30-4-2019
Qual dagli antri marini
L'astro più caro a Venere
Co' rugiadosi crini
Fra le fuggenti tenebre
Appare, e il suo viaggio
Orna col lume dell'eterno raggio;
Sorgon così tue dive
Membra dall'egro talamo,
E in te beltà rivive;
L'aurea beltate, ond'ebbero
Ristoro unico a' mali
Le nate a vaneggiar menti mortali.
Fiorir sul caro viso
Veggo la rosa; tornano
I grandi occhi al sorriso
Insidiando; e vegliano
Per te in novelli pianti
Trepide madri, e sospettose amanti.
Le Ore che dianzi meste
Ministre eran de' farmachi,
Oggi l'indica veste
E i monili, cui gemmano
Effigiati Dei,
Inclino studio di scalpelli achei,
E i candidi coturni
E gli amuleti recano,
Onde a' cori notturni,
Te, Dea, mirando obbliano
I garzoni le danze,
Te principio d'affanni e di speranze;
O quando l'arpa adorni,
E co' novelli numeri
E co' molli contorni
Delle forme , che facile
Bisso seconda, e intanto
Fra il basso sospirar vola il tuo canto,
Più periglioso; o quando
Balli disegni, e l'agile
Corpo all'aure fidando,
Ignoti vezzi sfuggono
Dai manti e dal negletto
Velo, scomposto sul commosso petto.
Tarti , lente
Cascan le trecce, nitide
Per ambrosia recente,
Mal fide all'aureo pettine,
E alla rosea ghirlanda
Che or con l'alma salute April ti manda.
Così, ancelle d'Amore,
A te d'intorno volano
Invidiate l'Ore.
Meste le Grazie mirino
Chi la beltà fugace
Ti membra, e il giorno dell'eterna pace.
Mortale guidatrice
D'oceanine vergini,
La parrasia pendice
Tenea la casta Artemide
E fea terror di cervi,
Lungi fischiar l'arco cidonio i nervi.
Lei predicò la Fama
Olimpia prole: pavido
Diva il mondo la chiama,
E le sacrò l'elisio
Soglio, ed il certo telo,
E i monti, e il carro della Luna in cielo.
Are così a Bellona,
Un tempo invitta amazzone,
Die' il vocale Elicona:
Ella il cimiero e l'egida
Or contro l'Anglia avara,
E le cavalle ed il furor prepara.
E quella, a cui di sacro
Mirto te veggo cingere
Devota il simulacro
Che presiede marmoreo
Agli arcani tuoi lari,
Ove a me sol sacerdotessa appari,
Regina fu: Citera
E Cipro, ove perpetua
Odora primavera,
Regnò beata, e l'isole
Che col selvoso dorso
Rompono agli Euri e al grande Ionio il corso.
Ebbi in quel mar la culla:
Ivi erra, ignudo spirito,
Di Faon la fanciulla;
E se il notturno zeffiro
Blando sui flutti spira,
Suonano i liti un lamentar di lira!
Ond'io, pien del nativo
Aer sacro , sull'itala
Grave cetra derivo
Per te le corde eolie;
E avrai, divina, i voti,
Fra gl'inni miei, delle insubri nepoti.
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martedì 30 aprile 2019
lunedì 29 aprile 2019
Dalla: PULCELLA DI ORLEANS DI Fredrich Schiller
29-4-2019
Atto quarto--scena prima
GIOVANNA:
Le armi riposano, le procelle della guerra tacciono, a battaglie sanguinose seguono il canto e la danza, attraverso tutte le strade risuonano lieti cori; altare e chiesa risplendono in pompa festosa, archi si alzano di verdi rami, attorno alle colonne s'intrecciano ghirlande, e la vasta Reims non può comprendere la moltitudine degli ospiti affluenti alla festa del popolo. Alto avvampa il sentimento di un'unica gioia e un solo pensiero palpita in petto; ciò che poc'anzi fu diviso in odio sanguinoso, ora partecipa rapito alla gioia universale . Chi sa di appartenere alla stirpe francese, con più orgoglio è conscio di tal nome, è rinnovato lo splendore dell'antica corona , e la Francia rende omaggio al suo figlio regale.
Ma la felicità universale non commuove me che compii tutte queste magnifiche cose;il mio cuore è mutato e volto ; essa rifugge da questa festività, e si volge al campo inglese; verso il nemico vaga il mio sguardo; devo allontanarmi furtiva dalla cerchia della gioia a nascondere la grave colpa del mio petto.
Chi? Io? Portare l'immagine d'un uomo nel mio puro cuore? Questo cuore, colmo di splendore celeste, può palpitare per un terreno amore? Io, salvatrice del mio paese, guerriera del sommo Dio , posso infiammarmi per il nemico del mio paese? Posso dirlo al puro sole e non mi annienta la vergogna?---------Ahi! Misera me! Quali suoni! Come seducono il mio orecchio! Ognuno mi richiama la sua voce, mi evoca la sua immagine!
O,mi afferrasse la tempesta della battaglia , mi sibilassero attorno le lance nel furore della calda lotta! Ritroverei il mio coraggio! Come allacciano il mio cuore queste voci, questi suoni! Disciolgono ogni forza nel mio seno in tenera nostalgia e la stemprano in lacrime di melanconia!------------Dovevo ucciderlo? Lo potevo, dopo averlo guardato negli occhi? Ucciderlo? Piuttosto avrei brandito contro il mio petto il ferro micidiale! E sono io punibile, perché ero umana? è peccato la misericordia? Misericordia? Sentisti tu la voce della misericordia e dell'umanità anche di fronte agli altri, che la tua spada immolò? Perché tacque quando il vallese, il tenero giovane implorò da te la vita? Perfido cuore! Tu menti alla eterna luce; non ti spinse la pia voce della misericordia!
Perché dovevo guardarlo negli occhi? Vedere i lineamenti del nobile volto! Sciagurata, col tuo sguardo cominciò il tuo delitto! Dio esige un istrumento cieco , tu dovevi compier l'opera con occhi ciechi! Non appena vedesti, lo scudo di Dio ti abbandonò, i lacci d'inferno t'avvinghiano!-----------Pia verga, non t'avessi mai scambiata con la spada! Quercia sacra , non avessi tu mai sussurrato a me coi tuoi rami! Alta regina dei cieli , non mi fossi tu mai apparsa! Riprendi la tua corona, ne sono indegna; riprendila! Ahi! Io vidi aperto il cielo , vidi il volto dei beati! Ma la mia speranza è in terra , non in cielo! Dovesti tu addossarmi questa terribile missione? Dovevo io indurire questo cuore , che il cielo creò sensibile?
Se tu vuoi annunciare la tua potenza, scegli coloro che, liberi di peccati , sono nell'eterna tua ragione; manda i tuoi spiriti, gli immortali, i puri , che non sentono , che non piangono! Non scegliere la tenera vergine , la mite anima della pastorella!
Che m'importa la sorte delle battaglie, il dissidio dei re? Innocente io mandavo al pascolo i miei agnelli in vetta al tacito monte.Ma tu mi rapisti in mezzo alla vita, nelle aule superbe dei principi, abbandonandomi alla colpa.
Ahi, non era la mia scelta!
Atto quarto--scena prima
GIOVANNA:
Le armi riposano, le procelle della guerra tacciono, a battaglie sanguinose seguono il canto e la danza, attraverso tutte le strade risuonano lieti cori; altare e chiesa risplendono in pompa festosa, archi si alzano di verdi rami, attorno alle colonne s'intrecciano ghirlande, e la vasta Reims non può comprendere la moltitudine degli ospiti affluenti alla festa del popolo. Alto avvampa il sentimento di un'unica gioia e un solo pensiero palpita in petto; ciò che poc'anzi fu diviso in odio sanguinoso, ora partecipa rapito alla gioia universale . Chi sa di appartenere alla stirpe francese, con più orgoglio è conscio di tal nome, è rinnovato lo splendore dell'antica corona , e la Francia rende omaggio al suo figlio regale.
Ma la felicità universale non commuove me che compii tutte queste magnifiche cose;il mio cuore è mutato e volto ; essa rifugge da questa festività, e si volge al campo inglese; verso il nemico vaga il mio sguardo; devo allontanarmi furtiva dalla cerchia della gioia a nascondere la grave colpa del mio petto.
Chi? Io? Portare l'immagine d'un uomo nel mio puro cuore? Questo cuore, colmo di splendore celeste, può palpitare per un terreno amore? Io, salvatrice del mio paese, guerriera del sommo Dio , posso infiammarmi per il nemico del mio paese? Posso dirlo al puro sole e non mi annienta la vergogna?---------Ahi! Misera me! Quali suoni! Come seducono il mio orecchio! Ognuno mi richiama la sua voce, mi evoca la sua immagine!
O,mi afferrasse la tempesta della battaglia , mi sibilassero attorno le lance nel furore della calda lotta! Ritroverei il mio coraggio! Come allacciano il mio cuore queste voci, questi suoni! Disciolgono ogni forza nel mio seno in tenera nostalgia e la stemprano in lacrime di melanconia!------------Dovevo ucciderlo? Lo potevo, dopo averlo guardato negli occhi? Ucciderlo? Piuttosto avrei brandito contro il mio petto il ferro micidiale! E sono io punibile, perché ero umana? è peccato la misericordia? Misericordia? Sentisti tu la voce della misericordia e dell'umanità anche di fronte agli altri, che la tua spada immolò? Perché tacque quando il vallese, il tenero giovane implorò da te la vita? Perfido cuore! Tu menti alla eterna luce; non ti spinse la pia voce della misericordia!
Perché dovevo guardarlo negli occhi? Vedere i lineamenti del nobile volto! Sciagurata, col tuo sguardo cominciò il tuo delitto! Dio esige un istrumento cieco , tu dovevi compier l'opera con occhi ciechi! Non appena vedesti, lo scudo di Dio ti abbandonò, i lacci d'inferno t'avvinghiano!-----------Pia verga, non t'avessi mai scambiata con la spada! Quercia sacra , non avessi tu mai sussurrato a me coi tuoi rami! Alta regina dei cieli , non mi fossi tu mai apparsa! Riprendi la tua corona, ne sono indegna; riprendila! Ahi! Io vidi aperto il cielo , vidi il volto dei beati! Ma la mia speranza è in terra , non in cielo! Dovesti tu addossarmi questa terribile missione? Dovevo io indurire questo cuore , che il cielo creò sensibile?
Se tu vuoi annunciare la tua potenza, scegli coloro che, liberi di peccati , sono nell'eterna tua ragione; manda i tuoi spiriti, gli immortali, i puri , che non sentono , che non piangono! Non scegliere la tenera vergine , la mite anima della pastorella!
Che m'importa la sorte delle battaglie, il dissidio dei re? Innocente io mandavo al pascolo i miei agnelli in vetta al tacito monte.Ma tu mi rapisti in mezzo alla vita, nelle aule superbe dei principi, abbandonandomi alla colpa.
Ahi, non era la mia scelta!
domenica 28 aprile 2019
Europa , U.S.E. è una possibile realtà? di: Pina Maria Speranza Raciti
28-4-2019
11--luglio--1993, è il giorno , della mia oblazione con il nome di Speranza, nella comunità benedettina, di :San Benedetto, Catania.
La mia terra è la Sicilia, la mia patria è l'Italia, sono una cittadina europea!
Il mio grande sogno è : una Europa unita, una sola entità, politica ed economica; amo molto gli U.S.A., penso che , con umiltà, e guidati da un interesse comune, al di là del ristretto orticello, privato, si possa , pensare ad un modello europeo , simile a quello americano.
L'Europa è un unico popolo ,i nostri monumenti, i nostri musei, le nostre opere : letterarie, filosofiche,ecc. sono la nostra memoria, ed attestano, la nostra unità culturale , pur nella variabilità . La variabilità non è un limite, ma una ricchezza.
La nostra lunga storia, dal mondo greco- romano, a tutto il cammino, letterario, filosofico, scientifico, ci conduce al nostro presente, a chi siamo. Una parte importante del nostro cammino, è rappresentato da duemila anni di cristianesimo.
L'atmosfera che noi europei respiriamo è satura di cristianesimo; la nostra democrazia è il frutto del percorso storico del popolo europeo da Roma fino ai giorni nostri, avendo come struttura portante, il nostro essere cristiano. La mia speranza è che l'occidente, ed in particolare l'Europa, riscopra la sua identità cristiana, nella sua essenza evangelica. E che ciò possa portarla ad una conversione totale , ad una nova visione della vita; ad una totale nuova visione della politica. Una politica non più governata,dalla " ragione di stato" bensì, dalla ragione degli uomini. Una nuova società ,dove l'uomo è al centro.
11--luglio--1993, è il giorno , della mia oblazione con il nome di Speranza, nella comunità benedettina, di :San Benedetto, Catania.
La mia terra è la Sicilia, la mia patria è l'Italia, sono una cittadina europea!
Il mio grande sogno è : una Europa unita, una sola entità, politica ed economica; amo molto gli U.S.A., penso che , con umiltà, e guidati da un interesse comune, al di là del ristretto orticello, privato, si possa , pensare ad un modello europeo , simile a quello americano.
L'Europa è un unico popolo ,i nostri monumenti, i nostri musei, le nostre opere : letterarie, filosofiche,ecc. sono la nostra memoria, ed attestano, la nostra unità culturale , pur nella variabilità . La variabilità non è un limite, ma una ricchezza.
La nostra lunga storia, dal mondo greco- romano, a tutto il cammino, letterario, filosofico, scientifico, ci conduce al nostro presente, a chi siamo. Una parte importante del nostro cammino, è rappresentato da duemila anni di cristianesimo.
L'atmosfera che noi europei respiriamo è satura di cristianesimo; la nostra democrazia è il frutto del percorso storico del popolo europeo da Roma fino ai giorni nostri, avendo come struttura portante, il nostro essere cristiano. La mia speranza è che l'occidente, ed in particolare l'Europa, riscopra la sua identità cristiana, nella sua essenza evangelica. E che ciò possa portarla ad una conversione totale , ad una nova visione della vita; ad una totale nuova visione della politica. Una politica non più governata,dalla " ragione di stato" bensì, dalla ragione degli uomini. Una nuova società ,dove l'uomo è al centro.
sabato 27 aprile 2019
San Benedetto guida dei popoli nel cammino di unificazione dell'Europa di .Ugo Perugini, oblato
27-4-2019
La regola benedettina, frutto del felice incontro della spiritualità cristiana con il senso dell'equilibrio e l'acuto senso giuridico propri dell'antico popolo romano( da cui proveniva la famiglia di Benedetto) può considerarsi dopo i Libri Sacri ispirati, il più fecondo testo di dottrina e di leggi che abbia generato santi, educato popoli, esposto norme di governo, irradiato nel mondo il messaggio di Cristo.-----------------------
Con ,la Santa Regola, Benedetto diede prova di essere anche sommo legislatore. E ciò non deve destare meraviglia perché Benedetto attraverso i suoi genitori, educati secondo la più elevata etica romana e profondamente cristiani, affonda le sue radici nell'antico popolo romano di cui porta nel sangue l'acuto senso giuridico universalmente riconosciuto a questo popolo.
Nella regola benedettina troviamo richiamati anche i valori necessari al buon andamento di un'impresa di oggi, La Regola infatti ,dopo avere esaltato l'importanza essenziale del lavoro (manuale, intellettuale, artistico, artigianale) prescrive che esso si faccia bene, senza tristezza, senza mormorazione; inoltre mette in risalto i moderni valori di ordine , gerarchia,regolarità, puntualità.----------------------------------
Nel campo della tecnica di governo all'Ordine benedettino si deve lo strumento di governo più pratico che si conosca:"Capitolo generale", che è in sostanza la prima assemblea sopranazionale europea, essendovi rappresentati i monasteri di tutto il continente, come dire il parlamento europeo.-----è in particolare l'ordine benedettino a stabilire il principio democratico dell'assemblea come fonte di ogni potere e il principio elettivo per nominare chi governi la Comunità e l'obbligo del capo ( l'Abate anch'egli soggetto alla Regola ) di discutere con i suoi monaci tutti i problemi che li riguardassero.
Quando nell'anno 547 Benedetto moriva, già erano state gettate le basi, di solidità davvero eccezionale, del monachesimo occidentale che attraverso le abbazie e le altre case benedettine (diffuse per ogni dove) , costituì sulle fondamenta della civiltà cristiana la struttura della nuova Europa; a pieno titolo San Benedetto è stato proclamato Padre d'Europa.
Vero è che fu Roma a realizzare l'Europa unita economicamente, politicamente, intellettualmente in quanto , qualificandosi caput mundi e volendo per se' l'impero del mondo , ridusse a unità quanto era il mondo conosciuto. Infatti ogni persona cui era stata conferita la cittadinanza romana , in qualsiasi località vivesse ,era consapevole di far parte del medesimo impero nel quale tutti condividevano e rispettavano ( o dovevano condividere e rispettare) gli stessi principi. E l'editto di Caracalla conferendo nell'anno 213 la cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi delle provincie realizzò giuridicamente l'unità dell'impero,.................
Tale situazione politica e giuridica favorendo indubbiamente il diffondersi del Cristianesimo agevolò l'opera di Benedetto. Ma fu per l'azione evangelizzatrice sua e dei suoi discepoli che l'Europa divenne unita nello spirito cristiano, ed è questo che più conta. Fu lo spirito che infiammò il cuore di Benedetto e dei suoi discepoli, che diede loro la forza per far nascere nel continente europeo , mediante la costituzione di numerosi centri di spiritualità e di cultura, una nuova civiltà
quella dell'amore annunciato e portato da Cristo; in questa nuova civiltà venne riscoperta la personalità dell'uomo con le sue inalienabili prerogative e con la sua particolare dignità di figlio di Dio. L'Europa di oggi , anche se notevolmente progredita nel campo tecnologico e scientifico, sta diventando sempre più povera di valori spirituali e rischia di soffocare nella stretta dei tentacoli della secolarizzazione, dell'ateismo, della indifferenza religiosa e nella perversa spirale de consumismo.--------------
Invero l'unità dell'Europa non è un progetto di oggi ; esso infatti era stato già accarezzato da politici come Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, ma fu lentamente , progressivamente affossato dagli interessi divergenti delle politiche succedutasi.
La verità è che l'Europa non ha ancora un'anima; occorre quindi che attraverso le sue gloriose radici ritrovi la sua anima, ma potrà ritrovarla soltanto se---memore delle parole di San Paolo:"Non c'è salvezza sotto il cielo se non nell'incontro con Cristo"---tornerà a scoprire il cristianesimo come la sua vera identità e con il Cristianesimo gli autentici valori della vita, quei valori spirituali senza i quali ogni tentativo di unità europea non potrà essere che vano. A san Benedetto , alla sua Santa Regola, al messaggio di cristianità, di sapienza e di saggezza in essa contenuto dovranno ispirarsi i popoli di oggi per ritrovare con abbraccio fraterno la gioia e la pace , non soltanto quella delle armi ma anche e soprattutto quella del cuore, in una Europa unita , fedele alle sue origini cristiane quando Europa e cristianità erano una cosa sola , un'Europa in cui sia ristabilito il primato dell'"essere" sull' "avere", libera dall'ipoteca del materialismo consumista, un'Europa fraterna e giusta , aliena dalle false ideologie del predominio.
è ben augurante che l'inno dell'Europa unita è proprio l'"Inno alla gioia", composto dal grande Ludwig van Beethoven musicando la mirabile ode Alla gioia , scritta nell'anno 1786 dal grande poeta tedesco Friedrich von Schiller che la concepì come un grande abbraccio di fratellanza nella comune , irresistibile aspirazione di tutti gli uomini verso la gioia conquistata dall'uomo quando riesce a versare (per così dire) la propria anima nell'anima degli altri godendo e soffrendo con loro.
Ecco---infine---alcune fra le più significative parole dell'ode Alla gioia:
Gioa ,bella scintilla divina!
Abbracciatevi milioni di esseri!
Tutti gli uomini divengano fratelli.
Fratelli! Al di sopra della volta stellata
un Padre amorevole abita di certo!
La regola benedettina, frutto del felice incontro della spiritualità cristiana con il senso dell'equilibrio e l'acuto senso giuridico propri dell'antico popolo romano( da cui proveniva la famiglia di Benedetto) può considerarsi dopo i Libri Sacri ispirati, il più fecondo testo di dottrina e di leggi che abbia generato santi, educato popoli, esposto norme di governo, irradiato nel mondo il messaggio di Cristo.-----------------------
Con ,la Santa Regola, Benedetto diede prova di essere anche sommo legislatore. E ciò non deve destare meraviglia perché Benedetto attraverso i suoi genitori, educati secondo la più elevata etica romana e profondamente cristiani, affonda le sue radici nell'antico popolo romano di cui porta nel sangue l'acuto senso giuridico universalmente riconosciuto a questo popolo.
Nella regola benedettina troviamo richiamati anche i valori necessari al buon andamento di un'impresa di oggi, La Regola infatti ,dopo avere esaltato l'importanza essenziale del lavoro (manuale, intellettuale, artistico, artigianale) prescrive che esso si faccia bene, senza tristezza, senza mormorazione; inoltre mette in risalto i moderni valori di ordine , gerarchia,regolarità, puntualità.----------------------------------
Nel campo della tecnica di governo all'Ordine benedettino si deve lo strumento di governo più pratico che si conosca:"Capitolo generale", che è in sostanza la prima assemblea sopranazionale europea, essendovi rappresentati i monasteri di tutto il continente, come dire il parlamento europeo.-----è in particolare l'ordine benedettino a stabilire il principio democratico dell'assemblea come fonte di ogni potere e il principio elettivo per nominare chi governi la Comunità e l'obbligo del capo ( l'Abate anch'egli soggetto alla Regola ) di discutere con i suoi monaci tutti i problemi che li riguardassero.
Quando nell'anno 547 Benedetto moriva, già erano state gettate le basi, di solidità davvero eccezionale, del monachesimo occidentale che attraverso le abbazie e le altre case benedettine (diffuse per ogni dove) , costituì sulle fondamenta della civiltà cristiana la struttura della nuova Europa; a pieno titolo San Benedetto è stato proclamato Padre d'Europa.
Vero è che fu Roma a realizzare l'Europa unita economicamente, politicamente, intellettualmente in quanto , qualificandosi caput mundi e volendo per se' l'impero del mondo , ridusse a unità quanto era il mondo conosciuto. Infatti ogni persona cui era stata conferita la cittadinanza romana , in qualsiasi località vivesse ,era consapevole di far parte del medesimo impero nel quale tutti condividevano e rispettavano ( o dovevano condividere e rispettare) gli stessi principi. E l'editto di Caracalla conferendo nell'anno 213 la cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi delle provincie realizzò giuridicamente l'unità dell'impero,.................
Tale situazione politica e giuridica favorendo indubbiamente il diffondersi del Cristianesimo agevolò l'opera di Benedetto. Ma fu per l'azione evangelizzatrice sua e dei suoi discepoli che l'Europa divenne unita nello spirito cristiano, ed è questo che più conta. Fu lo spirito che infiammò il cuore di Benedetto e dei suoi discepoli, che diede loro la forza per far nascere nel continente europeo , mediante la costituzione di numerosi centri di spiritualità e di cultura, una nuova civiltà
quella dell'amore annunciato e portato da Cristo; in questa nuova civiltà venne riscoperta la personalità dell'uomo con le sue inalienabili prerogative e con la sua particolare dignità di figlio di Dio. L'Europa di oggi , anche se notevolmente progredita nel campo tecnologico e scientifico, sta diventando sempre più povera di valori spirituali e rischia di soffocare nella stretta dei tentacoli della secolarizzazione, dell'ateismo, della indifferenza religiosa e nella perversa spirale de consumismo.--------------
Invero l'unità dell'Europa non è un progetto di oggi ; esso infatti era stato già accarezzato da politici come Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, ma fu lentamente , progressivamente affossato dagli interessi divergenti delle politiche succedutasi.
La verità è che l'Europa non ha ancora un'anima; occorre quindi che attraverso le sue gloriose radici ritrovi la sua anima, ma potrà ritrovarla soltanto se---memore delle parole di San Paolo:"Non c'è salvezza sotto il cielo se non nell'incontro con Cristo"---tornerà a scoprire il cristianesimo come la sua vera identità e con il Cristianesimo gli autentici valori della vita, quei valori spirituali senza i quali ogni tentativo di unità europea non potrà essere che vano. A san Benedetto , alla sua Santa Regola, al messaggio di cristianità, di sapienza e di saggezza in essa contenuto dovranno ispirarsi i popoli di oggi per ritrovare con abbraccio fraterno la gioia e la pace , non soltanto quella delle armi ma anche e soprattutto quella del cuore, in una Europa unita , fedele alle sue origini cristiane quando Europa e cristianità erano una cosa sola , un'Europa in cui sia ristabilito il primato dell'"essere" sull' "avere", libera dall'ipoteca del materialismo consumista, un'Europa fraterna e giusta , aliena dalle false ideologie del predominio.
è ben augurante che l'inno dell'Europa unita è proprio l'"Inno alla gioia", composto dal grande Ludwig van Beethoven musicando la mirabile ode Alla gioia , scritta nell'anno 1786 dal grande poeta tedesco Friedrich von Schiller che la concepì come un grande abbraccio di fratellanza nella comune , irresistibile aspirazione di tutti gli uomini verso la gioia conquistata dall'uomo quando riesce a versare (per così dire) la propria anima nell'anima degli altri godendo e soffrendo con loro.
Ecco---infine---alcune fra le più significative parole dell'ode Alla gioia:
Gioa ,bella scintilla divina!
Abbracciatevi milioni di esseri!
Tutti gli uomini divengano fratelli.
Fratelli! Al di sopra della volta stellata
un Padre amorevole abita di certo!
venerdì 26 aprile 2019
Dalla : VITA NOVA di Dante Alighieri XXV|
26-4-2019
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
dal ciel in terra a miracol mostrare,
Mostrasi si piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi no la prova;
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira.
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
dal ciel in terra a miracol mostrare,
Mostrasi si piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi no la prova;
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira.
giovedì 25 aprile 2019
Da :Canzoniere di Petrarca CXXV|
25-4-2019
Chiare fresche e dolci acque
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque,
con sospir mi rimembra,
a lei di fare al bel fianco colonna;
erba e fior che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro sereno
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienzia insieme
a le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino,
e'l cielo in ciò s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lacrimando chiuda,
qualche grazia il meschino
corpo fra voi ricopra
e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
la morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo,
chè' lo spirito lasso
non poria mai in più riposato porto
ne' in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella e mansueta
e là' 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno
volga la vista disiosa e lieta,
cercandomi; ed o pieta!
già terra infra le pietre
vedendo, Amor l'ispiri
in guisa che sospiri
si dolcemente che mercè m'impetre,
e faccia forza al cielo
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scenda,
dolce ne la memoria,
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo,
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo;
qual fior cadea sul lembo,
qual su le trecce bionde,
ch'oro forbito e perle
eran quel di a vederle;
qual si posava in terra e qual su l'onde,
qual con un vago errore
girando parea dir:" Qui regna Amor".
Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
"Costei per fermo nacque in paradiso!"
Così carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso
m'aveano, e si diviso
da l'imagine vera ,
ch'i' dicea sospirando:
"Qui come venn'io o quando?"
credendo esser in ciel, non là dov'era.
Da indi in qua mi piace
quest'erba si ch' altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
potresti arditamente
uscir del bosco e gir infra la gente.
Chiare fresche e dolci acque
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque,
con sospir mi rimembra,
a lei di fare al bel fianco colonna;
erba e fior che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro sereno
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienzia insieme
a le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino,
e'l cielo in ciò s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lacrimando chiuda,
qualche grazia il meschino
corpo fra voi ricopra
e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
la morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo,
chè' lo spirito lasso
non poria mai in più riposato porto
ne' in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella e mansueta
e là' 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno
volga la vista disiosa e lieta,
cercandomi; ed o pieta!
già terra infra le pietre
vedendo, Amor l'ispiri
in guisa che sospiri
si dolcemente che mercè m'impetre,
e faccia forza al cielo
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scenda,
dolce ne la memoria,
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo,
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo;
qual fior cadea sul lembo,
qual su le trecce bionde,
ch'oro forbito e perle
eran quel di a vederle;
qual si posava in terra e qual su l'onde,
qual con un vago errore
girando parea dir:" Qui regna Amor".
Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
"Costei per fermo nacque in paradiso!"
Così carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso
m'aveano, e si diviso
da l'imagine vera ,
ch'i' dicea sospirando:
"Qui come venn'io o quando?"
credendo esser in ciel, non là dov'era.
Da indi in qua mi piace
quest'erba si ch' altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
potresti arditamente
uscir del bosco e gir infra la gente.
mercoledì 24 aprile 2019
A Silvia di Giacomo Leopardi
24-4-2019
Silvia , rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu , lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perché non rendi poi
Quel che prometti allor? perché di tanto
Inganni i figli tuoi?
T u pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella . E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Ne' teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore.
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovinezza. Ahi! come,
Come passata sei ,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti , l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu , misera,cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
Silvia , rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu , lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perché non rendi poi
Quel che prometti allor? perché di tanto
Inganni i figli tuoi?
T u pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella . E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Ne' teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore.
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovinezza. Ahi! come,
Come passata sei ,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti , l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu , misera,cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
martedì 23 aprile 2019
ADELCHI di Alessandro Manzoni atto 4 --coro
23-4-2019
Sparsa le trecce morbide
Sull'affannoso petto,
Lenta le palme , e rorida
Di morte il bianco aspetto,
Giace la pia, col tremolo
Sguardo cercando il ciel.
Cessa il compianto; unanime
S'innalza una preghiera:
Calata in su la gelida
Fronte, una man leggiera
Sulla pupilla cerula,
Stende l'estremo vel,
Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mentre i terrestri ardori;
Leva all'Eterno un candido
Pensier d'offerta, e muori:
Fuor della vita è il termine
Del lungo tuo martir.
Tal della mesta , immobile
Era quaggiuso il fato:
Sempre un obblio di chiedere
Che le saria negato;
E al Dio de' santi ascendere,Santa del suo patir.
Ahi! nelle insonni tenebre,
Pei claustri solitari,
Tra il canto delle vergini,
Ai supplicari altari,
Sempre al pensier tornavano
Gl'irrevocati dì;
Quando ancor cara, improvida
D'un avvenir mal fido,
Ebbra spirò le vivide
Aure del Franco lido,
E tra le nuore Saliche
Invidiata uscì:
Quando da un poggio aereo,
Il biondo crin gemmata,
Vedea nel pian discorrere
La caccia affaccendata,
E sulle sciolte redini
Chino il chiomato sir;
E dietro a lui la furia
De' corridor fumanti;
E lo sbandarsi, e il rapido
Redir dei veltri ansanti;
E dai tentati triboli
L'irto cinghiale uscir;
E la battuta polvere
Rigar di sangue, colto
Dal regio stral; la tenera
Alle donzelle il volto
Volgea repente, pallida
D'amabile terror.
Oh! Mosa errante! oh! tepidi
Lavacri d'Aquisgrano!
Ove , deposta l'orrida
Maglia, il guerrier sovrano
Scendea del campo a tergere
Il nobile sudor!
Come rugiada al cespite
Dell'erba inaridita,
Fresca negli arsi calami
Fa rifluir la vita,
Che verdi ancor risorgono
Nel temperato albor;
Tale al pensier, cui l'empia
Virtù d'amor fatica,
Discende il refrigerio
D'una parola amica,
E il cor diverte ai placidi
Gaudii d'un altro amor.
Ma come il sol che reduce
L'erta infocata ascende,
E con la vampa assidua
L'immobil aura incende,
Risorti appena i gracili
Steli riarde al suol;
Ratto così dal tenue
Obblio torna immobile
L'amor sopito, e l'anima
Impaurita assale,
E le sviate immagini
Richiama al noto duol.
Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all'Eterno un candido
Pensier d'offerta, e muori:
Nel suol che dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,
Altre infelici dormono,
Che il duol consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno fidanzate;
Madri che i nati videro
Trafitti impallidir.
Te dalla rea progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu prodezza il numero,
Cui fu ragion l'offesa,
E dritto il sangue , e gloria
Il non aver pietà,
Te collocò la provida
Sventura in fra gli oppressi;
Muori compianta e placida;
Scendi a dormir con essi;
Alle incolpate ceneri
Nessuno insulterà.
Muori; e la faccia esanime
Si ricomponga in pace;
Com'era allor che improvida
D'un avvenir fallace,
Lievi pensier virginei
Solo pingea. Così.
Dalle squarciate nuvole
Si svolge il sol cadente,
E, dietro il monte, imporpora
Il trepido occidente;
Al pio colono augurio
Di più sereno dì.
Sparsa le trecce morbide
Sull'affannoso petto,
Lenta le palme , e rorida
Di morte il bianco aspetto,
Giace la pia, col tremolo
Sguardo cercando il ciel.
Cessa il compianto; unanime
S'innalza una preghiera:
Calata in su la gelida
Fronte, una man leggiera
Sulla pupilla cerula,
Stende l'estremo vel,
Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mentre i terrestri ardori;
Leva all'Eterno un candido
Pensier d'offerta, e muori:
Fuor della vita è il termine
Del lungo tuo martir.
Tal della mesta , immobile
Era quaggiuso il fato:
Sempre un obblio di chiedere
Che le saria negato;
E al Dio de' santi ascendere,Santa del suo patir.
Ahi! nelle insonni tenebre,
Pei claustri solitari,
Tra il canto delle vergini,
Ai supplicari altari,
Sempre al pensier tornavano
Gl'irrevocati dì;
Quando ancor cara, improvida
D'un avvenir mal fido,
Ebbra spirò le vivide
Aure del Franco lido,
E tra le nuore Saliche
Invidiata uscì:
Quando da un poggio aereo,
Il biondo crin gemmata,
Vedea nel pian discorrere
La caccia affaccendata,
E sulle sciolte redini
Chino il chiomato sir;
E dietro a lui la furia
De' corridor fumanti;
E lo sbandarsi, e il rapido
Redir dei veltri ansanti;
E dai tentati triboli
L'irto cinghiale uscir;
E la battuta polvere
Rigar di sangue, colto
Dal regio stral; la tenera
Alle donzelle il volto
Volgea repente, pallida
D'amabile terror.
Oh! Mosa errante! oh! tepidi
Lavacri d'Aquisgrano!
Ove , deposta l'orrida
Maglia, il guerrier sovrano
Scendea del campo a tergere
Il nobile sudor!
Come rugiada al cespite
Dell'erba inaridita,
Fresca negli arsi calami
Fa rifluir la vita,
Che verdi ancor risorgono
Nel temperato albor;
Tale al pensier, cui l'empia
Virtù d'amor fatica,
Discende il refrigerio
D'una parola amica,
E il cor diverte ai placidi
Gaudii d'un altro amor.
Ma come il sol che reduce
L'erta infocata ascende,
E con la vampa assidua
L'immobil aura incende,
Risorti appena i gracili
Steli riarde al suol;
Ratto così dal tenue
Obblio torna immobile
L'amor sopito, e l'anima
Impaurita assale,
E le sviate immagini
Richiama al noto duol.
Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all'Eterno un candido
Pensier d'offerta, e muori:
Nel suol che dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,
Altre infelici dormono,
Che il duol consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno fidanzate;
Madri che i nati videro
Trafitti impallidir.
Te dalla rea progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu prodezza il numero,
Cui fu ragion l'offesa,
E dritto il sangue , e gloria
Il non aver pietà,
Te collocò la provida
Sventura in fra gli oppressi;
Muori compianta e placida;
Scendi a dormir con essi;
Alle incolpate ceneri
Nessuno insulterà.
Muori; e la faccia esanime
Si ricomponga in pace;
Com'era allor che improvida
D'un avvenir fallace,
Lievi pensier virginei
Solo pingea. Così.
Dalle squarciate nuvole
Si svolge il sol cadente,
E, dietro il monte, imporpora
Il trepido occidente;
Al pio colono augurio
Di più sereno dì.
lunedì 22 aprile 2019
La pioggia nel pineto di Gabriele D' Annunzio
22-4-2019
Taci. Su le soglie
del bosco non odi
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitìo che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
ne' il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancòra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirto
sivestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo vòlto ebro
è molle di pioggia
come una foglia
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terreste
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuore nel petto è come pèsca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.
Taci. Su le soglie
del bosco non odi
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitìo che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
ne' il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancòra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirto
sivestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo vòlto ebro
è molle di pioggia
come una foglia
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terreste
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuore nel petto è come pèsca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.
sabato 20 aprile 2019
Najus e Baruc: l'AMICIZIA di Pina Maria Speranza Raciti
20-4-2019
Il sole, del crepuscolo, rosso fuoco, incendia il deserto, vasta area brulla , e silenziosa, dove le dune, sull'orizzonte infinito, danno formosità, corporatura, imprimendo una plasticità, a tutto il paesaggio. La strada si snoda, come un serpente raggomitolato su se stesso ed in movimento, nello stesso tempo. Il silenzio , viene squarciato dal rumore del motore a scoppio di un fuoristrada, tutto polveroso, che annaspa sulla sabbia ; è guidato da un uomo di mezza età, dal volto scuro, solcato da qualche piccola ruga, i capelli neri perfettamente tagliati, sono un po' sparsi di fili argentati, gli occhi neri, hanno uno sguardo molto buono. Dal vestiario, si nota che è un operaio, lavora nei pozzi petroliferi , della zona. Ha finito il suo turno di lavoro, e si appresta a ritornare a casa. Al villaggio , che dista pochi chilometri , dal suo posto di lavoro, abita con la sua famiglia composta da sua moglie e da un figlioletto di 6 anni. è già sera , quando Kamin , giunge al villaggio, luci fioche ai crocicchi illuminano la strada; giunto davanti alla porta della propria casa, si ferma , suona il clacson, prima di scendere, per avvisare la sua famiglia del suo arrivo. La porta principale , un cancelletto di ferro , si apre in un ampio cortile , tipico dei paesi orientale, le pareti imbiancate della casa limitano per tre lati , il cortile, lo rendono bianco e fresco, durante il giorno. Il cortile , è arricchito da palme per proteggono dal caldo e danno frescura la sera. La sera è il momento d'incontro, attorno al desco per tutta la famiglia, Najus è un bambino meraviglioso, bello nei tratti somatici del viso , ricorda tanto quello della mamma; è ubbidiente ed ha una saggezza che contrasta con la sua età. Molto vivace e ricco di iniziativa, è amato dai suoi compagni di gioco e di scuola. Najus, ha un amico , grande, buono ,e silenzioso, che lo segue ovunque, è un bellissimo terranova, dal lungo pelo nero, ricco di bontà, dolcezza, pazienza , amore e fedeltà al suo padroncino; si chiama Baruc. Najus, spesso si isola con Baruc, in un luogo appartato e segreto, dove al fresco delle palme e al dolce suono dell'acqua che scorre nei canali , si sdraiano, Baruc, fa da cuscino soffice e pomposo al suo padroncino, Najus, nel silenzio dell'oasi libera la sua fantasia, e con il suo amico, Baruc, compie le gesta più eroiche, e cavalleresche, che mai bambino abbia compiuto . Così , Najus e Baruc, cavalieri al servizio del savio califfo Rasch'id, vagano per monti e valli e per mari, combattendo da valorosi , contro il male , per il trionfo della giustizia. Hanno molti amici, nel mondo, bambini cinesi, giapponesi, europei e tutti amano Najus ed il suo amico, sono venuti il loro soccorso, quando si sono trovati in difficoltà.
Sono amici di Najus e di Baruc, gli animali:
Paolino, gufo, che tartaglia, dal cuore d'oro, che vive in un bosco dell'appennino tosco-emiliano, con falchi ed aquile; la capretta Peppina, dell' Himalaya, che fa il latte per un bambino pakistano, tutto ricci neri, e la tartaruga Giulietta, che vive in un giardino un po' desolato, della Sicilia, insieme a due bambini: Massimiliano e Cristina. Vi sono tanti amici anche fra le graziose violette, e le semplici margherite dei campi.
Najus ed i suoi amici parlano una sola lingua quella dell'Amore e dell'Amicizia. Sono tutti consapevoli di essere la Luce e la Speranza che illumina il mondo. Nel cuore di Najus c'è un grande sogno , potere stabilire una lunga catena di : amore , amicizia, solidarietà, con tutti i bambini del mondo.
Tempo fa', ho scritto delle fiabe, che non ho mai reso pubbliche, in occasione , di questa Santa Pasqua, volendo porgere i miei auguri pasquali a tutti i bambini ed in modo particolare a quelli che vivono in assoluta indecenza fisica e morale, ho scelto questa fiaba.
Scorrono davanti agli occhi , della mia memoria , le immagini di bambini, vestiti di stracci , che pescano nei cumuli di spazzatura, di bambini sottoposti a lavori disumani, bambini denutriti, che piangono per la fame ecc, è il loro sguardo che ferisce il mio cuore, perché esprime non solo tanta sofferenza, ma anche la rassegnazione a non avere il diritto ad un'infanzia. Un sentimento d'impotenza mi paralizza, mentre provo , vergogna, andando con la memoria alla mia stupenda infanzia. Agli adulti lascio due riflessioni:
La prima ,mi porta al Vangelo,ed è l'immagine più bella in assoluto che il vangelo dà di Gesù:
Gesù e i bambini;
La seconda è dotta, Jean Jacques Rousseau, è il padre della pedagogia moderna, ha scritto un libro:" EMILIO", è u testo superato; ma è l'intuizione dell'autore, che ho sempre amato .
Il bambino, ha una natura buona, il male è nella società. Quindi è la società , che corrompe e distrugge la natura buona del bambino.
Il sole, del crepuscolo, rosso fuoco, incendia il deserto, vasta area brulla , e silenziosa, dove le dune, sull'orizzonte infinito, danno formosità, corporatura, imprimendo una plasticità, a tutto il paesaggio. La strada si snoda, come un serpente raggomitolato su se stesso ed in movimento, nello stesso tempo. Il silenzio , viene squarciato dal rumore del motore a scoppio di un fuoristrada, tutto polveroso, che annaspa sulla sabbia ; è guidato da un uomo di mezza età, dal volto scuro, solcato da qualche piccola ruga, i capelli neri perfettamente tagliati, sono un po' sparsi di fili argentati, gli occhi neri, hanno uno sguardo molto buono. Dal vestiario, si nota che è un operaio, lavora nei pozzi petroliferi , della zona. Ha finito il suo turno di lavoro, e si appresta a ritornare a casa. Al villaggio , che dista pochi chilometri , dal suo posto di lavoro, abita con la sua famiglia composta da sua moglie e da un figlioletto di 6 anni. è già sera , quando Kamin , giunge al villaggio, luci fioche ai crocicchi illuminano la strada; giunto davanti alla porta della propria casa, si ferma , suona il clacson, prima di scendere, per avvisare la sua famiglia del suo arrivo. La porta principale , un cancelletto di ferro , si apre in un ampio cortile , tipico dei paesi orientale, le pareti imbiancate della casa limitano per tre lati , il cortile, lo rendono bianco e fresco, durante il giorno. Il cortile , è arricchito da palme per proteggono dal caldo e danno frescura la sera. La sera è il momento d'incontro, attorno al desco per tutta la famiglia, Najus è un bambino meraviglioso, bello nei tratti somatici del viso , ricorda tanto quello della mamma; è ubbidiente ed ha una saggezza che contrasta con la sua età. Molto vivace e ricco di iniziativa, è amato dai suoi compagni di gioco e di scuola. Najus, ha un amico , grande, buono ,e silenzioso, che lo segue ovunque, è un bellissimo terranova, dal lungo pelo nero, ricco di bontà, dolcezza, pazienza , amore e fedeltà al suo padroncino; si chiama Baruc. Najus, spesso si isola con Baruc, in un luogo appartato e segreto, dove al fresco delle palme e al dolce suono dell'acqua che scorre nei canali , si sdraiano, Baruc, fa da cuscino soffice e pomposo al suo padroncino, Najus, nel silenzio dell'oasi libera la sua fantasia, e con il suo amico, Baruc, compie le gesta più eroiche, e cavalleresche, che mai bambino abbia compiuto . Così , Najus e Baruc, cavalieri al servizio del savio califfo Rasch'id, vagano per monti e valli e per mari, combattendo da valorosi , contro il male , per il trionfo della giustizia. Hanno molti amici, nel mondo, bambini cinesi, giapponesi, europei e tutti amano Najus ed il suo amico, sono venuti il loro soccorso, quando si sono trovati in difficoltà.
Sono amici di Najus e di Baruc, gli animali:
Paolino, gufo, che tartaglia, dal cuore d'oro, che vive in un bosco dell'appennino tosco-emiliano, con falchi ed aquile; la capretta Peppina, dell' Himalaya, che fa il latte per un bambino pakistano, tutto ricci neri, e la tartaruga Giulietta, che vive in un giardino un po' desolato, della Sicilia, insieme a due bambini: Massimiliano e Cristina. Vi sono tanti amici anche fra le graziose violette, e le semplici margherite dei campi.
Najus ed i suoi amici parlano una sola lingua quella dell'Amore e dell'Amicizia. Sono tutti consapevoli di essere la Luce e la Speranza che illumina il mondo. Nel cuore di Najus c'è un grande sogno , potere stabilire una lunga catena di : amore , amicizia, solidarietà, con tutti i bambini del mondo.
Tempo fa', ho scritto delle fiabe, che non ho mai reso pubbliche, in occasione , di questa Santa Pasqua, volendo porgere i miei auguri pasquali a tutti i bambini ed in modo particolare a quelli che vivono in assoluta indecenza fisica e morale, ho scelto questa fiaba.
Scorrono davanti agli occhi , della mia memoria , le immagini di bambini, vestiti di stracci , che pescano nei cumuli di spazzatura, di bambini sottoposti a lavori disumani, bambini denutriti, che piangono per la fame ecc, è il loro sguardo che ferisce il mio cuore, perché esprime non solo tanta sofferenza, ma anche la rassegnazione a non avere il diritto ad un'infanzia. Un sentimento d'impotenza mi paralizza, mentre provo , vergogna, andando con la memoria alla mia stupenda infanzia. Agli adulti lascio due riflessioni:
La prima ,mi porta al Vangelo,ed è l'immagine più bella in assoluto che il vangelo dà di Gesù:
Gesù e i bambini;
La seconda è dotta, Jean Jacques Rousseau, è il padre della pedagogia moderna, ha scritto un libro:" EMILIO", è u testo superato; ma è l'intuizione dell'autore, che ho sempre amato .
Il bambino, ha una natura buona, il male è nella società. Quindi è la società , che corrompe e distrugge la natura buona del bambino.
venerdì 19 aprile 2019
Venerdì Santo Passione del Signore " La croce dell'Amore è la croce dell'OBBEDIENZA" P. Pellegrino Ernetti o.s.b.
19-4-2019
La croce è la croce dell' OBBEDIENZA, perché la croce di Gesù. San Benedetto parla di "solerzia dell'obbedienza" e di "ignavia della disobbedienza";con la prima ci si salva, con la seconda ci si danna!
Nell'economia della salvezza, infatti, quella autentica apportata da Cristo sulla terra , tertium non datur non c'è e non ci sarà altra via di "ritorno al Padre se non quella già percorsa da Gesù che è venuto sulla terra unicamente per " fare la volontà del Padre mio, che mi ha mandato", sino a costituire di questa obbedienza nientemeno che "il suo cibo:il mio cibo è fare la volontà del Padre" L'obbedienza , ci dice san Bernardo:"Cresce, si matura e si perfeziona soltanto quell'anima che si ciba di questo nutrimento; infatti solo l'obbedienza è vera vita in cielo e in terra. Per l'obbedienza al Padre vivono tutte le creature celesti; per essa vivono le creature terrestri. Nulla sussiste se non nella vita dell'obbedienza al "SI" del Padre che crea e sostenta l'universo e tutti i suoi abitanti. Lo stesso Salvatore nostro vive unicamente dell'obbedienza al Padre; ed Egli si dona a noi nel cibo eucaristico in quanto è la personificazione dell'obbedienza al Padre: l'Eucarestia è Cristo --cibo nostro nel quale vive il Padre nella più perfetta vita divino-umana"
Il primo ed unico modello della nostra "ricerca di Dio" è Gesù, perché è il primo modello dell'obbedienza al Padre. Egli è il primo ed unico esemplare. Come è possibile che Gesù, vero Dio, cercasse Dio?-------------il Marmion, dice:" è vero che Gesù è Dio, luce che sgorga dalla luce increata, Figlio di Dio vivo , eguale al Padre. Ma è anche uomo; è veramente come noi per la natura umana: e benché essa sia unita indissolubilmente alla persona divina del Verbo; benché l'anima santa di Gesù godesse le delizie della visione beatifica, incessantemente attratta nel flusso divino che porta il Figlio verso il Padre necessariamente, è pur vero che l'attività umana del Cristo quale derivava dalle sue facoltà umane come da sorgente immediata , era sovranamente libera. Nell'esercizio di codesta libertà possiamo riconoscere in Gesù la ricerca di Dio.---------------------------All'entrare in questo mondo, il primo atto dell'anima di Gesù fu un intenso slancio verso il Padre suo: Ingrediens mundo dicit...Ecce venio. In capite libri scriptum est de me : ut faciam, Deus, voluntatem tuam(Ebr 10,5ss.) è questa la sua disposizione iniziale; ce lo dice il Vangelo: Non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato(Gv 5,30). Il Marmion, a proposito del primato assoluto dell'obbedienza al Padre da parte di Gesù, prosegue:"Nessun ostacolo pote' arrestarlo. A dodici anni lasciò Sua madre, la Vergine Maria, e rimase a Gerusalemme: eppure nessun figlio più di Lui amava Sua madre; tutto l'amore dei cuori filiali sarebbe come una tremula scintilla di contro ad una fornace incandescente. Ma appena si trattava della gloria del Padre , della Sua volontà, pare che l'amore per la madre non conti più. Sapeva Gesù in quale abisso di angosce immergeva il cuore di Lei; ma la gloria del Padre lo richiede, ed Egli non esita---non sapete che io debbo consacrarmi tutto a ciò che riguarda il Padre mio?(Lc2,49).------------------------------------------L'obbedienza è l'unica legge assoluta dell'universo,dopo quella dell'Amore. Dio è amore , e chi vive nell'amore, vive in Dio e Dio in Lui, ci dice san Giovanni. Ma l'amore genera , prima di tutto ciò che è creato , la OBBEDIENZA, dalla quale tutto proviene e tutto sussiste. è legge divina che governa le Tre persone della Trinità; è la legge del creato perché tutte e singole le creature sono scaturite da un atto di volontà della Trinità, e tutte hanno obbedito al Suo FIAT eterno..persino"il nulla" ha obbedito , perché dal nulla tutto obbedì e tutto fu!
Querere Deum virtutum omnium perfectio est= Cercare Dio è la perfezione di tutte le altre virtù, dice san Bernardo. Ma aggiunge subito: Sine oboedientia impossibile qaerere Deum=è impossibile cercare Dio senza l'obbedienza." Cercare Dio è bene supremo. Quanto a me lo stimo sopra ogni altro bene dell'anima.è il primo dono e l'inizio di ogni progresso. Non si aggiunge ad altra virtù, ne' è inferiore ad alcuna, non però alla obbedienza, la quale ci comanda essa stessa di cercare Dio incessantemente..."(Cat. serm. 84)
Sant'Agostino così prega:
"Signore mio Dio , in cui ho posto ogni mia speranza: esaudisci la mia preghiera. Non permettere mai che io sia accasciato da rinunciare a Te, ma fa che con ardore continuamente rinnovato ,l'anima mia aneli di vederTi. Dammi la forza di cercarTi sempre, nella perfetta obbedienza al Tuo volere, Tu che incoraggi, la speranza di quelli che Ti cercano, e da essi Ti lasci trovare"(De Trinitate,1,15,c.28)
La croce è la croce dell' OBBEDIENZA, perché la croce di Gesù. San Benedetto parla di "solerzia dell'obbedienza" e di "ignavia della disobbedienza";con la prima ci si salva, con la seconda ci si danna!
Nell'economia della salvezza, infatti, quella autentica apportata da Cristo sulla terra , tertium non datur non c'è e non ci sarà altra via di "ritorno al Padre se non quella già percorsa da Gesù che è venuto sulla terra unicamente per " fare la volontà del Padre mio, che mi ha mandato", sino a costituire di questa obbedienza nientemeno che "il suo cibo:il mio cibo è fare la volontà del Padre" L'obbedienza , ci dice san Bernardo:"Cresce, si matura e si perfeziona soltanto quell'anima che si ciba di questo nutrimento; infatti solo l'obbedienza è vera vita in cielo e in terra. Per l'obbedienza al Padre vivono tutte le creature celesti; per essa vivono le creature terrestri. Nulla sussiste se non nella vita dell'obbedienza al "SI" del Padre che crea e sostenta l'universo e tutti i suoi abitanti. Lo stesso Salvatore nostro vive unicamente dell'obbedienza al Padre; ed Egli si dona a noi nel cibo eucaristico in quanto è la personificazione dell'obbedienza al Padre: l'Eucarestia è Cristo --cibo nostro nel quale vive il Padre nella più perfetta vita divino-umana"
Il primo ed unico modello della nostra "ricerca di Dio" è Gesù, perché è il primo modello dell'obbedienza al Padre. Egli è il primo ed unico esemplare. Come è possibile che Gesù, vero Dio, cercasse Dio?-------------il Marmion, dice:" è vero che Gesù è Dio, luce che sgorga dalla luce increata, Figlio di Dio vivo , eguale al Padre. Ma è anche uomo; è veramente come noi per la natura umana: e benché essa sia unita indissolubilmente alla persona divina del Verbo; benché l'anima santa di Gesù godesse le delizie della visione beatifica, incessantemente attratta nel flusso divino che porta il Figlio verso il Padre necessariamente, è pur vero che l'attività umana del Cristo quale derivava dalle sue facoltà umane come da sorgente immediata , era sovranamente libera. Nell'esercizio di codesta libertà possiamo riconoscere in Gesù la ricerca di Dio.---------------------------All'entrare in questo mondo, il primo atto dell'anima di Gesù fu un intenso slancio verso il Padre suo: Ingrediens mundo dicit...Ecce venio. In capite libri scriptum est de me : ut faciam, Deus, voluntatem tuam(Ebr 10,5ss.) è questa la sua disposizione iniziale; ce lo dice il Vangelo: Non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato(Gv 5,30). Il Marmion, a proposito del primato assoluto dell'obbedienza al Padre da parte di Gesù, prosegue:"Nessun ostacolo pote' arrestarlo. A dodici anni lasciò Sua madre, la Vergine Maria, e rimase a Gerusalemme: eppure nessun figlio più di Lui amava Sua madre; tutto l'amore dei cuori filiali sarebbe come una tremula scintilla di contro ad una fornace incandescente. Ma appena si trattava della gloria del Padre , della Sua volontà, pare che l'amore per la madre non conti più. Sapeva Gesù in quale abisso di angosce immergeva il cuore di Lei; ma la gloria del Padre lo richiede, ed Egli non esita---non sapete che io debbo consacrarmi tutto a ciò che riguarda il Padre mio?(Lc2,49).------------------------------------------L'obbedienza è l'unica legge assoluta dell'universo,dopo quella dell'Amore. Dio è amore , e chi vive nell'amore, vive in Dio e Dio in Lui, ci dice san Giovanni. Ma l'amore genera , prima di tutto ciò che è creato , la OBBEDIENZA, dalla quale tutto proviene e tutto sussiste. è legge divina che governa le Tre persone della Trinità; è la legge del creato perché tutte e singole le creature sono scaturite da un atto di volontà della Trinità, e tutte hanno obbedito al Suo FIAT eterno..persino"il nulla" ha obbedito , perché dal nulla tutto obbedì e tutto fu!
Querere Deum virtutum omnium perfectio est= Cercare Dio è la perfezione di tutte le altre virtù, dice san Bernardo. Ma aggiunge subito: Sine oboedientia impossibile qaerere Deum=è impossibile cercare Dio senza l'obbedienza." Cercare Dio è bene supremo. Quanto a me lo stimo sopra ogni altro bene dell'anima.è il primo dono e l'inizio di ogni progresso. Non si aggiunge ad altra virtù, ne' è inferiore ad alcuna, non però alla obbedienza, la quale ci comanda essa stessa di cercare Dio incessantemente..."(Cat. serm. 84)
Sant'Agostino così prega:
"Signore mio Dio , in cui ho posto ogni mia speranza: esaudisci la mia preghiera. Non permettere mai che io sia accasciato da rinunciare a Te, ma fa che con ardore continuamente rinnovato ,l'anima mia aneli di vederTi. Dammi la forza di cercarTi sempre, nella perfetta obbedienza al Tuo volere, Tu che incoraggi, la speranza di quelli che Ti cercano, e da essi Ti lasci trovare"(De Trinitate,1,15,c.28)
giovedì 18 aprile 2019
Giovedì Santo Cena del Signore "Non tornare indietro Signore" di : Robindronath Tagore
18-4-2019
Se la porta del mio cuore
resta chiusa, o Signore,
sfondala ed entra nel mio animo,
non tornare indietro, o Signore!
Se qualche giorno nelle corde del liuto
non risuona il tuo dolce nome,
per pietà, aspetta un poco,
non tornare indietro, o Signore!
Se qualche volta la tua voce
non rompe il mio sonno profondo,
risvegliami con i colpi del tuono,
non tornare indietro, o Signore!
Se qualche giorno sul tuo trono
preferirò far sedere un altro,
o"Re" di tutti i giorni della mia vita,
non tornare indietro, o Signore!
Se la porta del mio cuore
resta chiusa, o Signore,
sfondala ed entra nel mio animo,
non tornare indietro, o Signore!
Se qualche giorno nelle corde del liuto
non risuona il tuo dolce nome,
per pietà, aspetta un poco,
non tornare indietro, o Signore!
Se qualche volta la tua voce
non rompe il mio sonno profondo,
risvegliami con i colpi del tuono,
non tornare indietro, o Signore!
Se qualche giorno sul tuo trono
preferirò far sedere un altro,
o"Re" di tutti i giorni della mia vita,
non tornare indietro, o Signore!
martedì 16 aprile 2019
L'uomo che aveva una nuvola (motivo d'ARABIA) , Malpiero
16-4-2019
Narrano che visse un tempo,tra i figli d'Israele, un uomo molto conosciuto dal prossimo per la sua devozione e per la sua vita esemplare. Quando pregava Iddio di qualche grazia, essa gli veniva concessa immediatamente. E sempre, quando camminava per boschi e valli , per pianure e montagne una nuvola lo seguiva e gli versava addosso--anche nei deserti---l'acqua per ristorarsi e per compiere le abluzioni di rito. Era questo il costante segno della benevolenza divina.
Ciò durò fino al giorno in cui l'uomo si stancò di devozione e di sacrifici e si concesse piaceri e distrazioni terrene: subito Iddio fece scomparire la nuvola e non esaudì le domande di grazie.
Ben presto l'uomo si avvide del castigo: rinsavì e rimase addolorato, rimpiangendo il tempo del miracolo. Si macerò nei digiuni e nelle penitenze; e una notte udì in sogno una voce che gli disse:
"Se desideri che il Signore ti renda la nuvola, vai dal re del lontano paese di Araf e chiedigli di pregare per te. Solo le sue preci possono indurre Iddio a concederti di nuovo la nuvola e l'assistenza! Però, devi attraversare deserti vasti e terre desolate".
L'uomo , senza perdersi d'animo, intraprese il lungo e difficile viaggio: attraversò i deserti, si trascinò per zone solitarie e selvagge dimore di bestie feroci ; e dopo mesi giunse al paese indicatogli dal sogno. Chiese a una donna dove fosse il palazzo reale e , ricevette le indicazioni esatte, si presentò alle soglie. Davanti all'ingresso un servo era assiso sopra un tronco: l'uomo salutò umilmente, e l'altro gli domandò:
--Che cosa cerchi, in questa reggia?
--Desidero esporre una supplica al sovrano-- rispose l'uomo,
---Oggi non è possibile vedere il re --disse il servo sul trono.---Egli ha stabilito di concedere un giorno della settimana a chi ha bisogno di esporgli le proprie suppliche: e questo giorno è sabato. Vieni dunque allora.e sarai ammesso alla sua presenza..
L'uomo pensò subito:
"Mi sembra che il re non si comporti da persona pia , isolandosi dal popolo sei giorni su sette!....Come è possibile che si tratti di un prediletto del Signore, se agisce in tale maniera?".
Pur cominciando a dubitare del sogno, attese il sabato, poi andò al palazzo e si confuse con numerosa gente che attendeva l'autorizzazione per presentarsi all'udienza. Restò lì in mezzo alla calca , tranquillo, finché non venne un ministro, preceduto da valletti di corte, ed esclamò:
---Entri chi ha suppliche da esporre!
Tutti entrarono, salirono una scala di marmo e furono introdotti nel salone delle udienze. Il re sedeva sotto un baldacchino di porpora e aveva al fianco i dignitari dello Stato, in ordine di importanza. Il ministro condusse i supplicanti uno alla volta al cospetto del sovrano; ma, quando venne il turno dell'uomo, il re lo fissò negli occhi e disse:
--Benvenuto anche a te!... Siedi laggiù e aspetta che io sia libero di ascoltarti in pace, uomo della nuvola!
Egli rimase sbalordito e comprese che quel re era veramente un protetto del Signore. Conclusa l'udienza, i dignitari presero concedo; e il re chiamò lo straniero, lo prese per mano e lo guidò nel proprio appartamento personale. Sul limitare, stava di guardia un gigante nero come l'ebano, con un'armatura lucente e con uno splendido elmo sul capo : a destra e a sinistra stazionavano soldati con archi e spade. A un cenno del re , il negro dischiuse l'ingresso: i due traversarono un corridoio, sbarrato al termine da una piccola porta ; il re trasse una chiavetta dal seno e aprì, cedendo quindi il posto all'ospite. L'uomo contemplò un vestibolo tetro, con le pareti corrose dal tempo; di lì, passò in una stanza simile a una cella al cui centro si stendeva un tappeto per le preghiere: unici oggetti, oltre quello , erano un recipiente per abluzioni e alcune larghe foglie di palma. Subito il sovrano aprì un armadio a muro e ne trasse una rozza tonaca di lana di pecora ; si spogliò dell'abito pomposo, indossò l'umile veste e si pose in testa un berretto tondo di panno . Fece quindi sedere l'uomo accanto a se' sul tappeto e chiamò la moglie. Da un usciolo apparve la regina , pure in abiti dimessi.
-- Cara - disse il consorte --sai tu chi è questo ospite nostro?
---Si!---rispose lei sorridendo.---è l'uomo della nuvola.
----Vieni avanti---continuò lui ---e non avere scrupoli.
Ella si tolse il velo dal capo e mostrò un viso di celestiale bellezza, incorniciato da folti capelli biondi, spruzzati qua e là di grigio.
---Fratello ---rispose il re ---vuoi conoscere la mia storia, o preferisci che preghiamo immediatamente per la tua grazia ?
---Signore --- mormorò l'uomo-- ora desidero innanzi tutto conoscere la tua storia.
----Sappi che da secoli i miei antenati si trasmisero il regno felicemente, di primogenito in primogenito; e, nell'eterno fluire del tempo, giunse il mio turno attuale. Ma il Signore mi aveva ispirato fin da fanciullo ad amarlo, e il manto regale mi risultò odioso e pesante: avrei desiderato andarmene come pellegrino per le vie della terra , lasciando che il popolo provvedesse a se stesso. Mentre stavo meditando sulla opportunità di seguire il mio istinto, scese a un tratto nel mio animo la preoccupazione che la mia gente potesse travolgersi nell'anarchia e nella discordia. Allora rinunciai ad andarmene, salii al trono, nominai degni e bravi governatori nelle provincie, affrancai gli schiavi e amministrai le leggi. Non appena le cose funzionarono come era mio intendimento, mi accontentai di vigilare per il tempo necessario, fissando ai sudditi una udienza settimanale e ascoltando dalle voci le storie dei bisogni, delle ingiustizie, delle sventure e del vario svolgersi della esistenza quotidiana. Così , adagio,adagio, sono riuscito a conciliare le esigenze del trono con le esigenze dell'anima: per alcune ore del giorno, partecipo a cerimonie, firmo i documenti dello stato, discuto i nostri problemi coi ministri; al termine di queste cose, vengo a chiudermi in questo appartamento che è la mia vera casa , mi tolgo i vari abiti fastosi e indosso la rozza tonaca che tu vedi. Per mia felicissima sorte, ho sposato una donna veramente unica nelle virtù terrene e nel timore di Dio. Osserva mia moglie :anche lei ricopre di panni umili la propria bellezza e mi è fedele compagna nell'ascetismo, aiutandomi a servire e a glorificare Dio. Rifiutiamo entrambi le feste ,i banchetti, i cibi sopraffini delle vanità regali, e vogliamo guadagnarci il pane come il più umile artigiano dello Stato. In queste ore libere del giorno, noi lavoriamo le foglie di palma trasformandole in stuoie, allo scopo di interrompere il digiuno nelle prime ore serali. Mio caro, tale è la nostra esistenza da oltre vent'anni. Non c'è altro da raccontarti..... Resta adesso con noi , ospite al desco: dovrai però attendere che le stuoie fabbricate ieri vengano vendute. Poi trascorrerai la notte in preghiera e te ne andrai domani allo spuntare del sole, con la speranza che Iddio voglia concederti ciò che è nel tuo desiderio!
L'uomo si inchinò , turbato: e provò maggiore vergogna nell'animo, rammentando i falli commessi e la punizione avuta. Al tramonto, venne dal re un fanciullo, che prese le stuoie di foglie di palma e le portò al mercato. Di lì a un'ora egli era di ritorno, con un cartoccio di pane e di fave.Il re , e la regina e l'ospite mangiarono insieme, bevendo purissima acqua di fonte. A mezzanotte, egli fu accompagnato in una stanza , e i due sposi regali lo lasciarono assorto nella preghiera, ritirandosi per pregare alla propria volta separatamente. Quando sorse l'alba , l'ospite si inginocchiò sul tappeto; e il re esclamò:
---Mio Dio , questo tuo indegno servitore ti prega di accogliere il pentimento e il desiderio del pellegrino che è giunto fino a queste soglie!....
Costui ti chiede di rendergli la nuvola, segno della tua grazia!.....................
Se la mia preghiera può essere accolta, esaudiscilo, e rendergli la nuvola
Ed ecco; nel cielo , spuntò la nuvola: il re la indicò all'uomo, il quale pianse e partì in umiltà da quel luogo. Egli uscì all'aperto, dirigendosi verso la campagna; e la nuvola riprese ad accompagnarlo, bianca e lieve come un'anima monda dal peccato.
Narrano che visse un tempo,tra i figli d'Israele, un uomo molto conosciuto dal prossimo per la sua devozione e per la sua vita esemplare. Quando pregava Iddio di qualche grazia, essa gli veniva concessa immediatamente. E sempre, quando camminava per boschi e valli , per pianure e montagne una nuvola lo seguiva e gli versava addosso--anche nei deserti---l'acqua per ristorarsi e per compiere le abluzioni di rito. Era questo il costante segno della benevolenza divina.
Ciò durò fino al giorno in cui l'uomo si stancò di devozione e di sacrifici e si concesse piaceri e distrazioni terrene: subito Iddio fece scomparire la nuvola e non esaudì le domande di grazie.
Ben presto l'uomo si avvide del castigo: rinsavì e rimase addolorato, rimpiangendo il tempo del miracolo. Si macerò nei digiuni e nelle penitenze; e una notte udì in sogno una voce che gli disse:
"Se desideri che il Signore ti renda la nuvola, vai dal re del lontano paese di Araf e chiedigli di pregare per te. Solo le sue preci possono indurre Iddio a concederti di nuovo la nuvola e l'assistenza! Però, devi attraversare deserti vasti e terre desolate".
L'uomo , senza perdersi d'animo, intraprese il lungo e difficile viaggio: attraversò i deserti, si trascinò per zone solitarie e selvagge dimore di bestie feroci ; e dopo mesi giunse al paese indicatogli dal sogno. Chiese a una donna dove fosse il palazzo reale e , ricevette le indicazioni esatte, si presentò alle soglie. Davanti all'ingresso un servo era assiso sopra un tronco: l'uomo salutò umilmente, e l'altro gli domandò:
--Che cosa cerchi, in questa reggia?
--Desidero esporre una supplica al sovrano-- rispose l'uomo,
---Oggi non è possibile vedere il re --disse il servo sul trono.---Egli ha stabilito di concedere un giorno della settimana a chi ha bisogno di esporgli le proprie suppliche: e questo giorno è sabato. Vieni dunque allora.e sarai ammesso alla sua presenza..
L'uomo pensò subito:
"Mi sembra che il re non si comporti da persona pia , isolandosi dal popolo sei giorni su sette!....Come è possibile che si tratti di un prediletto del Signore, se agisce in tale maniera?".
Pur cominciando a dubitare del sogno, attese il sabato, poi andò al palazzo e si confuse con numerosa gente che attendeva l'autorizzazione per presentarsi all'udienza. Restò lì in mezzo alla calca , tranquillo, finché non venne un ministro, preceduto da valletti di corte, ed esclamò:
---Entri chi ha suppliche da esporre!
Tutti entrarono, salirono una scala di marmo e furono introdotti nel salone delle udienze. Il re sedeva sotto un baldacchino di porpora e aveva al fianco i dignitari dello Stato, in ordine di importanza. Il ministro condusse i supplicanti uno alla volta al cospetto del sovrano; ma, quando venne il turno dell'uomo, il re lo fissò negli occhi e disse:
--Benvenuto anche a te!... Siedi laggiù e aspetta che io sia libero di ascoltarti in pace, uomo della nuvola!
Egli rimase sbalordito e comprese che quel re era veramente un protetto del Signore. Conclusa l'udienza, i dignitari presero concedo; e il re chiamò lo straniero, lo prese per mano e lo guidò nel proprio appartamento personale. Sul limitare, stava di guardia un gigante nero come l'ebano, con un'armatura lucente e con uno splendido elmo sul capo : a destra e a sinistra stazionavano soldati con archi e spade. A un cenno del re , il negro dischiuse l'ingresso: i due traversarono un corridoio, sbarrato al termine da una piccola porta ; il re trasse una chiavetta dal seno e aprì, cedendo quindi il posto all'ospite. L'uomo contemplò un vestibolo tetro, con le pareti corrose dal tempo; di lì, passò in una stanza simile a una cella al cui centro si stendeva un tappeto per le preghiere: unici oggetti, oltre quello , erano un recipiente per abluzioni e alcune larghe foglie di palma. Subito il sovrano aprì un armadio a muro e ne trasse una rozza tonaca di lana di pecora ; si spogliò dell'abito pomposo, indossò l'umile veste e si pose in testa un berretto tondo di panno . Fece quindi sedere l'uomo accanto a se' sul tappeto e chiamò la moglie. Da un usciolo apparve la regina , pure in abiti dimessi.
-- Cara - disse il consorte --sai tu chi è questo ospite nostro?
---Si!---rispose lei sorridendo.---è l'uomo della nuvola.
----Vieni avanti---continuò lui ---e non avere scrupoli.
Ella si tolse il velo dal capo e mostrò un viso di celestiale bellezza, incorniciato da folti capelli biondi, spruzzati qua e là di grigio.
---Fratello ---rispose il re ---vuoi conoscere la mia storia, o preferisci che preghiamo immediatamente per la tua grazia ?
---Signore --- mormorò l'uomo-- ora desidero innanzi tutto conoscere la tua storia.
----Sappi che da secoli i miei antenati si trasmisero il regno felicemente, di primogenito in primogenito; e, nell'eterno fluire del tempo, giunse il mio turno attuale. Ma il Signore mi aveva ispirato fin da fanciullo ad amarlo, e il manto regale mi risultò odioso e pesante: avrei desiderato andarmene come pellegrino per le vie della terra , lasciando che il popolo provvedesse a se stesso. Mentre stavo meditando sulla opportunità di seguire il mio istinto, scese a un tratto nel mio animo la preoccupazione che la mia gente potesse travolgersi nell'anarchia e nella discordia. Allora rinunciai ad andarmene, salii al trono, nominai degni e bravi governatori nelle provincie, affrancai gli schiavi e amministrai le leggi. Non appena le cose funzionarono come era mio intendimento, mi accontentai di vigilare per il tempo necessario, fissando ai sudditi una udienza settimanale e ascoltando dalle voci le storie dei bisogni, delle ingiustizie, delle sventure e del vario svolgersi della esistenza quotidiana. Così , adagio,adagio, sono riuscito a conciliare le esigenze del trono con le esigenze dell'anima: per alcune ore del giorno, partecipo a cerimonie, firmo i documenti dello stato, discuto i nostri problemi coi ministri; al termine di queste cose, vengo a chiudermi in questo appartamento che è la mia vera casa , mi tolgo i vari abiti fastosi e indosso la rozza tonaca che tu vedi. Per mia felicissima sorte, ho sposato una donna veramente unica nelle virtù terrene e nel timore di Dio. Osserva mia moglie :anche lei ricopre di panni umili la propria bellezza e mi è fedele compagna nell'ascetismo, aiutandomi a servire e a glorificare Dio. Rifiutiamo entrambi le feste ,i banchetti, i cibi sopraffini delle vanità regali, e vogliamo guadagnarci il pane come il più umile artigiano dello Stato. In queste ore libere del giorno, noi lavoriamo le foglie di palma trasformandole in stuoie, allo scopo di interrompere il digiuno nelle prime ore serali. Mio caro, tale è la nostra esistenza da oltre vent'anni. Non c'è altro da raccontarti..... Resta adesso con noi , ospite al desco: dovrai però attendere che le stuoie fabbricate ieri vengano vendute. Poi trascorrerai la notte in preghiera e te ne andrai domani allo spuntare del sole, con la speranza che Iddio voglia concederti ciò che è nel tuo desiderio!
L'uomo si inchinò , turbato: e provò maggiore vergogna nell'animo, rammentando i falli commessi e la punizione avuta. Al tramonto, venne dal re un fanciullo, che prese le stuoie di foglie di palma e le portò al mercato. Di lì a un'ora egli era di ritorno, con un cartoccio di pane e di fave.Il re , e la regina e l'ospite mangiarono insieme, bevendo purissima acqua di fonte. A mezzanotte, egli fu accompagnato in una stanza , e i due sposi regali lo lasciarono assorto nella preghiera, ritirandosi per pregare alla propria volta separatamente. Quando sorse l'alba , l'ospite si inginocchiò sul tappeto; e il re esclamò:
---Mio Dio , questo tuo indegno servitore ti prega di accogliere il pentimento e il desiderio del pellegrino che è giunto fino a queste soglie!....
Costui ti chiede di rendergli la nuvola, segno della tua grazia!.....................
Se la mia preghiera può essere accolta, esaudiscilo, e rendergli la nuvola
Ed ecco; nel cielo , spuntò la nuvola: il re la indicò all'uomo, il quale pianse e partì in umiltà da quel luogo. Egli uscì all'aperto, dirigendosi verso la campagna; e la nuvola riprese ad accompagnarlo, bianca e lieve come un'anima monda dal peccato.
sabato 13 aprile 2019
Pace nel mondo di : Pina Maria Speranza Raciti
13-4-2019
"A un livello più profondo, le persone radicate nelle proprie tradizioni religiose, possono condividere le loro esperienze di preghiera, contemplazione, fede e doveri, come pure i loro modi di ricerca dell'Assoluto. Questa forma di dialogo può essere un reciproco arricchimento e una fruttuosa cooperazione per promuovere e preservare i più alti valori e gli ideali spirituali di tutti i popoli. Il dialogo religioso conduce naturalmente ciascun partner a comunicare all'altro le ragioni della propria fede. Le profonde differenze che a volta esistono tra le rispettive fedi religiose non impediscono il dialogo. Quelle differenze , piuttosto, devono essere rimesse con umiltà e fiducia a Dio, che "è più grande dei nostri cuori"( 1Gv 3,20). In questo modo anche il Cristiano ha un'opportunità di offrire all'altro la possibilità di sperimentare in modo esistenziale i valori del Vangelo"(L'atteggiamento della Chiesa riguardo ai Credenti di altre Religioni. Riflessioni e orientamenti concernenti dialogo e missione, dal Segretario Vaticano per i non -Cristiani, 1984,n.35)-------------
----Come ripete Giovanni Paolo 2° ogni volta che tratta tale questione, e in particolar modo nella giornata di preghiera ad Assisi il 27-ottobre 1986: "ogni preghiera autentica è suscitata dallo Spirito Santo che, misteriosamente , è presente nel cuore di ogni persona".--------
-------Il dialogo è letteralmente, una parola che si lascia penetrare da un'altra, una parola vera che viene dal cuore e che tocca il cuore dell'altro.-------
----La preghiera vissuta in comunione con i credenti di altre religioni è un'esperienza che trasforma profondamente la coscienza religiosa. è un cambiamento di mentalità impensabile.------------------Il vero incontro tra l'oriente e l'occidente avviene dentro ciascuno di noi . Quando è vissuto nelle giuste condizioni, la scoperta della cultura e della spiritualità orientale agisce come catalizzatore in un processo di unificazione interiore.
--Non è mia volontà , affrontare il complesso , dialogo inter- religioso; ma ricordando:"lo Spirito d'Assisi" voluto da Sua Santità ,San Giovanni Paolo 2°; desidero parlare di pace nel mondo.
Sono molto piccola ,per comprendere , il progetto di Sua Santità, credo che lo Spirito d'Assisi, era ed è , la volontà di un inizio di dialogo, con e fra tutti i credenti, per un progetto di costruzione, di una pace e giustizia, nel mondo.
Pace nel mondo: cosa vuol dire , desiderare la pace nel mondo, pregare per la pace?
In un mondo, dove sono presenti sparsi per tutto il pianeta, conflitti; dove viene calpestata la dignità dell'uomo, e sono negati molti diritti; dove in nome della selvaggia e possente cupidigia, il pianeta terra rischia di morire.
La , pace e la giustizia, sono il dovere etico, di tutta l'umanità; è il dovere etico della politica di tutti i popoli, ma, soprattutto, delle grandi potenze. La pace nel mondo, è la via che l'umanità deve percorrere, per costruire un mondo più giusto a dimensione umana, per una convivenza pacifica dei popoli!
L'umanità , nel suo cammino, ha costruito, civiltà grandi e diverse, ed ha percorso un cammino religioso diverso. Questo porta alla presenza, di popoli con diverse identità , sociali- storiche-religiose.
Un processo, formativo, educativo, culturale, dei popoli, costituisce lo strumento, per sconfiggere, i tabù, i pregiudizi, l'ignoranza, che sono la linfa che alimenta, integralismo, e fanatismo religioso. Pace e giustizia nel mondo, come convivenza pacifica dei popoli, nel rispetto della loro identità culturale e religiosa, e di dialogo e conoscenza dell'altro.
è compito di tutti noi:"umanità" diventare costruttori di pace e di giustizia, nella molteplice differenza. Il dialogo, porta alla conoscenza ed al rispetto dell'altro, al rispetto della propria identità, in questo modo, la differenza può divenire ricchezza, ed il globale, un mondo di pace.
"A un livello più profondo, le persone radicate nelle proprie tradizioni religiose, possono condividere le loro esperienze di preghiera, contemplazione, fede e doveri, come pure i loro modi di ricerca dell'Assoluto. Questa forma di dialogo può essere un reciproco arricchimento e una fruttuosa cooperazione per promuovere e preservare i più alti valori e gli ideali spirituali di tutti i popoli. Il dialogo religioso conduce naturalmente ciascun partner a comunicare all'altro le ragioni della propria fede. Le profonde differenze che a volta esistono tra le rispettive fedi religiose non impediscono il dialogo. Quelle differenze , piuttosto, devono essere rimesse con umiltà e fiducia a Dio, che "è più grande dei nostri cuori"( 1Gv 3,20). In questo modo anche il Cristiano ha un'opportunità di offrire all'altro la possibilità di sperimentare in modo esistenziale i valori del Vangelo"(L'atteggiamento della Chiesa riguardo ai Credenti di altre Religioni. Riflessioni e orientamenti concernenti dialogo e missione, dal Segretario Vaticano per i non -Cristiani, 1984,n.35)-------------
----Come ripete Giovanni Paolo 2° ogni volta che tratta tale questione, e in particolar modo nella giornata di preghiera ad Assisi il 27-ottobre 1986: "ogni preghiera autentica è suscitata dallo Spirito Santo che, misteriosamente , è presente nel cuore di ogni persona".--------
-------Il dialogo è letteralmente, una parola che si lascia penetrare da un'altra, una parola vera che viene dal cuore e che tocca il cuore dell'altro.-------
----La preghiera vissuta in comunione con i credenti di altre religioni è un'esperienza che trasforma profondamente la coscienza religiosa. è un cambiamento di mentalità impensabile.------------------Il vero incontro tra l'oriente e l'occidente avviene dentro ciascuno di noi . Quando è vissuto nelle giuste condizioni, la scoperta della cultura e della spiritualità orientale agisce come catalizzatore in un processo di unificazione interiore.
--Non è mia volontà , affrontare il complesso , dialogo inter- religioso; ma ricordando:"lo Spirito d'Assisi" voluto da Sua Santità ,San Giovanni Paolo 2°; desidero parlare di pace nel mondo.
Sono molto piccola ,per comprendere , il progetto di Sua Santità, credo che lo Spirito d'Assisi, era ed è , la volontà di un inizio di dialogo, con e fra tutti i credenti, per un progetto di costruzione, di una pace e giustizia, nel mondo.
Pace nel mondo: cosa vuol dire , desiderare la pace nel mondo, pregare per la pace?
In un mondo, dove sono presenti sparsi per tutto il pianeta, conflitti; dove viene calpestata la dignità dell'uomo, e sono negati molti diritti; dove in nome della selvaggia e possente cupidigia, il pianeta terra rischia di morire.
La , pace e la giustizia, sono il dovere etico, di tutta l'umanità; è il dovere etico della politica di tutti i popoli, ma, soprattutto, delle grandi potenze. La pace nel mondo, è la via che l'umanità deve percorrere, per costruire un mondo più giusto a dimensione umana, per una convivenza pacifica dei popoli!
L'umanità , nel suo cammino, ha costruito, civiltà grandi e diverse, ed ha percorso un cammino religioso diverso. Questo porta alla presenza, di popoli con diverse identità , sociali- storiche-religiose.
Un processo, formativo, educativo, culturale, dei popoli, costituisce lo strumento, per sconfiggere, i tabù, i pregiudizi, l'ignoranza, che sono la linfa che alimenta, integralismo, e fanatismo religioso. Pace e giustizia nel mondo, come convivenza pacifica dei popoli, nel rispetto della loro identità culturale e religiosa, e di dialogo e conoscenza dell'altro.
è compito di tutti noi:"umanità" diventare costruttori di pace e di giustizia, nella molteplice differenza. Il dialogo, porta alla conoscenza ed al rispetto dell'altro, al rispetto della propria identità, in questo modo, la differenza può divenire ricchezza, ed il globale, un mondo di pace.
domenica 7 aprile 2019
5° domenica di quaresima anno C : Il mondo dei "precetti" mizvoth di: rav. Luciano Caro
7-4-2019
"Così dirai alla casa di Giacobbe e riferirai ai figli d'Israele: Se darete ascolto alla Mia voce e osserverete il Mio patto, sarete per Me uno speciale possesso tra tutti i popoli perché a Me appartiene tutta la terra"(Esodo 19,3,5)
In questo notissimo passo dell'Esodo è tracciata la funzione che Israele deve svolgere tra le genti. Il popolo ebraico è un popolo distinto dagli altri in quanto è chiamato ad ascoltare la "voce di Dio" e a osservarne il patto.
L'osservanza di questo patto non consiste per l'ebreo in pochi atti da compiersi in circostanze speciali, ma nell'applicare nella vita quotidiana le norme stabilite da Dio che investono tutti gli aspetti dell'esistenza. Tutti gli atti della vita dell'ebreo sono pertanto disciplinati dalla Torà( la legge di Dio contenuta nel Pentateuco) mediante una serie di mizvoth (sing. mizvà) o precetti, obbligatori per tutti gli adulti.----------------Mizvoth, si tratta piuttosto di una serie di principi generali, ognuno dei quali abbraccia un complesso di ordini e di divieti che sono tramandati dalla tradizione orale.---------------La prima raccolta scritta delle leggi tramandate oralmente è la Mshnà (redatta nel 2° secolo) che comprende deliberazioni legali tramandate nei quattro secoli precedenti. Il materiale contenuto nella Mshnà è stato oggetto di commenti , elaborazioni, dibattiti nei secoli successivi. Il testo della Mishnà accompagnato dalle successive discussioni (Ghemarà) costituisce il Talmud( "studio"). -------- Torà scritta, Mishnà e Talmud sono dunque le fonti della halachà ("comportamento"), la normativa ebraica. Le singole regole di applicazione, raccolte successivamente nei codici, sono chiamate dinim.-----------------Il contenuto dei precetti , pur se vincolante per gli Ebrei, è ricco di elementi di universalità e di principi etici validi per tutti gli uomini. La loro applicazione può promuovere una società più progredita e libera; una umanità maggiormente unificata e consapevole. Si può parlare pertanto del valore etico permanente delle mizvoth. Allo scopo di educare l'animo dei suoi membri l'Ebraismo ritiene che non vi sia nulla di meglio che proporre l'idea del Monoteismo in ogni atto del quotidiano educando alla consapevolezza che il nostro comportamento deve essere costantemente e totalmente ispirato agli insegnamenti di Dio.
Non è corretto quindi parlare delle mizvoth come di atti puramente formali. L'osservanza dei precetti costituisce un costante esercizio volto a educare l'animo a una severa disciplina morale che investe tutti gli atti , anche i più banali , dell'esistenza e potenziare la capacità di relazionare il divino che è in noi.
Accanto a norme di cui è facile rilevare con immediatezza la motivazione, quali la tutela dello straniero, della vedova e dell'orfano e, in generale,,del più debole; il rispetto per la vita ; la solidarietà; l'onestà dei rapporti tra uomo e uomo, e così via ve ne sono, nella Torà, altre per la quali è più arduo trovare una motivazione razionale. Si pensi alla complessa normativa che regola l'alimentazione con una dettagliata elencazione di cibi proibiti e di mescolanze vietate; alle norme sulla "purità rituale"; al divieto di indossare abiti confezionati con tessuti contenente lana e lino, e altre ancora. Alcuni sostengono che non è in nostra facoltà capire il significato di tutti gli insegnamenti che Dio ci ha dato; comunque non c'è dubbio che tutte le mizvoth hanno una motivazione chiara ed esplicita fare di Israele un popolo "speciale", il popolo sacerdotale e consacrato.
I precetti sono un mezzo per preservare Israele dall'assimilazione e mantenere la propria individualità. Attraverso la disciplina imposta dalle mizvoth il popolo ebraico può adempiere la sua missione nella storia, una missione di umanità e di giustizia che lo deve portare a essere esempio di moralità per tutte le genti:" Voi siete per Me un reame di sacerdoti e una nazione consacrata"(Esodo 19,6)
Pasqua cristiana, è tempo di pace, il mio augurio , che il popolo di Israele , trovi la pace. Che nella martoriata terra santa, possa nascere , la speranza di una pace duratura fra i due popoli che l'abitano:Israele, e Palestina. Che si possa comprendere che un cammino di pace, può iniziare deponendo l'ascia di guerra ,solo un cammino di pace può portare alla giustizia.
"Così dirai alla casa di Giacobbe e riferirai ai figli d'Israele: Se darete ascolto alla Mia voce e osserverete il Mio patto, sarete per Me uno speciale possesso tra tutti i popoli perché a Me appartiene tutta la terra"(Esodo 19,3,5)
In questo notissimo passo dell'Esodo è tracciata la funzione che Israele deve svolgere tra le genti. Il popolo ebraico è un popolo distinto dagli altri in quanto è chiamato ad ascoltare la "voce di Dio" e a osservarne il patto.
L'osservanza di questo patto non consiste per l'ebreo in pochi atti da compiersi in circostanze speciali, ma nell'applicare nella vita quotidiana le norme stabilite da Dio che investono tutti gli aspetti dell'esistenza. Tutti gli atti della vita dell'ebreo sono pertanto disciplinati dalla Torà( la legge di Dio contenuta nel Pentateuco) mediante una serie di mizvoth (sing. mizvà) o precetti, obbligatori per tutti gli adulti.----------------Mizvoth, si tratta piuttosto di una serie di principi generali, ognuno dei quali abbraccia un complesso di ordini e di divieti che sono tramandati dalla tradizione orale.---------------La prima raccolta scritta delle leggi tramandate oralmente è la Mshnà (redatta nel 2° secolo) che comprende deliberazioni legali tramandate nei quattro secoli precedenti. Il materiale contenuto nella Mshnà è stato oggetto di commenti , elaborazioni, dibattiti nei secoli successivi. Il testo della Mishnà accompagnato dalle successive discussioni (Ghemarà) costituisce il Talmud( "studio"). -------- Torà scritta, Mishnà e Talmud sono dunque le fonti della halachà ("comportamento"), la normativa ebraica. Le singole regole di applicazione, raccolte successivamente nei codici, sono chiamate dinim.-----------------Il contenuto dei precetti , pur se vincolante per gli Ebrei, è ricco di elementi di universalità e di principi etici validi per tutti gli uomini. La loro applicazione può promuovere una società più progredita e libera; una umanità maggiormente unificata e consapevole. Si può parlare pertanto del valore etico permanente delle mizvoth. Allo scopo di educare l'animo dei suoi membri l'Ebraismo ritiene che non vi sia nulla di meglio che proporre l'idea del Monoteismo in ogni atto del quotidiano educando alla consapevolezza che il nostro comportamento deve essere costantemente e totalmente ispirato agli insegnamenti di Dio.
Non è corretto quindi parlare delle mizvoth come di atti puramente formali. L'osservanza dei precetti costituisce un costante esercizio volto a educare l'animo a una severa disciplina morale che investe tutti gli atti , anche i più banali , dell'esistenza e potenziare la capacità di relazionare il divino che è in noi.
Accanto a norme di cui è facile rilevare con immediatezza la motivazione, quali la tutela dello straniero, della vedova e dell'orfano e, in generale,,del più debole; il rispetto per la vita ; la solidarietà; l'onestà dei rapporti tra uomo e uomo, e così via ve ne sono, nella Torà, altre per la quali è più arduo trovare una motivazione razionale. Si pensi alla complessa normativa che regola l'alimentazione con una dettagliata elencazione di cibi proibiti e di mescolanze vietate; alle norme sulla "purità rituale"; al divieto di indossare abiti confezionati con tessuti contenente lana e lino, e altre ancora. Alcuni sostengono che non è in nostra facoltà capire il significato di tutti gli insegnamenti che Dio ci ha dato; comunque non c'è dubbio che tutte le mizvoth hanno una motivazione chiara ed esplicita fare di Israele un popolo "speciale", il popolo sacerdotale e consacrato.
I precetti sono un mezzo per preservare Israele dall'assimilazione e mantenere la propria individualità. Attraverso la disciplina imposta dalle mizvoth il popolo ebraico può adempiere la sua missione nella storia, una missione di umanità e di giustizia che lo deve portare a essere esempio di moralità per tutte le genti:" Voi siete per Me un reame di sacerdoti e una nazione consacrata"(Esodo 19,6)
Pasqua cristiana, è tempo di pace, il mio augurio , che il popolo di Israele , trovi la pace. Che nella martoriata terra santa, possa nascere , la speranza di una pace duratura fra i due popoli che l'abitano:Israele, e Palestina. Che si possa comprendere che un cammino di pace, può iniziare deponendo l'ascia di guerra ,solo un cammino di pace può portare alla giustizia.
ESODO:DECALOGO: Non deporrai falsa testimonianza contro il tuo prossimo Pina Maria Speranza Raciti
7-4-2019
Nel cuore dell'umanità, c'è :"CAINO"; l'odio omicida contro il fratello, nasce dallo squallore della propria vita; da quelle che vengono definite:"frustrazioni". Sentimenti, come: gelosia, invidia , alimentano, le frustrazioni, che possano sfociare, nell'azione estrema dell 'omicidio, o nella modalità più subdola:"la calunnia".
La calunnia , non esprime mai la verità sulla vittima, ma è l'anima nuda , di chi la formula!
La mia terra, la Sicilia, vive da sempre , in conflitti sociali piuttosto complessi, che possono essere schematizzati, nel fatto che la sua popolazione, si divide in due anime, una il popolo, ignorante, miserabile , che solo in questi ultimi anni , ha raggiunto un certo benessere economico. Il cui sentimento di odio atavico, nei riguardi dell'altra anima, della società siciliana, rimane vivo. L'altra anima siciliana, agiata, che da sempre ha avuto un sentimento di sfiducia, di disprezzo, per il popolo.
Vivo in un ambiente sociale, mediocre, squallido, dove il miglioramento delle condizioni socio-economiche , ha portato alla formazione di una classe sociale di parvenu.
Un odio mortale , nei riguardi della mia persona e della mia famiglia, presente da sempre, è cresciuto, fino a soffocare la mia vita. Ed ha portato ad una serie di calunnie, che hanno investito me , la mia famiglia ed i miei santi morti. Tutto ciò che è stato ed è la nostra vita a Belpasso, ha da sempre suscitato :odio, gelosia ed invidia, semplicemente, perché siamo diversi da loro. Classe, eleganza, cultura, educazione, sono talenti, non accettabili, in una realtà, fatta di:miserabili, brutti, volgari , cafoni. La gravità di questa realtà si è fatta insostenibile, da 25 anni, sopratutto la mia persona è stata spogliata di tutto:
onore, dignità, onestà, livello sociale, cultura, studi universitari. Sono stata perseguitata, braccata come un animale, cercando uomini mai esistenti, amanti mai esistiti. I miei presunti amanti, non sono persone reali, ma semplicemente frutto , del vomito delle mente putride che mi circonda. I miei errori, in questa situazione, sono stati:
1°) aver pianto difronte a tutta questa violenza;
2°) aver gridato la mia innocenza, perché così facendo, ho realmente denunciato, la verità sulle donne , dell'ambiente sociale in cui vivo. Mettendo così i paletti , fra me e loro.
L'io collettivo, profondo, delle donne del popolino siciliano, è infatti " la lupa di Verga".
Sono stata da sempre molto , corteggiata; non ho mai cercato di attirare i ragazzi; perché amo profondamente i miei studi, e ho sempre cercato di soddisfare solo la mia sete di conoscenza. Sono i libri , e i miei studi, i miei interessi principali. Sono cresciuta in un ambiente familiare , sano e ricco di luce, dove sono stata da sempre amata, curata, protetta, viziata. Il mio papà da giovane , era un bel ragazzo, lo zio Ulderico, il fratello della mia mamma, era un uomo di classe, e così pure (nelle foto) il mio nonno Peppino. Ho , quindi, da sempre l'immagine, dell'uomo elegante, di classe, educato, e colto. I miei studi, fatti con grande impegno sin da ragazzina, le mie letture, hanno completato e raffinato molto i miei punti di vista. Ragion per cui i ragazzi, che osavano avvicinarsi a me , mi infastidivano, li consideravo degli insetti fastidiosi, da respingere con un po' di cattiveria, e poco garbo. Solo più tardi, all'università,riconoscendo la mia poca umanità, alla stupida e volgare " dichiarazione", ho risposto offrendo :"l'amicizia".Molti sono andati via, delusi come era prevedibile, sono rimasti come amici: un collega di medicina , la mia facoltà, ed un ragazzo di Belpasso. Sono stati accolti in casa , divenendo amici di famiglia.
Dopo molti anni, ho scoperto, che loro non sono mai stati miei amici, ma hanno semplicemente conservato nei miei riguardi , le loro pulsioni. Questa constatazione mi ha fatto molto male, mi sono sentita umiliata e tradita; ma la colpa è mia , ho preteso di poter cambiare dei figli di contadini, in distinti borghesi colti. Non si cambiano le persone, si accettano per ciò che sono, se non possano relazionare con noi , si taglia!
è Pasqua, perdonare , chi mi ha derubato di 25 anni della mia vita, perseguitandomi con infamie, non è facile! Solo oggi , riesco a pregare per i miei assassini, ma ancora nel mio cuore , non c'è pietà per loro.
Consegno, la marmaglia che mi ha aggredita , al giudizio della società perbene; e spero che possano comprendere la verità, che la loro malvagità , ed ignoranza, non fa vedere:
aggredendo me hanno messo a nudo la loro anima. Gli orrori di cui io sono vittima non rispecchiano me ,ma è la verità su di loro!
Nel cuore dell'umanità, c'è :"CAINO"; l'odio omicida contro il fratello, nasce dallo squallore della propria vita; da quelle che vengono definite:"frustrazioni". Sentimenti, come: gelosia, invidia , alimentano, le frustrazioni, che possano sfociare, nell'azione estrema dell 'omicidio, o nella modalità più subdola:"la calunnia".
La calunnia , non esprime mai la verità sulla vittima, ma è l'anima nuda , di chi la formula!
La mia terra, la Sicilia, vive da sempre , in conflitti sociali piuttosto complessi, che possono essere schematizzati, nel fatto che la sua popolazione, si divide in due anime, una il popolo, ignorante, miserabile , che solo in questi ultimi anni , ha raggiunto un certo benessere economico. Il cui sentimento di odio atavico, nei riguardi dell'altra anima, della società siciliana, rimane vivo. L'altra anima siciliana, agiata, che da sempre ha avuto un sentimento di sfiducia, di disprezzo, per il popolo.
Vivo in un ambiente sociale, mediocre, squallido, dove il miglioramento delle condizioni socio-economiche , ha portato alla formazione di una classe sociale di parvenu.
Un odio mortale , nei riguardi della mia persona e della mia famiglia, presente da sempre, è cresciuto, fino a soffocare la mia vita. Ed ha portato ad una serie di calunnie, che hanno investito me , la mia famiglia ed i miei santi morti. Tutto ciò che è stato ed è la nostra vita a Belpasso, ha da sempre suscitato :odio, gelosia ed invidia, semplicemente, perché siamo diversi da loro. Classe, eleganza, cultura, educazione, sono talenti, non accettabili, in una realtà, fatta di:miserabili, brutti, volgari , cafoni. La gravità di questa realtà si è fatta insostenibile, da 25 anni, sopratutto la mia persona è stata spogliata di tutto:
onore, dignità, onestà, livello sociale, cultura, studi universitari. Sono stata perseguitata, braccata come un animale, cercando uomini mai esistenti, amanti mai esistiti. I miei presunti amanti, non sono persone reali, ma semplicemente frutto , del vomito delle mente putride che mi circonda. I miei errori, in questa situazione, sono stati:
1°) aver pianto difronte a tutta questa violenza;
2°) aver gridato la mia innocenza, perché così facendo, ho realmente denunciato, la verità sulle donne , dell'ambiente sociale in cui vivo. Mettendo così i paletti , fra me e loro.
L'io collettivo, profondo, delle donne del popolino siciliano, è infatti " la lupa di Verga".
Sono stata da sempre molto , corteggiata; non ho mai cercato di attirare i ragazzi; perché amo profondamente i miei studi, e ho sempre cercato di soddisfare solo la mia sete di conoscenza. Sono i libri , e i miei studi, i miei interessi principali. Sono cresciuta in un ambiente familiare , sano e ricco di luce, dove sono stata da sempre amata, curata, protetta, viziata. Il mio papà da giovane , era un bel ragazzo, lo zio Ulderico, il fratello della mia mamma, era un uomo di classe, e così pure (nelle foto) il mio nonno Peppino. Ho , quindi, da sempre l'immagine, dell'uomo elegante, di classe, educato, e colto. I miei studi, fatti con grande impegno sin da ragazzina, le mie letture, hanno completato e raffinato molto i miei punti di vista. Ragion per cui i ragazzi, che osavano avvicinarsi a me , mi infastidivano, li consideravo degli insetti fastidiosi, da respingere con un po' di cattiveria, e poco garbo. Solo più tardi, all'università,riconoscendo la mia poca umanità, alla stupida e volgare " dichiarazione", ho risposto offrendo :"l'amicizia".Molti sono andati via, delusi come era prevedibile, sono rimasti come amici: un collega di medicina , la mia facoltà, ed un ragazzo di Belpasso. Sono stati accolti in casa , divenendo amici di famiglia.
Dopo molti anni, ho scoperto, che loro non sono mai stati miei amici, ma hanno semplicemente conservato nei miei riguardi , le loro pulsioni. Questa constatazione mi ha fatto molto male, mi sono sentita umiliata e tradita; ma la colpa è mia , ho preteso di poter cambiare dei figli di contadini, in distinti borghesi colti. Non si cambiano le persone, si accettano per ciò che sono, se non possano relazionare con noi , si taglia!
è Pasqua, perdonare , chi mi ha derubato di 25 anni della mia vita, perseguitandomi con infamie, non è facile! Solo oggi , riesco a pregare per i miei assassini, ma ancora nel mio cuore , non c'è pietà per loro.
Consegno, la marmaglia che mi ha aggredita , al giudizio della società perbene; e spero che possano comprendere la verità, che la loro malvagità , ed ignoranza, non fa vedere:
aggredendo me hanno messo a nudo la loro anima. Gli orrori di cui io sono vittima non rispecchiano me ,ma è la verità su di loro!
mercoledì 3 aprile 2019
Sciaibar, il nano scaccia invidie da: Arabia, Malipiero 2°
3-4-2019
E, la mattina dopo, i tre principi, provvisti di tre archi e di tre frecce d'oro uguali, le scagliarono con forza e maestria. Più vicina fu trovata la freccia Hussein, più lontana quella di Alì; quanto a quella di Ahmed non ci fu modo di pescarla più. Il Sultano si trovò in grande imbarazzo anche questa volta, poi per non continuare più quella storia , decise di dare Alifa ed il trono ad Alì.
Hussein ne provò tanto dolore che non si sentì più di vivere a corte. Si vestì da eremita e si presentò al padre:
--Padre mio, vedo che la vita ci inganna, pare ci prometta tanta gioia e poi non ce la dà. Desidero dedicarmi alla penitenza. Voglio diventare un santone. Il padre ne ebbe dispiacere, e molto , ma quando lo vide tanto deciso lo abbracciò, e gli diede il permesso di partire. Ed ecco venire da lui Ahmed.
---Cosa vuoi fare anche tu, figlio mio , che ti vedo pronto, tutto vestito da viaggio?
---Padre mio, non posso resistere al desiderio di andare a cercare la mia freccia scomparsa. Sembra un sortilegio gettato su di me . Debbo assolutamente trovarla!
Il Sultano, questa volta , rimase un poco stupefatto. Poteva capire che per il dolore di avere perduta la donna amata ci si potesse fare eremiti, ma che si partisse per conquistare in cambio una freccia, gli sembrava un po' strano. Pure pensò che sarebbe stata ad ogni modo una distrazione , benedì anche questo figlio, l'abbracciò, e anche questo partì. E cammina , cammina , Ahmed arrivò ad una catena di montagne altissime e rocciose, senza che di frecce d'oro avesse veduto neppure il minimo luccichio. Ma ecco che, proprio là, conficcata in una rupe brulla , stava la sua freccia! Accanto , la roccia presentava una spaccatura grande abbastanza perché un uomo ci potesse passare e, sempre spinto dalla forza misteriosa che l'aveva trascinato fino là, Ahmed entrò per quella fenditura del monte con la sua freccia in mano. Davanti a lui era un lungo corridoio in discesa , illuminato da una luce dolcissima , e straordinaria , dato che ci si trovava nelle viscere di un monte, per solito parecchio buie. Poi, il corridoio si trasformò in una specie di labirinto, e finalmente il principe si trovò davanti ad una porta di ferro : la spinse, ed un castello meraviglioso apparve ai suoi occhi stupefatti. Sulla porta del castello, tutto di cristallo, lo aspettava una dama bellissima che, dal copricapo a cono stellato e dalla luce che spandeva intorno, non era difficile qualificare per una fata. Infatti:
--Sono la fata Paribanu--disse con voce melodiosa quanto il canto di tutti gli uccelli più canori.---Fui io che mandai a te e ai tuoi fratelli i tre mercanti con gli oggetti magici. Però io ti conosco , ed ho sempre pensato che una sposa comune mortale fosse troppo poco per te. Perciò ho preso la tua freccia e l'ho conficcata nel monte, affinché tu venissi al mio castello.
La fata era così bella, il suo viso così dolce e buono, che Ahmed pensò subito di non avere da lamentarsi della sua sorte, e se la sposò in quattro e quattr''otto. Per alcuni anni visse felice nel magnifico castello, ed ebbe anche due figli in quel tempo. Poi, un giorno, lo prese un grande desiderio di rivedere il padre e la fata lo volle contentare:
---Va', sposo mio , ciò che tu desideri è giusto, però non rivelare il nostro matrimonio e il luogo nel quale abitiamo. Ciò potrebbe essere imprudente. Talvolta è meglio non raccontare la propria fortuna perché desta invidia in certi cuori.
---Non dubitare, sposa mia , farò come tu con tanta saggezza mi consigli e tornerò ben presto. E cavalca e cavalca, arrivò dal padre che fu felicissimo di riabbracciarlo.
---Sono stato in angoscia , non sapendo nulla di te , figlio mio!
---Avete ragione, padre mio, ma pensate che io sono fortunatissimo e pienamente felice, e non preoccupatevi per me. Tornerò presto a trovarvi. Infatti dopo tre giorni ripartì,ma ogni tanto tornava ad abbracciare il padre.
---Potente Sultano---disse però un giorno il Gran Visir, che era uomo parecchio sospettoso ed invidioso-- capisco che siete felice di rivedere vostro figlio, ma perché egli non vi racconta di dove gli vengano quelle magnifiche vesti , e i gioielli, e i cavalli stupendi che sfoggia? Quale genere di vita conduce il principe Ahmed? Ciò è assai misterioso..... Queste parole turbarono alquanto la serenità del vecchio Sultano, perché toccavano in un certo modo l'onore del figlio, e quindi della sua casata. Perciò, d'accordo con questo Visir, mandò a chiamare una maga:
---Se saprete scoprire dove vive il principe Ahmed, come vive, e con chi vive, sarete ricompensata lautamente.
---Nulla di più facile-- rispose la strega, e , quando il principe tornò a trovare il padre, alla sua partenza essa si trasformò in scoiattolo e lo seguì nella foresta. E via, via fino alla roccia. Arrivata qui , svelta svelta tornò a prendere la sua forma umana, si mise a sedere per terra accanto alla spaccatura per la quale il principe stava entrando, e cominciò a lamentarsi forte.
---Poveretta, che cosa avete mai?
Quella continuava a gemere senza parlare. Allora Ahmed, che aveva cuore tenero, la issò sul suo cavallo e la portò al castello della fata. Paribanu era, però, più saggia dello sposo, accolse la maga, ma non volle mostrarsi, la fece solamente curare dalle sue ancelle.
--Sposa mia, devo tornare prestissimo da mio padre sono invitato alla festa per la nascita del figlio di Alì e di Alifa.
---Bene-- disse la fata-- ti darò qualche dono per il piccino. Nell'assenza del principe , la strega continuava a fingesi molto ammalata e a ripetere:
--Oh, poveretta me, per guarire mi ci vorrebbe l'acqua della magica Fontana dei Leoni! Povera me, speravo di trovarla sulla mia via e non l'ho trovata!
Le ancelle riportarono alla fata Paribanu tutti questi discorsi. Essa riflette' un poco, poi :
--Andate, mie fide , voi sapete quale sia nel nostro parco la Fonte dei Leoni, datene un bricco pieno a questa donna, chiunque essa sia . E la strega, vedendo davanti a se' l'acqua della magica fontana rimase a bocca aperta. Non ne potevano avere che le fate.... Nottetempo finse di dormire e, quatta quatta, con scarpe di feltro, girò per il palazzo.
---Potente Sultano-- disse inchinandosi fino a terra quando fu tornata alla regia-- potente Sultano, vostro figlio è sposo di una Fata, il castello in cui vive è meraviglioso, la sua ricchezza immensa!
Il Sultano fu assai contento:
---Gran Visir, questa donna sia pagata come le fu promesso, ed anche un premio le sia dato in più, perché essa ha tolto una spina dal mio cuore --ordinò.
---Certamente , signore mio---rispose il Visir--però di quanta utilità sarebbe per tutto il regno che vostro figlio vi portasse qualche magico dono della fata sua moglie....Pensate!...
Il Sultano era vecchio, indebolito, e si lasciava un po' influenzare dai discorsi di quest'uomo velenoso, che voleva in qualche modo distruggere la felicità del principe Ahmed. Pensava infatti nel suo invidioso cuore:" Se il principe chiederà doni magici alla Fata per suo padre, è probabile che essa non lo gradisca, perché le Fate non gradiscono che si abbia l'aria di sospettare di loro; forse lo caccerà via". Così avvenne che, alla prima visita del figlio , il vecchio Sultano gli disse:
--Figlio mio, tu non hai svelato nessun segreto , ma le voci dell'aria mi dicono che la tua sposa è una fata . Ti prego , chiedile di fare al mio regno un magico dono che ci sia molto utile. Ahmed rimase un po' male . Non sapeva spiegarsi questa faccenda delle voci dell'aria. Ma la sua sposa rise: ----Non preoccuparti, Ahmed, ognuno di noi ha i suoi piccoli segreti, rispettiamo quelli di tuo padre.Sai che cosa faremo? Io preparerò il dono per lui, poi, insieme con i nostri figli, andremo a portaglielo. Il principe fu felicissimo di questa cosa. Allora la fata si fece portare un braciere, ci gettò sopra della polvere magica, e da quello si levò, in mezzo a un fumo azzurro e odoroso, un buffo nanetto. Era tutto vestito di viola, aveva una barba bianca lunga fino ai piedi, una gobba davanti ed una dietro, e teneva in mano una frusta di peli di cavallo rossi.
---Non è un poco troppo strano il tuo dono, sposa mia? Che se ne farà mio padre di un giullare di questo genere? Potrà divertircisi lui, ma di quale utilità sarà per il regno?
Abbi fiducia, Ahmed, vedrai che il mio nano Sciaibair, perché tale è il suo nome, sarà utilissimo nel tuo paese, così come lo sarebbe in tutti i luoghi della terra.... Così dicendo la fata Paribanu aveva un sorrisetto furbesco sul viso bello. E Ahmed che aveva grande fiducia nella sua sposa non domandò altro, ma con lei, i figli, un ricco seguito, e Sciaibar sulla groppa del suo stesso cavallo , partì alla volta della reggia paterna. Per tutta la via il nanetto non aprì mai bocca e il principe non riusciva a trattenersi dal domandarsi ancora:
--A che cosa servirà al regno questo cosino brutto, ridicolo, e muto per giunta? Ma non osava dir nulla. Ed eccoli tutti insieme davanti al Sultano. Figurarsi la gioia del vecchio sovrano vedendo la bellissima sposa del figlio, i nipotini splendidi, lo sfarzoso corteo!...
--E questo è il mio dono per il vostro regno, padre caro-- disse la fata presentandogli il nano dopo una lunga carovana di cammelli carichi di stoffe preziose, tappeti, gioielli di ogni colore e splendore. Il Sultano guardò Sciaibar con un certo imbarazzo, e non sapeva proprio che dire: un profondo silenzio si era fatto nella sala grande. Quand'ecco che il mostricciattolo, brandendo la sua frusta di crine, si mise a gridare:
---Masnada di furfanti, ora vi accomodo io -- con una voce talmente tonante da romper i timpani delle orecchie delicate. A quella voce inattesa che cosa si vide ? Il Gran Visir e tutto un gruppo di suoi uomini , compresa la strega informatrice, scapparono via a gambe levate dalla sala, e giù per la scala , sempre inseguiti dalle parole del nano che non si stancava di ripetere:--Masnada di furfanti, ora vi accomodo io -- mentre roteava la frusta rossa. In fondo alla scala infilarono il portone della reggia, e via via le strade della città , poi la campagna, e credo corrano ancora...
Allora il Sultano capì il dono della fata , il dono che faceva piazza pulita in tutto il regno dei cuori invidiosi e cattivi..... Fu fatta una gran festa , banchetto magnifico, e non vi parlo dei dolci che furono serviti perché non ho qui pronto un nano Sciaibar per cacciare via le invidiuzze che vi potrebbero nascere in cuore. E il nano, volete saperlo?, stette seduto al suo posto d'onore, cedutogli con tutta la solennità possibile dal Sultano in persona.
E, la mattina dopo, i tre principi, provvisti di tre archi e di tre frecce d'oro uguali, le scagliarono con forza e maestria. Più vicina fu trovata la freccia Hussein, più lontana quella di Alì; quanto a quella di Ahmed non ci fu modo di pescarla più. Il Sultano si trovò in grande imbarazzo anche questa volta, poi per non continuare più quella storia , decise di dare Alifa ed il trono ad Alì.
Hussein ne provò tanto dolore che non si sentì più di vivere a corte. Si vestì da eremita e si presentò al padre:
--Padre mio, vedo che la vita ci inganna, pare ci prometta tanta gioia e poi non ce la dà. Desidero dedicarmi alla penitenza. Voglio diventare un santone. Il padre ne ebbe dispiacere, e molto , ma quando lo vide tanto deciso lo abbracciò, e gli diede il permesso di partire. Ed ecco venire da lui Ahmed.
---Cosa vuoi fare anche tu, figlio mio , che ti vedo pronto, tutto vestito da viaggio?
---Padre mio, non posso resistere al desiderio di andare a cercare la mia freccia scomparsa. Sembra un sortilegio gettato su di me . Debbo assolutamente trovarla!
Il Sultano, questa volta , rimase un poco stupefatto. Poteva capire che per il dolore di avere perduta la donna amata ci si potesse fare eremiti, ma che si partisse per conquistare in cambio una freccia, gli sembrava un po' strano. Pure pensò che sarebbe stata ad ogni modo una distrazione , benedì anche questo figlio, l'abbracciò, e anche questo partì. E cammina , cammina , Ahmed arrivò ad una catena di montagne altissime e rocciose, senza che di frecce d'oro avesse veduto neppure il minimo luccichio. Ma ecco che, proprio là, conficcata in una rupe brulla , stava la sua freccia! Accanto , la roccia presentava una spaccatura grande abbastanza perché un uomo ci potesse passare e, sempre spinto dalla forza misteriosa che l'aveva trascinato fino là, Ahmed entrò per quella fenditura del monte con la sua freccia in mano. Davanti a lui era un lungo corridoio in discesa , illuminato da una luce dolcissima , e straordinaria , dato che ci si trovava nelle viscere di un monte, per solito parecchio buie. Poi, il corridoio si trasformò in una specie di labirinto, e finalmente il principe si trovò davanti ad una porta di ferro : la spinse, ed un castello meraviglioso apparve ai suoi occhi stupefatti. Sulla porta del castello, tutto di cristallo, lo aspettava una dama bellissima che, dal copricapo a cono stellato e dalla luce che spandeva intorno, non era difficile qualificare per una fata. Infatti:
--Sono la fata Paribanu--disse con voce melodiosa quanto il canto di tutti gli uccelli più canori.---Fui io che mandai a te e ai tuoi fratelli i tre mercanti con gli oggetti magici. Però io ti conosco , ed ho sempre pensato che una sposa comune mortale fosse troppo poco per te. Perciò ho preso la tua freccia e l'ho conficcata nel monte, affinché tu venissi al mio castello.
La fata era così bella, il suo viso così dolce e buono, che Ahmed pensò subito di non avere da lamentarsi della sua sorte, e se la sposò in quattro e quattr''otto. Per alcuni anni visse felice nel magnifico castello, ed ebbe anche due figli in quel tempo. Poi, un giorno, lo prese un grande desiderio di rivedere il padre e la fata lo volle contentare:
---Va', sposo mio , ciò che tu desideri è giusto, però non rivelare il nostro matrimonio e il luogo nel quale abitiamo. Ciò potrebbe essere imprudente. Talvolta è meglio non raccontare la propria fortuna perché desta invidia in certi cuori.
---Non dubitare, sposa mia , farò come tu con tanta saggezza mi consigli e tornerò ben presto. E cavalca e cavalca, arrivò dal padre che fu felicissimo di riabbracciarlo.
---Sono stato in angoscia , non sapendo nulla di te , figlio mio!
---Avete ragione, padre mio, ma pensate che io sono fortunatissimo e pienamente felice, e non preoccupatevi per me. Tornerò presto a trovarvi. Infatti dopo tre giorni ripartì,ma ogni tanto tornava ad abbracciare il padre.
---Potente Sultano---disse però un giorno il Gran Visir, che era uomo parecchio sospettoso ed invidioso-- capisco che siete felice di rivedere vostro figlio, ma perché egli non vi racconta di dove gli vengano quelle magnifiche vesti , e i gioielli, e i cavalli stupendi che sfoggia? Quale genere di vita conduce il principe Ahmed? Ciò è assai misterioso..... Queste parole turbarono alquanto la serenità del vecchio Sultano, perché toccavano in un certo modo l'onore del figlio, e quindi della sua casata. Perciò, d'accordo con questo Visir, mandò a chiamare una maga:
---Se saprete scoprire dove vive il principe Ahmed, come vive, e con chi vive, sarete ricompensata lautamente.
---Nulla di più facile-- rispose la strega, e , quando il principe tornò a trovare il padre, alla sua partenza essa si trasformò in scoiattolo e lo seguì nella foresta. E via, via fino alla roccia. Arrivata qui , svelta svelta tornò a prendere la sua forma umana, si mise a sedere per terra accanto alla spaccatura per la quale il principe stava entrando, e cominciò a lamentarsi forte.
---Poveretta, che cosa avete mai?
Quella continuava a gemere senza parlare. Allora Ahmed, che aveva cuore tenero, la issò sul suo cavallo e la portò al castello della fata. Paribanu era, però, più saggia dello sposo, accolse la maga, ma non volle mostrarsi, la fece solamente curare dalle sue ancelle.
--Sposa mia, devo tornare prestissimo da mio padre sono invitato alla festa per la nascita del figlio di Alì e di Alifa.
---Bene-- disse la fata-- ti darò qualche dono per il piccino. Nell'assenza del principe , la strega continuava a fingesi molto ammalata e a ripetere:
--Oh, poveretta me, per guarire mi ci vorrebbe l'acqua della magica Fontana dei Leoni! Povera me, speravo di trovarla sulla mia via e non l'ho trovata!
Le ancelle riportarono alla fata Paribanu tutti questi discorsi. Essa riflette' un poco, poi :
--Andate, mie fide , voi sapete quale sia nel nostro parco la Fonte dei Leoni, datene un bricco pieno a questa donna, chiunque essa sia . E la strega, vedendo davanti a se' l'acqua della magica fontana rimase a bocca aperta. Non ne potevano avere che le fate.... Nottetempo finse di dormire e, quatta quatta, con scarpe di feltro, girò per il palazzo.
---Potente Sultano-- disse inchinandosi fino a terra quando fu tornata alla regia-- potente Sultano, vostro figlio è sposo di una Fata, il castello in cui vive è meraviglioso, la sua ricchezza immensa!
Il Sultano fu assai contento:
---Gran Visir, questa donna sia pagata come le fu promesso, ed anche un premio le sia dato in più, perché essa ha tolto una spina dal mio cuore --ordinò.
---Certamente , signore mio---rispose il Visir--però di quanta utilità sarebbe per tutto il regno che vostro figlio vi portasse qualche magico dono della fata sua moglie....Pensate!...
Il Sultano era vecchio, indebolito, e si lasciava un po' influenzare dai discorsi di quest'uomo velenoso, che voleva in qualche modo distruggere la felicità del principe Ahmed. Pensava infatti nel suo invidioso cuore:" Se il principe chiederà doni magici alla Fata per suo padre, è probabile che essa non lo gradisca, perché le Fate non gradiscono che si abbia l'aria di sospettare di loro; forse lo caccerà via". Così avvenne che, alla prima visita del figlio , il vecchio Sultano gli disse:
--Figlio mio, tu non hai svelato nessun segreto , ma le voci dell'aria mi dicono che la tua sposa è una fata . Ti prego , chiedile di fare al mio regno un magico dono che ci sia molto utile. Ahmed rimase un po' male . Non sapeva spiegarsi questa faccenda delle voci dell'aria. Ma la sua sposa rise: ----Non preoccuparti, Ahmed, ognuno di noi ha i suoi piccoli segreti, rispettiamo quelli di tuo padre.Sai che cosa faremo? Io preparerò il dono per lui, poi, insieme con i nostri figli, andremo a portaglielo. Il principe fu felicissimo di questa cosa. Allora la fata si fece portare un braciere, ci gettò sopra della polvere magica, e da quello si levò, in mezzo a un fumo azzurro e odoroso, un buffo nanetto. Era tutto vestito di viola, aveva una barba bianca lunga fino ai piedi, una gobba davanti ed una dietro, e teneva in mano una frusta di peli di cavallo rossi.
---Non è un poco troppo strano il tuo dono, sposa mia? Che se ne farà mio padre di un giullare di questo genere? Potrà divertircisi lui, ma di quale utilità sarà per il regno?
Abbi fiducia, Ahmed, vedrai che il mio nano Sciaibair, perché tale è il suo nome, sarà utilissimo nel tuo paese, così come lo sarebbe in tutti i luoghi della terra.... Così dicendo la fata Paribanu aveva un sorrisetto furbesco sul viso bello. E Ahmed che aveva grande fiducia nella sua sposa non domandò altro, ma con lei, i figli, un ricco seguito, e Sciaibar sulla groppa del suo stesso cavallo , partì alla volta della reggia paterna. Per tutta la via il nanetto non aprì mai bocca e il principe non riusciva a trattenersi dal domandarsi ancora:
--A che cosa servirà al regno questo cosino brutto, ridicolo, e muto per giunta? Ma non osava dir nulla. Ed eccoli tutti insieme davanti al Sultano. Figurarsi la gioia del vecchio sovrano vedendo la bellissima sposa del figlio, i nipotini splendidi, lo sfarzoso corteo!...
--E questo è il mio dono per il vostro regno, padre caro-- disse la fata presentandogli il nano dopo una lunga carovana di cammelli carichi di stoffe preziose, tappeti, gioielli di ogni colore e splendore. Il Sultano guardò Sciaibar con un certo imbarazzo, e non sapeva proprio che dire: un profondo silenzio si era fatto nella sala grande. Quand'ecco che il mostricciattolo, brandendo la sua frusta di crine, si mise a gridare:
---Masnada di furfanti, ora vi accomodo io -- con una voce talmente tonante da romper i timpani delle orecchie delicate. A quella voce inattesa che cosa si vide ? Il Gran Visir e tutto un gruppo di suoi uomini , compresa la strega informatrice, scapparono via a gambe levate dalla sala, e giù per la scala , sempre inseguiti dalle parole del nano che non si stancava di ripetere:--Masnada di furfanti, ora vi accomodo io -- mentre roteava la frusta rossa. In fondo alla scala infilarono il portone della reggia, e via via le strade della città , poi la campagna, e credo corrano ancora...
Allora il Sultano capì il dono della fata , il dono che faceva piazza pulita in tutto il regno dei cuori invidiosi e cattivi..... Fu fatta una gran festa , banchetto magnifico, e non vi parlo dei dolci che furono serviti perché non ho qui pronto un nano Sciaibar per cacciare via le invidiuzze che vi potrebbero nascere in cuore. E il nano, volete saperlo?, stette seduto al suo posto d'onore, cedutogli con tutta la solennità possibile dal Sultano in persona.
martedì 2 aprile 2019
Sciaibar,il nano scaccia invidie da: Arabia Malipiero 1°
2-4-2019
Al tempo in cui, in Asia, regnavano potentissimi e ricchissimi Sultani, e le fate intervenivano più o meno gentilmente nei fatti di casa loro, uno di questi Sultani aveva tre figli ed una nipotina. I figli si chiamavano Hussein, Alì e Ahmed, e la nipotina, figlia di un fratello morto del sovrano, Alifa.
Il tempo passava e i quattro ragazzi crescevano volendosi un bene dell'anima; ed ecco che un giorno il Sultano chiamò ad udienza privatissima i tre principi:
---Figli miei, sono vecchio ormai, e voi avete raggiunto il fiore dell'età. Vorrei designare quello che sarà mio successore, e vorrei che foste tutti felici...Osservando bene ho capito che tutti e tre amate Alifa e sareste contenti di sposarla. Come posso decidere chi la sposerà e sarà Sultano al suo fianco, senza commettere ingiustizie o errori? Ho deciso di sottomettervi ad una prova , e colui che la vincerà avrà sua cugina e il trono. Andate a cercare per me , nel vasto mondo, la cosa più straordinaria che potrete trovare, chi me la porterà sarà il prescelto. I tre figli s'inchinarono, andarono nelle loro stanze, si vestirono da mercanti, e partirono insieme.
Poi, il giorno dopo , giunti ad un crocicchio di tre strade si abbracciarono molto affettuosamente, e si separarono dicendosi reciprocamente, e col cuore:
---Buona fortuna, fratello!---perché si amavano veramente molto.
---Vogliamo darci appuntamento qui fra undici mesi precisi?-- disse Hussein. E, siccome era il maggiore, e saggio, gli altri furono d'accordo.
--Fra undici mesi qui.
E ognuno andò, per la via che aveva scelto, gettando in aria una penna di fagiano. Hussein era stato diretto dalla penna sulla via che menava in India, e più precisamente al regno di Bisnagar, ricco e stupendo. Nella capitale di questo regno c'erano palazzi e negozi bellissimi, e per le vie venditori ambulanti con ogni sorta di mercanzie. Ed ecco Hussein incontrò uno di questi venditori che portava sulle spalle un tappeto, il quale non era proprio niente di speciale, rispetto a tanti altri che si vedevano nei negozi; il disegno era grossolano, la lana con la quale era tessuto bruttaccia. Il prezzo , invece , che l'uomo ne chiedeva, era altissimo, per niente in proporzione col valore reale dell'oggetto.
---Scusa--- disse Hussein incuriosito--- vuoi dirmi perché chiedi una somma simile per codesto tuo tappeto?
---Perché è magico, mio nobile signore-- rispose il venditore.--- Se tu stendi per terra e ti ci metti sopra, ti trasporta a volo dove tu vuoi. Hussein dovette fare una faccia piuttosto incredula, perché subito l'uomo aggiunse:
--Fai la prova, se credi , insieme con me.
---Perbacco---pensò Hussein--se ciò fosse vero , questo tappeto potrebbe essere la cosa straordinaria che vuole mio padre. E accettò di fare la prova:
--Andiamo al mio albergo col tuo strano mezzo di trasporto, brav'uomo, e, se ci arriviamo veramente, ti pagherò il prezzo che chiedi. Si mise a sedere sul tappeto e,in quattro e quattr'otto, si trovò trasportato in volo all'albergo insieme col mercante. Non esitò a snocciolare le buone e molte monete che ne chiedeva, e si mise a viaggiare sul suo acquisto, in attesa di tornare all'appuntamento che aveva con i fratelli. Mentre Hussein andava in India ed incontrava questa bella fortuna, il secondo fratello, Alì, seguendo anche lui la sua penna di fagiano, andava in Persia, e più precisamente alla bellissima città di Shiraz. Anche qui vie popolose , magnifici palazzi, bazar ricchi di ogni ben di Dio, mercanzie di tutti i generi e qualità. Ed ecco che,in uno di questi bazar, il principe vide esposto un bastoncello d'avorio lungo quanto un palmo, e grosso come un pollice, con sopra scritto il prezzo, favoloso per simile oggetto, di tremila zecchini.
---Buon uomo---domandò incuriosito al mercante---perché pretendete tanto per quel vostro bastoncello?
---Perché è magico, mio nobile signore. Ad ogni estremità c'è una lente nella quale tu puoi vedere, in qualsiasi momento, quello che più ti aggrada.Vuoi farne la prova?
--E perché no?---disse Alì che aveva una gran voglia di rivedere il dolce viso della cuginetta Alifa, e si mise l'occhio ad uno dei capi del bastoncello.
--Perbacco--- esclamò sbalordito-- mi sembra proprio di avere Alifa davanti a me in carne ed ossa! E, senza tanti complimenti, pagò i tremila zecchini e si avviò per tornare in patria col bastoncello stretto al cuore, dicendosi tutto allegro:
---Questa è certamente la cosa straordinaria che può fare contento mio padre....
Il terzo fratello, Ahmed, partì anche lui dietro, la sua penna di fagiano, e s'avviò verso la bella e fiorente città di Samarcanda. Anche qui vie popolose, palazzi stupendi, bazar pieni di tutto il desiderabile. Fra quella folla multicolore per le vesti e le razze, lo colpì un venditore ambulante che girava gridando:
---Chi vuole la mia mela per quattromila zecchini?
---Mi sembra, amico---disse il principe divertito---che tu non chieda poco per una mela...
---è artificiale, signore.
---Peggio ancora, chi la compra non può neanche levarsi la fame.....
---Si, ma la mia è magica. Se la accosterai al naso di un malato, anche se moribondo, guarirà di colpo.
----Ciò che tu dici è molto bello, ed io comprerei volentieri simile frutto, ma come faccio a sapere se dici la verità?
--Facciamoci indicare un malato grave, e andiamo insieme al suo capezzale, signore. E così fecero. Non fu difficile trovare nei pressi un poveretto in tale condizione, malato nientemeno che di peste. Ma , appena ebbe fiutato la mela, eccolo svelto e sano come un pesce. Ahmed non mise tempo in mezzo, comprò la mela e si avviò verso la patria lontana. Ed ecco che i tre fratelli si ritrovarono all'appuntamento fissato.
--Che cos'hai portato tu ?
--E tu?
--E tu?
Si divertivano un mondo a mostrarsi reciprocamente le loro meraviglie. Ma, avvicinando l'occhio al bastoncino magico di Alì, Hussein vide Alifa morente nella sua stanza.
---Presto, presto, venite sul mio tappeto, andiamo con la tua mela a salvarla, Ahmed.... Infatti arrivarono di volo in un baleno al palazzo, e al solo odorino del frutto magico Alifa guarì, mentre era proprio gravissima, e la gioia tornò nella reggia che era già quasi in lutto. Immaginarsi la felicità del Sultano! Però, in tanta felicità, si trovava anche in grande imbarazzo.
---Figli miei, i vostri doni hanno salvato Alifa. Però non sarebbe bastato il solo bastoncello di Alì, ne' il solo tappeto di Hussein, ne' la sola mela di Ahmed a raggiungere ciò. Quindi mi trovo in grande difficoltà di scelta tra voi. Per cui vi sottoporrò ad un'altra prova. Domattina vi troverete tutti e tre i quel prato in faccia a noi. Ognuno di voi scaglierà una freccia , e quello che saprà lanciarla più lontana avrà Alifa e il trono.
I ragazzi accettarono la gara. (continua)
Al tempo in cui, in Asia, regnavano potentissimi e ricchissimi Sultani, e le fate intervenivano più o meno gentilmente nei fatti di casa loro, uno di questi Sultani aveva tre figli ed una nipotina. I figli si chiamavano Hussein, Alì e Ahmed, e la nipotina, figlia di un fratello morto del sovrano, Alifa.
Il tempo passava e i quattro ragazzi crescevano volendosi un bene dell'anima; ed ecco che un giorno il Sultano chiamò ad udienza privatissima i tre principi:
---Figli miei, sono vecchio ormai, e voi avete raggiunto il fiore dell'età. Vorrei designare quello che sarà mio successore, e vorrei che foste tutti felici...Osservando bene ho capito che tutti e tre amate Alifa e sareste contenti di sposarla. Come posso decidere chi la sposerà e sarà Sultano al suo fianco, senza commettere ingiustizie o errori? Ho deciso di sottomettervi ad una prova , e colui che la vincerà avrà sua cugina e il trono. Andate a cercare per me , nel vasto mondo, la cosa più straordinaria che potrete trovare, chi me la porterà sarà il prescelto. I tre figli s'inchinarono, andarono nelle loro stanze, si vestirono da mercanti, e partirono insieme.
Poi, il giorno dopo , giunti ad un crocicchio di tre strade si abbracciarono molto affettuosamente, e si separarono dicendosi reciprocamente, e col cuore:
---Buona fortuna, fratello!---perché si amavano veramente molto.
---Vogliamo darci appuntamento qui fra undici mesi precisi?-- disse Hussein. E, siccome era il maggiore, e saggio, gli altri furono d'accordo.
--Fra undici mesi qui.
E ognuno andò, per la via che aveva scelto, gettando in aria una penna di fagiano. Hussein era stato diretto dalla penna sulla via che menava in India, e più precisamente al regno di Bisnagar, ricco e stupendo. Nella capitale di questo regno c'erano palazzi e negozi bellissimi, e per le vie venditori ambulanti con ogni sorta di mercanzie. Ed ecco Hussein incontrò uno di questi venditori che portava sulle spalle un tappeto, il quale non era proprio niente di speciale, rispetto a tanti altri che si vedevano nei negozi; il disegno era grossolano, la lana con la quale era tessuto bruttaccia. Il prezzo , invece , che l'uomo ne chiedeva, era altissimo, per niente in proporzione col valore reale dell'oggetto.
---Scusa--- disse Hussein incuriosito--- vuoi dirmi perché chiedi una somma simile per codesto tuo tappeto?
---Perché è magico, mio nobile signore-- rispose il venditore.--- Se tu stendi per terra e ti ci metti sopra, ti trasporta a volo dove tu vuoi. Hussein dovette fare una faccia piuttosto incredula, perché subito l'uomo aggiunse:
--Fai la prova, se credi , insieme con me.
---Perbacco---pensò Hussein--se ciò fosse vero , questo tappeto potrebbe essere la cosa straordinaria che vuole mio padre. E accettò di fare la prova:
--Andiamo al mio albergo col tuo strano mezzo di trasporto, brav'uomo, e, se ci arriviamo veramente, ti pagherò il prezzo che chiedi. Si mise a sedere sul tappeto e,in quattro e quattr'otto, si trovò trasportato in volo all'albergo insieme col mercante. Non esitò a snocciolare le buone e molte monete che ne chiedeva, e si mise a viaggiare sul suo acquisto, in attesa di tornare all'appuntamento che aveva con i fratelli. Mentre Hussein andava in India ed incontrava questa bella fortuna, il secondo fratello, Alì, seguendo anche lui la sua penna di fagiano, andava in Persia, e più precisamente alla bellissima città di Shiraz. Anche qui vie popolose , magnifici palazzi, bazar ricchi di ogni ben di Dio, mercanzie di tutti i generi e qualità. Ed ecco che,in uno di questi bazar, il principe vide esposto un bastoncello d'avorio lungo quanto un palmo, e grosso come un pollice, con sopra scritto il prezzo, favoloso per simile oggetto, di tremila zecchini.
---Buon uomo---domandò incuriosito al mercante---perché pretendete tanto per quel vostro bastoncello?
---Perché è magico, mio nobile signore. Ad ogni estremità c'è una lente nella quale tu puoi vedere, in qualsiasi momento, quello che più ti aggrada.Vuoi farne la prova?
--E perché no?---disse Alì che aveva una gran voglia di rivedere il dolce viso della cuginetta Alifa, e si mise l'occhio ad uno dei capi del bastoncello.
--Perbacco--- esclamò sbalordito-- mi sembra proprio di avere Alifa davanti a me in carne ed ossa! E, senza tanti complimenti, pagò i tremila zecchini e si avviò per tornare in patria col bastoncello stretto al cuore, dicendosi tutto allegro:
---Questa è certamente la cosa straordinaria che può fare contento mio padre....
Il terzo fratello, Ahmed, partì anche lui dietro, la sua penna di fagiano, e s'avviò verso la bella e fiorente città di Samarcanda. Anche qui vie popolose, palazzi stupendi, bazar pieni di tutto il desiderabile. Fra quella folla multicolore per le vesti e le razze, lo colpì un venditore ambulante che girava gridando:
---Chi vuole la mia mela per quattromila zecchini?
---Mi sembra, amico---disse il principe divertito---che tu non chieda poco per una mela...
---è artificiale, signore.
---Peggio ancora, chi la compra non può neanche levarsi la fame.....
---Si, ma la mia è magica. Se la accosterai al naso di un malato, anche se moribondo, guarirà di colpo.
----Ciò che tu dici è molto bello, ed io comprerei volentieri simile frutto, ma come faccio a sapere se dici la verità?
--Facciamoci indicare un malato grave, e andiamo insieme al suo capezzale, signore. E così fecero. Non fu difficile trovare nei pressi un poveretto in tale condizione, malato nientemeno che di peste. Ma , appena ebbe fiutato la mela, eccolo svelto e sano come un pesce. Ahmed non mise tempo in mezzo, comprò la mela e si avviò verso la patria lontana. Ed ecco che i tre fratelli si ritrovarono all'appuntamento fissato.
--Che cos'hai portato tu ?
--E tu?
--E tu?
Si divertivano un mondo a mostrarsi reciprocamente le loro meraviglie. Ma, avvicinando l'occhio al bastoncino magico di Alì, Hussein vide Alifa morente nella sua stanza.
---Presto, presto, venite sul mio tappeto, andiamo con la tua mela a salvarla, Ahmed.... Infatti arrivarono di volo in un baleno al palazzo, e al solo odorino del frutto magico Alifa guarì, mentre era proprio gravissima, e la gioia tornò nella reggia che era già quasi in lutto. Immaginarsi la felicità del Sultano! Però, in tanta felicità, si trovava anche in grande imbarazzo.
---Figli miei, i vostri doni hanno salvato Alifa. Però non sarebbe bastato il solo bastoncello di Alì, ne' il solo tappeto di Hussein, ne' la sola mela di Ahmed a raggiungere ciò. Quindi mi trovo in grande difficoltà di scelta tra voi. Per cui vi sottoporrò ad un'altra prova. Domattina vi troverete tutti e tre i quel prato in faccia a noi. Ognuno di voi scaglierà una freccia , e quello che saprà lanciarla più lontana avrà Alifa e il trono.
I ragazzi accettarono la gara. (continua)
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