15---3---2021
Quanto tra l'ultimar de l'ora terza
e 'l principio del dì par de la spera
che sempre a guisa di fanciullo scherza,
tanto parea già inver' la sera
essere al sol del suo corso rimaso:
vespero là, e qui mezza notte era.
E i raggi ne ferien per mezzo 'l naso,
perché per noi girato era sì 'l monte,
che già dritti andavamo inver' l'occaso,
quand'io senti' a me gravar la fronte
a lo splendore assai più che di prima ,
e stupor m'eran le cose non conte;
ond 'io levai le mani inver' la cima
de le mie ciglia , e fecimi 'l solecchio ,
che del soverchio visibile lima.
Come quando da l'acqua o da lo specchio
salta lo raggio a l'opposita parte ,
salendo su per lo modo parecchio
a quel che scende , e tanto si diparte
dal cader de la pietra in igual tratta,
si come mostra esperienza e arte ;
così mi parve da luce rifratta
quivi dinanzi a me esser percosso,
per che a fuggir la mia vista fu ratta.
"Che è quel , dolce padre , a che non posso
schermar lo viso tanto che mi vaglia",
diss'io , " e pare inver' noi esser mosso?".
"Non ti maravigliar s'ancor t'abbaglia
la famiglia del cielo", a me rispose :
"messo è che viene ad invitar ch'om saglia.
Tosto sarà ch'a veder queste cose
non ti fia grave , ma fieti diletto
quanto natura a sentir ti dispuose ".
Poi giunti fummo a l'angel benedetto,
con lieta voce disse :" Intrate quinci
ad un scaleo vie men che li altri eretto".
Noi montavam , già partiti di linci,
e "Beati misericordes!" fue
cantato retro , e "Godi tu che vinci!".
Lo mio maestro e io soli amendue
suso andavamo , e io pensai , andando,
prode acquistar ne le parole sue,
e dirizza' mi a lui si dimandando.
"Che volse dir lo spirito di Romagna,
e "divieto" e "consorte" menzionando?".
Per ch'elli a me :" Di sua maggior magagna
conosce il danno , e però non s'ammiri
se ne riprende perché men si piagna.
Perché s'appuntano i vostri disiri
dove per compagnia parte si scema ,
invidia move il mantaco a' sospiri.
Ma se l'amor de la spera suprema
torcesse in suso il desiderio vostro ,
non vi sarebbe al petto quella tema,
ché , per quanti si dice più li"nostro",
tanto possiede più di ben ciascuno,
e più di caritate arde in quel chiostro".
"Io son d'esser contento più digiuno",
diss'io, " che se mi fosse pria taciuto,
e più di dubbio ne la mente aduno.
Com'esser puote ch'un ben , distributo
in più posseditor, faccia più ricchi
di sé , che se da pochi è posseduto?".
Ed elli a me:" Però che tu rificchi
la mente pur a le cose terrene,
di vera luce tenebre dispicchi.
Quello infinito e ineffabil bene
che là sù è, così corre ad amore
com'a lucido corpo raggio vène.
Tanto si dà quanto trova d'ardore ,
si che , quantunque carità si stende ,
cresce sovr'essa l'etterno valore .
E quanta gente più là sù s'intende,
più v'è da bene amare , e più vi s'ama,
e come specchio l'uno a l'altro rende .
E se la mia ragion non ti disfama ,
vedrai Beatrice , ed ella pienamente
ti torrà questa e ciascun'altra brama.
Procaccia pur che tosto sieno spente ,
come son già le due , le cinque piaghe ,
che si richiudono per esser dolente".
Com'io voleva dicer "Tu m'appaghe",
vidimi giunto in su l'altro girone ,
si che tacer mi fér le luci vaghe.
Ivi mi parve in una visione
estatica di sùbito esser tratto ,
e vedere in un tempio più persone ,
e una donna , in su l'entrar , con atto
dolce di madre dicer."Figliuol mio,
perché hai tu così verso noi fatto?
Ecco , dolenti, lo tuo padre e io
ti cercavamo". E come qui si tacque ,
ciò che pareva prima , dispario.
Indi m'apparve un'altra con quell'acque
giù per le gote che 'l dolor distilla
quando di gran dispetto in altrui nacque,
e dir:" Se tu se' sire de la villa
del cui nome ne' dèi fu tanta lite,
e onde ogne scienza disfavilla ,
vendica te di quelle braccia ardite
ch'abbracciar nostra figlia, o Pisistràto".
E 'l segnor mi parea , benigno e mite ,
risponder lei con viso temperato:
"Che farem noi a chi mal ne disira,
se quei che ci ama è per noi condannato?".
Poi vidi genti accese in foco d'ira
con pietre un giovinetto ancider , forte
gridando a sé pur :" Martìra , martìra!".
E lui vedea chinarsi , per la morte
che l'aggravava già , inver ' la terra,
ma de l occhi facea sempre al ciel porte,
orando a l'alto Sire , in tanta guerra,
che perdonasse a' suoi persecutori,
con quello aspetto che pietà diserra .
Quando l'anima mia tornò di fori
a le cose che son fuor di lei vere ,
io riconobbi i miei non falsi errori.
Lo duca mio , che mi potea vedere
far si com'om che dal sonno si slega ,
disse :" Che hai che non ti puoi tenere,
ma se' venuto più che mezza lega
velando li occhi e con le gambe avvolte,
a guisa di cui vino o sonno piega?".
"O dolce padre mio , se tu m'ascolte,
io ti dirò" , diss'io , " ciò che m'apparve
quando le gambe mi furon sì tolte".
Ed ei:" Se tu avessi cento larve
sovra la faccia , non mi sarian chiuse
le tue cogitazion , quantunque parve.
Ciò che vedesti fu perché non scuse
d'aprir lo core a l'acque de la pace
che da l'eterno fonte son diffuse.
Non dimandai "Che hai?" per quel che face
chi guarda pur con l'occhio che non vede ,
quando disanimato il corpo giace,
ma dimandai per darti forza al piede ,
così frugar conviensi i pigri , lenti
ad usar lor vigilia quando riede".
Noi andavam per lo vespero, attenti
oltre quanto potean li occhi allungarsi
contra i raggi seròtini e lucenti.
Ed ecco a poco a poco un fummo farsi
verso di noi come la notte oscuro;
né da quello era loco da cansarsi.
Questo ne tolse li occhi e l'aere puro.
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