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mercoledì 14 settembre 2022

Petronio " Satyricon" 143

 14--9--2022
    Rincuorato  ai  presagi  , innalza  le   insegne di Marte
Cesare  è  solo  in testa  affronta  un'impresa  mai vista.
Prima  la  terra  involta  di ghiaccio  e di  candide  brine
non  fece  resistenza  e  immota  restò  nel suo  orrore .
Ma   quando  poi  le schiere  spezzarono  i  nembi  compatti
e  sgomento  il  quadrupede  infrante  la stretta  dell'acque,
si sciolsero  le nevi  . In breve  torrenti  lì nati
sgorgarono  dai  picchi  , ma  come  ad  un  ordine  dato
anch'essi  si  fermavano  , e  il flutto  stupiva  all'arresto,
e il  liquido  di prima  adesso  era  lastra  da taglio .
Allora  illuse   i  passi  la  crosta  pur  sempre  malfida 
ed  i  piedi  sorprese  : insieme  le schiere  e i soldati 
e  l'armi  tristemente  giacevano  in mucchio  confuso.
Ecco  che  in  più  le nubi  sbattute  da un  gelido soffio
rovesciavano  il  carico  , e  un  turbine  i venti  storceva,
e   la  grandine  gonfia  scrosciava  dal  cielo  squarciato.
Ormai  le nubi  stesse  cadevano  rotte  sull'armi ,
e in ginocchio  si  frangevano   al  modo  dell'onde  sul mare.
Domati  erano  gli  astri  , domata  in terra  dal gelo ,
domate  le correnti  , che  stavano  immote  alle  rive.
Ma   non  Cesare ancora, che  all'asta pesante  appoggiato
 col suo  passo sicuro  violava  l'orrenda  contrada;
così  l'Anfitrioniade  dal  Caucaso  altero  scendeva,
o Giove  torvo  in volto  calò  dalle  cime  d'Olimpo,
quando  respinse  i dardi  dei  già   moribondi Giganti,
    Mentre  Cesare  irato  sconfigge  le  rocche  orgogliose  ,
l'ali   battendo  trepida  la  Fama  veloce  s'invola,
e  in cima  al Palatino  la cresta   suprema   raggiunge,
e ogni  statua  rintrona  di questo  rimbombo   romano,
che navi  il mare  scorrono  e ad  ogni  passaggio  dell'Alpi 
si   addensano  squadroni  di  sangue  germano  cosparsi.
Armi  , piaghe  , massacri , incendi  e rovine  di guerra
dinanzi  agli occhi   aleggiano  . Allora  sconvolti  al tumulto
i cuori  nella  tema  per due   direzioni  son tanti .
Fugge  questi  su terra  , nell'onde   quell'altro  confida,
più  al sicuro  che a patria. Qualcuno  la strada  dell'armi
vuole  invece   tentare  e i  fati  seguire  imperiosi .
Chi  più  teme  , più fugge  . Tra  tanto  disordine  lascia  
-ahi, vista  miseranda!-la propria  città  desolata
ancor  più  in fretta  il popolo  e va  dove  il cuore  è sospinto.
Brama   Roma fuggire  , e  a un  semplice   suono   di voce  
messi  in rotta  i Quirini  le  case   abbandonano  in lutto.
Questi i figli  sostiene  con mano  tremante , quell'altro 
cela  in seno  i  penati  ,  varcando  per sempre  la soglia,
e il  nemico  lontano   consacra  nei voti  alla morte.
Alcuni  le consorti  si stringono   ai petti  angosciati
e i vecchi  genitori  , e  il giovane  inabile  ai pesi
ciò  che   ha più  caro  salva  . Incauto  via   un altro  trascina
con  sé  quanto  possiede   e porta  il bottino  ai nemici.
E   come quando   l'Austro  possente  dal  lago  si rizza 
e  sbatte  e torce  l'onde  , che  allora  né  il remo  alla  ciurma
né  il  timone  più  serve  , ma  lega  uno  al  pino i suoi  pesi,
cerca  un  altro  una spiaggia  in fondo  a una  baia tranquilla,
spiega  un altro  le  vele  e in  fuga  alla  sorte si affida.
E  questo  è poco  ancora. Insieme  ai  due  consoli  il Grande ,
lui   terrore del Ponto, lui  giunto  all'Idaspe  selvaggio,
lui scoglio  dei  pirati , che  tratto  al trionfo  tre volte
Giove  temea  poc'anzi, cui  il Ponto dal  vortice  infranto 
onori  aveva  reso e  il Bosforo  prono   con  l'onde
-oh, vergogna!-gettato  il nome  di capo  fuggiva,
che  anche  del  Grande  il  tergo  vedesse  la Sorte incostante.

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