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giovedì 13 ottobre 2022

Libero Bigiaretti : "Civiltà delle macchine, 1963 " = 3

13--10--2022
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coteste  letture , spesso  appassionati , spesso assai  fini  e  sensibili , ci offrono  la versione moderna  , aggiornata  di un  aspetto  della  infelicità umana :   la infelicità dell'uomo  alienato, mercificato , reificato o come  in altro  modo  si voglia  chiamarlo  ; o la sua  ottusa  , massificata  felicità (che è lo stesso); spesso un'infelicità  destata  e resa  cosciente  dal riscontrare nelle  condizioni  dichiarate  o  profetate in testi  memorabili  la conformità  al proprio  stato.  In  una sua lirica  il poeta   Giovanni Giudici  offre  questa  lineare  , asciutta  esplicazione  :"Mi  chiedi  cosa  vuol dire --la parola   alienazione :--da  quando nasci  è morire--per vivere  in un padrone  --che  ti  vende..."
Un  tempo  Edmondo  De   Amicis  lacrimava  sui  picciotti  delle   solfate ("la  cupidigia  e la fame condannano  una fanciulla  senza  gioia ...") , altri  descrivono  la troppo  lunga  fatica   dei campi  e delle "ferriere  "  e  il riposo  avvilente  nelle  catapecchie  e nelle  topaie , e  invocano  per  i  diseredati  l'avvento  della giustizia  sociale  o della  pietà  cristiana. Gli  scrittori  di oggi  denunciano  , senza  tremiti  di commozione  (giustamente)  ,  quel  che  Vittorio  Sereni  chiama  "  questi  asettici  inferni"  nella sua  bella  lirica  --Una  visita  in fabbrica--.  Denunciano  ; tutti  denunciano ; ma  si ha  il  sospetto  che  la denuncia  riguardi  il  particolare  aziendale ,  non investa  in  pieno  la realtà  industriale  che è  tutt'una  con  la realtà  della  nostra   vita sociale . La  vita  aziendale , gli  inferni  asettici  , che  tali  sono,  con i tempi  stretti  , la  oppressione  alimentare , le  nevrosi  chapliniane da  gesti  ossessivamente  ripetitivi, la velocità del tempo  libero , la degradazione   delle  mansioni   e  delle qualifiche  ,non  costituiscono  qualche  cosa  di  estraneo  , di  abnorme  , di  mostruoso  , rispetto  al totale  della  esistenza   odierna  . Dalle  cause  , che  conosciamo , cioè  dalla  produzione  in  grande  serie, sortono  effetti che  investono e   condizionano la nostra  vita,   di là   dalla  prestazione  lavorativa   a   qualsiasi livello : il   traffico  cittadino  assurdo  e micidiale  , la  insalubrità,  la  dilatazione  aberrante  di suoni  , rumori  , immagini; l'artificiosità   dei  desideri e la  convulsione del ritmo  vitale, la  solitudine, l'insufficienza  dei vecchi  schemi  familiari ,  , sociali, ecc. Descritta  , interpretata  dalle cosciente testimonianza  dello scrittore  la vita  che  si svolge   nei reparti d'officina , nei  box dei  minimi  uffici, nei saloni  dove  già  troneggiano in  aspetti  bonari  di   grandi  armadi  i paurosi   robot  del domani  fantascientifico , andrebbe   rappresentato  quanto  della vita   industriale  (e  in che  misura) si  ripercuote sulla  vita privata  , nella   privata  e pubblica  moralità , nella  privata  e  pubblica   psicologia , nel comportamento  culturale  , sessuale  ,   sociale .  In altri  termini , a  scoprire    che  la  meccanizzazione  e   l'automatismo  sono presenti  anche  nella  vita  di relazione  e  nella vita  intima, e  che  la frustrazione  e la  estraneazione   si verificano  anche   oltre  la presenza   delle  macchine  , nei  rapporti  dell'uomo  con  gli uomini . C'è  da  estrarre  da tutto  ciò  una quantità  ingente  di   significati  metaforici, di verità   poetiche e sociologiche. Se  lo scrittore  non è più  il  -Deus   ex  machina , il Demiurgo  , o  il  concorrente  dello   stato civile  , è  pur  sempre  il testimone  più  attendibile  , la  coscienza  di un  tipo  particolare  di civiltà  sul  comportamento  esistenziale   dei singoli . La  nostra epoca   è quella   che è  , non  quella  che  vorremmo  . D'accordo . A  nessuno  verrebbe  in mente  di rifarsi  a   Rousseau  , o  di pretendere  la totale   distruzione  delle macchine:  nessuna  ideologia  politica  , liberale  o  collettivista  , se  lo  propone ; nessun  potere  potrà   dare  una  diversa  connotazione  esteriore a  questa  nostra  civiltà meccanica.
Lo scrittore  può  desumere  da questi  caratteri  di cui  egli  , al  pari  di  tutti,  è  partecipe  , aspetti  non  rivelati  ancora  della  loro   corrispondenza  con  i  sentimenti  e il linguaggio  degli  uomini ;   e può   registrare  insieme  con  la protesta  di questi  , le  petizioni   di   compensazioni morali e spirituali,  oltre  che nazionali , che  essi  rivolgono  alla società . Per  quanto  deformano  e condizionano  l'uomo  dell'oggi  industriale  e del  domani di quella  paurosa  e  totale  " civiltà  del consumo "  che  ci minaccia  , è  pur sempre  (lui e non le macchine ) il  correttore dei  suoi  propri  errori,  e il  liberatore dalle  condanne che si  infligge.
Si dice  che  sviluppandosi  sempre  più  , "  l'inferno  "  delle  macchine   e della  produzione  , chiederà all'uomo   prestazioni temporali (e quindi  usura  e frustrazioni)  sempre  più  esigue .  Si  afferma  che  il  lavoro  non sarà  più  luogo  d'ingiustizia  e di  punizione , ma  necessità controllata dall'uomo e ridotta  per l'appunto  alla  misura  della necessità . Ma  resta  , per  chiari  segni  visibili , il  timore che  l'ampio  margine  di tempo libero  di cui  fruiremo  sia  sottoposto  allo stesso  condizionamento del tempo  lavorativo . Gli  scrittori  possono  accertare  questi  timori e offrirci  qualche indicazione  per  allontanarli.

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