13--10--2022
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coteste letture , spesso appassionati , spesso assai fini e sensibili , ci offrono la versione moderna , aggiornata di un aspetto della infelicità umana : la infelicità dell'uomo alienato, mercificato , reificato o come in altro modo si voglia chiamarlo ; o la sua ottusa , massificata felicità (che è lo stesso); spesso un'infelicità destata e resa cosciente dal riscontrare nelle condizioni dichiarate o profetate in testi memorabili la conformità al proprio stato. In una sua lirica il poeta Giovanni Giudici offre questa lineare , asciutta esplicazione :"Mi chiedi cosa vuol dire --la parola alienazione :--da quando nasci è morire--per vivere in un padrone --che ti vende..."
Un tempo Edmondo De Amicis lacrimava sui picciotti delle solfate ("la cupidigia e la fame condannano una fanciulla senza gioia ...") , altri descrivono la troppo lunga fatica dei campi e delle "ferriere " e il riposo avvilente nelle catapecchie e nelle topaie , e invocano per i diseredati l'avvento della giustizia sociale o della pietà cristiana. Gli scrittori di oggi denunciano , senza tremiti di commozione (giustamente) , quel che Vittorio Sereni chiama " questi asettici inferni" nella sua bella lirica --Una visita in fabbrica--. Denunciano ; tutti denunciano ; ma si ha il sospetto che la denuncia riguardi il particolare aziendale , non investa in pieno la realtà industriale che è tutt'una con la realtà della nostra vita sociale . La vita aziendale , gli inferni asettici , che tali sono, con i tempi stretti , la oppressione alimentare , le nevrosi chapliniane da gesti ossessivamente ripetitivi, la velocità del tempo libero , la degradazione delle mansioni e delle qualifiche ,non costituiscono qualche cosa di estraneo , di abnorme , di mostruoso , rispetto al totale della esistenza odierna . Dalle cause , che conosciamo , cioè dalla produzione in grande serie, sortono effetti che investono e condizionano la nostra vita, di là dalla prestazione lavorativa a qualsiasi livello : il traffico cittadino assurdo e micidiale , la insalubrità, la dilatazione aberrante di suoni , rumori , immagini; l'artificiosità dei desideri e la convulsione del ritmo vitale, la solitudine, l'insufficienza dei vecchi schemi familiari , , sociali, ecc. Descritta , interpretata dalle cosciente testimonianza dello scrittore la vita che si svolge nei reparti d'officina , nei box dei minimi uffici, nei saloni dove già troneggiano in aspetti bonari di grandi armadi i paurosi robot del domani fantascientifico , andrebbe rappresentato quanto della vita industriale (e in che misura) si ripercuote sulla vita privata , nella privata e pubblica moralità , nella privata e pubblica psicologia , nel comportamento culturale , sessuale , sociale . In altri termini , a scoprire che la meccanizzazione e l'automatismo sono presenti anche nella vita di relazione e nella vita intima, e che la frustrazione e la estraneazione si verificano anche oltre la presenza delle macchine , nei rapporti dell'uomo con gli uomini . C'è da estrarre da tutto ciò una quantità ingente di significati metaforici, di verità poetiche e sociologiche. Se lo scrittore non è più il -Deus ex machina , il Demiurgo , o il concorrente dello stato civile , è pur sempre il testimone più attendibile , la coscienza di un tipo particolare di civiltà sul comportamento esistenziale dei singoli . La nostra epoca è quella che è , non quella che vorremmo . D'accordo . A nessuno verrebbe in mente di rifarsi a Rousseau , o di pretendere la totale distruzione delle macchine: nessuna ideologia politica , liberale o collettivista , se lo propone ; nessun potere potrà dare una diversa connotazione esteriore a questa nostra civiltà meccanica.
Lo scrittore può desumere da questi caratteri di cui egli , al pari di tutti, è partecipe , aspetti non rivelati ancora della loro corrispondenza con i sentimenti e il linguaggio degli uomini ; e può registrare insieme con la protesta di questi , le petizioni di compensazioni morali e spirituali, oltre che nazionali , che essi rivolgono alla società . Per quanto deformano e condizionano l'uomo dell'oggi industriale e del domani di quella paurosa e totale " civiltà del consumo " che ci minaccia , è pur sempre (lui e non le macchine ) il correttore dei suoi propri errori, e il liberatore dalle condanne che si infligge.
Si dice che sviluppandosi sempre più , " l'inferno " delle macchine e della produzione , chiederà all'uomo prestazioni temporali (e quindi usura e frustrazioni) sempre più esigue . Si afferma che il lavoro non sarà più luogo d'ingiustizia e di punizione , ma necessità controllata dall'uomo e ridotta per l'appunto alla misura della necessità . Ma resta , per chiari segni visibili , il timore che l'ampio margine di tempo libero di cui fruiremo sia sottoposto allo stesso condizionamento del tempo lavorativo . Gli scrittori possono accertare questi timori e offrirci qualche indicazione per allontanarli.
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