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giovedì 27 febbraio 2020

La preghiera nell'insegnamento di un grande maestro di spiritualità: Don Jean Leclercq di:p. Gregorio Penco osb

27--2--2020
Fra  i tanti  paradossi  della  preghiera ---rapporto  fra la parola e silenzio , fra  individuo  e comunità, fra  oscurità  del  cammino  di  fede e  luminosità  di certi  suoi  momenti--v'è  pure  quello  della  relazione  fra  la preghiera  come  esperienza  personale  e la  preghiera  come  deposito  di una  particolare  tradizione  . Si  prega  spontaneamente  ma anche  si  impara  a  pregare  . L'insegnamento  che sulla  preghiera  ci  ha  lasciato la  tradizione  è  infatti  qualche  cosa  di  così  ricco  e così  vario  da  costituire  un  patrimonio  di enorme valore , un punto  di riferimento  imprescindibile  per  chi  voglia  impegnarvisi  seriamente. Santi  e mistici  di tutte  le epoche  , scuole e  correnti  di  spiritualità , ordini  religiosi  e  movimenti  laicali  hanno  trasmesso  una  tradizione  spirituale che  trova  nella  preghiera il suo  nucleo  essenziale . Ma  la tradizione  è  anche  qualche  cosa  di  remoto  e  complesso, di  difficilmente  dominabile  da  una  sola  persona  o  da  un solo  ambiente  per  la distanza culturale che  separa  la nostra  da  altre epoche, quelle  in cui  tale  tradizione  si è  formata , per  la stessa  difficoltà  di  procurarsi  testi, di  comprendere  temi  e dottrine .  A   questa  , e  ad  altre  difficoltà  del  genere  , vengono  fortunatamente  incontro  i  maestri  di  spiritualità  , specialmente  coloro  che  hanno  dedicato  la loro  vita  allo studio  della  tradizione. Ciò  è  tanto più  vero   ai   nostri  giorni, allorché,  nel periodo  fra   le due  guerre  mondiali, aveva  origine  una  nuova  disciplina  storico-religiosa, la  storia  della  spiritualità , che  ,  anche  per  ciò  che  riguarda  la preghiera , ci permette  di valutare  la tradizione in  maniera  più  adeguata.
Nella  nostra  epoca  e  nell'ambiente  monastico  , ma con  ripercussioni  che  hanno  largamente  superato  tale  ambito , simile ruolo  è stato  svolto  in  modo  particolare da  don Jean  Leclercq(1911--1993),  monaco  benedettino dell'abbazia  di  Clervaux nel  Lusserburgo,  che ci  ha  lasciato  , al riguardo  , un'eredità  spirituale di  grandissimo  valore.  è  pur  vero  che  la sua  instancabile   attività  di  ricercatore  si è  indirizzata  in  molte  direzioni,  dalle  ricerche di storia letteraria  all'impegno  di curare  edizioni critiche  dei  grandi  dottori del  monachesimo  (in  modo  particolare  San Bernardo),  dallo  studio  della quotidianità  della  vita religiosa a quello  dei  rapporti  fra  vita  spirituale  e cultura , tutti  settori  nei quali  egli  ci  ha   lasciato  opere  memorabili  . Attraverso  tutte  queste  ricerche  , assommanti  a   una  quarantina  di volumi  e a  oltre  un migliaio  di articoli, egli  ha  però  avuto  modo  di  trasmetterci  anche  un insegnamento sulla   preghiera , quello della  tradizione. è ben  comprensibile  , infatti, che  uno  studioso  così  instancabile  della  tradizione abbia  sentito il  bisogno  di occuparsi anche  di  questo  fondamentale argomento.  Non  è  un  caso  , pertanto,  che  uno dei  suoi  scritti  più  fortunati ,  tradotto  in  varie  lingue , fosse appunto  intitolato "L'unità  della  preghiera",  indicante  quell'ideale  di  sintesi  fra  le  diverse forme  di  preghiera  lasciatoci,  appunto  , dalla  tradizione. Lettura  e  ascolto,  recitazione  e riflessione, canto  e silenzio  ne  venivano indicati come  altrettanti  fattori  che  avevano  raggiunto in  particolari  epoche  e  ambienti  una  loro felice unità.
Allo stesso modo  don Leclercq ha  avuto cura  di   indicare i rapporti  fra  devozione  popolare e pietà  liturgica,  fra  culto e  preghiera  intima nel Medioevo, soffermandosi in  modo  particolare sull'importanza  della  preghiera e  della  celebrazione  come  lode di Dio,come  confessio della  sua  grandezza e della  sua  misericordia. Diversamente  da  concezioni  che  si  sarebbero  fatte  strada negli ultimi  secoli, ciò  era  visto  non come  limitato  a pochi  atti  o  momenti  privilegiati , come  frutto  di un  particolare"metodo"  di  preghiera, ma come  espressione  di tutta  una  impostazione di vita che aveva  il suo  culmine  nella  contemplazione  che  caratterizza appunto  un  apposito  genere  di vita,la  vita  contemplativa. Dom  Leclercq era  arrivato a questa  conclusione  sia  studiando  alcuni  significativi  testi  della  tradizione sia  approfondendo  i rapporti  fra teologia  e  preghiera prima  che,  nelle  epoche  più  recenti  , i  due  elementi  si separassero  a causa  dei molteplici , ben  noti  fattori  storico--culturali. Tali  rapporti  erano  visti  da  dom  Leclercq come  vivificanti  dalla fede   e dal  fervore  spirituali, osservando che  "questa nozione  della  preghiera  come  desiderio e domanda  di Dio può assicurare  il legame tra  la scienza  e la  fede in teologia". Se  infatti  la teologia , specialmente nella  sua  accezione scientifica , assicura una  visione  più  organica  e unitaria  delle  realtà  della fede, essa non  deve  arrestarsi  a tale  compito  ma  giungere  a una  considerazione  della  profondità  di queste  stesse realtà  , viste  nella  loro  unità di fondo  e nel  rispetto  del  mistero  che  esprimono:" Senso  e  rispetto  del mistero  che  non  sono  altro che  il senso  di Dio: un  atteggiamento  fatto  di fede  , di  umiltà , di  adorazione . Questo  presuppone un  concetto  della  preghiera  come  contemplativa". L'unità   della  preghiera  che  don Leclercq   indicava  era  quindi  un  qualche  cosa  di ancora  più  profondo  di  un'armonia  tra  le diverse forme  di essa , era il recupero  di  un'armonia  di tutto  il  proprio  essere ,  un'unificazione  di tutta  la propria  esistenza , unificata  dalla  tensione  della  ricerca  di Dio e  protesa  verso  la contemplazione del suo  mistero.
Di  ciò erano  stati  maestri  insuperati  i monaci  medievali  , in modo  particolare  san Bernardo, dato  che  agli  elementi  ereditati  dall'antica tradizione  cristiana  essi  avevano  aggiunto  quell'attenzione  ai  riflessi  e ai condizionamenti  antropologici  che  il  generale  risveglio  dei secoli  11°-----12°  esigeva  e  portava  con sé. Ora   non erano più  solo  i misteri  della Trinità e dell'Incarnazione  a   essere celebrati  e  considerati  , ma  i riecheggiamenti  interiori  che  tale  celebrazione suscitava  nell'anima  orante  e  contemplante. Il recupero dell'immagine  divina  e le  visite del Verbo  , l'imitazione  di Cristo  sul piano  ascetico e la  conformazione  a lui  su  quello  sacramentale , la devozione  mariana  e  la spiritualità  sponsale  erano gli aspetti e i temi  principali  di quella  vita  di orazione  che  sapeva  unire , in  una  sintesi  eccezionale o  addirittura  unica  , aspetti  oggettivi  e  aspetti  soggettivi. il  mysterium  e  l' affectus. La  contemplazione  della  vita  divina  diventa  in  tal modo esperienza della  stessa vita  d'orazione, così  come  questo  processo  di  interiorizzazione  contribuiva in maniera  efficientissima a operare quella "scoperta  dell'individuo" che  costituisce   uno  dei   fenomeni storico--culturali più interessanti  del  pieno Medioevo. A sua  volta  , per la stretta unione con la celebrazione del culto ,  la vita  spirituale  diventava  animatrice  della  cultura  , influiva  sui  generi  letterari,  creava  o  modificava   determinati  vocaboli ereditati  dalla  tradizione classica e  cristiana ,si  rivelava  pienamente nelle  vite  dei santi.
Ne  nasceva  quella  riflessione sui  misteri della fede che  don Leclercq  stesso  ha  chiamato"teologia  monastica" perché  elaborata  principalmente  dai  monaci  , ma  che  era  in realtà  la diretta  erede  e  continuatrice  della teologia  patristica in  quanto  basata  anch'essa su  di una  riflessione  non  concettuale ma  sapienziale relativa  alla  fede  stessa . Si  trattava  , quindi , di  un patrimonio spirituale  comune a  tutto  l'insieme  dei  credenti che  a esso  ,  ovviamente , partecipavano  in maniera  diversa , a  seconda delle  proprie  capacità  ed  esigenze. Era  una  "teologia  pregata", una  "teologia  in ginocchio", pervasa di  stupore e di  ammirazione per  le grandi opere  compiute da Dio, attuate  nella  Chiesa , prolungate  nell'anima in stato  di grazia.  Era una visione  essenzialmente storico--salvifica della  rivelazione a cui  si  rispondeva  con  la preghiera  di ringraziamento e di  lode . Ciò  conferiva  alla preghiera stessa  una  nota escatologica  perché  l'animo dell'orante si sollevava  a  contemplare e a  cantare gli  splendori   della Gerusalemme  celeste , a  pregustarne le  gioie , a  descriverne  le bellezze.
Questo  spiega  il carattere  profondamente   biblico  della  preghiera intesa in un  tale  senso  non  solo  perché  strettamente  legata al testo  sacro  ma  perché  sollecita  di  svilupparne  la dinamica  spirituale sulla  base  della  celebre  affermazione gregoriana  :La  sacra Scrittura  cresce in colui  che  la  legge. Non  meno  stretti , anche  se  non  esclusivi  , i rapporti  con  la liturgia , dato che--ricordava  don Leclercq ---la  devozione  dei fedeli  si è  sempre  alimentata  di due  filoni  , il culto  pubblico  della Chiesa  e il  fervore  spirituale  dei  singoli , mentre  solo  quando  questi  due  fattori  si  separano cominciano a  comparire  delle  deviazioni.  Anche  la recita dell'ufficio  divino , di cui  dom  Leclercq  non  si nascondeva le  difficoltà , può  diventare davvero  fruttuoso  se riportata  a quel  clima  religioso  che è   costituito  dalla  lettura  della Bibbia  tutta  intera , fino  a  ottenere --al riguardo  --"un'unità  ritrovata ". Lo  spirito  dello studioso  francese  era  però  , al riguardo  , così  aperto  e  lungimirante da considerare e  apprezzare  anche  quelle  forme  moderne  di  preghiera  che  andavano  dall'impiego  dell'immaginario  all'adorazione  riparatrice , come  ebbe  modo di mettere in luce esaminando  figure  come  quella  di  Ludovico  Barbo  o della  M. Metilde  de Bar  e  arrivando  fino  alla nostra epoca, con l'interesse rivolto  a  personalità come  quella di Thomas  Merton. Era  , anche  questo  , un modo  di  manifestare , nella  sua  espressione  più  ampia , quell'amore  alla tradizione  che  aveva  animato  e ispirato  , per  oltre  mezzo  secolo , la sua  attività  di ricercatore  e di  uomo  di Chiesa.

Inizia  la quaresima, in un modo particolare , quest'anno.  Auguro un buon cammino quaresimale  a tutti i fratelli cristiani; da parte mia ho deciso di   camminare  con 40 giorni di liturgia penitenziale. Non faccio ciò da molto tempo, ho tanta nostalgia della mia comunità, mi sembra di vivere  l'esperienza di Giona. Buona Quaresima a tutti.

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