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domenica 30 aprile 2023

Italo Calvino da: Il sentiero dei nidi di ragno, Club degli editori Mondatori =L'esplosione del neorealismo

 30--4--2023
= L'esplosione  di  quegli  anni  in  Italia  dopo  la  fine  della  Seconda  Guerra  Mondiale  fu,  prima   che  un fatto  d'arte,  un  fatto  fisiologico,  esistenziale,  collettivo.  Avevamo  vissuto  la  guerra,   e noi  più  giovani--che  avevamo  fatto appena in tempo a fare il partigiano--non   ce ne  sentivamo  schiacciati,  vinti,  "bruciati",  ma vincitori,  spinti  dalla carica  propulsiva  della   battaglia  appena  conclusa, depositari  esclusivi  di  una  sua eredità.  Non   era facile ottimismo, però, o  gratuita euforia; tutt'altro; quello  di cui ci  sentivamo depositari  era un senso  della  vita  come  qualcosa  che può  ricominciare da zero,  un  rovello  problematico  generale,  anche una nostra capacità  di  vivere lo  strazio   e  lo   sbaraglio;  ma  l'accento  che  vi  mettevamo  era  quello  d'una spavalda   allegria.  Molte   cose  nacquero  da  quel clima, e  anche il   piglio  dei miei  primi  racconti  e  del  primo  romanzo.
Questo  ci  tocca oggi,  soprattutto:  la  voce  anonima  dell'epoca,  più  forte  delle  nostre  inflessioni  individuali  ancora  incerte.  L'essere usciti  da  un'esperienza--guerra,  guerra civile--che  non aveva risparmiato  nessuno   , stabiliva  un'immediatezza  di  comunicazione tra  lo scrittore e il pubblico:  si era  faccia  a faccia, alla pari , carichi  di storie da raccontare, ognuno aveva avuto la sua,  ognuno aveva vissuto  vite  irregolari drammatiche avventurose, ci   si strappava la parola di bocca.  La  rinata  libertà di   parlare fu   per la gente   al principio   smania di raccontare;  nei treni  che riprendevano  a  funzionare,  gremiti  di persone  e pacchi   di farina e bidoni d'olio,  ogni  passeggero  raccontava  agli sconosciuti  le vicissitudini che   erano  occorse, e  così  ogni  avventore ai  tavoli  delle "mense  del popolo",  ogni   donna  nelle code  ai  negozi;  il  grigiore  delle vite quotidiane  sembrava   cosa  d'altre   epoche;  ci   muovevamo   in un  multicolore  universo di storie.
Chi  cominciò  a  scrivere  allora  si  trovò   così  a  trattare  la  medesima materia  dell'anonimo  narratore  orale,  alle storie  che  avevamo vissuto  di  persona  o  di cui  eravamo stati spettatori s'aggiungevano quelle  che ci erano  arrivate    già  come racconti,  con una   voce,   una cadenza, un'espressione  mimica.  Durante  la guerra  partigiana  le storie   appena vissute  si trasformavano  e trasfiguravano   in storie  raccontate      la notte attorno al fuoco, acquistavano  già uno uno stile,  un  linguaggio,  un  umore  come   di  bravata, una   ricerca  d'effetti  angosciosi  o  truculenti.   Alcuni  miei racconti, alcune pagine  di questo   romanzo   hanno  all'origine  questa   tradizione  orale   appena  nata,  nei fatti, nel  linguaggio  [....]
Il  "neorealismo"  non fu una scuola,(cerchiamo di dire le cose con   esattezza).  Fu  un insieme  di voci, in gran parte  periferiche, una molteplice  scoperta  delle diverse  Italie,  anche  --o specialmente--delle Italie fino  allora  più  inedite  per  la    letteratura..  Senza  la varietà  di Italie  sconosciute l'una all'altra-  o che  si   supponevano sconosciute---senza la varietà dei dialetti e dei  gerghi  da far lievitare  e impastare  nella lingua  letteraria, non  ci sarebbe  stato "neorealismo".  Ma  non fu paesano  nel senso del  verismo regionale  ottocentesco.

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