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sabato 27 marzo 2021

Meriggio Gabriele D'annunzio

 27--3--2021
A  mezzo    il giorno
sul  Mare  etrusco
pallido  verdicante
come  il  dissepolto  
bronzo dagli  ipogei  , grava 
la  bonaccia . Non bava 
di vento intorno
alita . Non  trema  canna
su  la solitaria
spiaggia  aspra  di rusco,
di ginepri arsi. Non  suona 
voce , se  ascolto.
Riga di vele  in panna
verso Livorno
biancica  . Pel  chiaro 
silenzio il Capo Corvo
l'isola del Faro 
scorgo ; e  più  lontane ,
forme  d'aria nell'aria , 
l'isole del  tuo  sdegno ,
o padre Dante,
la  Capraia e  la  Gorgòna.
Marmorea corona
di  minaccevoli  punte,
le grandi  Alpi   Apuane
regnano  il  regno  amaro,
dal loro  orgoglio assunte.

La  foce  è  come  salso 
stagno  . Del  marin  colore,
per  mezzo alle  capanne,
per entro  alle reti 
che  pendono dalla  croce
degli  stagni , si tace .
Come  il  bronzo  sepolcrale
 pallida  verdica in pace 
quella  che  sorridea.
Quasi  letèa,
obliviosa  , eguale,
segno  non  mostra 
di  correre  , non  ruga
d'aura . La  fuga
delle  due  rive
si  chiude  come  in un  cerchio
di canne, che  circoscrive
l'oblio  silente ;  e  le canne
non  han  sussurri. Più  foschi  
i boschi  di  San  Rossore 
fan  da sé  cupa  chiostra;
ma i più lontani,
verso  il  Gombo , verso il Serchio,
son  quasi  azzurri.
Dormono i Monti Pisani
coperti da  inerti
cumuli  di vapore.

Bonaccia  , calura,
per  ovunque  silenzio .
L'Estate  si  matura 
sul  mio capo come  un pomo 
che  promesso mi sia,
che  cogliere io debba
con  la mia ,mano ,
che suggere  io  debba 
con  le mie  labbra  solo .
Perduta  è  ogni  traccia 
dell'uomo . Voce non  suona,
se ascolto . Ogni  duolo
umano m'abbandona.
Non  ho  più  nome.
E  sento  che  il mio volto
s'indora dell'oro 
meridiano ,
e che  la mia  bionda
barba  riluce
come la paglia   marina;
sento  che  il lido  rigato
con  sì delicato
 lavoro dall'onda
e dal  vento  è come  
il mio palato , è  come
il  cavo  dalla  mia mano 
ove  il  tatto  s'affina.
E  la mia  forza supina
si  stampa  nell'arena,
diffondesi  nel mare;
e il fiume  è  la mia  vena,
il monte  è la  mia  fronte,
la selva  è la mia  pube,
la nube  è il mio sudore .
E  io sono  nel fiore
della  stiancia, nella  scaglia
della  pina ,nella  bacca
del  ginepro  , io  son  nel  fuco,
nella  paglia  marina ,
in ogni  cosa  esigua,
in ogni  cosa  immane ,
nella  sabbia  contigua,
nelle  vette  lontane .
Ardo  , riluco.
E  non ho  più  , nome .
E  l'alpi  e  l'isole e i  golfi
e i  capi  e i  fati  e i boschi 
e  le  foci  ch'io nomai 
non  han  più  l'usato  nome
che  suona  in labbra  umane.
Non  ho  più  nome  né  sorte
tra  gli uomini ;  ma   il mio nome
è Meriggio. In  tutto  io  vivo
tacito  come  la Morte.

E  la mia  vita  è divina.

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