo,
risvegliami con  i colpi del tuono,
non  tornare  indietro, o Signore!
Se  qualche  giorno sul  tuo  trono
preferirò far sedere un altro,
o"Re" di  tutti  i giorni  della mia  vita,
non tornare  indietro, o Signore!

martedì 16 aprile 2019

L'uomo che aveva una nuvola (motivo d'ARABIA) , Malpiero

16-4-2019
Narrano che  visse  un tempo,tra i figli d'Israele, un uomo molto conosciuto dal prossimo per  la sua devozione e  per  la sua vita  esemplare.  Quando pregava Iddio di  qualche grazia, essa  gli  veniva  concessa  immediatamente.  E sempre, quando camminava per  boschi  e valli ,  per pianure e montagne una  nuvola lo seguiva e  gli  versava addosso--anche  nei deserti---l'acqua per  ristorarsi e per  compiere le  abluzioni di rito. Era  questo  il  costante segno  della  benevolenza divina.
Ciò durò fino  al giorno  in cui  l'uomo si  stancò di  devozione e  di  sacrifici e  si  concesse piaceri e  distrazioni terrene: subito Iddio fece scomparire la nuvola e  non  esaudì le domande di grazie.
Ben  presto l'uomo si  avvide  del castigo: rinsavì e  rimase  addolorato,  rimpiangendo il  tempo  del miracolo.  Si  macerò nei  digiuni e nelle  penitenze; e  una  notte  udì in  sogno una voce  che  gli  disse:
"Se  desideri che il Signore ti  renda  la nuvola,  vai  dal re  del lontano  paese di Araf e  chiedigli di  pregare  per  te.  Solo le sue  preci possono indurre Iddio a  concederti di nuovo  la nuvola e  l'assistenza! Però, devi  attraversare deserti vasti  e terre  desolate".
L'uomo , senza  perdersi d'animo,  intraprese il  lungo e  difficile viaggio: attraversò i deserti, si  trascinò per  zone  solitarie e selvagge dimore  di  bestie feroci ; e dopo mesi  giunse al  paese  indicatogli dal  sogno.  Chiese a una donna  dove fosse  il palazzo reale e , ricevette le indicazioni esatte, si  presentò alle  soglie. Davanti all'ingresso un  servo era  assiso sopra  un  tronco: l'uomo salutò umilmente, e l'altro gli domandò:
--Che cosa cerchi, in  questa reggia?
--Desidero esporre una  supplica al sovrano-- rispose l'uomo,
---Oggi  non è possibile vedere il re --disse il servo sul trono.---Egli  ha stabilito di  concedere un giorno della settimana a  chi  ha  bisogno  di esporgli le  proprie suppliche: e  questo giorno è sabato. Vieni dunque allora.e  sarai  ammesso alla  sua  presenza..
L'uomo pensò subito:
"Mi sembra  che il re  non si  comporti da  persona  pia , isolandosi dal popolo sei  giorni su sette!....Come  è  possibile che  si  tratti  di un  prediletto del Signore, se  agisce in tale maniera?".
  Pur  cominciando a  dubitare del  sogno, attese il sabato,  poi  andò al palazzo e si  confuse con  numerosa gente che  attendeva l'autorizzazione per  presentarsi all'udienza. Restò  lì in mezzo alla calca ,  tranquillo, finché non  venne  un  ministro, preceduto da valletti di corte, ed esclamò:
---Entri chi  ha suppliche da esporre!
Tutti entrarono, salirono una  scala di  marmo e  furono introdotti nel  salone delle udienze.  Il re  sedeva sotto un  baldacchino di porpora e aveva al fianco i  dignitari dello  Stato, in  ordine di  importanza.  Il ministro condusse i supplicanti uno  alla volta al  cospetto del  sovrano; ma,  quando venne  il turno dell'uomo, il re  lo fissò negli occhi  e disse:
--Benvenuto anche  a te!... Siedi laggiù e aspetta che  io  sia  libero di ascoltarti in pace, uomo della nuvola!
Egli rimase  sbalordito e  comprese che  quel  re  era  veramente un  protetto  del Signore.   Conclusa l'udienza, i  dignitari presero concedo; e il re  chiamò lo  straniero, lo prese  per  mano e lo  guidò nel  proprio appartamento personale. Sul limitare, stava  di guardia un  gigante nero come  l'ebano,                                con  un'armatura lucente e  con  uno splendido elmo sul  capo : a destra e  a sinistra  stazionavano soldati con archi e spade.  A un cenno del re , il negro  dischiuse l'ingresso: i  due  traversarono un corridoio, sbarrato al termine da  una  piccola  porta ; il re  trasse  una  chiavetta dal seno e  aprì,  cedendo quindi il posto all'ospite.  L'uomo contemplò un  vestibolo tetro,  con  le pareti corrose dal  tempo; di lì, passò in  una stanza  simile a  una  cella  al  cui  centro si  stendeva un tappeto per  le preghiere: unici oggetti, oltre quello , erano  un recipiente per  abluzioni e  alcune larghe foglie di palma. Subito il sovrano aprì un armadio a muro e ne  trasse una  rozza  tonaca di lana  di  pecora ; si spogliò dell'abito  pomposo, indossò l'umile  veste e si  pose  in testa  un  berretto tondo di  panno . Fece quindi sedere  l'uomo accanto a se' sul  tappeto e  chiamò la moglie.  Da  un usciolo apparve la regina , pure  in abiti dimessi.
-- Cara -  disse il  consorte --sai tu chi è  questo ospite nostro?
---Si!---rispose lei  sorridendo.---è  l'uomo della nuvola.
----Vieni  avanti---continuò lui ---e  non  avere  scrupoli.
Ella  si  tolse il velo  dal capo  e mostrò un viso di celestiale bellezza, incorniciato da  folti capelli biondi, spruzzati qua  e là di grigio.
---Fratello ---rispose il re ---vuoi conoscere la mia storia, o  preferisci che  preghiamo immediatamente per  la tua grazia ?
---Signore --- mormorò l'uomo-- ora  desidero innanzi  tutto  conoscere  la tua storia.
----Sappi  che  da  secoli i miei antenati si  trasmisero il regno  felicemente, di  primogenito in primogenito; e, nell'eterno fluire del tempo,   giunse il mio  turno attuale. Ma  il Signore mi  aveva  ispirato fin  da  fanciullo ad amarlo, e  il manto regale mi  risultò odioso e pesante: avrei  desiderato andarmene come  pellegrino per  le vie  della terra ,  lasciando che il popolo provvedesse a se  stesso.  Mentre  stavo  meditando sulla  opportunità di  seguire il mio  istinto,  scese a un tratto  nel mio  animo la preoccupazione che  la  mia gente potesse  travolgersi nell'anarchia e  nella discordia.  Allora rinunciai ad  andarmene,  salii al trono, nominai degni e bravi governatori nelle  provincie, affrancai gli  schiavi e  amministrai le leggi.  Non  appena  le cose  funzionarono come  era  mio  intendimento, mi  accontentai di  vigilare per  il tempo necessario,  fissando ai  sudditi una  udienza settimanale  e ascoltando dalle  voci le storie dei  bisogni, delle  ingiustizie, delle  sventure e  del  vario  svolgersi della  esistenza quotidiana.  Così , adagio,adagio, sono  riuscito a conciliare le esigenze del trono  con le esigenze  dell'anima: per alcune ore  del giorno, partecipo a  cerimonie, firmo  i documenti dello stato, discuto i  nostri problemi coi  ministri; al termine di  queste  cose,  vengo a chiudermi in  questo  appartamento  che  è  la mia  vera casa , mi  tolgo i vari  abiti fastosi e indosso la rozza  tonaca  che  tu  vedi. Per  mia  felicissima sorte, ho  sposato una  donna  veramente unica  nelle  virtù terrene e  nel  timore di Dio. Osserva  mia moglie :anche  lei  ricopre di panni  umili  la propria bellezza e mi  è  fedele compagna nell'ascetismo, aiutandomi a servire e a  glorificare  Dio.  Rifiutiamo entrambi le feste ,i banchetti, i cibi sopraffini delle  vanità regali, e  vogliamo guadagnarci il pane come  il  più umile  artigiano dello Stato. In  queste  ore libere del giorno, noi lavoriamo le foglie di  palma trasformandole in stuoie, allo scopo di  interrompere il digiuno nelle prime ore serali. Mio caro, tale  è la  nostra  esistenza da  oltre  vent'anni. Non  c'è altro  da raccontarti..... Resta adesso  con noi ,  ospite al  desco: dovrai però attendere che  le stuoie fabbricate ieri vengano vendute. Poi  trascorrerai la notte  in preghiera e  te ne  andrai domani allo spuntare  del sole, con la speranza che Iddio voglia concederti ciò  che è  nel tuo desiderio!
L'uomo si inchinò , turbato: e provò maggiore vergogna nell'animo,  rammentando i falli commessi e la punizione avuta.  Al tramonto, venne dal re un  fanciullo, che  prese le  stuoie di  foglie di palma e le portò al mercato. Di lì a un'ora egli era di ritorno, con  un  cartoccio di pane e di fave.Il re , e la regina e l'ospite mangiarono insieme, bevendo purissima acqua di fonte. A mezzanotte, egli fu  accompagnato in una stanza , e i due sposi regali lo lasciarono assorto nella  preghiera, ritirandosi per  pregare alla propria volta separatamente.  Quando  sorse l'alba , l'ospite si  inginocchiò sul tappeto; e il  re  esclamò:
---Mio Dio , questo tuo indegno servitore ti  prega di  accogliere il  pentimento e il desiderio del  pellegrino che è giunto fino  a queste soglie!....
Costui ti chiede di  rendergli la nuvola, segno della  tua  grazia!.....................
Se la mia preghiera può  essere accolta, esaudiscilo, e  rendergli la nuvola
Ed ecco; nel cielo , spuntò la nuvola: il re  la indicò all'uomo, il quale  pianse e partì in umiltà da quel luogo.  Egli uscì all'aperto, dirigendosi verso la campagna; e la  nuvola riprese ad  accompagnarlo, bianca e lieve come un'anima monda dal peccato.

sabato 13 aprile 2019

Pace nel mondo di : Pina Maria Speranza Raciti

13-4-2019
"A  un livello più profondo, le  persone radicate nelle  proprie  tradizioni religiose, possono condividere le  loro  esperienze di  preghiera, contemplazione,  fede e  doveri, come pure i loro  modi di  ricerca dell'Assoluto. Questa forma  di dialogo può essere un  reciproco arricchimento e  una  fruttuosa cooperazione per promuovere e  preservare i  più alti  valori e  gli  ideali spirituali di tutti i popoli. Il dialogo religioso conduce naturalmente ciascun partner a  comunicare all'altro le ragioni della propria  fede. Le profonde differenze che  a  volta esistono tra le  rispettive fedi religiose non  impediscono il dialogo. Quelle  differenze , piuttosto, devono essere rimesse con  umiltà e fiducia a  Dio, che "è più grande dei  nostri  cuori"( 1Gv 3,20). In questo  modo anche il  Cristiano ha un'opportunità di  offrire all'altro la possibilità di  sperimentare in  modo esistenziale i valori del Vangelo"(L'atteggiamento della Chiesa  riguardo ai Credenti di altre  Religioni. Riflessioni e  orientamenti concernenti dialogo  e missione, dal Segretario Vaticano per  i non -Cristiani, 1984,n.35)-------------
----Come  ripete Giovanni Paolo 2° ogni  volta  che  tratta  tale  questione, e in particolar  modo nella  giornata di  preghiera ad  Assisi il 27-ottobre 1986:  "ogni  preghiera autentica è  suscitata  dallo  Spirito  Santo che,  misteriosamente , è  presente nel  cuore di  ogni  persona".--------
-------Il dialogo è letteralmente, una  parola che  si  lascia penetrare da  un'altra, una  parola  vera che  viene dal cuore e  che  tocca  il cuore  dell'altro.-------
----La preghiera vissuta in  comunione  con  i credenti  di altre  religioni è  un'esperienza che  trasforma  profondamente la coscienza religiosa. è  un  cambiamento di mentalità impensabile.------------------Il vero  incontro tra l'oriente  e l'occidente avviene  dentro  ciascuno di noi . Quando è vissuto nelle  giuste  condizioni, la  scoperta della  cultura e della  spiritualità orientale agisce  come  catalizzatore in  un  processo di unificazione interiore.
--Non  è mia  volontà , affrontare il complesso , dialogo inter- religioso; ma ricordando:"lo Spirito d'Assisi" voluto da Sua Santità ,San Giovanni Paolo 2°; desidero  parlare di pace nel mondo.
Sono molto piccola ,per comprendere , il progetto  di Sua  Santità, credo  che lo Spirito d'Assisi, era ed è , la volontà di un inizio  di  dialogo, con  e fra tutti  i credenti, per  un  progetto di  costruzione, di una  pace  e giustizia, nel mondo.
Pace nel mondo:  cosa  vuol dire ,  desiderare la pace nel mondo, pregare per la pace? 
In un mondo,  dove  sono presenti sparsi per  tutto il pianeta, conflitti; dove viene  calpestata la dignità dell'uomo, e sono negati molti diritti; dove  in nome  della  selvaggia e  possente  cupidigia, il  pianeta  terra  rischia di morire.
La , pace e la giustizia, sono il dovere  etico,  di tutta l'umanità;  è il  dovere etico della politica di tutti i  popoli, ma, soprattutto, delle grandi potenze.  La pace  nel mondo, è la via  che l'umanità  deve  percorrere, per  costruire un mondo più  giusto a dimensione  umana, per una convivenza  pacifica dei popoli!
L'umanità , nel  suo cammino, ha  costruito, civiltà grandi e diverse, ed ha  percorso un  cammino religioso diverso. Questo porta alla presenza, di popoli con  diverse  identità , sociali- storiche-religiose.
Un processo, formativo, educativo, culturale, dei  popoli,  costituisce lo strumento, per  sconfiggere, i tabù, i pregiudizi, l'ignoranza,  che sono  la linfa che alimenta, integralismo, e  fanatismo religioso. Pace e giustizia nel mondo, come  convivenza  pacifica dei popoli, nel  rispetto  della  loro  identità culturale e  religiosa, e  di dialogo e  conoscenza  dell'altro.
è  compito di  tutti noi:"umanità" diventare costruttori di pace  e di giustizia, nella  molteplice differenza. Il dialogo, porta  alla  conoscenza  ed al rispetto dell'altro, al rispetto della propria  identità, in questo  modo, la differenza  può divenire ricchezza, ed il  globale, un mondo di pace.

domenica 7 aprile 2019

5° domenica di quaresima anno C : Il mondo dei "precetti" mizvoth di: rav. Luciano Caro

7-4-2019
"Così dirai alla casa di Giacobbe e  riferirai ai  figli  d'Israele: Se  darete ascolto  alla  Mia  voce e  osserverete il Mio  patto, sarete per  Me uno  speciale possesso tra  tutti  i popoli perché a Me  appartiene tutta la terra"(Esodo 19,3,5)
In questo  notissimo passo dell'Esodo è  tracciata la funzione che Israele deve  svolgere tra  le genti. Il popolo ebraico è  un  popolo distinto dagli altri in  quanto è chiamato ad  ascoltare la "voce di Dio" e a  osservarne il  patto.
L'osservanza di  questo  patto non  consiste  per  l'ebreo in  pochi atti  da  compiersi in  circostanze speciali, ma  nell'applicare nella vita quotidiana le norme stabilite da Dio che  investono tutti gli  aspetti dell'esistenza. Tutti  gli  atti  della vita dell'ebreo sono pertanto disciplinati dalla Torà( la  legge di  Dio contenuta nel  Pentateuco) mediante una  serie di  mizvoth (sing. mizvà) o  precetti, obbligatori per  tutti  gli  adulti.----------------Mizvoth, si tratta  piuttosto di una serie di principi generali, ognuno dei  quali abbraccia un  complesso di ordini e  di  divieti che  sono  tramandati dalla tradizione  orale.---------------La  prima  raccolta scritta delle  leggi tramandate oralmente è  la  Mshnà (redatta nel 2° secolo) che  comprende deliberazioni legali tramandate nei  quattro secoli precedenti. Il materiale  contenuto nella Mshnà è  stato oggetto di  commenti , elaborazioni, dibattiti nei secoli successivi. Il testo della  Mishnà  accompagnato dalle successive discussioni (Ghemarà) costituisce il  Talmud( "studio").  -------- Torà scritta, Mishnà e Talmud sono  dunque le fonti della  halachà ("comportamento"), la normativa ebraica. Le  singole regole di  applicazione, raccolte successivamente nei codici, sono chiamate dinim.-----------------Il contenuto  dei  precetti , pur  se  vincolante per gli Ebrei, è ricco di elementi di  universalità e di  principi etici validi per  tutti  gli  uomini. La  loro  applicazione può promuovere una  società più progredita e libera; una  umanità maggiormente unificata e consapevole. Si  può parlare   pertanto del valore etico  permanente delle  mizvoth.  Allo scopo di educare  l'animo dei suoi  membri l'Ebraismo ritiene  che  non vi sia  nulla  di  meglio  che  proporre l'idea del  Monoteismo in ogni  atto del  quotidiano educando alla  consapevolezza che  il nostro comportamento deve  essere  costantemente  e  totalmente  ispirato agli  insegnamenti  di Dio.
Non è corretto quindi  parlare  delle  mizvoth come  di atti  puramente formali.  L'osservanza  dei  precetti  costituisce un  costante esercizio  volto a educare  l'animo a  una  severa  disciplina morale che  investe tutti  gli  atti , anche i più  banali , dell'esistenza e potenziare la  capacità di  relazionare il divino che  è in noi. 
Accanto a  norme  di cui è facile  rilevare  con  immediatezza  la motivazione, quali la tutela dello  straniero, della vedova e  dell'orfano e,  in generale,,del più debole; il rispetto  per la vita ; la  solidarietà; l'onestà  dei  rapporti tra  uomo e uomo, e  così  via  ve ne sono,  nella  Torà, altre  per  la quali è  più arduo trovare una  motivazione razionale.  Si  pensi alla  complessa normativa che  regola  l'alimentazione con  una  dettagliata elencazione di cibi  proibiti e  di mescolanze  vietate; alle norme sulla "purità rituale"; al  divieto di indossare abiti confezionati con  tessuti contenente  lana e lino, e altre ancora.   Alcuni  sostengono che  non è in  nostra  facoltà capire il significato di  tutti  gli insegnamenti che Dio  ci  ha  dato; comunque non c'è  dubbio che  tutte le mizvoth hanno una  motivazione chiara ed  esplicita  fare  di Israele un popolo "speciale", il popolo  sacerdotale e consacrato.
I precetti sono  un  mezzo per  preservare Israele dall'assimilazione e  mantenere la propria individualità.  Attraverso la  disciplina imposta  dalle  mizvoth il popolo ebraico può adempiere la sua  missione nella  storia, una  missione di umanità e  di giustizia che lo  deve  portare a essere esempio di moralità per tutte  le genti:" Voi  siete per Me  un reame  di sacerdoti e  una  nazione consacrata"(Esodo  19,6)
Pasqua cristiana, è tempo di pace, il mio augurio , che il popolo di Israele , trovi la pace. Che  nella martoriata terra santa, possa nascere , la speranza  di una pace duratura fra i due popoli che l'abitano:Israele, e Palestina.  Che si possa comprendere che un cammino di pace, può iniziare  deponendo l'ascia di guerra ,solo  un cammino di pace può portare alla giustizia.

ESODO:DECALOGO: Non deporrai falsa testimonianza contro il tuo prossimo Pina Maria Speranza Raciti

7-4-2019
Nel  cuore  dell'umanità, c'è :"CAINO";  l'odio omicida  contro il fratello, nasce dallo squallore della propria vita; da  quelle che  vengono  definite:"frustrazioni". Sentimenti, come: gelosia, invidia , alimentano, le frustrazioni, che possano sfociare, nell'azione  estrema dell 'omicidio, o nella modalità più subdola:"la calunnia".
La calunnia , non  esprime mai  la verità sulla  vittima, ma è l'anima  nuda , di  chi la formula!
La mia terra, la Sicilia, vive  da sempre , in  conflitti sociali  piuttosto  complessi, che  possono  essere  schematizzati, nel fatto che la  sua  popolazione, si  divide in  due  anime, una il popolo, ignorante, miserabile , che  solo  in  questi  ultimi anni ,  ha raggiunto un  certo benessere economico. Il cui  sentimento di  odio atavico, nei  riguardi  dell'altra anima,  della società siciliana, rimane vivo. L'altra  anima siciliana, agiata,  che  da sempre ha  avuto un  sentimento di sfiducia, di disprezzo, per il popolo.
Vivo in un ambiente sociale, mediocre, squallido, dove il  miglioramento delle condizioni socio-economiche ,  ha portato alla formazione di  una classe  sociale  di parvenu.
Un odio mortale , nei  riguardi della mia  persona e della mia famiglia, presente da sempre, è  cresciuto, fino a  soffocare la mia vita. Ed  ha portato ad  una serie  di calunnie, che hanno  investito me , la mia famiglia ed i miei santi morti. Tutto ciò che è stato ed è la nostra  vita a Belpasso, ha  da sempre  suscitato :odio, gelosia  ed invidia, semplicemente,  perché siamo diversi  da loro. Classe,  eleganza,  cultura, educazione, sono talenti, non accettabili, in una realtà, fatta di:miserabili, brutti, volgari , cafoni. La gravità di  questa realtà si è fatta  insostenibile, da 25 anni, sopratutto la mia persona è stata spogliata di tutto:
onore, dignità, onestà, livello sociale, cultura, studi universitari.  Sono stata  perseguitata, braccata  come un animale, cercando uomini mai esistenti, amanti mai esistiti.  I miei presunti amanti, non  sono persone reali, ma  semplicemente frutto , del  vomito delle  mente putride che mi  circonda. I miei  errori, in  questa situazione, sono stati:
1°) aver pianto difronte  a tutta questa violenza;
2°) aver  gridato  la mia innocenza, perché così  facendo,  ho  realmente denunciato, la verità sulle donne , dell'ambiente  sociale in  cui vivo.  Mettendo così i paletti , fra me  e loro.
L'io collettivo, profondo, delle  donne  del popolino siciliano, è infatti  " la lupa di Verga".
Sono  stata da sempre  molto , corteggiata;  non  ho mai  cercato  di attirare i ragazzi; perché amo profondamente i  miei  studi, e  ho sempre cercato di  soddisfare  solo la mia sete  di conoscenza. Sono i libri , e i miei studi, i miei interessi principali. Sono cresciuta in un ambiente familiare , sano e ricco di luce, dove sono stata  da sempre  amata,  curata,  protetta, viziata. Il mio  papà da giovane , era  un bel ragazzo, lo zio  Ulderico, il fratello della mia mamma, era  un  uomo di classe, e così pure (nelle foto) il mio nonno Peppino.  Ho , quindi, da sempre  l'immagine, dell'uomo elegante,  di classe, educato, e colto. I miei  studi,  fatti  con  grande  impegno sin  da ragazzina, le mie letture, hanno  completato e raffinato molto i miei  punti di vista.   Ragion per cui i ragazzi, che osavano avvicinarsi  a me ,  mi infastidivano, li  consideravo degli insetti fastidiosi, da respingere con un po' di cattiveria, e poco garbo. Solo più tardi,  all'università,riconoscendo la mia poca umanità, alla stupida e volgare " dichiarazione", ho risposto  offrendo :"l'amicizia".Molti sono andati via, delusi come era prevedibile, sono rimasti come amici: un collega di medicina , la mia facoltà, ed un ragazzo di Belpasso. Sono stati accolti in casa , divenendo amici di famiglia.
Dopo  molti anni, ho scoperto, che loro non  sono mai stati miei amici, ma hanno  semplicemente conservato nei miei riguardi , le loro pulsioni. Questa constatazione  mi ha fatto molto male, mi sono sentita umiliata e tradita; ma la colpa è mia , ho preteso di poter cambiare dei  figli di  contadini, in  distinti borghesi colti.  Non si cambiano le persone,  si accettano  per ciò che sono, se  non possano relazionare con noi , si taglia!
è Pasqua, perdonare , chi mi ha  derubato  di 25 anni  della  mia vita, perseguitandomi con  infamie, non è  facile! Solo  oggi , riesco  a pregare per  i miei assassini, ma  ancora nel mio cuore , non c'è pietà per loro.
Consegno, la marmaglia che  mi  ha  aggredita , al giudizio della  società perbene; e spero che  possano  comprendere la verità, che la loro malvagità , ed ignoranza, non  fa vedere:
aggredendo me  hanno messo a nudo la loro anima. Gli orrori  di cui  io sono vittima non  rispecchiano me ,ma è la verità  su di loro!

mercoledì 3 aprile 2019

Sciaibar, il nano scaccia invidie da: Arabia, Malipiero 2°

3-4-2019
E, la  mattina  dopo, i tre  principi, provvisti di tre  archi e di  tre  frecce d'oro uguali, le  scagliarono con  forza e  maestria. Più vicina fu  trovata la  freccia Hussein, più  lontana quella  di Alì; quanto a quella  di Ahmed non  ci  fu  modo  di  pescarla più.  Il Sultano si  trovò in  grande  imbarazzo anche  questa  volta, poi per  non  continuare più quella storia , decise di  dare Alifa ed  il trono ad Alì.
Hussein ne  provò tanto  dolore  che  non  si  sentì più di vivere a corte. Si  vestì  da eremita e si  presentò al padre:
--Padre  mio, vedo che  la vita ci  inganna, pare  ci  prometta tanta  gioia e poi  non ce la dà. Desidero dedicarmi alla  penitenza. Voglio diventare  un santone. Il padre ne ebbe dispiacere, e  molto , ma  quando lo vide tanto deciso lo  abbracciò, e  gli  diede il permesso di partire. Ed ecco venire da lui  Ahmed.
---Cosa vuoi fare anche tu, figlio mio ,  che  ti vedo  pronto, tutto  vestito da viaggio?
---Padre mio, non  posso resistere al  desiderio di  andare  a cercare  la mia freccia scomparsa. Sembra un  sortilegio gettato su di me .  Debbo assolutamente trovarla!
Il Sultano,  questa  volta , rimase un poco stupefatto.  Poteva capire  che per  il dolore di  avere perduta la donna amata ci  si  potesse fare  eremiti, ma che  si  partisse per  conquistare in  cambio una  freccia, gli  sembrava un po' strano.  Pure pensò che  sarebbe  stata ad  ogni  modo  una  distrazione , benedì anche  questo figlio, l'abbracciò, e  anche  questo partì.  E  cammina , cammina , Ahmed arrivò ad  una  catena  di montagne altissime e rocciose, senza che  di frecce d'oro avesse veduto neppure il minimo luccichio. Ma  ecco che, proprio là, conficcata in una  rupe  brulla , stava la sua  freccia! Accanto , la roccia  presentava una  spaccatura grande abbastanza perché un uomo ci potesse  passare e,  sempre  spinto dalla  forza misteriosa che l'aveva trascinato fino  là, Ahmed entrò per  quella fenditura del monte con  la sua  freccia in mano.  Davanti   a lui  era  un  lungo corridoio in  discesa , illuminato da  una  luce  dolcissima , e  straordinaria , dato che  ci  si  trovava nelle  viscere di  un monte, per  solito parecchio buie. Poi, il corridoio si  trasformò in una  specie di labirinto, e finalmente il  principe  si trovò  davanti ad  una porta  di ferro : la spinse, ed  un castello meraviglioso apparve ai  suoi occhi stupefatti.  Sulla  porta del castello, tutto di cristallo, lo aspettava una  dama bellissima che, dal  copricapo  a cono stellato e  dalla  luce che  spandeva intorno, non era  difficile qualificare per una  fata. Infatti:
--Sono la fata  Paribanu--disse con  voce melodiosa quanto il  canto di  tutti  gli uccelli più canori.---Fui io  che  mandai a te  e ai  tuoi  fratelli i tre mercanti con  gli  oggetti magici. Però io ti  conosco , ed  ho  sempre pensato che una  sposa  comune mortale fosse  troppo  poco per  te. Perciò ho preso la  tua  freccia  e l'ho conficcata nel  monte, affinché tu venissi al mio castello.
La fata  era  così bella, il suo  viso così dolce e  buono, che Ahmed pensò subito di  non  avere da lamentarsi della  sua sorte, e se la sposò in quattro e quattr''otto.  Per alcuni anni  visse  felice nel  magnifico castello, ed  ebbe anche  due figli in quel  tempo. Poi,  un giorno, lo prese un  grande  desiderio  di  rivedere il padre e  la fata lo  volle  contentare:
---Va', sposo mio , ciò  che tu desideri è  giusto, però non  rivelare il nostro  matrimonio e  il luogo nel  quale  abitiamo. Ciò potrebbe essere  imprudente. Talvolta è meglio  non raccontare la propria fortuna perché desta invidia in certi cuori.
---Non dubitare, sposa  mia , farò  come  tu  con tanta  saggezza mi consigli e tornerò ben presto.  E cavalca e  cavalca,  arrivò dal padre che  fu  felicissimo di  riabbracciarlo.
---Sono stato  in angoscia , non  sapendo nulla  di te , figlio  mio!
---Avete ragione, padre  mio, ma  pensate che  io  sono  fortunatissimo e pienamente  felice, e non  preoccupatevi per me. Tornerò presto a trovarvi.  Infatti dopo  tre giorni ripartì,ma  ogni  tanto tornava ad  abbracciare il padre.
---Potente  Sultano---disse  però un giorno il Gran  Visir, che  era  uomo parecchio sospettoso ed  invidioso-- capisco che   siete felice di  rivedere  vostro figlio, ma  perché egli  non  vi  racconta di  dove  gli   vengano quelle  magnifiche vesti , e i gioielli, e i  cavalli stupendi che sfoggia?     Quale  genere  di vita  conduce il  principe Ahmed? Ciò è assai  misterioso..... Queste  parole turbarono alquanto la serenità  del vecchio Sultano, perché toccavano in  un certo  modo  l'onore del figlio, e  quindi della  sua  casata.  Perciò, d'accordo  con  questo  Visir,  mandò  a chiamare una maga:
---Se  saprete scoprire dove vive  il  principe  Ahmed,  come  vive,  e con  chi  vive, sarete ricompensata  lautamente.
---Nulla di  più facile-- rispose  la strega, e ,  quando il  principe tornò a trovare il padre, alla  sua  partenza essa si  trasformò in  scoiattolo e lo seguì nella  foresta.  E  via, via fino  alla roccia. Arrivata qui , svelta svelta tornò a prendere la sua  forma umana, si  mise  a sedere per  terra accanto alla  spaccatura per  la quale  il principe stava  entrando, e  cominciò a lamentarsi forte.
---Poveretta, che cosa  avete mai?
Quella continuava a  gemere senza parlare. Allora Ahmed, che  aveva  cuore tenero, la issò sul  suo  cavallo  e la portò al  castello della fata. Paribanu era, però, più saggia dello sposo, accolse la maga, ma non  volle mostrarsi, la fece solamente curare dalle sue  ancelle.
--Sposa  mia, devo tornare prestissimo da mio  padre sono  invitato alla  festa  per  la nascita del  figlio di Alì e di Alifa.
---Bene-- disse  la fata-- ti  darò qualche dono per  il  piccino.  Nell'assenza  del  principe , la strega continuava a fingesi molto ammalata e  a  ripetere:
--Oh,  poveretta me, per guarire mi ci  vorrebbe l'acqua della  magica Fontana dei  Leoni! Povera me,  speravo di trovarla sulla  mia  via  e non  l'ho trovata!
 Le  ancelle  riportarono alla fata  Paribanu tutti  questi  discorsi.  Essa  riflette' un poco, poi :
--Andate, mie fide , voi  sapete quale sia  nel nostro parco la Fonte dei Leoni, datene  un bricco pieno a questa  donna,  chiunque essa sia . E la strega,  vedendo davanti a se' l'acqua della  magica  fontana rimase a bocca  aperta. Non  ne  potevano avere  che le fate.... Nottetempo finse  di dormire e,  quatta quatta, con  scarpe di feltro, girò per il palazzo.
---Potente Sultano-- disse  inchinandosi fino a  terra  quando fu  tornata alla regia-- potente Sultano, vostro  figlio è sposo  di una Fata, il castello in cui  vive è meraviglioso, la sua ricchezza immensa!
Il Sultano fu  assai  contento:
---Gran  Visir,  questa  donna  sia  pagata come  le fu  promesso, ed  anche un  premio le  sia dato in più,  perché essa  ha  tolto una  spina  dal mio cuore --ordinò.
---Certamente , signore mio---rispose il Visir--però  di  quanta  utilità sarebbe per  tutto il regno che   vostro figlio vi portasse qualche  magico dono della  fata   sua  moglie....Pensate!...
Il Sultano era  vecchio, indebolito, e si  lasciava un po' influenzare dai  discorsi di  quest'uomo velenoso, che  voleva in  qualche  modo  distruggere la felicità del principe  Ahmed.  Pensava infatti nel  suo invidioso cuore:" Se  il principe chiederà doni  magici alla Fata per  suo  padre, è  probabile che essa  non  lo gradisca, perché le Fate non gradiscono che  si  abbia l'aria di  sospettare di loro; forse lo caccerà via".  Così avvenne che, alla  prima  visita del figlio , il vecchio Sultano gli disse:
--Figlio mio,  tu  non hai  svelato nessun segreto , ma le voci dell'aria mi  dicono che  la tua  sposa è  una  fata . Ti  prego , chiedile di  fare  al mio  regno un  magico dono che  ci  sia  molto utile.  Ahmed rimase  un po' male . Non  sapeva spiegarsi questa  faccenda delle voci dell'aria. Ma  la sua sposa rise:  ----Non  preoccuparti, Ahmed, ognuno di noi  ha  i suoi piccoli segreti, rispettiamo quelli di tuo  padre.Sai che  cosa  faremo? Io  preparerò il dono per  lui, poi, insieme con i nostri figli, andremo a  portaglielo. Il principe  fu felicissimo di  questa cosa.  Allora la  fata si  fece portare  un braciere, ci gettò sopra della polvere magica, e da quello si levò, in mezzo  a un  fumo azzurro e odoroso, un buffo  nanetto. Era tutto   vestito di viola, aveva una  barba bianca lunga fino ai piedi, una  gobba davanti ed una dietro, e teneva in mano una frusta  di peli di cavallo rossi.
---Non  è  un poco  troppo strano il tuo  dono, sposa mia? Che se  ne farà mio  padre di un  giullare di  questo genere? Potrà divertircisi lui,  ma di quale  utilità sarà per il regno?
Abbi fiducia, Ahmed, vedrai che il mio  nano Sciaibair, perché tale è il suo nome, sarà utilissimo nel  tuo paese, così come lo sarebbe in tutti i luoghi della terra.... Così dicendo la fata Paribanu aveva un sorrisetto  furbesco sul viso bello. E Ahmed che aveva grande fiducia nella  sua sposa non domandò  altro, ma  con lei, i figli, un  ricco  seguito, e Sciaibar sulla groppa del suo  stesso cavallo , partì alla volta della  reggia paterna. Per tutta la via il nanetto non  aprì mai  bocca e il principe non riusciva a trattenersi dal domandarsi ancora:
--A che  cosa servirà al  regno questo cosino brutto, ridicolo, e  muto  per giunta?  Ma non osava dir  nulla. Ed eccoli tutti insieme  davanti al Sultano. Figurarsi   la gioia  del  vecchio sovrano vedendo la bellissima sposa del  figlio, i nipotini splendidi, lo sfarzoso corteo!...
--E questo  è il mio dono per  il vostro regno, padre caro-- disse  la fata presentandogli il nano dopo una lunga carovana di  cammelli carichi di stoffe preziose, tappeti, gioielli di  ogni  colore e splendore. Il Sultano guardò Sciaibar con  un  certo imbarazzo, e non  sapeva proprio che dire: un profondo silenzio si era fatto nella  sala  grande. Quand'ecco che il mostricciattolo, brandendo la sua frusta di crine, si mise a gridare:
---Masnada di  furfanti, ora vi  accomodo io -- con  una voce talmente tonante da romper i timpani delle  orecchie delicate. A quella  voce  inattesa che  cosa  si vide ? Il Gran Visir e tutto un gruppo  di suoi  uomini , compresa la strega informatrice, scapparono via a gambe levate dalla sala, e  giù per  la scala , sempre inseguiti dalle parole del  nano che non  si stancava di  ripetere:--Masnada di  furfanti, ora vi  accomodo io -- mentre roteava la frusta rossa.  In  fondo alla  scala  infilarono il portone della reggia, e via  via le strade della  città , poi  la campagna, e credo corrano ancora...
Allora il Sultano capì il dono della  fata , il  dono che  faceva piazza  pulita in  tutto il regno dei  cuori invidiosi e cattivi..... Fu fatta una gran festa , banchetto magnifico, e non  vi parlo dei  dolci che  furono serviti perché non ho qui pronto un  nano Sciaibar  per cacciare  via le  invidiuzze che  vi potrebbero  nascere in cuore. E il nano, volete saperlo?, stette seduto al suo posto  d'onore, cedutogli con  tutta la solennità possibile dal Sultano in persona.


martedì 2 aprile 2019

Sciaibar,il nano scaccia invidie da: Arabia Malipiero 1°

2-4-2019
Al  tempo in cui, in Asia,  regnavano potentissimi e  ricchissimi Sultani, e le  fate intervenivano più o  meno  gentilmente nei  fatti di  casa loro, uno di  questi Sultani aveva tre  figli ed  una nipotina. I figli si  chiamavano Hussein, Alì e Ahmed, e la  nipotina, figlia di  un fratello morto del sovrano, Alifa.
Il tempo passava e i quattro  ragazzi crescevano volendosi un bene  dell'anima; ed  ecco che un  giorno il Sultano chiamò ad  udienza privatissima i tre  principi:
---Figli miei, sono  vecchio ormai, e  voi avete  raggiunto il  fiore  dell'età. Vorrei designare quello che  sarà mio  successore, e  vorrei che  foste tutti  felici...Osservando bene ho  capito che  tutti  e tre  amate  Alifa e  sareste contenti di sposarla. Come posso  decidere chi  la sposerà e sarà Sultano al suo  fianco, senza  commettere ingiustizie o errori?  Ho  deciso di  sottomettervi ad  una prova , e  colui  che  la vincerà avrà  sua  cugina e il trono. Andate a  cercare per me , nel  vasto  mondo, la  cosa più straordinaria che  potrete trovare, chi me  la porterà sarà il  prescelto.  I tre  figli s'inchinarono, andarono nelle  loro stanze, si  vestirono da  mercanti, e  partirono insieme.
Poi, il giorno dopo , giunti ad  un  crocicchio di tre  strade si  abbracciarono molto affettuosamente, e si  separarono dicendosi reciprocamente, e col cuore:
---Buona fortuna, fratello!---perché si  amavano veramente molto.
---Vogliamo  darci appuntamento qui fra  undici  mesi precisi?-- disse Hussein. E, siccome era il maggiore, e  saggio, gli  altri furono d'accordo.
--Fra undici mesi qui.
E  ognuno andò, per  la via che  aveva scelto, gettando in aria una  penna di fagiano.  Hussein era  stato diretto dalla  penna  sulla  via  che menava in India, e più precisamente al regno di Bisnagar, ricco  e stupendo. Nella  capitale di  questo regno c'erano palazzi e negozi  bellissimi, e per le vie  venditori ambulanti con  ogni sorta di  mercanzie.  Ed ecco Hussein incontrò uno di questi venditori che  portava sulle spalle  un tappeto, il  quale  non  era  proprio niente di speciale,  rispetto a tanti altri che  si  vedevano nei  negozi; il disegno era  grossolano, la  lana  con la quale era tessuto bruttaccia. Il prezzo , invece , che l'uomo ne chiedeva, era altissimo, per  niente in proporzione col  valore reale  dell'oggetto.
---Scusa--- disse  Hussein incuriosito--- vuoi dirmi perché chiedi una somma  simile per  codesto tuo  tappeto?
---Perché è magico, mio  nobile  signore-- rispose il venditore.--- Se  tu  stendi per terra  e ti ci metti  sopra, ti  trasporta a volo  dove  tu  vuoi. Hussein dovette fare una  faccia  piuttosto incredula, perché subito l'uomo aggiunse:
--Fai la  prova, se  credi , insieme  con me.
---Perbacco---pensò Hussein--se  ciò  fosse  vero , questo tappeto potrebbe  essere la cosa  straordinaria che  vuole  mio  padre.  E accettò di fare la prova:
--Andiamo al mio  albergo col  tuo  strano  mezzo di trasporto, brav'uomo, e, se ci  arriviamo veramente, ti  pagherò il prezzo che chiedi. Si mise a sedere sul tappeto e,in  quattro e quattr'otto, si trovò trasportato in  volo all'albergo insieme col  mercante.  Non  esitò a  snocciolare le buone  e molte  monete che  ne  chiedeva, e si mise a viaggiare sul  suo  acquisto, in  attesa di  tornare all'appuntamento che  aveva  con  i fratelli. Mentre  Hussein andava in India  ed  incontrava questa  bella fortuna,  il secondo fratello, Alì, seguendo anche lui  la sua  penna  di  fagiano, andava  in Persia, e  più precisamente alla  bellissima città di Shiraz.  Anche qui  vie  popolose , magnifici palazzi, bazar ricchi di  ogni ben  di Dio, mercanzie di  tutti  i  generi e qualità. Ed  ecco  che,in  uno  di  questi bazar, il  principe vide esposto un  bastoncello d'avorio lungo quanto un  palmo, e  grosso come  un pollice, con  sopra  scritto il prezzo,  favoloso per  simile  oggetto,  di tremila zecchini.
---Buon uomo---domandò incuriosito al mercante---perché pretendete tanto per quel vostro bastoncello?
---Perché è magico, mio nobile signore. Ad ogni estremità c'è una lente nella quale tu puoi vedere, in qualsiasi momento, quello che più ti aggrada.Vuoi farne la prova?
--E  perché no?---disse Alì che  aveva una  gran voglia di  rivedere il  dolce viso della  cuginetta Alifa, e si mise l'occhio ad uno dei  capi del  bastoncello.
--Perbacco--- esclamò sbalordito-- mi  sembra proprio di avere  Alifa davanti a me  in carne ed ossa! E, senza  tanti  complimenti, pagò i tremila  zecchini e si  avviò per   tornare in patria col  bastoncello stretto  al cuore,  dicendosi tutto  allegro:
---Questa è certamente la cosa  straordinaria che  può  fare contento mio padre....
Il terzo  fratello, Ahmed, partì anche lui  dietro, la  sua penna  di fagiano, e s'avviò verso la bella e fiorente città di Samarcanda. Anche qui vie popolose, palazzi stupendi, bazar pieni di  tutto il  desiderabile. Fra quella  folla  multicolore per  le  vesti e le razze, lo colpì un venditore ambulante che girava gridando:
---Chi vuole la mia mela per  quattromila zecchini?
---Mi  sembra, amico---disse il principe divertito---che  tu non  chieda poco per una mela...
---è  artificiale, signore.
---Peggio ancora, chi  la compra non  può neanche levarsi la fame.....
---Si, ma la mia  è magica. Se la  accosterai al naso di  un malato,  anche  se  moribondo, guarirà di colpo.
----Ciò che tu  dici è molto bello, ed io  comprerei volentieri simile  frutto, ma come  faccio a sapere se  dici la verità?
--Facciamoci indicare un malato grave, e  andiamo insieme al  suo  capezzale, signore.  E così fecero. Non fu difficile trovare nei  pressi un poveretto in  tale condizione, malato nientemeno che di  peste. Ma ,  appena ebbe  fiutato la mela, eccolo svelto e sano come  un pesce. Ahmed non mise tempo in mezzo, comprò la mela e si  avviò  verso la  patria lontana. Ed ecco che i tre  fratelli si  ritrovarono all'appuntamento fissato.
--Che cos'hai portato tu ?
--E tu?
--E tu?
Si  divertivano  un mondo a  mostrarsi reciprocamente le loro meraviglie. Ma,  avvicinando l'occhio al bastoncino  magico di Alì, Hussein vide  Alifa morente nella sua  stanza.
---Presto, presto, venite sul mio  tappeto, andiamo  con  la tua  mela  a salvarla, Ahmed....  Infatti arrivarono di  volo in  un baleno al palazzo, e al  solo odorino del frutto magico Alifa guarì, mentre era  proprio gravissima, e  la gioia tornò nella  reggia che era  già quasi in lutto.  Immaginarsi  la felicità del  Sultano! Però, in  tanta  felicità, si trovava anche in  grande  imbarazzo.
---Figli miei, i vostri  doni hanno  salvato Alifa. Però non  sarebbe bastato il solo  bastoncello di Alì,  ne' il solo  tappeto di Hussein, ne' la  sola mela  di Ahmed a  raggiungere ciò. Quindi mi  trovo in  grande  difficoltà di scelta tra voi. Per  cui vi  sottoporrò ad  un'altra  prova.  Domattina  vi  troverete tutti  e tre  i  quel  prato in  faccia a noi. Ognuno di voi  scaglierà una  freccia , e  quello  che  saprà lanciarla  più  lontana avrà Alifa e il trono.
I ragazzi accettarono la gara.   (continua)